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l’inquinamento

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Artwork: mariafrancesca

  • Joined Dec 2019
  • Published Books 5
DOPO l’era della pietra, l’età del ferro, la nostra era potrebbe passare alla storia come l’età della plastica. Quasi ogni oggetto che possediamo contiene delle plastiche, perfino il tonno in scatola. Questo almeno secondo gli studi più recenti sulle plastiche in mare. Ma quanta questa sia, quale sia il suo impatto reale su ecosistemi e organismi viventi è ancora poco noto. L’ecologo Giuseppe Bonanno della Università di Catania e la biologa Martina Orlando-Bonaca dell’Istituto Nazionale di Biologia sloveno, hanno da poco presentato sulla rivista Environmental Science and Policy uno studio che raccoglie le ricerche condotte fino ad ora a livello globale, che tenta di fare luce sulla presenza delle plastiche in mare e i loro effetti sulla biosfera? Abbiamo chiesto a Bonanno di riassumere i risultati della loro analisi.

·QUANTA PLASTICA NEGLI OCEANI?
La produzione di materie plastiche è in crescita da oltre 50 anni. Negli ultimi anni è impennata: nel 1988 si producevano globalmente 30 milioni di tonnellate, nel solo 2016 abbiamo raggiunto la cifra record di 335 milioni di tonnellate. Le stime fatte fino ad ora vanno dagli 8 ai 13 milioni, toccando anche i 15 milioni di tonnellate all’anno della plastica che produciamo finisce in mare. Sembra poco? Basti pensare allora che, in termini di peso, è come buttare in mare circa un milione di tir all’anno.

·ESISTONO AREE INCONTAMINATI?
La risposta è semplice e sconcertante: no. Una semplice bottiglia di plastica può rimanere negli oceani anche per 400 anni prima di decomporsi. Avrà dunque tutto il tempo per arrivare ovunque nei nostri mari. La plastica è ormai onnipresente in tutti gli habitat marini del mondo, nessuno escluso.  Anche se l’attenzione dei media si concentra sulle così dette “isole di plastiche”, giganteschi accumuli di rifiuti che si addensano al centro di vaste correnti anti-cicloniche sub-tropicali, la verità è che la plastica raggiunge anche i territori più remoti e incontaminati come le isole oceaniche delle Hawaii e delle Galapagos. Negli oceani non esiste una zona franca per le plastiche.

·DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA PLASTICA?
La maggior parte arriva dai continenti. Ma al largo delle coste, lontano dalla attenzione della gente, moltissimi rifiuti plastici si generano anche in mare. Marine mercantili e pescherecce, piattaforme oceaniche per l’estrazione del petrolio, disperdono materiale plastico in mare più di quanto ci immaginiamo. Gli studi che abbiamo analizzato dimostrano che circa il 20% della plastica è rilasciata da mezzi di trasporto o strutture presenti in mare. Purtroppo a oggi è risultato inutile il divieto alle navi di smaltire la plastica direttamente in mare. Stoviglie di metallo anziché di plastica non possono che rendere una crociera più sostenibile.

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l’inquinamento by LUZZI - Illustrated by mariafrancesca - Ourboox.com

l’inquinamento é un problema molto grave,ora ascolteremo il discorso di GRETA THUNBERG:https://www.youtube.com/watch?v=u9KxE4Kv9A8

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Quali sono dunque i prodotti monouso che saranno rimossi dal commercio?
  • Posate,
  • bastoncini cotonati,
  • piatti,
  • cannucce,
  • miscelatori per bevande e bastoncini per palloncini,
  • assorbenti igienici,
  • salviette umidificate,
  • scatole monouso per hamburger e panini,
  • contenitori alimentari per frutta e verdura, dessert o gelati.
Inoltre, la Commissione ha deciso anche di aggiungere all’elenco:
  • sacchetti in plastica leggera,
  • articoli di plastica oxo-degradabili, come sacchetti o imballaggi,
  • contenitori per fast-food in polistirolo espanso.
Immagine di una scultura a forma di pesce realizzata mettendo insieme diversi rifiuti di plasticaNon contenti, anche i rifiuti da tabacco, così come i resti di materiali e attrezzatura da pesca sono stati compresi all’interno della direttiva.
Infatti anche i filtri per le sigarette contengono plastica e bisogna ridurre del 50% per il 2025. Un mozzicone di sigaretta impiega 2 anni prima di essere completamente smaltito e può arrivare a inquinare tra i 500 e 1000 litri d’acqua.
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Come detto inizialmente, la plastica dispersa nell’ambiente viene ingerita da parte degli animali, marini e non, che a volte finiscono anche sulle nostre tavole. Questo vuol dire che le microplastiche potrebbero essere presenti nella catena alimentare umana.
Questa ipotesi è stata confermata dallo studio effettuato su 8 candidati provenienti da Europa, Giappone e Russia dall’Agenzia dell’ambiente austriaca: sono stati ritrovati all’interno delle feci dei soggetti studiati dei residui di polimeri, che potrebbero essere connessi a delle malattie gastrointestinali. Le particelle di microplastiche avevano dimensioni variabili tra i 50 e i 500 micrometri (per essere più chiari, un capello umano è spesso circa 100 micrometri). I residui ritrovati sono di polipropilene, tipico degli involucri di plastica, e polietilene tereftalato, materiale di cui sono fatte le bottiglie di plastica.

Secondo il Prof. Philipp Schwabl, ricercatore presso l’Università di Medicina di Vienna, che ha partecipato allo studio sopracitato, questa ricerca dimostra come la plastica sia in grado di raggiungere anche l’intestino umano, passando attraverso il sangue, il sistema linfatico e raggiungendo anche il fegato.

Quali conseguenze può comportare per la salute dell’uomo l’assunzione di microplastiche? Sono necessarie ulteriori ricerche per capire in che modo questi agenti esogeni possano stimolare la risposta immunitaria del sistema digestivo, o come veicolino sostanze tossiche per l’organismo.

È stato provato in precedenza come metalli pesanti e sostanze tossiche disperse nei mari si attacchino spesso alla superficie delle particelle di plastica, trovando così la via indiretta per arrivare sino a noi.

Un’ulteriore problematica inerente alla plastica sta nel modo in cui viene riutilizzata dai cittadini: secondo McDowell, professore dell’Università di Ulster, i consumatori non sono in grado di igienizzare adeguatamente tazze, bottiglie e altri contenitori riutilizzabili così come anche usati per il trasporto di alimenti in sacchetti: questo potrebbe arrivare a scatenare un aumento della proliferazione di batteri come Escherichia coliCampylobacter e Listeria, e Norovirus e altri virus di origine alimentare che causano gastroenteriti acute.

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PAROLA D’ORDINE: RICICLARE!

In conclusione, è possibile affermare che l’inquinamento causato dai rifiuti plastici nei mari non è solo un problema di tipo ambientale, ma che riguarda direttamente ogni singolo individuo presente sul pianeta, dal momento che le microplastiche sono già presenti nella nostra catena alimentare, o lo saranno molto presto.

Dunque bisogna perseverare per quanto riguarda la riduzione dei quantitativi di prodotti plasticiincentivare le pratiche di riciclo e riutilizzo corretto di prodotti di plastica: in questo modo non solo si ridurrà l’inquinamento presente, ma si potrà prevenire anche quello futuro.

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