IL DECADENTISMO
Ha origine in Francia e si diffonde in tutta Europa tra la fine dell’ottocento e il primo decennio del ‘900.
E’ un movimento culturale e artistico che si distingue per una nuova concezione dell’esistenza, del sentimento e dell’individuo stesso.
- Caratteristiche: sfiducia nella ragione e negli ideali romantici causata dalla crisi della società di fine ‘800;
- Esasperazione dell’individualismo: superuomo (=persona più forte che possa guidare la società);
- Mancanza di fiducia nella ragione: esaltazione dell’irrazionalità (la natura non può essere capita, quindi deve adattarsi, e forse grazie all’irrazionalità si potrà avvicinare un po’ di più);
- Isolamento della società: viene meno l’impegno politico e sociale dello scrittore;
- Senso di angoscia e solitudine: del poeta, (senso di vuoto e di nulla).
Autori principali
Pascoli, D’Annunzio, Svevo e Pirandello.
GIOVANNI PASCOLI
La vita: Nasce a San Mauro di Romagna nel 1855. Il 10 agosto del 1867 il padre, che è amministratore della tenuta agricola dei principi Torlonia, viene assassinato da ignoti. Nel 1873 frequenta la facoltà di lettere. Dopo la laurea, conseguita a Bologna nel 1882, inizia la sua carriera di professore di latino e greco nei licei di Matera e di Massa. Le trasformazioni politiche e sociali di fine secolo, producono in Pascoli, Già provato dalle sue vicende familiari, una condizione di grave crisi. Muore a Bologna nel 1912.
Le opere:
- Myricae (1891), è una raccolta di poesie incentrata su temi familiari e campestri. Il titolo indica la semplicità della poetica; le myricae, sono umili tamerici, piante sempreverdi che diventano il simbolo delle tematiche scelte dal poeta.
- Lavandare;
- Arano;
- X Agosto;
- Novembre;
- Sera d’ottobre;
- Canti di Castelvecchio (1903), in questa poesia ritornano le immagini della vita campestre e del succedersi delle stagioni, ma anche i ricordi dolorosi, mai cancellati, della tragedia familiare;
- La mia sera;
- Nebbia;
- Il gelsomino notturno;
- Poemi conviviali (1904).
Quest’ultimi 4 sono componimenti dedicati a fatti e personaggi del mito e della storia antica.
La poetica e lo stile: Le sue poesie traggono ispirazione dal vissuto personale del poeta: le tragedie familiari e il periodo storico in cui vive. La poesia ha un valore consolatorio, attraverso la poesia il poeta può riflettere sulle ragioni dell’esistenza osservando con gli occhi di un bambino (poetica del fanciullino: solo con gli occhi di un bambino è possibile cogliere i segreti della natura).
Le parole hanno significato allusivo (=riporta a delle immagini) e simbolico.
Il linguaggio è innovativo e suggestivo (=suscita emozioni).
POESIA X AGOSTO (Giovanni Pascoli, 9 Agosto 1896)
San Lorenzo, Io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
portava due bambole in dono…
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
PARAFRASI
San Lorenzo, io so il motivo per cui così tante stele brillano e cadono nell’aria tranquilla, il motivo per cui nel cielo concavo risplende un pianto così grande.Una rondine stava ritornando al tetto, quando la uccisero e cadde tra le spine dei rovi. Nel becco aveva un insetto, che era la cena dei suoi rondinini.Ora è lì come in croce, che porge quel verme al cielo lontano e i suoi piccoli sono nell’ombra, che la aspettano e pigolano sempre più piano.Anche un uomo stava tornando al suo nido, quando lo uccisero. Prima di morire disse: «Perdono». Negli occhi aperti restò un grido. Portava in dono due bambole.Ora là, nella casa solitaria, la sua famiglia lo aspetta inutilmente. Egli immobile e stupito mostra le bambole a Dio.E tu, Cielo infinito e immortale, dall’alto dei mondi sereni, inondi di un pianto di stelle questo atomo opaco del Male!
GABRIELE D’ANNUNZIO
La vita: Nasce a Pescara nel 1863. Studia a Prato, e si stabilisce a Roma, dove si iscrive alla facoltà di lettere. Qui collabora a diversi periodici diventando una figura di spicco della vita culturale e mondana della capitale. Grande risonanza hanno la fuga e il successivo matrimonio con una giovane duchessa, che gli darà tre figli. A causa del suo amore per il lusso, è costretto a indebitarsi, così, nel 1891, per sfuggire ai creditori si trasferisce a Napoli. Dal 1898, vive in una villa presso Firenze, con la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ha un’intensa relazione. Torna in Italia nel 1915, si dichiara fervente interventista e si impegna personalmente in spericolate azioni belliche. Terminata la guerra, deluso dalle condizioni di pace sottoscritte dall’Italia, occupa la città di Fiume assieme a dei volontari, fino al 1921, fino a quando lo costringono ad abbandonarla. Si ritira infine a Gardone, sul lago di Garda, nella residenza da lui nominata il “Vittoriale degli italiani”, che trasformerà nel museo della sua vita e delle sue imprese; qui muore nel 1938.
Le opere:
I ROMANZI
- Il piacere (1889), è il più noto e costituisce l’autobiografia spirituale dello scrittore. Il protagonista del racconto vive alla perenne ricerca di piaceri sensoriali, ottenuti tramite l’amore, l’arte e la bellezza;
- L’innocente (1892), è la confessione di un delitto, esposta in prima persona dal protagonista;
- Il trionfo della morte (1894), è un romanzo psicologico che preannuncia la celebrazione del superuomo.
LE RACCOLTE POETICHE
- Le laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi;
- Alcyone, nella quale sono racchiuse alcune tra le più belle composizioni di D’Annunzio, come: La sera fiesolana, La pioggia nel pineto, I pastori.
LE TRAGEDIE
- La figlia di Jorio (1904), il capolavoro dello scrittore in quanto autore di teatro;
- La città morta (1897), il dramma del 1897.
La poetica e lo stile: E’ il massimo esponente del decadentismo, nelle sue opere troviamo i seguenti temi:
- Estetismo: esaltazione della bellezza e dell’arte;
- superomismo: l’individuo deve elevarsi al di sopra delle masse;
- sensualismo: abbandono ai sensi e all’istinto.
LA PIOGGIA NEL PINETO (Gabriele D’Annunzio, 1902),( alcune strofe)
Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
PARAFRASI
Non parlare. Ora che siamo all’inizio del bosco non sento più nessuna parola proveniente da alcun essere umano ma sento solo parole diverse, e migliori, pronunciate dalle gocce e dalle foglie in lontananza.Ascolta e basta: piove dalle nuvole sparpagliate nel cielo, piove sulle tamerici ricoperte dal sale del mare e seccate dal sole estivo, piove sui pini e sulle loro cortecce fatte a scaglie e sui loro aghi appuntiti. Piove sui mirti, piante sacre a Venere (divini), e piove sulle ginestre che sotto la pioggia risplendono. Piove anche sui fiori ancora chiusi e sui ginepri folti che diffondono però un dolce profumo.Piove sui nostri volti, come se anche noi fossimo una parte di questo bosco (silvestri) piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri ed estivi, e piove addirittura sui nostri pensieri, rinfrescati dalla pioggia, e l’anima si dischiude e rinasce sotto la pioggia e ci rivela sogni nuovi che in realtà, ieri come oggi, ci illudono e basta Ermione.Lo senti? La pioggia cade sulle foglie solitarie e crea uno cigolio che si diffonde in modo costante tutto intorno e cambia solo a seconda di quello che tocca, foglie più fitte o meno fitte.E ascolta: il canto delle cicale, che non si spaventano con l’arrivo dei venti australi e con il cielo grigio, sembra rispondere alla pioggia che scende come un pianto.E il pino ha un suono particolare, e anche il mirto suona in un modo diverso sotto l’acqua che cade, e così anche il ginepro e tutte le altre piante sembrano come strumenti musicali diversi suonati dalla pioggia che sembra avere un numero infinito di dita.E noi siamo immersi nello spirito del bosco, è come se la vita degli alberi fosse anche la nostra vita, perché il tuo volto è bagnato e inebriato come una foglia e i tuoi capelli hanno lo stesso profumo di quelle ginestre, anche se sei solo una creatura umana mia Ermione.E ti prego ascolta ancora il canto accordato delle cicale che stanno sugli alberi e che prima diminuisce e poi aumenta all’unisono quando aumenta anche la pioggia, ma arriva un altro suono, più cupo, quello delle rane, dalla parte di bosco che sembra più una laguna paludosaSi tratta di un suono più sordo e più fastidioso ma anche questo aumenta o diminuisce finché quasi non si sente più.Non si sente, poi, nessun rumore provenire dal mare, si sente solamente, su tutti i rami, scrosciare
la pioggia che pare colore di argento e che purifica, si sente il suo scroscio che ancora continua a cambiare in base al fogliame su cui cade.Ascolta la cicala che adesso è muta mentre la figlia del fango lontana, la rana, canta dove c’è più ombra, in quella zona paludosa chissà dove. E piove sulle tue ciglia, Ermione.Piove sulle tue ciglia e pare che tu stia piangendo ma è un pianto di piacere, e sembra che la tua pelle non sia più bianca ma verde e mi pare di vederti come una creatura nata dalla corteccia di un albero.E così tutta la nostra vita è profumata e fresca, (sembriamo anche noi un bosco): i nostri cuori nel petto sono come due pesche profumate e non ancora colte, le palpebre fra le tue ciglia sembrano le sorgenti d’acqua fra le zolle d’erba e i denti e le gengive sembrano mandorle non ancora mature.Andiamo fra i cespugli, insieme o separati, e la forza intima, selvaggia degli alberi ci prende a sé stringendoci le caviglie e ci lega le ginocchia! Chissà dov’è tutto il resto, dove siamo noi?E piove ancora sui nostri volti che ormai sono un bosco, piove sulle nostre mani nude, sulle nostre vesti leggere, sui pensieri nuovi che la pioggia ha rinnovato nella nostra anima e su quel sogno che continua ad illuderci, Ermione.
ITALO SVEVO
La vita: Nasce nel 1861 a Trieste, da un’agiata famiglia borghese. Compie gli studi prima in Germania, poi a Trieste, dove lavora inizialmente come impiegato di banca, in seguito come dirigente nell’industria dei suoceri. Collabora con un giornale triestino e, nel frattempo, coltiva la sua passione letteraria leggendo i classici tedeschi e italiani. Nel 1892, esordisce con il romanzo Una vita, opera che non desta alcun interesse da parte della critica; la stessa sorte accade a Senilità nel 1898. Deluso, sceglie di chiudersi in un silenzio destinato a durare a lungo. Nel 1923, pubblica il suo romanzo più noto, La coscienza di Zeno, che gli procura i primi riconoscimenti all’estero e un’inaspettata popolarità. Muore nel 1928 in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale.
Le opere: Le sue opere più significative sono i tre romanzi citati, che nell’insieme rappresentano una specie di autobiografia.
- Una vita, è la prima prova impegnativa, nel quale evidenzia i pregiudizi e le falsità che dominano la società borghese, incapace di consentire incontri leali tra le persone.
- Senilità, nel quale il protagonista è un uomo giovane ma vecchio nell’animo, tormentato dal rimpianto di una vita non vissuta;
- La coscienza di Zeno, è un racconto autobiografico in cui il protagonista, Zeno Cosini, su consiglio dello psicanalista, scava dentro di sè, dando libero corso al fluire dei suoi ricordi, per capire le cause del suo disagio esistenziale.
I temi: I personaggi dei suoi romanzi, esprimono a pieno la fiducia dello scrittore nei confronti della società e dell’uomo: il senso di inquietudine e di precarietà (=fragilità) dell’uomo. I suoi personaggi manifestano il senso di solitudine e l’inettitudine (=incapace): sono uomini incapaci, insicuri, senza qualità.
LA COSCIENZA DI ZENO (Italo Svevo)
Il romanzo è scandito in otto capitoli. Nel primo (Prefazione) il Dottor S. annuncia di aver deciso di pubblicare per vendetta i quaderni del suo paziente Zeno Cosini, “reo” di aver interrotto la terapia psicanalitica. Nel secondo (Preambolo) Zeno dichiara la valenza terapeutica dei propri quaderni autobiografici. Nel terzo (Il fumo) Zeno illustra i numerosi e vani tentativi di smettere di fumare. Nel quarto (La morte di mio padre), descrive il rapporto conflittuale con il padre. Nel quinto (La storia del mio matrimonio), racconta tutte le bizzarre circostanze che lo hanno portato a sposare Augusta Malfenti. nel sesto (La moglie e l’amante) narra della relazione con Clara, che procede parallela al matrimonio, in perfetta integrazione. Nel settimo (Storia di un’associazione commerciale), racconta la società stretta con il rivale Guido, marito di Aldo MAlfenti, e le paradossali circostanze della sua morte.
CITAZIONI DEL RACCONTO: “LA COSCIENZA DI ZENO”
“Alla sua tomba come a tutte quelle su cui piansi, il mio dolore fu dedicato anche a quella parte di me stesso che vi era sepolta.”
“Del senno di poi si può sempre ridere e anche di quello di prima, perché non serve.”
“Il pianto offusca le proprie colpe e permette di accusare, senz’obiezioni, il destino.”
“A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure.”
“Chissà se l’amo? È un dubbio che m’accompagnò per tutta la vita e oggidì posso pensare che l’amore accompagnato da tanto dubbio sia il vero amore.”
LUIGI PIRANDELLO
La vita: Nasce ad Agrigento, nel 1867, da una famiglia agiata; suo padre amministrava e dirigeva alcune miniere di Zolfo. Nel 1894 sposa Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del padre, dalla quale avrà tre figli. Nel 1903, una sciagura mineraria riduce la famiglia in povertà, e in seguito al dissesto economico, si manifesta la malattia mentale della moglie, che costituirà una vera e propria tragedia familiare, che influenzò la sua vita e le sue opere. Nel 1924 aderisce al partito fascista, ma presto se ne allontana. Sviluppa l’interesse per il teatro e nel 1925 fonda il “Teatro d’arte di Roma”. Nel 1934, gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel 1936.
Le opere:
- Novelle per un anno: raccolta di racconti scritti e pubblicati in epoche diverse;
- Il fu Mattia Pascal: 1904, è un romanzo, è considerato il capolavoro dello scrittore. E’ una storia al limite del fantastico nella quale non mancano situazioni comiche e tragiche;
- Uno, nessuno e centomila: 1926, un romanzo psicologico, in cui lo scrittore parla di solitudine e dell’incomunicabilità umana;
- Il berretto a sonagli;
- Così è (se vi pare);
- Pensaci Giacomino;
- Sei personaggi in cerca d’autore;
- Enrico IV.
I temi: Analisi dell’uomo umano: ogni uomo è come chiuso in un ruolo, che si è assunto le proprie abitudini, il proprio lavoro o gli è stato imposto dalla società. Ogni individuo si nasconde sotto una maschera, costretto a recitare una parte e a negare la sua vera personalità. Da questo dramma nascono situazioni paradossali e assurde, descritte con acuto pessimismo ma anche co una vana di umorismo.
UMORISMO: il termine nasce dall’humor inglese, affine all’ironico, al satirico. Quindi fa sorridere, non ridere. Per Pirandello è il sentimento del contrario, che interviene quando soprattutto il poeta, l’intellettuale o la persona sensibile cercano di immedesimarsi e di avere empatia con la persona o oggetto di comicità.
COMICO: per la società classica (vedi Plauto, Goldoni ecc.) era tutto ciò che muoveva il riso; per Pirandello è invece l’avvertimento del contrario, cioè trovare nella realtà qualcosa che stona con la realtà e che è contrario alle convinzioni di una specifica epoca.
APOLOGO DE “LA VECCHIA SIGNORA IMBELLETTATA”
Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico.
IL CREPUSCOLARISMO
Crepuscolari sono definiti quei poeti che, in Italia, nei primi decenni del 900, avvertendo la crisi spirituale del loro tempo, si fanno interpreti di una nuova sensibilità e di una nuova concezione della poesia.
Il termine definisce questo periodo pacato e un po’ triste della loro poesia. Essi assumono un atteggiamento di rinuncia, si ripiegano su sé stessi, si rifugiano nel ricordo dell’infanzia, aspirano a un’esistenza semplice e serena.
Le loro composizioni sono accomunate da un tenue pessimismo, da una malinconia, dalla stanchezza di vivere.
I temi cantati sono i dolci paesaggi autunnali, la tristezza per le cose perdute, le rievocazioni nostalgiche di ambienti e persone del passato.
Gli autori principali
Guido Gozzano e Sergio Corazzini, Marino Moretti e Corrado Govoni.
GUIDO GOZZANO
La vita: Nasce a Torino nel 1883, da una famiglia benestante. Si iscrive alla facoltà di legge, senza mai laurearsi; abbandonati gli studi giuridici, si dedica alla poesia, pubblicando il suo primo volume di liriche, La vita del rifugio, e successivamente la raccolta poetica più importante, I colloqui.
Malato di tubercolosi, si rifugia sempre più spesso sulla riviera ligure. Nel 1912, con l’aggravarsi del suo stato di salute, nella speranza di trovare sollievo al suo male e attratto dalla spiritualità delle religioni orientali, il poeta decide di compiere un lungo viaggio in India. Le immagini e i ricordi del viaggio saranno successivamente raccolti in un volume dl 1917, verso la cuna del mondo.
Muore a Torino nel 1916.
Le opere:
- La via del rifugio: è la prima opera del poeta, 1907. la sensibilità dell’autore si manifesta in una poesia fatta di piccole cose quotidiane, all’interno di ambienti pieni di vecchi oggetti e di memorie.
- I colloqui: seconda raccolta di verso, 1911, rappresentano i momenti più importanti della sua produzione poetica. Autobiografia suddivisa in tre sezioni: Il giovane errore, Alle soglie, Il reduce, che ricostruiscono le tappe ideali della vita del poeta.
I temi e lo stile: è l’esponente più rappresentativo del Crepuscolarismo. Nelle sue opere sono presenti oggetti e temi tipici di questo movimento: nostalgia, ironia, un mondo fatto di piccole cose.
Nello stile, abbandona i termini artificiosi di una certa poesia del periodo, utilizza un linguaggio familiare e colloquial, spesso con espressioni raffinate.
INVERNALE (Guido Gozzano)
“…cri…i…i…i…icch”…
l’incrinatura
il ghiaccio rabescò, stridula e viva.
“A riva!” Ognuno guadagnò la riva
disertando la crosta malsicura.
“A riva! A riva!…” un soffio di paura
disperse la brigata fuggitiva
“Resta!” Ella chiuse il mio braccio conserto,
le sue dita intrecciò, vivi legami,
alle mie dita. “Resta, se tu m’ami!”
E sullo specchio subdolo e deserto
soli restammo, in largo volo aperto,
ebbri d’immensità, sordi ai richiami.
Fatto lieve così come uno spetro,
senza passato più, senza ricordo,
m’abbandonai con lei nel folle accordo,
di larghe rote disegnando il vetro.
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più tetro…
dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più sordo…
Rabbrividii così, come chi ascolti
lo stridulo sogghigno della Morte,
e mi chinai, con le pupille assorte,
e trasparire vidi i nostri volti
già risupini lividi sepolti…
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più forte…
Oh! Come, come, a quelle dita avvinto,
rimpiansi il mondo e la mia dolce vita!
O voce imperiosa dell’istinto!
O voluttà di vivere infinita!
Le dita liberai da quelle dita,
e guadagnai la riva, ansante, vinto…
Ella sola restò, sorda al suo nome,
rotando a lungo nel suo regno solo.
Le piacque, al fine, ritoccare il suolo;
e ridendo approdò, sfatta le chiome,
e bella ardita palpitante come
la procellaria che raccoglie il volo.
Noncurante l’affanno e le riprese
dello stuolo gaietto femminile,
mi cercò, mi raggiunse tra le file
degli amici con ridere cortese:
“Signor mio caro, grazie!” E mi protese
la mano breve, sibilando: – Vile!
IL FUTURISMO
E’ un movimento d’avanguardia nato da un manifesto programmato di Filippo Tommaso Marinetti. Questo movimento sostiene la necessità di un rinnovamento dell’arte, che la renda capace di esprimere in forme nuove il dinamismo della società contemporanea, con assoluto disprezzo di tutti gli schemi tradizionali. Affascinati soprattutto dal progresso tecnologico, i futuristi esaltano il mondo moderno in tutte le sue espressioni: la velocità, la civiltà delle macchine, l’industrializzazione e la guerra, che definiscono sola igiene del mondo, perché spazza via la parte debole dell’umanità e seleziona i forti.
danno vita a nuove forme di scrittura: aboliscono la sintassi, gli aggettivi, gli avverbi e la punteggiatura, mentre i verbi vengono utilizzati solo all’infinito.
L’esaltazione della violenza, della guerra e del nazismo porteranno il movimento a sostenere le guerre.
Gli autori principali
Filippo Tommaso Marinetti, Aldo Palazzeschi, Luciano Folgore e Ardengo Soffici.
FILIPPO TOMMASO MARINETTI
La vita: Nasce ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876, da genitori italiani. Ottiene una laurea in giurisprudenza a Genova. A Parigi comincia a pubblicare alcuni volumi di poesie che ne rivelano il carattere esuberante e combattivo. Marinetti partecipa a diverse occasioni di guerre e parte volontario nella Prima Guerra Mondiale. Muore a Bellagio nel 1944, dopo aver contrastato il fallimento dei suoi ideali nell’immane tragedia della Seconda Guerra Mondiale.
Le opere:
- Il Manifesto del Futurismo (1909), esalta l’inizio di un’epoca nuova;
- Zang Tumb Tumb (1914), realizzata durante l’assedio di Adrianopoli (Turchia) sotto la suggestione delle azioni belliche;
- Guerra sola igiene del mondo (1913-1915) il credo politico dei futuristi, impregnato di interventismo e patriottismo bellicista;
- L’indomabile (1922) la violenza bestiale, l’odio, l’istinto sanguinario vengono purificati dalla civiltà delle macchine;
- Poemi simultanei futuristici (1933) che esaltano l’ebrezza della velocità;
- Aeropoema del Golfo della Spezia che celebra la flotta italiana da guerra.
I temi: Marinetti è il polemica con la cultura tradizionale, organizza manifestazioni di patriottismo irredentistico, esalta la guerra, la velocità, l’istinto più sfrenato, la forza. E’ un uomo coerente, mette in pratica quello che teorizza.
BOMBARDAMENTO (Filippo Tommaso Marinetti) (una parte)
Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare
spazio con un accordo tam-tuuumb
ammutinamento di 500 echi per azzannarlo
sminuzzarlo sparpagliarlo all´infinito
nel centro di quei tam-tuuumb
spiaccicati (ampiezza 50 chilometri quadrati)
balzare scoppi tagli pugni batterie tiro
rapido violenza ferocia regolarita questo
basso grave scandere gli strani folli agita-
tissimi acuti della battaglia furia affanno
orecchie occhi
narici aperti attenti
forza che gioia vedere udire fiutare tutto
tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare
a perdifiato sotto morsi shiafffffi traak-traak
frustate pic-pac-pum-tumb bizzzzarrie
salti altezza 200 m. della fucileria
Giù giù in fondo all’orchestra stagni
diguazzare buoi buffali
pungoli carri pluff plaff impen-
narsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack
ilari nitriti iiiiiii… scalpiccii tintinnii 3
battaglioni bulgari in marcia croooc-craaac
L’ERMETISMO
Si indica un tipo di poetica che sorge intorno agli anni venti e si sviluppa nel periodo compreso tra le due guerre mondiali fino al secondo dopoguerra.
La definizione viene creata da un critico, Francesco Flora, che vuole sottolineare l’oscurità e l’indecifrabilità della nuova poesia.
I poeti ermetici perseguono l’ideale della poesia pura, cioè libera dalle forme tradizionali e da ogni finalità pratica, didascalica o celebrativa. Il tema centrale della loro poesia è la solitudine disperata dell’uomo moderno, che ha perduto la fede negli antichi valori, nei miti della civiltà romantica e positivista e non ha più certezze a cui ancorarsi.
Il nuovo poeta tende, quindi, per istinto a un linguaggio essenziale, che meglio descriva l’intensità del suo stato d’animo; per questo fa grande uso dell’analogia, della metafora e di altri elementi tecnici.
La sintassi è semplificata, la punteggiatura talvolta abolita e grande rilievo viene dato agli spazi bianchi e alle pause.
Gli autori principali
Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo.
GIUSEPPE UNGARETTI
La vita: Nasce nel 1888 ad Alessandria, in Egitto da genitori italiani. Nel 1912 si trasferisce a Parigi e frequenta gli esponenti dei movimenti artistici e letterali. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, rientra in Italia e, da fervido interventista, si arruola volontario, combattendo sul Carso. Finita la guerra, si stabilisce a Parigi, fa ritorno a Roma, dove aderisce al fascismo. Nel 1936 studia letteratura italiana in Brasile, fino al 1942, quando, rientrato in Italia, insegna letteratura moderna e contemporanea presso l’Università di Roma. Mentre era in Brasile, il poeta, subisce un grande lutto, la perdita di suo figlio di appena nove anni, che verrà ricordato nella raccolta Il dolore. Gli ultimi anni della sua vita sono intensi e ricchi di attività, che fanno crescere la sua fama e gli fanno ottenere numerosi riconoscimenti. Muore nel 1970.
Le opere:
- Allegria: 1931, una raccolta di poesie, che esprimono il punto di vista del poeta sull’esperienza della guerra.
- Sentimento del tempo: 1933, si presenta come una meditazione sui grandi temi della vita: il dolore, la morte, la memoria.
- Il dolore: 1947, è incentrato sul mistero della morte, sentito come tragedia personale e storica.
I temi: La sue è la poesia delle emozioni forti, che esprime in versi brevissimi, in poche ed essenziali parole. La realtà viene colta nella sua immediatezza, la punteggiatura spesso scompare e la disposizione della parola nello spazio bianco assume un preciso significato, che concorre a scandire il ritmo del componimento. Ogni parola racchiude in sé un concetto, per questo l’autore sceglie con cura il lessico, che, nella sua essenzialità, riesce a rendere tutto più suggestivo e misterioso.
Published: Mar 18, 2020
Latest Revision: Apr 24, 2020
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