L’ olfatto o odorato è uno dei cinque sensi specifici e rende possibile, tramite i chemiocettori, la percezione della concentrazione, della qualità e dell’identità di molecole volatili e di gas presenti nell’aria. Tali molecole sono chiamate odoranti. L’olfatto è connesso in maniera funzionale con il gusto, come si può dimostrare quando un raffreddore congestiona le vie aeree, compromettendo la funzione olfattiva e facendo in modo che i cibi abbiano pressoché tutti lo stesso sapore. È inoltre connesso con il sistema chemiosensoriale generale o trigeminale. I tre sensi dell’olfatto, gusto e chemiosensoriale generale formano il sistema chemiosensorio. L’olfatto è il più studiato dei tre sistemi chemiosensoriali.Gli odori entrano nella cavità nasale attraverso le narici, raggiungono l’epitelio olfattivo, un sottile strato di cellule collocato in un’area ristretta della cavità nasale, compresa tra la parte superiore del cornetto nasale medio, l’intero cornetto nasale superiore (e supremo se presente) e la volta nella parete laterale, mentre sulla parete mediale è presente nella porzione superiore del setto nasaleal di sotto della lamina cribrosa. Una cellula olfattiva è un neurone bipolare dal soma allungato con la superficie apicale (diretta verso la cavità nasale) costituita da un lungo dendrite che si conclude con un nodo olfattivo dal quale si dipartono numerose ciglia immerse nel muco nasale che funge da mezzo di cattura e diffusione degli odoranti. Ciascun neurone olfattivo è separato da quello adiacente da cellule di supporto. Il muco è secreto dalle ghiandole di Bowman, i cui adenomeri si trovano nel connettivo e i cui dotti attraversando connettivo ed epitelio olfattivo sboccano nella cavità nasale, ma un certo contributo sembra provenire anche dalle cellule di supporto. Il film mucoso che ricopre le ciglia non deve essere né scarso né eccessivo, ne conseguirebbe un deficit olfattivo. Sulla superficie apicale il neurone olfattivo possiede un assone di piccolo diametro non mielinizzato e circondato dalle cellule di sostegno che si inframmezzano tra un neurone olfattivo e l’altro. Attaccate alla lamina basale che separa l’epitelio olfattivo dal tessuto connettivo posto più in profondità vi sono cellule staminali in grado di dividersi generando un’altra staminale indifferenziata e cellule che si differenzieranno in neuroni olfattivi in caso di lesioni a carico di questi che peraltro si verificano in continuazione a causa di irritanti e sostanze tossiche che non riescono ad essere intrappolate né dalle cellule dell’epitelio respiratorio che ricopre il resto della mucosa nasale, né dal muco (che fra le altre molecole contiene lisozima, citocromo P450 e immunoglobuline). Sono gli unici esempi di cellule staminali in grado di differenziarsi autonomamente in una tipologia di neuroni.
Benché si reputi l’olfatto umano capace di discriminare circa 10.000 odoranti differenti, spesso questo senso è considerato il meno sviluppato nella nostra specie ed effettivamente molti animali riescono a superarci con le loro capacità olfattive. Questo in parte è dovuto al numero di recettori che possiedono, ma anche alla più grande estensione dell’epitelio olfattivo (nell’uomo è di circa 2,5 cm2), ad una maggiore grandezza delle strutture connesse con questo senso e ad una maggiore porzione del prosencefalo dedicata. L’uomo può percepire la presenza di un odorante a seconda della sua concentrazione che varia per ciascuna molecola presa in considerazione. L’etanolo, per esempio, deve avere una concentrazione di almeno 2 mM (millimoli) per essere percepito, ma altri odoranti necessitano solo di frazioni di nanomoli, una differenza pari ad almeno un milione di volte. Gli odoranti veicolano sensazioni odorose molto differenti tra loro ed esistono diverse classificazioni utili al fine di raggruppare ciascun odorante in una determinata categoria. La loro utilità è però relativa in certi casi, poiché alcuni odoranti determinano un cambiamento notevole della percezione odorosa a seconda della loro concentrazione, per cui a basse concentrazioni possono risultare gradevoli e ad alte concentrazioni possono avere odore acre (gli indoli sono uno dei migliori esempi in questo senso). La classificazione più utilizzata è quella di Amoore, stilata all’inizio degli anni Cinquanta. Essa divide gli odoranti nelle seguenti categorie: canforacei (canfora), eterei (cloroformio), floreali (vanillina), mentati (naftalene), muschiati (clorobenzene), pungenti, putridi (butirrato) e terrosi (geosmina). Non sempre una singola molecola produce un singolo odore, ma l’uomo talvolta percepisce un gruppo di molecole (generalmente provenienti dalla stessa fonte) come un unico odore. Un deficit chemiosensitivo a carico dell’olfatto, cioè l’impossibilità di percepire un certo tipo di odorante, è detta anosmia; tale condizione può essere dovuta alla mancata trascrizione di un gene che codifica per il recettore specifico per quel tipo di odorante non percepito oppure per una proteina che vi interagisce. La capacità di distinguere gli odoranti tende a diminuire significativamente con l’invecchiamento (negli adulti over 70 è dimezzata rispetto all’adolescente) e con alcune patologie come disturbi alimentari, psicologici, neurologici e talvolta il diabete.
L’olfatto del neonato
Molte informazioni su ciò che lo circonda, il neonato le trae dall’olfatto. A poche ore di vita il neonato può differenziare stimoli olfattivi quali: anice, rosa, petrolio, alcol ed elaborare ricordi di tipo odoroso. Il fatto di poter distinguere gli odori è importante per un neonato, perché lo aiuta a orientarsi verso la fonte di cibo, e lo aiuta a formare le prime forme di interazione sociale, in particolare nella formazione del legame di attaccamento con la madre. Un neonato di due settimane, nutrito con il biberon, si orienterà verso l’odore del seno di una donna che allatta, piuttosto che verso di quello di una donna che non allatta. La donna che allatta, infatti, emana stimoli olfattivi accattivanti per un neonato che viene allattato artificialmente. Inoltre, a sei giorni il neonato preferisce il tampone impregnato dell’odore del seno materno piuttosto che un tampone impregnato dell’odore del seno di un’altra nutrice. Il bambino preferisce quegli odori che associa a situazioni piacevoli. Quando altri canali sensoriali come quello visivo o uditivo non consentono una discriminazione chiara, l’olfatto consente già degli scambi invisibili. Nel rapporto neonato-nutrice, anche quest’ultima registra gli odori e ne tiene conto. Uno studio scientifico ha dimostrato che il 60% delle madri di neonati da 1 ai 10 giorni, riconosceva la maglietta del proprio figlio in mezzo ad altre uguali di bambini della stessa età. Un altro esperimento ha dimostrato che 30 minuti di contatto diretto con il neonato delle prime sei ore successive al parto, sono sufficienti perché la madre stabilisca un riconoscimento olfattivo del neonato. Più l’emozione è intensa, più l’informazione olfattiva sarà memorizzata rapidamente.
L’olfatto negli animali
Mentre nell’uomo il ruolo dell’olfatto come strumento di conoscenza dell’ambiente circostante ha un carattere secondario, negli animali è uno strumento indispensabile per le attività fondamentali quali la caccia, la localizzazione dei partner, dei compagni e dei predatori. In alcune farfalle, l’odore della femmina può attirare il maschio sottovento da molti chilometri di distanza.
Negli animali, i ricettori olfattivi hanno collocazioni anatomiche diverse a seconda dei casi, negli insetti ad esempio sono sulle antenne, nei pesci sulla superficie del corpo. Nei bassi vertebrati, nei quali l’olfatto ha una importanza maggiore che nei mammiferi, la componente maggiormente evoluta del cervello è un centro prevalentemente olfattivo.
Published: May 18, 2019
Latest Revision: May 18, 2019
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