LAVORO DI STORIA by annalaura - Illustrated by Annalaura Colapietro, Angela Pompilio, Andrea Pesce, Davide Dentico, Marco Capasso, Claudio Armenio - Ourboox.com
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LAVORO DI STORIA

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Artwork: Annalaura Colapietro, Angela Pompilio, Andrea Pesce, Davide Dentico, Marco Capasso, Claudio Armenio

  • Joined Jan 2021
  • Published Books 5

COS’È IL PETROLIO?

Il petrolio è una miscela liquida di vari idrocarburi, principalmente alcani, presente in alcuni sedimenti degli strati superiori della crosta terrestre. Il termine petrolio deriva dal latino “petroleum”, parola composta da petra “roccia”, e oleum “olio”; dunque significa “olio di roccia” ad indicare che si trova in giacimenti negli strati superiori della crosta terrestre. Chiamato anche oro nero, è un liquido viscoso e infiammabile, il cui colore può variare dal nero al marrone scuro, dal blu al verde fino all’arancione. I toni meno cupi sono quelli che caratterizzano il petrolio che si trova negli strati superiori della crosta terrestre.

Sebbene la coniazione del termine “petrolio” sia solitamente attribuita al mineralogista tedesco Georg Bauer, il padre della mineralogia, ci sono prove che sia stato coniato cinque secoli fa dal filosofo e scienziato persiano Avicenna.

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LA COMPOSIZIONE CHIMICA DEL PETROLIO

Il petrolio greggio, ossia quello estratto da un giacimento minerario prima di subire trattamenti per convertirlo in un prodotto trasformato, da un punto di vista chimico è una miscela complessa di centinaia di composti organici diversi, tra cui abbondano gli alcani, gli alcheni e gli idrocarburi (tra i quali gli aromatici). La percentuale di idrocarburi varia a seconda del giacimento da cui si estrae il petrolio. Nel petrolio greggio sono presenti anche ioni metallici, (ferro, rame, magnesio, zinco, piombo…), acqua e materiali inorganici di varia natura. Data l’elevata complessità di tali miscele, per definire la composizione di un particolare petrolio, spesso si preferisce indicarne la composizione elementare, rappresentata principalmente da carbonio C e idrogeno H. In termini percentuali, il petrolio contiene circa l’85% di carbonio, circa il 13% di idrogeno e circa il 2% di altri elementi.

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LA TEORIA BIOGENICA DEL PETROLIO

Seconda la teoria biogenica, il petrolio deriva dalla trasformazione di materia biologica decomposta. Il materiale biologico da cui si estrae l’olio è costituito da organismi vegetali e animali marini unicellulari come fitoplancton e zooplancton, sepolti nel terreno centinaia di milioni di anni fa.

Nella prima fase, questa materia organica viene convertita in cherogene attraverso una serie di processi biologici e chimici. In particolare, la decomposizione della materia organica da parte dei batteri anaerobici produce grandi quantità di metano.

Successivamente, man mano che il sedimento cresce, la temperatura sale (fino a 65-150 °C), portando allo sviluppo di processi chimici di degradazione termica e cracking che convertono il cherogene in olio.

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Gli idrocarburi generati migrano verso l’alto attraverso i pori della roccia in virtù della loro bassa densità. Se nulla blocca la migrazione, questi idrocarburi affiorano in superficie. A questo punto le frazioni più volatili evaporano e resta un accumulo di bitume, che è pressoché solido a pressione e temperatura atmosferica.  Tuttavia nel percorso di migrazione, gli idrocarburi possono accumularsi in rocce porose e restare bloccati da uno strato di roccia impermeabile. In questo caso si può creare una zona di accumulo, detta “trappola petrolifera“.Visualizza immagine di origine

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IL CICLO PRODUTTIVO DEL PETROLIO E DEI SUOI DERIVATI

Il ciclo produttivo del petrolio consta di differenti fasi raggruppate tradizionalmente in tre insiemi di processi:

1- upstream: comprende l’insieme delle procedure da svolgere allo scopo di ricavare il petrolio greggio dal sottosuolo; tra le principali troviamo:

esplorazione: si ricercano i giacimenti con un’analisi dei terreni e delle rocce della superficie per individuare un’area contenente potenzialmente il petrolio. Durante la ricerca bisogna escludere le regioni granitiche e vulcaniche oltre gli antichi bacini sedimentari.  Poi si indaga se le rocce di profondità possono contenere idrocarburi ed eventualmente la loro qualità, ricorrendo alla sismica a riflessione.
perforazione: per accertarsi che nel sottosuolo ci sia petrolio si realizzano pozzi esplorativi, cioè trivellazioni e si procede con la perforazione a terra o in mare, attività lunga e costosa. Si ricorre ad uno scalpello rotante sostenuto da aste metalliche organizzate in una torre, chiamata derrick, alta fino a 50 metri. Secondo degli studi circa un quinto della produzione viene dal mare. In questo caso per la perforazione vengono usate piattaforme mobili autosollevanti o galleggianti fino a 1.500 metri, mentre per attività a profondità maggiori si ricorre a navi di perforazione.  predisposizione di pozzi per il sollevamento del petrolio
estrazione, processo di sollevamento del petrolio dal sottosuolo. Circa, però, un 40% del petrolio rimane nella roccia e non può essere estratto con le tecnologie attualmente a disposizione.

 

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2 – midstream: comprende le procedure relative al trasporto del petrolio dal sito di estrazione al sito di raffinazione e lo stoccaggio del petrolio;

3 – downstream: comprende i processi di trasformazione del petrolio (raffinazione) allo scopo di ottenere i prodotti derivati destinati al commercio e la loro distribuzione e vendita.

Dopo l’estrazione il petrolio viene stoccato (immagazzinato come scorta) e poi trasportato negli impianti di raffinazione o distillazione frazionata per separarne le varie componenti in base alla temperatura di ebollizione e farli successivamente condensare.

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LE TRIVELLE E IL REFERENDUM DEL 2016

Il 17 Aprile 2016 i cittadini italiani maggiorenni sono stati chiamati a votare per il referendum riguardante le trivelle. Le trivelle, piattaforme presenti al largo dei nostri mari, hanno l’obiettivo di esplorare i fondali marini alla ricerca di gas e petrolio da estrarre per produrre energia e carburante. Nel referendum dell’Aprile 2016 i sostenitori del “SI” sostenevano che allo scadere delle concessioni, le trivelle non dovessero essere più presenti. Le trivellazioni, infatti, rappresentano una fonte di inquinamento poiché riversano sostanze dannose nel mare.

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Ma, se fossero state bloccate le concessioni per l’uso delle trivelle, i lavoratori di queste trivelle avrebbero perso  il lavoro. Pertanto, si decise che, anche difronte alla vittoria del “sì”, gran parte delle trivelle rimarranno comunque attive fino al 2034 circa e, in ogni caso, lo Stato ricorrerebbe all’acquisto di questa risorsa da altri Paesi, sebbene sarebbe conveniente utilizzare il petrolio a nostra disposizione. Certamente, il petrolio come le altre fonti di energia non rinnovabili, in futuro dovranno necessariamente essere sostituite con altre fonti di energia come quelle provenienti dal Sole, dal vento, dal moto delle onde e altre non inquinanti.  

 

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Da quanto riportato il 7 Aprile 2016 nell’articolo di Luca Longo sul sito “ Linkiesta”

“Secondo gli ultimi rilevamenti disponibili, in Italia sono presenti riserve per 619 milioni di barili di petrolio. Queste vengono estratte al ritmo di 114.000 barili al giorno. L’Italia però consuma 1.235.000 barili al giorno (nel 2000 prima delle crisi erano oltre 1.854.000) pari a 7,42 barili di petrolio per ogni cittadino ogni anno (nel 2000 erano quasi 12).”

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Il referendum del 2016 si è concluso non come sperato come riportato in un articolo del giornale online “la Repubblica”: “il quorum al referendum sulle trivelle non è stato raggiunto: ha votato solo il 31,19% degli elettori (dato definitivo, pari a 15.806.788 cittadini che si sono recati alle urne su un totale di 50.675.406 aventi diritto) e quindi la consultazione non è valida. Inutile, quindi, la netta vittoria del sì tra chi è andato a esprimere il proprio voto (13.334.764, pari all’85,84 per cento): l’attività di estrazione di petrolio e gas entro le 12 miglia dalla costa potrà continuare fino all’esaurimento del giacimento, per le concessioni già attive”.

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IL DIBATTITO AI GIORNI NOSTRI SULLE TRIVELLE

“Il via libera della Corte Ue alle trivelle in Puglia riapre la polemica sulle concessioni”. Così si apre l’articolo del 13 Gennaio 2022 di “Europa Today”. Una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea potrebbe riaprire la partita spinosa delle concessioni petrolifere e delle ricerche di idrocarburi in Italia. I giudici di Lussemburgo hanno infatti respinto il ricorso della Regione Puglia, che chiedeva di bloccare i quattro permessi di ricerca concessi nel 2017 dall’allora governo Renzi all’australiana Global Petroleum nell’Adriatico, al largo del tratto di costa tra Bari e Brindisi. Con questa sentenza la compagnia australiana potrebbe di fatto avviare le prospezioni che dovrebbero essere condotte con la tecnica dell’air-gun, una serie di esplosioni sul fondale marino che, secondo gli ambientalisti e diversi esperti, rappresentano un grave rischio per la biodiversità.

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Secondo l’eurodeputata dei Greens, Rosa D’Amato, però, il governo potrebbe ancora fermare le ricerche.

La sentenza della Corte Ue non è entrata nel merito delle questioni ambientali, ma si è limitata all’oggetto della questione di legittimità sollevata dalla Regione Puglia, secondo cui sarebbe una violazione delle norme europee il fatto che uno Stato membro dia più permessi di ricerca sugli idrocarburi allo stesso operatore se le attività insistono su zone contigue, come nel caso dei permessi di Global Petroleum.

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Questi permessi insistono su un’area di poco inferiore a 3mila chilometri quadrati (ciascun permesso riguarda una zona di poco al di sotto del limite consentito, ossia 750 chilometri quadrati). Secondo la Regione Puglia per evitare che la normativa sia ‘aggirata’, tale limite dovrebbe essere applicato non solo al singolo permesso ma anche al singolo operatore.

Per i giudici di Lussemburgo, invece, non vi è alcuna violazione delle norme Ue in materia tuttavia precisano che i permessi possono essere accordati “a condizione di garantire a tutti gli operatori un accesso non discriminatorio a tali attività e di valutare l’effetto cumulativo dei progetti che possono avere un impatto notevole sull’ambiente”. Proprio a questa parte della sentenza si appella Rosa D’Amato, esponente del gruppo ecologista Greens al Parlamento europeo: “La sentenza – dice – non è certo una buona notizia. Ma non si può scaricare il barile sulla giustizia Ue.

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Il problema qui è cosa intende fare il governo. La Corte Ue, infatti, fissa un limite alle concessioni, che è la valutazione di impatto ambientale. Ora, sappiamo che il governo Renzi aveva dato parere favorevole alla VIA per i singoli progetti, ma come ha detto la Corte Ue, va valutato l’effetto ‘cumulativo’ dei 4 permessi accordati. La speranza è che l’attuale governo blocchi questo scempio. Di mezzo c’è il futuro di un pezzo importante del mare Mediterraneo, che è un bene di tutti, non solo della Puglia”.

Questa era la situazione nel Gennaio 2022, prima della guerra tra Russia e Ucraina e prima della presa al potere del Governo Meloni. Con l’emendamento al decreto Aiuti-ter, approvato dal Consiglio dei ministri in data 4 novembre, il governo di Giorgia Meloni ha autorizzato lo svolgimento di trivellazioni nel mar Mediterraneo nel tentativo di trovare nuovi giacimenti da cui estrarre gas naturale.

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Si tratta di una modifica al piano regolatore che disciplina le estrazioni di idrocarburi in Italia: il limite di distanza dalle coste viene spostato dalle attuali 12 miglia a sole 9 miglia.

Durante la terza riunione dell’esecutivo da inizio legislatura è stato redatto un testo che introduce nuove norme per “incrementare e rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti“. Un passaggio che la premier aveva annunciato diverse volte, nonostante le molte voci di protesta provenienti non solo dai partiti di opposizione, ma anche da molti esponenti ritenuti vicini alla maggioranza di centrodestra. Il dibattito su questo argomento risulta, dunque, essere ancora molto acceso e non è possibile al momento trarne delle conclusioni.

 

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I SETTORI DI UTILIZZO DEL PETROLIO

Il petrolio è una delle materie prime che ricopre un ruolo fondamentale nel settore economico, dei trasporti, energetico e chimico all’interno della società moderna.

Non viene quasi mai utilizzato così come viene estratto bensì viene lavorato per ottenere numerosi derivati (gpl, benzina, nafta, kerosene, gasolio, olio lubrificante).

Gli utilizzi dei prodotti petroliferi sono molteplici:

carburanti come benzina, gasolio, kerosene azionano i motori dei veicoli,

lubrificanti riducono attrito delle parti in movimento di motori e macchine,

combustibili come gpl, gasolio sono una fonte di energia termica, infatti, risaldano le abitazioni e gli impianti industriali,

-altri usati come base per dei prodotti chimici industriali.

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IL BRENT E IL WTI

A livello internazionale, si ricorre a due tipologie di petrolio greggio: il Brent e il WTI, entrambi di buona qualità cioè facili da trasformare in benzina e gasolio, attraverso la raffinazione.

Il Brent viene estratto dai giacimenti situati nel Mare del Nord scoperti nel 1970 di cui attualmente ne sono coinvolti 19.

Invece, il WTI il cui acronimo sta per West Texas Intermediate, conosciuto anche come Texas Light Sweet, deriva da un giacimento ubicato nel Sud degli Stati Uniti.

Si tratta di una tipologia maggiormente pregiata e raffinata viste le sue caratteristiche chimico-fisiche e, di conseguenza, viene commerciato ad un costo più elevato rispetto al Brent data anche la lontananza dal mare e quindi la complessità dei

trasporti.

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Nonostante questo, la produzione del Brent rappresenta circa il 60% del fabbisogno del mercato europeo e il 50% di quello asiatico. Periodicamente, però, le piattaforme del Mare del Nord smettono di estrarre il petrolio questo fa in modo che il greggio si impreziosisca ulteriormente di fronte alle domande in costante incremento, al contrario di quanto accade per il WTI, che viene estratto costantemente facendo in modo che l’offerta superi la domanda con conseguente crollo del valore.

Differenze tra Brent e WTI: il prezzo del petrolio qual'è?

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L’IMPORTANZA DEL PETROLIO NEL VENTESIMO SECOLO

Nel ventesimo secolo, il petrolio è la risorsa che ha avuto la maggiore importanza economica, politica e sociale. Ha favorito lo sviluppo del capitalismo moderno, dell’industrializzazione e del consumismo. I Paesi più ricchi lo usano per svilupparsi economicamente, per predominare e per imporre la propria supremazia sugli altri Paesi. Dopo la Seconda guerra mondiale, tra i Paesi del Medio Oriente, in cui si trovano i maggiori giacimenti petroliferi, si sono formate tensioni che hanno fatto pensare ad una possibile Terza guerra mondiale. Nel 1973 e nel 1979 i Paesi dell’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio), cioè Arabia Saudita, Kuwait, Iran, Iraq e Venezuela, hanno aumentato il prezzo del petrolio, guadagnando notevoli quantità di denaro che utilizzarono per fornirsi di armi, invece di impiegarli in impianti e in opere pubbliche.

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Il petrolio fu anche la causa dello scoppio della prima Guerra del Golfo, quando l’Iraq invase il Kuwait per appropriarsi delle risorse petrolifere. Poco dopo, i Paesi occidentali sconfissero gli iracheni che, prima di lasciare il Kuwait, incendiarono 600 pozzi di petrolio, causando un tremendo disastro ambientale. Tutt’oggi sono in corso conflitti causati dal petrolio.

L’industria petrolifera moderna viene fatta risalire negli anni 1850 negli Stati Uniti. Il 27 agosto 1859 venne aperto il primo pozzo petrolifero redditizio del mondo (nei pressi di Titusville, Pennsylvania), per l’iniziativa di Edwin Drake. L’industria crebbe lentamente durante il 1800 e non diventò di interesse nazionale fino agli inizi del ventesimo secolo. Sebbene negli anni cinquanta il carbone fosse ancora il combustibile più usato nel mondo, il petrolio cominciò a soppiantarlo.

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Agli inizi del ventunesimo secolo circa il 90% del fabbisogno di combustibile era coperto dal petrolio.

In conseguenza della crisi energetica del 1973 e di quella del 1979 nacque l’interesse nell’opinione pubblica sui livelli delle scorte di petrolio, portando alla luce la preoccupazione che, essendo il petrolio una risorsa limitata, essa fosse destinata a esaurirsi.

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GLI USI DEL PETROLIO NEI TEMPI ANTICHI

Il petrolio in alcune zone affiora direttamente dal terreno e quindi è stato sfruttato fin dall’antichità. Nel 3000 mila a.C. i popoli della Mesopotamia, e in seguito quelli della Persia, scavavano, dove era possibile, dei piccoli pozzi, in cui raccoglievano il petrolio che emergeva.

Da esso ricavavano la pece a cui ricorrevano per fissare gioielli e mosaici e proteggere gli scafi di legno delle navi.

I popoli antichi, come egizi, cinesi e antichi abitanti delle Americhe, lo utilizzavano per produrre medicinali per le sue proprietà lassative e lenitive o per alimentare le lampade.

In Cina, infatti, esiste un pozzo di petrolio attivo da 2000 anni adoperato per alimentare lampade e fuochi.

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Il bitume, miscela di idrocarburi derivanti dalla distillazione o raffinazione del greggio, era stato usato 4000 anni fa nella costruzione delle mura e delle torri di Babilonia.

Inoltre, i babilonesi si accorsero che il bitume impediva alla strada si sfaldarsi, ed era più economico rispetto a tutta la costruzione per le strade in pietra, così, unendo ciottoli e bitume, crearono la prima strada asfaltata.

La più antica testimonianza dell’uso del petrolio a noi arrivata risale al IV millennio a.C. e ci è forniti da alcune statuette i cui occhi sono realizzati con scaglie di conchiglia incollate con il bitume. Ma il bitume veniva anche utilizzato dagli egizi per saldare i mattoni della ziqqurat.

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Il petrolio veniva anche utilizzato come impianto di illuminazione dei templi. Ad esempio, nel santuario di Surachany, rinominato “tempio delle fiamme miracolose che non avevano bisogno di essere alimentate”, al centro del tempio vi erano quattro colonne cave attraverso le cui cavità si faceva passare il petrolio tanto da ottenere l’illuminazione di tutto l’edificio.

Gli egizi lo usavano anche nell’imbalsamatura dei morti mentre gli abitanti dell’India per guarire piaghe e bruciature e come mistura che veniva fatta ingoiare in diverse occasioni. Secondo i romani guariva reumatismi, asma, gotta, raffreddore e tosse.  Nel piccolo comune siciliano di Blufi si trova una sorgente di oro nero che sin dall’antichità era usato come rimedio per alcune infezioni cutanee o come vermifugo.

La medicina di allora non si sbagliava, infatti, oggi sono molti i medicinali che derivano dal petrolio.

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Non mancano nemmeno gli usi militari del petrolio. Il “fuoco greco” dei Bizantini era un’arma fatta di petrolio, una miscela di olio, zolfo, resina e salnitro che non poteva essere spenta con l’acqua; questa miscela veniva cosparsa sulle frecce o lanciata contro le navi nemiche per accenderle.  In India si usava la nafta per spaventare e bruciare gli uomini e la cavalleria nemica ma anche per distruggere le costruzioni in legno durante gli assedi.

Gli Aztechi si servivano del petrolio per impermeabilizzare vasi e condotti d’acqua e per ottenere gomme da masticare mescolando bitume e resine profumate.

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ALESSANDRO MAGNO E IL PETROLIO

Molto fascino e perplessità negli antichi era dovuto alla possibilità del petrolio di incendiarsi ed alimentare un fuoco tanto da considerarlo una “sostanza miracolosa”. A questo proposito Alessandro Magno, giunto a Babilonia dopo la battaglia di Gaugamela, mentre si trovava nel bagno accompagnato da un seguito di schiavi, ordinò che uno di essi venisse cosparso di questa sostanza e avvicinato ad una torcia: lo schiavo fu subito avvolto dalle fiamme ma salvato fortunatamente in tempo riempendolo di secchiate d’acqua.

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GLI USI DEL PETROLIO ATTUALMENTE

Nelle forme più disparate, i derivati del petrolio si trovano ovunque e ci circondano ogni giorno, trasformati in un’ampia gamma di cose che popolano la nostra quotidianità.

Ad esempio, sulle bottiglie dello shampoo l’inchiostro utilizzato per stampare le informazioni sul flacone è un derivato del petrolio, così come lo è la colla che tiene l’etichetta attaccata alla confezione. Ma vi sono derivati del petrolio anche nel dentifricio, nelle gomme da masticare, nei rossetti, nei profumi, nei deodoranti e nella plastica che, come sappiamo, è molto inquinante. Verso un mondo elettrico, ma l'abbandono del petrolio non sarà indolore - Energie & Risorse - quoted business

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LE CONSEGUENZE DELL’USO DEL PETROLIO

L’effetto più evidente che si evidenzia dall’utilizzo energetico del petrolio è la produzione capillare di CO2 derivante dalla combustione. In particolare, questo processo comporta la presenza nell’aria di ossido di carbonio, presente soprattutto negli scarichi delle automobili e altri mezzi che bruciano benzina o gasolio, di anidride carbonica prodotta dagli impianti di riscaldamento nelle fabbriche, e di anidride solforosa, responsabile delle piogge acide come avviene anche con il carbone. Un gruppo di studiosi ha dimostrato come queste sostanze tossiche siano artefici dell’effetto serra che genera i mutamenti climatici e il riscaldamento globale. Il petrolio produce danni altrettanto consistenti in mare, sia dal punto di vista della ricerca sia delle estrazioni di idrocarburi sia nel momento del trasporto.

 

 

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Tra gli incidenti più gravi verificatisi negli ultimi decenni si ricordano quello della Torrey Canyon, che nel marzo del 1967 riversò nelle acque al largo della Cornovaglia 860.000 barili di petrolio, causando la morte di più di tremila fra foche e lontre, e 22 balene.

Il petrolio inoltre danneggia anche le piante, infatti, le infiltrazioni nel suolo comporta una grave forma d’inquinamento perché il terreno assorbe gli elementi chimici, e le piante muoiono o subiscono delle gravi malformazioni che possono generare ulteriori danni per la salute se diventano parte della catena alimentare.Visualizza immagine di origine

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LE ALTERNATIVE AL PETROLIO

Il petrolio è utilizzato come combustibile ma anche per realizzare svariati prodotti. La sfida è andare alla ricerca di alternative green, di fonti rinnovabili e alternative al petrolio. Ci si chiede se oggi ci siano alternative valide per sostituirlo. Infatti, carburanti a parte, col petrolio e i suoi derivati si produce asfalto e le materie prime per realizzare prodotti chimici, plastiche e materiali sintetici che si trovano in quasi tutto ciò che usiamo.

Come sottolinea l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la crisi del Covid-19 ha causato un calo storico della domanda globale di petrolio nel 2020, ma non necessariamente duraturo. Sono necessari grandi cambiamenti politici da parte dei governi e di cambiamenti più rapidi nei comportamenti.

 

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Per attuare la transizione energetica, che contempla il passaggio dall’uso di fonti energetiche fossili a rinnovabili assistiamo da parte dei consumatori finali ad investimenti in ottica di elettrificazione. Le vendite di veicoli elettrici continuano a salire e aumentano le proposte da parte delle case automobilistiche.

Anche gli investimenti in energia pulita sono in moderata ripresa, ma rimangono ben al di sotto di ciò che sarà necessario per evitare gravi impatti dal cambiamento climatico.Tutto quello che (forse) non sapevi sul petrolio e che potrebbe farti ridere! | The Platypus Review

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LE FONTI RINNOVABILI E LE ALTERNATIVE AL PETROLIO

Nella produzione di elettricità in parte le alternative al petrolio già si registrano come attestano l’incremento di fotovoltaico ed eolico.

Per i trasporti stradali, si lavora ad alternative al petrolio e derivati: l’elettrico si sta facendo strada, l’idrogeno è ancora una chimera, i biocarburanti sono un’alternativa utile almeno per ridurre le emissioni. Certo, ancora oggi la stragrande maggioranza dei mezzi di trasporto (stradale, navale, aerea, ferroviaria) è alimentata, direttamente o meno, da oil e gas.

Il settore industriale può scaricare buona parte della spesa energetica sulle energie rinnovabili. Le opportunità includono l’illuminazione e i sistemi di controllo del clima, i processi di riscaldamento e raffreddamento dei materiali. Una soluzione utile è puntare sulla cogenerazione. Ma c’è ancora molto da fare.

Nel riscaldamento e raffrescamento si lavora ad alternative che contemplano anche un maggiore contributo dall’efficienza energetica. Anche in questo caso si sta facendo spazio sempre più l’impiego dell’energia elettrica.

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PRODOTTI SENZA PETROLIO: PLASTICA, ASFALTO, INCHIOSTRI E LE ALTERNATIVE GREEN

Col petrolio si produce una delle materie più diffuse: la plastica. La quantità prodotta nel mondo ogni anno è aumentata in modo esplosivo. Delle alternative già esistono come la plastica biodegradabile o compostabile e plastica biologica. La prima, infatti, può essere prodotta a partire da materie prime a base biologica o fossile; la seconda può invece essere progettata in modo da essere compostabile o biodegradabile o meno. Si pensi al Mater Bi, prodotto dal mais, o Green PE, un materiale riciclabile ed ecologico, derivato dalla lavorazione della canna da zucchero, ideale per realizzare shopper e materiali di imballaggio.

L’Unione Europea con una apposita Direttiva intende ridurre sensibilmente la plastica monouso (che incide per il 40% sul totale della plastica prodotta), adottando progressivamente una percentuale di plastica riciclata.

Per quanto riguarda invece l’asfalto, si sta lavorando ad alternative meno impattanti, impiegando pneumatici riciclati, ma anche lavorando su prodotti che richiedono temperature più basse per la produzione. Nel caso degli inchiostri, si stanno facendo spazio alternative che al posto del petrolio e derivati impiega materie prime vegetali, come la soia. Anche per i materiali di stampa, come la carta, si lavora per soluzioni decisamente più eco-friendly, rinnovabili e alternative al petrolio.

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