ATENE, LA POLIS, PARTE III SOLONE by Maria Letizia Mereu - Ourboox.com
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ATENE, LA POLIS, PARTE III SOLONE

  • Joined Mar 2020
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ATENE, LA POLIS, PARTE III SOLONE by Maria Letizia Mereu - Ourboox.com

Buondì e bentornati/e,

come ricorderete la scorsa volta abbiamo analizzato il periodo storico caratterizzato dall’intervento di Dracone. Oggi conosciamo un altro importantissimo legislatore: Solone. Iniziamo subito con una domanda: qual è la prima cosa che ci viene in mente di uno che aveva posto alla base della sua politica lo slogan: “Impara a ubbidire e imparerai a comandare”?

Pensateci qualche minuto prima di andare avanti e scoprire insieme a me il ruolo di Solone nell’Atene dell’Antica Grecia.

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INIZIAMO DA QUALCHE CENNO BIOGRAFICO

 

Solone nacque ad Atene nel 640 a.C., circa. era un aristocratico ed era imparentato con il futuro tiranno Pisistrato. Nel 612 a.C. riuscì a conquistare Salamina, unendola ad Atene, e nel 594 a.C. fu nominato arconte con poteri straordinari per pacificare la città, che era infatti piombata in un forte caos e i rischi legati alle lotte fra classi sociali erano elavatissimi. Compiuta la sua opera, si dimise, si allontanò dalla città e ritornò a essere un cittadino come gli altri. Prima che vi racconti come reagì alla tirannide di Pisistrato, voglio però soffermarmi su due curiosità.

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La prima curiosità è che Solone non è stato solo un grande legislatore, ma anche un poeta. I frammenti delle sue poesie sono giunti sino a noi e mi sembra giusto farvene conoscere almeno una

 

     Molti malvagi hanno ricchezza e i buoni
     Han povertà, ma noi non cangeremmo
     Ricchezza a prezzo di virtù. S’oppone
     A virtù la dovizia, e questa spesso
     Di luogo in luogo tra gli uomini vola.

 

Questa versione è stata tradotta dallo studioso Achille Giulio Danesi; la poesia è un chiaro invito ad anteporre le ricchezze spirituali, dunque le virtù, alle ricchezze materiali.

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La seconda curiosità è legata all’importanza che Solone aveva avuto per la sua città in qualità di pacificatore, a seguito di un periodo di forti difficoltà in cui la città era precipitata. La sua opera ebbe un tale equilibrio da divenire proverbiale: ancora oggi diciamo “un Solone” per indicare, con una figura retorica chiamata antonomasia, un uomo giusto e saggio (ma anche, in senso ironico, chi si atteggia a tale senza esserlo).

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Bene, ora possiamo tornare a inquadrare gli aspetti storici che più ci interessano. Nel VII sec. a.C., come dicevo, nella città di Atene ai conflitti fra gli aristocratici si aggiunsero le tensioni che nascevano dalle misere condizioni di vita della parte del dèmos, vale a dire il popolo.

Ripassiamo a questo punto l’organigramma sociale che abbiamo analizzato nella scorsa lezione, vale a dire la divisione fra classi sociali e ruolo delle figure che amministravano la città.

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Il dèmos come ricorderete era composito, vale a dire comprendeva tutte quelle figure non appartenenti alla classe aristocratica, non godeva di una rappresentanza politica, ma poteva partecipare all’assemblea, detta ecclesìa (se anche, va precisato, che non tutto il dèmos aveva accesso all’ecclesìa, che era aperta solo ai cittadini maschi e liberi), soprattutto era tendenzialmente povero. Nota bene: il dèmos si trovava a metà fra gli àristoi (aristocratici) e i teti, che pur essendo liberi non godevano di diritti politici, esattamente come le donne, gli schiavi e gli stranieri, che i greci chiamavano meteci.

 

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Ecco, ora possiamo inquadrare il nocciolo della questione: a quell’epoca bastava un raccolto insufficiente per costringere un piccolo proprietario a indebitarsi con un aristocratico, fino ad arrivare a dover ipotecare la propria terra. Il debitore, nel caso specifico, si impegnava a consegnare al creditore (vale a dire all’aristocratico) una parte (forse 1/6) del futuro raccolto. Se poi il contadino non riusciva a saldare il suo debito, non solo perdeva la propria terra ma poteva essere ridotto in schiavitù; dato che i prestiti avevano una garanzia sulla propria persona. 

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Ora è facile capire quanto fosse difficile per la povera gente anche solo riuscire a mangiare. A queste condizioni, la lotta infuriò per il malcontento e i cittadini, come racconta Aristotele, vissuto qualche secolo dopo, scelsero di comune accordo come pacificatore e arconte Solone. Così, nel 594 a.C. venne eletto con poteri amplissimi ed ebbe dunque il preciso mandato di fare da mediatore nei conflitti che rischiavano di portare la città alla guerra civile, la stàsis.

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LA RIFORMA DI SOLONE: L’annullamento dei debiti

Per tentare di risolvere la problematica situazione, Solone pose come fulcro della sua legislazione l’annullamento delle ipoteche di cui erano gravate le piccole proprietà, facendo in modo che le terre tornassero in mano ai loro proprietari.

Questo provvedimento aveva un nome un po’ complicato: seisàchtheia, letteralmente, scuotimento dei pesi; e prevedeva, oltre all’annullamento delle ipoteche, la soppressione della schiavitù per debiti.

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LA RIFORMA TIMOCRATICA DI SOLONE: verso la mobilità sociale

 

Oltre alla riforma legata all’annullamento dei debiti, Solone si impegnò in una vera e propria riforma politica, definita timocratica, cioè sulla base del censo (diremo oggi reddito), e così divise l’intera popolazione dell’Attica in quattro classi in base alla ricchezza prodotta. La classificazione procede in ordine decrescente di produzione di ricchezza, i medimno era un’unità di misura per le sostanze secche: pentacosiomedimni, cavalieri, zeugiti, teti.

 

 

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Prima di inquadrare gli aspetti che caratterizzano ciascuna classe, diciamo intanto che tutte e quattro godevano dell’isonomìa, che ora sapete che significa uguaglianza davanti alla legge, ma continuano a essere diversificate in merito ai diritti di cittadinanza (solo i membri della prima classe, i pentacosiomedimni, potevano diventare arconti; i cavalieri e gli zeugiti ricoprivano incarichi meno importanti; i teti continuavano ad essere esclusi dai ruoli politici), tutti però potevano far parte dell’heliea (o eliea), vale a dire il tribunale popolare.

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Le riforme di Solone puntarono all’eunomìa, vale a dire al buon governo, e a salvare la città dal rischio di cadere nella stàsis, che ora sappiamo significa guerra interna. L’Atene di Solone, tuttavia, nonostante il suo impegno volto ad annullare le più pesanti disparità, rimaneva comunque una timocrazia, cioè un regime politico dominato dai più ricchi (timè = onore; ricchezza; e kràtos = potere). Riconosciamogli però il grande tentativo di innovazione in termini di difesa della libertà personale e integrazione dei cittadini in uno spazio pubblico condiviso.

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Di fatto, nonostante i limiti della riforma nella risoluzione dei conflitti, per anni riuscì a garantire uno stato di pace, e a lungo gli ateniesi lo avrebbero ricordato trasformandolo in un vero e proprio “mito“, e anche per quest’importanza che ancora oggi lo studiamo!

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Spero che questa lezione vi sia piaciuta, rimando alla prossima e lascio qui di seguito un comodo video riassuntivo e, per non dimenticare il suo amore per la poesia, una trascrizione dei suoi frammenti, che mi pare possa funzionare anche come personale spunto di riflessione.

Un caro saluto,

 

Prof.ssa Maria Letizia Mereu

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