I processi cognitivi
I processi cognitivi consentono di ricevere, analizzare, elaborare trasformare e immagazzinare le informazioni. Attraverso la percezione, l’attenzione, la memoria, il pensiero, il linguaggio e l’apprendimento, siamo in grado di rappresentare e conoscere la realtà, impariamo a rispondere agli stimoli per adattarci all’ambiente e a orientare le nostre azioni in vista di scopi determinati. I processi cognitivi sono, quindi, facoltà mentali che ci permettono di entrare in contatto con la realtà ed elaborarla.
Immagini della memoria
La memoria è un processo cognitivo che permette all’uomo di immagazzinare le informazioni, elaborarle e di servirsene nel presente. In passato per descrivere la capacità di conservare delle esperienze trascorse, si ricorreva alla metafora del deposito, che raffigurava la memoria come un contenitore statico; oggi le interpretazioni e i modelli descrittivi evidenziano l’aspetto dinamico della memoria, mettendo in luce lo stretto legame tra i processi mnestici e le funzioni cognitive.
Misurare la memoria
Molti studiosi cercarono di misurare la memoria, tra cui, nel 1885, Herman Ebbinghaus che elabora la legge Ebbinghaus in cui si afferma l’esistenza di un rapporto tra tempo dedicato all’apprendimento e contenuti da memorizzare.
Ebbinghaus fece un esperimento in cui venivano mostrate sillabe in successione, che dovevano essere apprese. Successivamente veniva richiesto, a distanza di tempo, di ripetere la lista a memoria. Il calcolo della quantità di letture necessarie per recuperare le informazioni precedentemente acquisite, ri-apprendimento, costituiva la misura del ricordo del materiale appreso (risparmio retentivo). Egli verificò che di una lista si ricordano più facilmente le prime e le ultime sillabe (effetto seriale) e che, se si ripassa frequentemente ciò che si è memorizzato (sovrapprendimento), si ha l’effetto di attenuare l’oblio.
I sistemi della memoria
La ricerca cognitivista ha distinto all’interno della memoria due sistemi: la memoria a breve termine (MBT), che immagazzina momentaneamente un numero limitato di informazioni, e la memoria a lungo termine (MLT), che consente il mantenimento prolungato delle informazioni codificate.
Furono gli psicologi Richard Atkinson e Richard Shiffrin a elaborare nel 1968 un modello multi-processo, che descrive la nostra memoria come un sistema dedito all’elaborazione, all’immagazzinamento e al recupero delle informazioni: memoria sensoriale (MS), memoria a breve termine e a lungo termine.
I processi della memoria
La teoria della profondità della codifica, proposta dagli psicologi Craik e Lockhart, pone l’attenzione sulla profondità con cui vengono elaborate le informazioni in entrata: se lo stimolo è stato elaborato a livello profondo, è probabile che la traccia formata sarà duratura. Le informazioni possono essere elaborate su tre livelli diversi: a livello strutturale, che riguarda il significato che attribuisco a una parola; a livello fonemico, che riguarda il suono della parola; e a livello semantico, che riguarda il significato di una parola.
Endel Tulving elaborò la teoria della specificità della codifica, secondo la quale il recupero delle informazioni nella MTL può essere favorito dal ricorso a particolari “suggerimenti”. Alle ricerche di Tulving si deve anche la distinzione, all’interno della MLT, tra due tipi di conoscenze: una relativa al “sapere come” (memoria implicita o procedurale) eseguire azioni, l’altra riferita al “sapere che” (memoria esplicita o dichiarativa) determinati episodi ed esperienze di un individuo. Nella memoria procedurale rientrano anche le attività che richiedono abilità, mentre in quella dichiarativa sono riconducibili le conoscenze generali (memoria semantica) e le esperienze personali (memoria episodica).
Oblio
Il termine “oblio” indica la perdita di informazioni precedentemente possedute e l’impossibilità di recuperarle. L’oblio ha, però, una funzione positiva, poiché in sua assenza la mente sarebbe sovraccarica di informazioni inutili e inessenziali.
Le principali teorie che gli psicologi hanno formulato per spiegare questo fenomeno sono la teoria del decadimento e quella dell’interferenza. Seconda la prima, l’oblio è un fenomeno fisico naturale, che dipende dal tempo trascorso tra l’acquisizione di un’informazione e la sua rievocazione. Secondo la teoria dell’interferenza, invece, l’oblio non è tanto legato al tempo, quanto all’interferenza esercitata da altre informazioni, immagazzinate prima o dopo il ricordo che si vuole rievocare.
Secondo la psicoanalisi l’oblio è un meccanismo di difesa nei confronti delle emozioni che possono costituire una minacci all’integrità del soggetto. La nozione freudiana di rimozione spiega come vengono allontanati dalla coscienza e spostati nell’inconscio.
Amnesia
L’amnesia è una riduzione di tipo patologico, di gravità variabile, del funzionamento della memoria. Le amnesie retrograde provocano la perdita della memoria degli eventi passati. Le amnesie anterograde, invece, disturbano l’acquisizione dei ricordi, fino a portare all’incapacità di immagazzinarne altri.
Le cause dell’amnesia possono essere molteplici: trauma all’encefalo, azione di sostanze psicoattive o gravi malattie.
In tutti questi casi di amnesie, gli studi di neurobiologia e neuroimaging hanno dimostrato che si ha una perdita di neuroni.
Linguaggio
Il linguaggio è la facoltà umana di comunicare attraverso un sistema di simboli. Tale facoltà permette sia di comunicare qualcosa, sia di comprendere le altre persone, attribuendo significati ai suoni che vengono ascoltati.
Tutte le lingue condividono una struttura analoga. Ogni lingua dispone di un certo numero di fonemi o suoni, di morfemi, ossia di parole, e di frasi composte da secondo determinate regole sintattiche. Si tratta di tre livelli strutturali distinti, ma collegati tra loro.
I fonemi sono le unità sonore minime, non ulteriormente scomponibili, che formano le parole.
I morfemi sono le unità linguistiche più piccole dotate di significato.
Insiemi strutturati di parole danno origine a sintagmi e frasi.
Lo sviluppo del linguaggio
La psicolinguistica è la scienza che si occupa dello studio delle strutture mentali alla base dell’impiego e dell’acquisizione della lingua. All’interno di questo ambito di ricerca si sono sviluppati due orientamenti distinti: la teoria per imitazione e la teoria innata. Secondo la prima, la lingua viene appresa per imitazione dai bambini. Per la seconda, elaborata da Noam Chomsky, in ogni bambino è presente un dispositivo di acquisizione del linguaggio (LAD).
Intelligenza
Definire l’intelligenza è impossibile, ma gli psicologi comunemente concordano nel riconoscere che è una funzione cognitiva complessa dell’essere umano, per cui la si può considerare una proprietà dell’individuo o un prodotto del pensiero.
Fu il francese Alfred Binet a elaborare e impiegare per la prima volta dei test al fine di stimare le capacità cognitive dei bambini in età scolare. Ovviamente, le prove somministrate ai bambini erano di difficoltà crescente in funzione alla loro età. Questo tipo di approccio portò alla formulazione del concetto di età mentale, relativa allo sviluppo cognitivo, da non confondere con l’età cronologica, ossia quella anagrafica dei soggetti.
Dal lavoro di Binet, con la collaborazione di Theodore Simon, nacque la prima scala metrica di valutazione dell’intelligenza. Alcuni anni dopo, William Stern, introdusse il concetto di quoziente di intelligenza (QI), che corrisponde al rapporto tra età mentale ed età cronologica dei bambini.
Altre scale dell’intelligenza
Alla fine degli anni Trenta, lo psicologo statunitense David Wechsler elaborò un sistema di valutazione del QI specificamente rivolto agli adulti. Egli fece del QI un misura indipendente dall’età, calcolato con metodi statistici.
Le scale d’intelligenza Wechsler hanno subito diverse evoluzioni nel corso degli anni e ancora oggi costituiscono le fondamenta per i test di valutazione in uso per adulti e bambini.
Diversi tipi d’intelligenza
Le teorie sull’intelligenza sono molteplici e rispecchiano le visioni proposte da varie scuole. Le teorie sono state distinte, per esempio, in unitarie e multiple, differenziate in strutturali e funzionali. Le teorie unitarie tendono a individuare nell’intelligenza un fattore predominante sugli altri, spesso identificato col pensiero logico. Secondo le teorie multiple, invece, nell’individuo sono presenti diversi tipi d’intelligenza: l’intelligenza accademica dovuta ai concetti, e l’intelligenza pratica, che consiste nel possedere determinate abilità.
Le teorie strutturali si propongono di determinare le parti che costituiscono la struttura dell’intelligenza. Le teorie funzionali hanno l’intento di chiarire quale sia il funzionamento delle abilità cognitive che svolgono gli individui.
Struttura dell’intelligenza
Le teorie differenziali fanno uso di test per quantificare e misurare una o più abilità individuali. Altri autori hanno invece proposto teorie fattoriali, che descrivono l’attività intelligente attraverso un numero limitato di abilità o fattori primari. Tra i sostenitori delle teorie fattoriali si colloca lo psicologo Charles Spearman, che mise a punto un modello di intelligenza chiamato bifattoriale. Secondo la teoria bifattoriale, la misurazione dell’intelligenza dipende da due fattori: un fattore generale dell’intelligenza, chiamato fattore “g”, e una serie di abilità, chiamate fattore “s”, specifiche per ogni prestazione, dipendenti dal fattore “g”, ma migliorabili attraverso l’apprendimento.
Importanti osservazioni si devono anche allo psicologo Raymond Cattell che divide l’intelligenza in due tipi: intelligenza fluida, che corrisponde alla capacità di acquisire nuove informazioni e di risolvere i problemi, e che tende a diminuire dopo i trenta anni, e l’intelligenza cristallizzata, legata alla cultura e all’esperienza, che tende a decrescere dopo i settanta anni.
Alle teorie bifattoriali di Spearman si opposero concezioni multifattoriali dell’intelligenza quali quelle di Guilford e Thurstone. Secondo quest’ultimo, l’esito di un test svolto da un individuo risulta essere influenzato da diversi fattori:
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capacità di comprensione verbale
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abilità numerica
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abilità spaziale
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abilità linguistiche
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rapidità della percezione
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capacità di memorizzazione
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capacità di ragionamento
Joy Paul Guilford
Lo psicologo statunitense Guilford elaborò una teoria dell’intelligenza strutturata, che individuava oltre centoventi abilità intellettive diverse. L’intelligenza, secondo Guilford, è data dal modo in cui le operazioni mentali si applicano ai contenuti. Il nome di Guilford è inoltre legato alla distinzione tra pensiero convergente e pensiero divergente. Il primo non dà la possibilità di ulteriori soluzioni a un problema (pensiero riproduttivo), mentre il secondo dà la possibilità di divergere, e cioè offre due o più soluzioni a un problema (pensiero produttivo).
Come funziona l’intelligenza
Gli psicologi cognitivisti hanno indagato gli aspetti funzionali più che quelli strutturali dell’intelligenza. I modelli cognitivisti hanno introdotto un punto di vista nuovo rispetto ai modelli differenziali, cercando di descrivere non quanto, ma come siamo intelligenti. Tra le teorie dell’intelligenza emerse in campo cognitivista, un posto di rilevo è occupato dalla cosiddetta teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner. Quest’ultimo afferma che bisogna parlare di intelligenze, al plurale, sottolineando così il carattere poliedrico (con molti aspetti) di questa dimensione psichica. Gardner ha individuato almeno nove tipi di intelligenza:
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l’intelligenza logico-matematica;
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l’intelligenza linguistica;
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l’intelligenza spaziale;
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l’intelligenza musicale;
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l’intelligenza corporeo-cinestetica
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l’intelligenza interpersonale;
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l’intelligenza intrapersonale;
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l’intelligenza naturalistica
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l’intelligenza esistenziale
Intelligenza pratica
Gli sviluppi più recenti della psicologia hanno messo in luce aspetti in precendenza trascurati dalle capacità intellettive, osservando che l’intelligenza non ha solo aspetti teorici, ma anche pratici. All’interno del cognitivismo si è affermato un approccio definito “ecologico”. In questa direzione si è mosso lo studioso Robert Stenberg che ha descritto gli aspetti pratici dell’intelligenza. Per quanto i valori teorici predispongano al successo negli studi (intelligenza accademica) , qualora questi siano elevati, tuttavia non portano necessariamente anche al successo professionale (intelligenza pratica). L’intelligenza pratica implica il saper osservare e il saper comprendere il comportamento altrui. Questa capacità è caratterizzata da cinque abilità principali:
- Saper riconoscere le proprie emozioni;
- Saper controllare le proprie emozioni;
- Capacità di motivare sé stessi;
- Saper riconoscere le emozioni altrui;
- Capacità di gestire le relazioni.
Published: Jan 18, 2018
Latest Revision: Jan 18, 2018
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