La quiete dopo la tempesta ( William Turner )
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“La quiete dopo la tempesta” di Giacomo Leopardi

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Artwork: gruppo 4

  • Joined Dec 2020
  • Published Books 1

Poesia

 

Passata è la tempesta:

odo augelli far festa, e la gallina,

tornata in su la via,

che ripete il suo verso. Ecco il sereno

rompe là da ponente, alla montagna;
sgombrasi la campagna,

e chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
risorge il romorio

torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
con l’opra in man, cantando,

fassi in su l’uscio; a prova

vien fuor la femminetta a còr dell’acqua

della novella piova;
e l’erbaiuol rinnova

di sentiero in sentiero

il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride

per li poggi e le ville. Apre i balconi,

apre terrazzi e logge la famiglia:

e, da via corrente, odi lontano

tintinnio di sonagli; il carro passo

del passeggier che il suo cammin ripiglia.

 

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita

quand’è,com’or, la vita?
Quando con tanto amore

l’uomo a’suoi studi intende ?
o torna all’opre? o cosa nova imprende ?
quando de’ mali suoi uomini si ricorda?
Piacer figlio d’affanno ;
gioia vana, ch’è frutto
del passato timore, onde si scosse

e paventò la morte

chi la vita abborria ;
onde in lungo tormento,

fredde, tacite, smorte,
sudàr le genti e palpitàr, vedendo

mossi alle nostre offese
folgori, nembi e vento.

 

O natura cortese,
son questi i doni tuoi,

questi i diletti sono

che tu porgi ai mortali. Uscir di pena

è diletto fra noi.

Pene tu spargi a larga mano; il duolo
spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto

che per mostro e miracolo talvolta

nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
prole cara agli eterni! assai
felice se respirar ti lice

d’alcun dolor: beata
se te d’ogni dolor morte risana.

 

 

Parafrasi

 

La tempesta è passata: sento uccelli fare festa e la gallina ripetere il suo verso, tornata sulla strada. Ecco il sereno squarcia le nubi da ovest verso la montagna; si rischiara la campagna e il fiume appare luminoso nella valle. Ognuno si rallegra nel cuore, da ogni parte riprende il rumore, tornano le attività abituali. L’artigiano si affaccia alla porta cantando, con il lavoro in mano, ad ammirare il cielo ancora umido; esce la giovane ragazza, a prova, a raccogliere l’acqua della pioggia recente ; e l’erbaiolo ripete, andando di sentiero in sentiero, il suo grido quotidiano. Ecco il sole che ritorna, ecco che risplende attraverso le colline e le case. Le famiglie aprono balconi, terrazze e porticati: e, dalla strada principale, si sente un lontano tintinnio di sonagli; il carro rumoreggia poiché il passeggero ha ripreso il proprio cammino.
Si rallegrano tutti nel cuore. Quando la vita è così piacevole e gradita come ora? Quando l’uomo si dedica alle proprie occupazioni con tanto interesse? O ritorna alle attività quotidiane? O intraprende qualcosa di nuovo? Quando si ricorda meno delle proprie sofferenze? Il piacere è figlio del dolore; è una gioia illusoria che è frutto del timore passato, a causa del quale chi odiava la vita si spaventò e temette la morte; a causa del quale le persone fredde, mute e pallide sudarono e furono turbate, vedendo mossi contro di noi per danneggiarci fulmini, nubi e vento.
O natura generosa, sono questi i tuoi doni, sono questi i piaceri che offri agli uomini. Sfuggire al dolore è motivo di piacere per noi. Tu distribuisci sofferenze largamente; il dolore ne deriva spontaneamente: e quella piccola quantità di piacere che per prodigio o per miracolo qualche volta nasce dalla cessazione degli affanni è un grande guadagno. Specie umana cara agli dei! Molto felice se ti è permesso tirare un sospiro di sollievo dopo un dolore: beata se la morte ti guarisce da ogni dolore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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“La quiete dopo la tempesta” di Giacomo Leopardi by letizia minotti - Illustrated by gruppo 4 - Ourboox.com
“La quiete dopo la tempesta” di Giacomo Leopardi by letizia minotti - Illustrated by gruppo 4 - Ourboox.com

Presentazione dei temi

La poesia appartiene alla raccolta dei Grandi Idilli che si riferisce alla maturazione del pensiero leopardiano risolto nel pessimismo cosmico. L’infelicità investe l’uomo che, attraverso il dominio razionale della realtà, si accorge di una natura che non ha cura della situazione umana. Le liriche di Leopardi presentano dei momenti lieti della vita umana a cui si sovrappone la presa di consapevolezza che ogni illusione è effimera, o temporanea.

La visione del mondo dell’autore, in cui decade la possibilità per l’uomo di raggiungere uno stato di serenità attraverso l’immaginazione, diventa così disillusa; ne deriva uno stato di noia. Dunque, la quiete presentata nell’incipit della poesia (v.4 sereno) non è altro che una rappresentazione del piacere dovuto alla cessazione del dolore.

Nel testo sono presenti numerosi aspetti della poetica leopardiana relativi alla poetica del vago e indefinito, la teoria della visione e del suono, già citati nello Zibaldone.

Nello specifico, la prima parte della poesia si concentra su sensazioni uditive e visive date dalla percezione di suoni lontani (v.2 odo augelli) e di luoghi vasti ed indeterminati (v.5 là da ponente, alla montagna). Tali elementi sono rafforzati dall’uso ricorrente di espressioni, tempi verbali e sostantivi non specifici, ancora ricorrenti nelle Ricordanze, che esprime la volontà del poeta di non rappresentare quadri oggettivi della realtà naturale ma di riportare nel componimento poetico scena filtrata dall’immaginazione soggettiva e, quindi, interiorizzate. L’intera descrizione del paesaggio che apre il testo si basa sulla teoria della doppia visione che consiste, appunto, nell’esistenza di due modi di utilizzare lo sguardo: quello degli occhi e quello dell’immaginazione.

La poesia è divisibile in due parti. La prima parte è maggiormente descrittiva ed espone la quiete e il sollievo della vita borghigiana al terminare della tempesta nel momento in cui riprende vitalità e ritorna alle sue attività quotidiane.

Viene fornita, infatti, the rappresentazione di un  atteggiamento proteso verso la felicità, al contempo, consapevole della precarietà della vita. Quest’ultimo aspetto è approfondito dal poeta nella seconda parte del componimento poetico, in cui subentra una riflessione sulla vanità del piacere che non esiste in sé stesso, in quanto fugace e limitato dalla natura dell’uomo che lo spinge a ricercare il piacere più ampio e irraggiungibile dalla quale deriva l’insoddisfazione propria dell’umanità. L’espressione “quiete dopo la tempesta” che dà titolo al componimento poetico, simboleggia metaforicamente la vita dell’uomo che è costituita da un successo inevitabile di eventi dolorosi a quali si alternano una condizione di tranquillità; contemporaneamente si potrebbe associare al contrasto di quiete e tempesta, giovinezza e vecchiaia.

 

 

Carattere stilistico

La poesia segue la forma metrica del Canto ed è costituita da tre strofe di settenari ed endecasillabi che si succedono a rima libera. Il lessico della poesia è vario perché vi è un alternanza di parole d’uso comune a parole insolite come odo (v. 2), augelli (v. 2), mirar (v.11), studi (v. 29); sono anche presenti forme di latinismi come famiglia (v.21), nova (v.30) e lice (v.52). La prima parte del componimento è caratterizzata da una sintassi discorsiva, con periodi brevi e semplici in cui è presente un carattere musicale dovuto, soprattutto, alla presenza di rime e assonanze (v. 7 valle-appare) che è rinforzato da rime al mezzo (v.1,2 tempesta-festa).

Nella seconda parte invece, è visibile una sintassi più tesa e drammatica caratterizzata da frasi molto brevi, secche, epigrafiche e dal ricorso frequente a frasi interrogative ed esclamative. Il tono sarcastico della poesia, oggetto dell’ironia leopardiana, si manifesta nell’apostrofe rivolta alla natura che non è più considerata benigna, come nella fase del pessimismo storico del poeta dove la sofferenza era vista come mezzo utile a raggiungere la felicità.

Ancora la figura della morte, sebbene finora nascosta dietro il suo valore simbolico (v.32 Piacer figlio d’affanno), è resa esplicita, alla maniera di Foscolo, negli ultimi versi del componimento poetico: intesa come porto sicuro (v.54 se te d’ogni dolor morte risana) e unica medicina che la natura offre all’uomo contro i suoi mali e il senso di costante insoddisfazione.

La natura viene vista, dunque, come un’entità maligna che reca all’uomo sofferenza. Nella strofa che conclude il canto (vv. 42-54), Leopardi definisce la Natura “cortese” i cui doni sono relativi, in realtà, agli affanni cui sono soggetti gli esseri umani. Mentre il minimo piacere che viene strappato dal dolore esistenziale dell’uomo, è tanto raro da essere considerato un guadagno.

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