
MATTEOTTI: IL NOSTRO PENSIERO

by ITET Benedetti
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GIACOMO MATTEOTTI: IL NOSTRO PENSIERO
A 100 anni dalla sua scomparsa
(1924-2024)
Opera realizzata con il contributo degli alunni di tutte le classi della scuola ITET Benedetti di Lucca
INTRODUZIONE
Il 2024 rappresenta un anno fondamentale per la storia politica dell’Italia, in quanto coincide con il centenario dalla scomparsa di uno dei più importanti parlamentari italiani, Giacomo Matteotti.
Un politico che per le sue idee contro il regime dittatoriale di Benito Mussolini, ha pagato con la vita. Il suo impegno estenuante contro il fascismo dev’essere d’esempio per i tutti i politici che siedono e siederanno nell’aula in cui Matteotti combatté la sua battaglia.
Proprio per questo motivo ed in ricorrenza del centenario dalla sua scomparsa, il nostro istituto ha deciso di dedicargli una giornata di riflessione, andando ad analizzare la sua vita negli aspetti più importanti. Gli studenti, dopo un introduzione generale sulla sua figura, realizzata grazie alle informazioni apprese nei mesi precedenti, conseguenza dello studio condotto, hanno preso in considerazione vari aspetti della sua vita per analizzarli e svilupparli in un elaborato. Con questo piccolo libro, che rimarrà pubblico sui canali scolastici, ci poniamo l’obiettivo di mettere a disposizione futura di chiunque fosse interessato un lavoro che faccia cogliere l’importanza di Giacomo Matteotti.
CAP. I – L’INFANZIA E LA VITA PRIVATA
Giacomo Matteotti nasce il 22 maggio 1885 a Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, dal padre Girolamo Matteotti e dalla madre Isabella Garzarolo.
La famiglia, di ceto borghese, era originaria del Trentino e possedeva appezzamenti di terreno oltre ad un negozio nel centro del paese. Giacomo era il penultimo di sette figli, quattro dei quali morirono in tenera età.
Cresce in un ambiente familiare colto e aperto alle idee liberali e progressiste. La sua infanzia è caratterizzata dalla vita rurale e dalle difficoltà sociali che osservava nella condizione dei contadini, le quali avrebbero poi ispirato il suo
impegno politico. Prese il diploma al liceo Celio di Rovigo il 15 dicembre 1903, all’età di 18 anni. Avendo come punto cardine il fratello maggiore Matteo, Giacomo lo seguì negli studi di giurisprudenza a Venezia. Successivamente entrò all’università di Torino ed infine si laureò all’università di Bologna in legge, specializzandosi nel settore penalistico. Dopo essersi laureato fece un viaggio a Oxford, in Inghilterra, per approfondire il sistema penale britannico. Si sposò nel 1916 con Velia Titta, con la quale ebbe tre figli, Isabella, Giancarlo e Matteo.
CAP. II – LA VITA PARLAMENTARE E POLITICA
Il suo impegno politico comincia a soli 13 anni, quando aderisce alla sezione giovanile del Partito Socialista Italiano (PSI). All’età di 16 anni, firma il suo primo articolo sulla “Lotta”, il settimanale socialista del Polesine (organo ufficiale del P.S.I) dove produce una serie di articoli a timbro marxista. Nel 1908 entra poi nel consiglio comunale del paese di Fratta Polesine e successivamente diviene sindaco di Villamarzana. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Matteotti si schiera fin da subito a favore dei neutralisti, per evitare un intervento italiano nello scontro. Proprio per questo fu allontanato dalla sua terra e confinato in provincia di Messina per 3 anni. Nel 1919 entra per la prima volta in Parlamento, nella circoscrizione di Ferrara. Le sue idee continuano ad essere le stesse: a fianco dei lavoratori e contro la borghesia. Nel 1921 inizia concretamente la sua lotta antifascista, sia in parlamento che nelle piazze. Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) con la quale i fascisti arrivano al Governo la sua presa di posizione a difesa dello Stato Liberale diviene ancora più marcata, denunciando apertamente la violenza perpetrata dalle squadre d’azione sui cittadini. Quest’ultime infatti venivano chiamate a sedare le proteste di piazza da parte dei lavoratori ed erano ritenute efficienti anche dalla classe governante dell’epoca. Nello stesso anno (1921) viene rieletto deputato e l’anno successivo assume la carica di segretario del Partito Socialista Unitario, che venne fondato pochi giorni prima della Marcia su Roma. Questo partito nasceva dalla volontà di Filippo Turati, Giacomo Matteotti, Giuseppe Emanuele Modigliani e Claudio Treves, tutti espulsi dal partito socialista italiano a seguito del XIX Congresso del PSI. Tra il 28 e il 30 di ottobre avvenne la Marcia su Roma (con la quale i fascisti assediarono la capitale e costrinsero il re ad affidare l’incarico di Governo a Benito Mussolini) e Matteotti, che già si era schierato contro il partito, diventò la figura cardine dell’opposizione al fascismo.
Il culmine di questo scontro avverrà il 30 maggio 1924, quando Matteotti, prendendo parola nel discorso inaugurale del nuovo Parlamento eletto, denuncerà i brogli elettorali con i quali il Partito Fascista ha vinto le elezioni dello stesso anno. Il discorso fu acclamato da tutti i deputati dell’opposizione, ma Matteotti, invece di ringraziarli, si girò verso il parlamentare che gli sedeva affianco, dicendogli: “Il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”.
CAP. III – L’ASSASSINIO
Il 18 gennaio 1921 ci fu la prima aggressione a carico del parlamentare, quando le squadre fasciste, guidate da Italo Balbo, assediarono la sede sindacale nella quale si trovava, costringendolo ad uscire scortato da oltre 250 carabinieri. Il 12 marzo dello stesso anno fu sequestrato per la prima volta, condotto alla sede degli agrari e minacciato di morte. Ad agosto scampò invece ad un sequestro organizzato da fascisti padovani. Fu nuovamente aggredito nel 1923, quando fu riconosciuto dagli squadristi mentre stava assistendo al Palio di Siena. Già da un anno gli era stato revocato il passaporto e girare anche solo nel Regno d’Italia gli risultava difficile, costretto a cambiare ripetutamente la residenza, senza poterla comunicare. Il 10 giugno 1924, mentre stava uscendo per dirigersi alla Camera dei Deputati, Matteotti venne rapito da una squadra fascista, capeggiata da Amerigo Dumini, uomo vicino al Duce e membro della polizia politica di partito (Ceka fascista). Portato con forza in macchina, il deputato venne accoltellato ripetutamente e il suo corpo gettato in un bosco alle porte di Roma. La notizia della sua scomparsa venne resa pubblica il 12 giugno e successivamente vennero fatti i primi arresti preventivi. Il 27 giugno ci fu poi la commemorazione della sua morte, nonostante che il suo cadavere non fosse ancora stato ritrovato. Da questa data ebbe poi inizio la secessione dell’Aventino, un atto di protesta dei partiti d’opposizione con il quale gli stessi chiedevano che gli assassini di Matteotti fossero tutti individuati e processati. Il corpo del parlamentare verrà ritrovato solo il 16 agosto nelle campagne di Riano. Ai suoi funerali, svolti nel Polesine, parteciparono circa diecimila persone, tra cui moltissimi lavoratori. Il processo a carico degli esecutori della sua morte avvenne solo nel 1926 con tre assoluzioni e tre condanne a cinque anni, condonate però dall’amnistia generale dello stesso anno.
Non si è invece mai scoperto il vero mandante dell’omicidio e nemmeno i motivi di una così crudele morte.
Secondo le prime teorie, Matteotti fu ucciso in conseguenza del discorso del 30 maggio e delle continue contestazioni che formulava in Parlamento nei riguardi di Mussolini e del Regime. In particolare, dopo l’intervento del 30 maggio alla Camera, è risaputo che Mussolini, rivolgendosi ai suoi, abbia chiesto come mai Matteotti “… non era ancora stato fatto fuori …”, richiesta che fu interpretata come un ordine.
Secondo invece le teorie più recenti, Matteotti fu assassinato per via di un’indagine che stava portando avanti riguardo ad alcune tangenti che una società petrolifera pagava ad importanti esponenti del partito.
L’unica verità è che la sua morte sia stata voluta ed eseguita per mano del fascismo.
CAP. IV – LA SUA IDEA SUI GIOVANI
Fra le sue tante idee espresse una che ci riguarda più da vicino è la sua visione sui giovani, ancora attuale al giorno d’oggi. Matteotti in merito a ciò disse:
“E solo un consiglio va dato ai giovani. Quello di essere giovani, di non diventare precocemente vecchi e
prudenti! C’è già molta gente prudentissima intorno
quando la prepotenza trionfa, che non c’è proprio bisogno
di predicare la prudenza. Ci sono sempre tante schiene
ricurve sotto il dominatore, che non v’è proprio bisogno di
insegnare la pieghevolezza”.
Queste parole sono state pronunciate quando Matteotti aveva solo 30 anni, esprimendosi però con la saggezza di un anziano. Secondo lui, l’unico antidoto all’indifferenza sono proprio i giovani, che con la loro energia devono resistere alle oppressioni per cercare di costruire un futuro migliore. Professava poi l’istruzione, incentrata principalmente sulla libertà, sulla giustizia e sulla responsabilità civica. Puntava anche su un’educazione morale, oltre che tecnica e culturale, come strumento per riconoscere e contrastare le ingiustizie sociali, rendendo il cittadino attivo nella vita politica, sia tramite il voto che tramite azioni ed idee concrete. Data la situazione politica in cui visse, attraverso i suoi discorsi cercava di trasmettere il coraggio di combattere per le libertà e di difendere i diritti fondamentali.
Secondo noi Matteotti oggi ci chiederebbe di usare gli strumenti di comunicazione che abbiamo per diffondere consapevolezza su temi quali diritti civili, cambiamenti climatici ecc. colpevolizzandoci però per la mancanza di azioni concrete per migliorare la società, come la difesa della democrazia, sempre più attaccata dagli estremismi.
CAP. V – LA SCUOLA
Collegata al tema dei giovani c’è quello della scuola, che durante il ventennio fascista subì radicali cambiamenti. Come in altri regimi dittatoriali, la scuola italiana fu infatti al centro della propaganda fascista. Era stato adottato un metodo d’educazione per costruire una società compatta, gerarchica e militarista, educando in particolar modo all’obbedienza. Un importante ruolo fu giocato dal Ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile, con la riforma che porta il suo cognome. Quest’ultima prevedeva infatti un sistema educativo che fosse in grado di plasmare le menti degli studenti, con una maggiore centralizzazione del sistema scolastico, dandone così più controllo al governo centrale piuttosto che alle singole scuole. Venne così introdotta filosofia e storia delle civiltà classiche, accompagnate da insegnamenti fascisti che enfatizzavano la glorificazione dello Stato, della guerra e della grandezza della nazione. Venne introdotto, all’inizio di ogni giornata, il saluto fascista e l’inno nazionale. L’educazione fisica era un altro punto importante in quanto lo Stato voleva ragazzi giovani pronti alla guerra. Furono creati i Giochi della Gioventù con lo scopo di avvicinare i giovani al regime attraverso l’esercizio fisico e la partecipazione a eventi pubblici. La figura dell’insegnante era poi quella di un “prete laico” che trasmettesse i valori fascisti. L’impegno di Matteotti fu quello di promuovere le scuole pubbliche anche nei paesi rurali, a partire dall’infanzia. Affrontò in particolar modo il problema della carenza di maestre qualificate, promuovendo iniziative legislative in tal senso. Spinse anche per avere scuole serali di disegno, biblioteche riscaldate per i contadini, l’uso di strutture comunali per fini scolastici, l’obbligatorietà scolastica fino alle superiori ed agevolazioni per le famiglie più povere. Tutto ciò era finalizzato a ridurre uno dei problemi principali del nostro Paese in quel periodo: l’analfabetismo. Matteotti non era contrario ad una scuola centralizzata, ma questa doveva avere una libertà di pensiero che portasse ad un insegnamento privo di ideali politici. Era anche favorevole ai valori patriottici della nazione, ma in modo critico, promuovendo un’identità nazionale basata su giustizia e democrazia.
CAP. VI – GUERRA E PACE
Un altro tema fondamentale riguardante Matteotti è quello legato al suo pensiero sulla guerra e sulla pace. All’inizio della sua carriera politica si era distinto fin da subito per essere un convinto sostenitore della neutralità dell’Italia rispetto alla Grande Guerra, sostenendo convintamente che l’Italia non dovesse entrare in guerra.
Riteneva infatti che il militarismo fosse uno strumento di oppressione verso le classi lavoratrici e per questo fu abbastanza isolato e contestato anche all’interno del suo partito.
Pensava inoltre che l’interesse verso le terre irredenti serviva solo per coprire i tornaconti imperialisti delle classi di alto rango e avrebbe portato solo un sacrificio per il popolo. Nel dopoguerra contrastò l’idea del Milite Ignoto, non più un eroe guerriero bensì una vittima innocente di barbarie belliche.
Ma Matteotti oltre alla guerra fra eserciti, parlava anche di battaglia fra ideologie diverse fra loro. Era fautore infatti della
libertà di pensiero con la quale le persone potevano esprimersi senza paura. Condannava poi l’uso propagandistico della patria per legittimare il conflitto e difendeva un internazionalismo radicato nei principi di emancipazione e giustizia sociale.
La sua opposizione non fu utopica, ma pragmatica e fondata su strumenti legali e azioni concrete, arrivando a proporre persino l’insurrezione come estrema forma di resistenza.
La sua morte per mano della dittatura ci insegna che non vi può essere pace laddove regna la violenza e la tirannia.
CONCLUSIONI
Dopo aver esaminato la sua vita privata e politica, soffermandoci su quelle che noi abbiamo ritenuto essere le idee più attuali e importanti, possiamo concludere affermando che Matteotti non è stato solo una figura di passaggio del nostro Parlamento, bensì una colonna portante dell’opposizione ai pensieri repressivi del fascismo. Dobbiamo fare nostre le parole e le idee che questa figura ci ha lasciato ed impegnarci affinché quella società che lui vedeva come utopistica si avveri, portando in alto i valori della democrazia e della libertà di pensiero, contrastando al tempo stesso le disuguaglianze della nostra società. L’invito che ci teniamo a fare, a chi leggerà queste parole, è quello di essere sempre vigili su ciò che viene detto e viene fatto, contrastando chiunque voglia limitare quei diritti per i quali milioni di italiani hanno aspramente combattuto, anche a costo della loro vita.
RINGRAZIAMENTI
Un particolar ringraziamento a Valeria Dell’Agnello, Leonardo Menichetti, Dario Capocchi, Lorenzo Malfatti, Maila Vellutini, Giulia Ghiselli, Giorgia Sasso, Monica Ausili, Gabriele Moncini, Iacopo Paolini, Benedetta Nardi, Wendy Laskaj che si sono distinti nel loro lavoro di tutoraggio, affiancando gli studenti nella realizzazione degli elaborati.
Si ringrazia anche Egis Bija e Mattia Galligani per l’organizzazione dei lavori.
Si ringrazia i professori per il lavoro di revisione svolto sull’opera.
Published: Dec 24, 2024
Latest Revision: Dec 24, 2024
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