IL LAGHETTO INQUINATO
C’era una volta un villaggio con un laghetto dalle acque limpide e purissime. Ci vivevano tanti animali, tra cui una famiglia di anatroccoli, tartarughe e rane. Ognuna aveva una tana, tranne un piccione smarritosi durante l’emigrazione.
Ma le famiglie di animali che vivevano in quel laghetto erano molto ospitali. Così il piccione si stabilì su un albero che sporgeva i suoi rami specchiandosi nelle acque del laghetto, costruendovi un confortevole nido.
Un giorno una ranocchia sentì tremare la terra intorno a sé e gridò: ”Aiuto! Aiuto! Un terremoto!”.
Il piccione, dall’alto del ramo, la rassicurò dicendo che era una ruspa perché gli uomini nei dintorni stavano costruendo una città.
Infatti nel giro di pochi mesi la città inglobò il villaggio e il laghetto. L’aria diventò irrespirabile e l’acqua cominciò ad inquinarsi.
Molti animali si ammalarono e morirono e altri fuggirono in cerca di un luogo più abitabile. L’acqua piano piano perse il suo splendido colore e si fece verdastra.
Ma gli uomini si stavano accorgendo di aver fatto del male alla natura: i fiori erano secchi, la mattina non si udivano più gli uccellini cinguettare come un tempo e la sera non si sentivano gracidare le rane. Anche i bambini sembravano tristi e infelici.
Allora gli uomini si sentirono in colpa e cominciarono a ripulire finché gli animali non ritornarono ad abitare in riva al lago e tutto tornò come prima. Il lago riebbe le sue acque limpide e tutti vissero felici e contenti rispettando la natura.
J.Cammareri- G. Caravella- N. Ilardi-S. Foderà- A. Rosano
I BAMBINI E LO SPIRITO DEL FIUME
C’era una volta un bellissimo paese chiamato Acquechiare, ricco di alberi, fiori profumati, casette linde e colorate che si specchiavano su un fiume dalle acque limpide.
Non molto lontano da Acquechiare sorgeva una città dalle mille torri che gettavano fumo. L’acqua era inquinata, i fiori appassiti, gli alberi spezzati e il cielo sempre nero, dove neppure un raggio di sole riusciva a penetrare.
Al centro della città si ergeva un oscuro castello abitato da un mago malvagio.
Il mago, invidioso della bellezza di Acquechiare, nottetempo si recò al paesino e gettò nel fiume una polvere magica che subito ne inquinò le acque. I pesci galleggiavano morti e l’acqua era diventata nera come la pece.
L’indomani dei bambini che si erano recati al fiume per prendere un po’ d’acqua per le loro famiglie videro quello scempio e rimasero stupefatti.
All’improvviso apparve davanti a loro lo spirito del fiume che disse loro che per salvare il paese di Acquechiare dovevano compiere un gesto d’amore verso la natura, solo così si sarebbe annullato l’incantesimo del mago oscuro.
Dovevano trovare i fiori dai sette colori che crescevano nella parte più alta della montagna che sovrastava il paese.
I bambini corsero a casa a prendere i loro zainetti e, senza dire nulla ai genitori, partirono alla ricerca dei fiori magici.
Con grande rischio riuscirono ad arrampicarsi sino in cima alla montagna, raccolsero i fiori dai sette colori, li misero in un vaso
con la terra per non farli seccare e li portarono allo spirito del fiume che disse loro di piantarli e di innaffiarli con acqua pura per un mese, senza stancarsi, mattina e sera.
Dopo un mese i fiori avevano attecchito e avevano formato un bel cespuglio. I bambini lo piantarono sulle rive del fiume e, come per magia, il sole tornò a splendere, le acque ritornarono pulite e in cielo apparve un meraviglioso arcobaleno. Il mago era stato sconfitto!
Il cespuglio crebbe fino a circondare il paese di Acquechiare. Adesso nessuno avrebbe potuto più fare del male al fiume e alla gente del villaggio. I fiori, che avevano donato i loro sette colori all’arcobaleno, divennero di un bianco splendente. Il loro profumo riempì per sempre l’aria del paese di Acquechiare.
R. Demsa- S. D’Aleo-F. Minaudo- F. Parisi
LA SORGENTE MAGICA
C’era una volta un re molto malato che nessun medico del regno era riuscito a guarire.
Un giorno che aveva sete ordinò che gli fosse portato da bere.
Il capocameriere incaricò una giovane servetta delle cucine di andare a prendere un po’ d’acqua per il re.
La serva si recò alla sorgente che zampillava nel bosco al limitare del parco del castello. Arrivata lì però si accorse di non aver portato nulla con sé per poter prendere l’acqua.
Stava per tornare sui suoi passi quando vide proprio vicino alla sorgente una vecchia brocca incrinata.
“Questa fa al caso mio!”, pensò, e la raccolse. La immerse nell’acqua limpida e fresca della sorgente e si avviò verso il castello.
La brocca però era incrinata e dalle fessure usciva un po’ d’acqua.
Dove cadevano le gocce d’acqua subito spuntavano dei fiori di uno splendido blu, ricchi di petali e molto profumati. Lungo il sentiero percorso dalla giovane servetta ne erano apparsi tantissimi. La giovane comprese che quell’acqua era magica.
All’improvviso sorse davanti a lei una bellissima fanciulla vestita di azzurro e dagli strani capelli blu.
“Io sono la fata delle acque”, disse con una voce armoniosa.
“Tu hai usato questa vecchia brocca non lasciandoti ingannare dalle apparenze e perciò voglio avverare un tuo desiderio”.
La fanciulla ci pensò un po’ su ma poiché era buona e generosa non chiese nulla per sé ma espresse il desiderio che il re guarisse. La fata agitò la sua bacchetta, la brocca improvvisamente divenne tutta d’oro e l’acqua smise di gocciolare. Adesso sì che era la brocca degna di portare da bere ad un re!
La fata raccomandò alla fanciulla di far bere al sovrano tutta l’acqua rimasta entro un’ora da quel momento.
La servetta corse a palazzo e si precipitò nella stanza del re.
Le guardie non volevano farla passare ma il capocameriere, visto che aveva portato l’acqua, diede l’ordine di farla entrare.
Il re bevve e si sentì subito meglio. Allora volle sapere il perché di quel miracolo. La ragazza gli raccontò ogni cosa e il re si commosse perché la giovane non aveva chiesto nulla per sé ma solo di far guarire lui.
In quel momento entrò il giovane principe che veniva con un medico che egli aveva portato con sé da un paese vicino dato che tutti i dottori del loro regno non avevano avuto successo.
Il medico non poté che constatare la completa guarigione del re.
Il principe vide la fanciulla che si teneva in disparte, la trovò molto bella e se ne innamorò. Il re suo padre non vide nulla in contrario e, grato per quello che aveva fatto, diede il suo benestare alle nozze che vennero celebrate con grande fasto.
La sorgente magica venne trasformata in una splendida fontana ricca di statue e di zampilli iridescenti e la sua immagine venne inserita nello stemma del regno a ricordare per sempre il suo magico potere.
K. Cosentino- A. Pipitone- D. Rigirello- E. Sansica
IL MONDO SENZ’ACQUA
C’era una volta un bambino di nome Giuseppe che viveva in un mondo dove non esisteva più l’acqua. Era un mondo molto strano: i prati e i fiori erano di plastica, non si poteva più coltivare la terra né allevare gli animali, il cibo consisteva in pillole dai vari gusti perché mancavano i prodotti da cucinare e l’acqua per farlo, ci si puliva dentro delle docce a luce fredda o calda perché non c’era l’acqua per lavarsi.
Nella città dove viveva Giuseppe c’era addirittura un Museo dell’Acqua, un luogo magico dove si conservavano oggetti che ormai non ricordava più nessuno. Di qualcuno compariva il nome ma gli storici si erano inutilmente arrovellati per capirne l’uso. Un oggetto particolarmente misterioso, per esempio, si chiamava “ombrello”.
Nel museo erano esposti oggetti chiamati “pentole”, “borracce”,”bicchieri”, “vasche da bagno”, “rubinetti”.
Un giorno Giuseppe andò a visitare il Museo con la sua classe.
Mentre la maestra stava spiegando ai compagni a cosa servisse un misterioso oggetto chiamato “bottiglia”, Giuseppe si mise a girovagare per le stanze del museo.
Ad un certo punto si sentì afferrare e risucchiare in alto e si trovò…su una nuvola! Un omone barbuto della consistenza delle nuvole lo osservava con sguardo severo. Giuseppe credeva di sognare. “Chi sei?”
“Io sono il re delle nuvole, in tempi antichissimi davo l’acqua ai vostri antenati facendo piovere”
“E perché non fai più piovere?”
“Perché gli uomini sprecavano e inquinavano l’acqua. Non erano degni del mio dono”. E portò Giuseppe indietro nel tempo per fargli vedere come si viveva quando esisteva l’acqua.
Giuseppe chinò il capo e disse: “Mi dispiace. Ma io non avrei mai sprecato o inquinato l’acqua. Adesso ho capito che gli uomini si sono comportati male. Come vorrei che potessimo tornare indietro! Forse non è troppo tardi. Potresti darci un’altra opportunità? Io racconterò nel mio mondo come si viveva quando c’era l’acqua e spiegherò perché ci è stata tolta. Sono sicuro che gli uomini non commetteranno più lo stesso errore”.
Il re delle nuvole accettò la proposta di Giuseppe e improvvisamente gli uomini sentirono un brontolio che non conoscevano: erano tuoni!!! Subito scoppiò un temporale e l’acqua ritornò a scorrere dal cielo verso la terra.
Tutti corsero in strada per vedere questa meraviglia e Giuseppe raccontò cosa aveva visto.
Da quel momento gli uomini, per timore di essere di nuovo privati di quel bene prezioso, cambiarono. Ricominciarono a coltivare i campi, ricrebbero gli alberi e i fiori, il mondo si riempì di colori, i laghi e i fiumi si riformarono grazie alle piogge stagionali. Gli uomini impararono di nuovo a lavarsi e a cucinare. Ma soprattutto impararono a rispettare l’acqua e a non sprecarla.
Ah, naturalmente il Museo chiuse perché nessuno ebbe più bisogno di visitarlo. E gli storici capirono finalmente a cosa può servire un “ombrello”.
L.Gabriele-M.Caruso-S. Figuccio- A. Romano- G. Prato
IL RAMO DI CORALLO
C’era una volta in un villaggio di pescatori una bellissima ragazza orfana che viveva con il nonno che era un vecchio pescatore.
Lei, anche se era una ragazza, adorava andare a pesca con il nonno ed era molto brava a tuffarsi e a catturare i pesci a mani nude.
Un giorno pescò un rametto di corallo rosso che sembrava molto prezioso. Nessuno in quel villaggio ne aveva mai visto uno uguale.
Lei lo teneva in casa come un trofeo.
Un altro pescatore le aveva chiesto se poteva venderglielo ma la ragazza non volle farlo. Sentiva che quel ramo poteva esserle utile ma non sapeva in che modo.
Un giorno il nonno si ammalò e nessuna cura sembrava farlo stare meglio. La ragazza era disperata. Si recò allora a casa della vecchia del villaggio che si diceva fosse una strega. Tutti andavano da lei quando avevano un problema per chiederle consiglio e lei, che era molto saggia e riusciva a leggere nel cuore delle persone, aiutava sempre coloro che lo meritavano.
La vecchia le disse che per salvare il nonno avrebbe dovuto restituire al mare il ramo di corallo, però doveva andare lontano dalla costa, gettarlo in acqua e dire una preghiera speciale che lei le avrebbe insegnato.
La ragazza prese la barca del nonno, si allontanò dalla costa e recitò la preghiera, poi buttò in mare il rametto di corallo.
Con grande dispiacere lo vide scendere piano piano sott’acqua sino a scomparire del tutto.
Ma all’improvviso intorno alla barca si creò un vortice di schiuma e ne emerse un giovane così bello ma così bello che nessuno ne aveva mai visto uno simile. Era uno dei figli del re del mare che da tempo, da sotto l’acqua, osservava la giovane quando si tuffava dalla barca del nonno per pescare e se ne era innamorato.
Il re del mare, in cambio della restituzione del ramo di corallo che faceva parte del prezioso tesoro degli abissi, gli aveva concesso di andare a vivere sulla terra e di sposare la sua innamorata.
Il giovane salì sulla barca, prese per mano la ragazza e insieme tornarono verso il villaggio. Era come se si conoscessero da sempre.
Ad attenderli sulla riva trovarono il nonno perfettamente guarito. Di lì ad un mese si celebrarono le nozze dei due giovani e tutti vissero per sempre felici e contenti.
V. Barone- A. Martinez- F. Genovese- D. Amaro- L.Di Maggio
FINE
Published: Mar 7, 2018
Latest Revision: Mar 9, 2018
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