by Giovanni
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Ciao, mi chiamo Enaiat, sono un ragazzo e sono afgano. La mia è una storia simile a quella di tanti altri disperati che cercano la salvezza nei barconi maledetti…che a volte sono anche le loro tombe.
Mi chiamo Enaiat, sono un ragazzo e sono afgano.
Mia madre mi ha abbandonato: mi ha lasciato DA SOLO Meglio lontano dalla mamma ma VIVO, che vicino a lei ma in serio pericolo.
Sono dovuto crescere. Da solo. E in fretta.
Ed è così che che per me ha avuto inizio la lunga traversata verso la libertà.
Libertà che non sapevo neanche cosa fosse
Si, perché in un paese
dove ad una certa ora non si può più mettere il naso fuori casa,
dove le scuole possono chiudere da un giorno all’altro,
dove non si può tenere il copricapo fuori posto solo perché i talebani regnano sovrani,
beh.. è dura capire il significato di libertà.
Così ho cominciato a viaggiare, x 5 lunghissimi anni, tra Afghanistan, Iran, Grecia, Turchia e alla fine, Italia, alla disperata ricerca di un posto dove poter smettere di lottare per salvarmi la pelle e cominciare finalmente a vivere come un bambino. Si, un bambino…xk avevo 10 anni quando sono partito.
Durante questo viaggio
Oppure…stipato su un un gommone, senza saper nuotare, con altri disperati come me, con addosso un piccolo giubbotto di salvataggio…in mezzo ad un mare grande, grande,,,che sembrava volesse inghiottirmi.
Mi chiamo Enaiat, sono un ragazzo e sono afgano. In questo viaggio disperato ho conosciuto anche amici e persone buone che mi hanno aiutato…un po’ di conforto in tanta disperazione.
Leggete la mia storia: vi farà capire quanto voi bambini italiani siete fortunati. Perché tante volte lo dimenticate: ma ci sono bambini là fuori, superati i vostri confini, che lottano per qualcosa che non è uno zaino fucsia o un vestito all’ultima moda…ma lottano per la vita. E tutti – senza nessuna distinzione – abbiamo il diritto di viverla.
Published: Oct 11, 2018
Latest Revision: Oct 11, 2018
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