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L’ERMETISMO

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Artwork: Emma Baratto

  • Joined Mar 2020
  • Published Books 3

L’ERMETISMO

Sorge intirno agli anni venti del novecento e si sviluppa fino al secondo dopo guerra.

La definizione è stata creata dal critico letterario Francesco Flora che con l’aggettivo ermetico, vuole sottolineare l’indecifrabilità della nuova poesia. Più difficile rispetto alle strutture classiche.

I poeti ermetici proseguono l’ideale della poesia pura.

Il tema centrale è la disperata solitudine dell’uomo moderno, che non ha più speranze a cui ancorarsi.

IL LINGUAGGIO

E’ istintivamente essenziale, per riuscire ad esprimere meglio lo stato d’animo del poeta. Si fa largo uso dell’analogia, la sintassi è semplificata e spasso è inutilizzata e gli spazi bianchi e le pause sono molto frequenti.

PRINCIPALI AUTORI

I principali autori sono:Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo. Altri autori vicini alla sensibilità degli ermetici sono: Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba.

2

GIUSEPPE UNGARETTI

LA VITA

Nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori italiani.

Nel 1912 si trasferisce a Parigi e studia alla Sorbona, frequentando gli esponenti principali dei movimenti artistici e letterari del tempo.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale rientra in Italiae si arruola nell’esercito.

Finita la guerra si trasferisce a Roma ed aderisce al fascismo.

Nel 1936 insegna letteratura italiana nell’Università di San Paolo fino al 1942. Rientrato in Italia insegna Letteratura moderna e contemporanea presso l’Università di Roma.

Durante il soggiorno in Brasile muore il figlio di nove anni, che verrà ricordato nella raccolta “Il dolore”.

Gli ultimi anni di vita sono molto attivi  egli fanno ottenere numerosi riconoscimenti. Muora nel 1970.

3

LE OPERE
1931, “Allegria”: raccolta di poesie sull’esperienza della partecipazione in guerra

1933, “Sentimento del tempo”: meditazione su dolore, morte e memoria.

1947, Il dolore: è incentrato sul mistrero della morte.

LA POETICA

Si inserisce nella corrente letteraria dell’Ermetismo. La sua è la poesia delle emozioni forti, espresse in versi brevissimi, privi di punteggiatura, con spazi bianchi che scandiscono il ritmo del componimento.

4
NATALE

di Giuseppe Ungaretti


Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Napoli, il 26 dicembre 1916
5

EUGENIO MONTALE

LA VITA

Nasce a Genova nel 1896.
Sempre indeciso sull’indirizzo da dare alla propria vita “pratica”, il poeta arriva fino ai 30 anni senza un lavoro fisso; nel 1927 venne assunto come redattore presso la casa editrice fiorentina Bemporad.
Dovette quindi trasferirsi a Firenze, dove nel 1929 venne nominato direttore della Biblioteca del Gabinetto Vieusseux fino al 1938.
Dopo la Liberazione Montale partecipò al Comitato di liberazione nazionale e aderì al Partito d’azione.
Nel 1948 si trasferisce a Milano, dove lavora come redattore del “Corriere della Sera”; l’attività giornalistica continua quasi fino alla morte, nel 1981.
Gli ultimi anni sono prodighi di riconoscimenti nazionali, per esempio la nomina a senatore a vita nel 1967 e  il premio Nobel assegnatogli nel 1975.

6

LE OPERE

1925, Ossi di seppia: è una raccolta di più di sessanta componimenti, parla del male di vivere

1939, Le occasioni: comprende liriche scritte tra il 1928 e il 1939, il titolo allude alle siduazioni dalle quali si ricordano memorie di persone, eventi e circostanze della vita.

1956, La bufera a altro: raccolta di poesie che risale agli anni della guerra e del dopoguerra.

Farfalla di Dinard: è un volume in prosa.

LA POETICA

La poesia, per Montale, non offre risposte, ma ha valore in quanto documento del male di vivere. Utilizza un linguaggio essenziale e spesso impenetrabile, mescolando parole di uso quotidiano a parole di uso poetico.

7
8

FELICITA’ RAGGIUNTA

 

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino

a cui fugge il pallone tra le case.

9

SALVATORE QUASIMODO

VITA

Nasce a MOdica nel 1901. Nel 1908 si trasferisce con la famiglia a Messina proprio qualche giorno il terremoto, questo le segnerà profondamente per tutta la vita.

Compiuti gli studi tecnici a Palermo, nel 1919 si iscrive alla facoltà di Ingegneria di Roma, ma non arriva alla laurea.

Tra il 1926 e il 1929 presta servizio da impiegato presso il Genio civile di Reggio Calabria.

Nel 1929 si trasferisce a Firenze dalla sorella sposata con Elio Vittorini. Proprio il cognato lo aiuta a mettersi in contatto con l’ambiente della rivista “Solaria”, sulla quale pubblica la prima raccolta di poesie Acque e terre. Dopo vari spostamenti si trasferisce a Milano, dove insegna Letteratura italiana presso il Conservatorio musicale. Lavora anche a numerose traduzioni di classici greci e latini e di alcune opere di Shakespeare.

Nel 1959 riceve il Premio Nobel per la Letteratura. Muore nel 1968 a Napoli.

10

LE OPERE

1930, Acque e terre: esprime la sua nostalgia per la sua terra.

1932, Oboe sommerso ed Erato e Apollion (1936), sono l’espressione della cultura dell’Ermetismo.

1942, Ed è subito sera, riunisce tutte le raccolte precedenti con in aggiunta Nuove poesie.

1947, Giorno dopo giorno, La vita non è un sogno (1949) e l’ultimo, Dare e avere (1966).

 

POETICA

La sua poetica è legata ai ricordi della sua terra, la tragedia del terremoto, l’esperienza sconvolgente di due guerre.

Il poeta utilizza la parola essenziale e suggestiva, carica di allusioni e di analogie, capace di esprimere le vibrazioni più intime dell’animo.

11

Milano, agosto 1943

Invano cerchi tra la polvere,

povera mano, la città è morta.

È morta: s’è udito l’ultimo rombo

sul cuore del Naviglio. E l’usignolo

è caduto dall’antenna, alta sul convento,

dove cantava prima del tramonto.

Non scavate pozzi nei cortili:

i vivi non hanno più sete.

Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:

lasciateli nella terra delle loro case:

la città è morta, è morta.

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