iNDICE
PaG 3:
DADAISMO
CONTESTO STORICO
PaG 5:
D A D A
secondo lo storico De Micheli
Pag 7-8:
Bozzetti
Pag 9:
Opera FinAle
-Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons-
Pag 10:
Analisi Denotativa e Connotativa
Pag 11:
ReAlzione FinAle
Pag 13:
Bibliografia e sitografia
DADAISMO
CONTESTO STORICO
Siamo agli inizi del XX secolo, quando in Europa una guerra mondiale sconvolgerà tutto il mondo, portando le sue conseguenze fino ai nostri giorni. Una guerra, la Prima, che mette il mondo davanti ad un problema : la consapevolezza del futuro e della modernità, delle esigenze che una grande crescita modernista comporta. L’uomo comprende forse per la prima volta di essere giunto alla fine di un era, e di dover lasciarsi alle spalle il suo essere uomo del primo millennio.
È una grande prova quella che deve superare l’abitante del mondo, deve rimettersi in gioco, non può tirarsi indietro, ormai la direzione intrapresa da ogni stato è quella della modernità, e saranno di più le cose da lasciarsi alle spalle di quelle da portarsi nel nuovo millennio.
Come l’epoca storica in cui si colloca, in Europa l’espressione artistica della prima metà del XX secolo si caratterizza da un lato per le sue profonde spaccature e dall’altro per le radicali innovazioni e i fondamentali cambiamenti apportati da intere generazioni di giovani artisti, nonostante le due guerre mondiali, la rivoluzione in Russia, il Fascismo e le persecuzioni nella Germania nazista.
Il titolo di un libro del 1925, Gli “ismi” dell’arte, ben sintetizza la sfida centrale che caratterizza l’arte moderna. In questo periodo non si individuano durature uniformità stilistiche, piuttosto l’arte è frammentata in numerosi “ismi”: Espressionismo, Cubismo, Futurismo, Verismo, Surrealismo e Dadaismo.
I tempi però non erano ancora pronti, tutti si stavano preparando al nuovo millennio e il tempo anche se composto da cento anni era corto. L’attesa caratterizzerà ogni aspetto della realtà del ‘900. Tutto si fa più breve, le stesse avanguardie artistiche non dureranno più di 5 o 6 anni, tutto è di passaggio e l’uomo verrà travolto da tutte le novità, verrà travolto da questo nuovo vento impetuoso. L’uomo del novecento è infatti il più martoriato della storia, alle spalle ha solo epoche a tratti gloriose e a tratti terribili, da cui contiguamente si sente nostalgicamente richiamato. L’uomo del novecento non si sente a suo agio in nessun luogo, non sente sua nessuna cultura e nessuna arte.
Proprio su questi aspetti, su queste fondamenta fragilissime si fondano i tempi moderni e si fondano le avanguardie artistiche come il DADA. Come poteva fare l’uomo moderno a ripararsi da questa realtà violenta fatta di guerre e crimini all’umanità? Doveva crearsi un’altra realtà. Dove sfuggire in qualche modo dal fantasma della guerra e dalla terribile attesa di qualcosa che non arriverà mai.
È per questo che il dadaismo rifiuta ogni atteggiamento razionale, e per poter continuare a produrre opere d’arte si affida ad un meccanismo ben preciso: la casualità. Il “caso”, in seguito, troverà diverse applicazioni in arte: lo useranno sia i surrealisti, per far emergere l’inconscio umano, sia gli espressionisti astratti, per giungere a nuove rappresentazioni del caos, come farà Jackson Polloch con l’action painting.
In un suo passo Hans Arp afferma:
«La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria».
Il movimento dadaista nasce a Zurigo nel 1916 durante la prima guerra mondiale con la fondazione del caffè letterario Cabaret Voltaire, in un periodo in cui nella città pullulano rifugiati, disertori, antimilitaristi, critici e artisti di varia provenienza e rivoluzionari. I protagonisti principali del movimento sono il poeta Tristan Tzara, il pittore Janco (entrambi rumeni), lo scultore e pittore Arp, alsaziano, lo scrittore e filosofo Hugo Ball, tedesco, i francesi Picabia e Duchamp che entrano a far parte del gruppo zurighese nel 1918 quando viene pubblicato il manifesto programmatico del dadaismo.
Al Cabaret Voltaire alcuni di questi artisti sono protagonisti di serate dedicate all’arte russa e francese, a canzoni, danze, poemi simultanei, musiche africane. Tra le avanguardie storiche del primo Novecento il dadaismo è quello che ha più breve vita, però il suo grande valore è quello di aver scardinato con la provocazione norme e valori tradizionali e aver preparato il terreno per altre esperienze, quali per esempio il surrealismo. E’ infatti dal gruppo, Breton, Eluard, Aragon, che gravitava intorno la rivista Littèrature e che aveva collaborato con Tzara, nasce il Surrealismo. Da questo momento in poi l’esperienza dadaista si può ritenere conclusa.
Le serate al Cabaret Voltaire non sono molto diverse dalle serate organizzate dai futuristi: in entrambe vi è l’intento di stupire con manifestazioni inusuali e provocatorie, così da proporre un’arte nuova ed originale. Ed in effetti i due movimenti, futurismo e dadaismo, hanno diversi punti comuni (quale l’intento dissacratorio e la ricerca di meccanismi nuovi del fare arte) ma anche qualche punto di notevole differenza: soprattutto il diverso atteggiamento nei confronti della guerra. I futuristi, nella loro posizione interventista, sono tutto sommato favorevoli alla guerra, mentre ne sono del tutto contrari i dadaisti. Questa diversa impostazione conduce ad una facile, anche se non proprio esatta, valutazione per cui il futurismo è un movimento di destra, mentre il dadaismo è di sinistra. Altri punti in comune tra i due movimenti sono inoltre l’uso dei “manifesti” quale momento di dichiarazione di intenti.
Ma veniamo ai contenuti principali del dadaismo. Innanzitutto il titolo. La parola Dada, che identificò il movimento, non significava assolutamente nulla, e già in ciò vi è una prima caratteristica del movimento: quella di rifiutare ogni atteggiamento razionalistico. Il rifiuto della razionalità è ovviamente provocatorio e viene usato come una clava per abbattere le convenzioni borghesi intorno all’arte. Pur di rinnegare la razionalità i dadaisti non rifiutano alcun atteggiamento dissacratorio, e tutti i mezzi sono idonei per giungere al loro fine ultimo: distruggere l’arte. Distruzione assolutamente necessaria per poter ripartire con una nuova arte non più sul piedistallo dei valori borghesi ma coincidente con la vita stessa e non separata da essa.
Il movimento, dopo il suo esordio a Zurigo, si diffonde ben presto in Europa, soprattutto in Germania e quindi a Parigi. Benché il dadaismo è un movimento ben circoscritto e definito in area europea, vi è la tendenza di far ricadere nel medesimo ambito anche alcune esperienze artistiche che, negli stessi anni, ebbero luogo a New York negli Stati Uniti. L’esperienza dadaista americana nacque dall’incontro di alcune notevoli personalità artistiche: il pittore francese Marcel Duchamp, il pittore e fotografo americano Man Ray, il pittore franco-spagnolo Francis Picabia e il gallerista americano Alfred Stieglitz.
Ma la vita del movimento è abbastanza breve. Del resto non poteva essere diversamente. La funzione principale del dadaismo era quello di distruggere una concezione oramai vecchia e desueta dell’arte. E questa è una funzione che svolge in maniera egregia, ma per poter divenire propositiva necessitava di una trasformazione, e ciò avvenne tra il 1922 e il 1924, quando il dadaismo scomparve e nacque il surrealismo.
D A D A
“Anti-artistico, anti letterario, antipoetico è dunque Dada. La sua volontà di distruzione ha un bersaglio preciso, che è in parte lo stesso bersaglio dell’espressionismo; ma i suoi mezzi sono ben più radicali. Dada è contro la bellezza eterna, contro le leggi della logica, contro l’immobilità del pensiero, contro la purezza dei concetti astratti, contro l’universale in genere. Esso è invece per la sfrenata libertà dell’individuo, per la spontaneità, per ciò che è immediato, attuale, aleatorio, per la cronaca contro l’atemporalità, per ciò che è spurio contro ciò che è puro, per la contraddizione, per il no dove gli altri dicono sì e per il sì dove gli altri dicono no, è per l’anarchia contro l’ordine, per l’imperfezione contro la perfezione. Quindi, nel suo rigore negativo è anche contro il modernismo, contro cioè l’espressionismo, il cubismo, il futurismo, l’astrattismo, reputandoli in ultima analisi dei surrogati di quanto è andato o sta per andare distrutto, cioè dei nuovi punti di cristallizzazione dello spirito, il quale mai deve essere imprigionato nella camicia di forza di una regola, sia pure nuova e diversa, ma sempre deve essere libero, disponibile, sciolto dal continuo movimento di se stesso nella continua invenzione della propria esistenza. Nessuna schiavitù, neppure la schiavitù di Dada su Dada. In ogni momento, per vivere, Dada deve distruggere Dada. Non esiste una libertà fissata per sempre, ma un incessante dinamismo della libertà, in cui essa vive negando continuamente se stessa. Il dadaismo è quindi non tanto una tendenza artistico-letteraria, quanto una particolare disposizione dello spirito, è l’atto estremo dell’antidogmatismo, che si serve di qualsiasi mezzo per condurre la sua battaglia. Il gesto quindi più che l’opera interessa Dada; e il gesto può essere compiuto in qualsiasi direzione del costume, della politica, dell’arte, dei rapporti. Una sola cosa importa: che tale gesto sia sempre una provocazione contro il cosiddetto buon senso, contro la morale, contro le regole, contro la legge; quindi lo scandalo è lo strumento preferito dai dadaisti per esprimersi. Da questo punto di vista il dadaismo va anche oltre il significato o la semplice nozione di movimento per diventare un modo di vita. Il senso della sua aspra polemica contro l’Arte e la Letteratura con la maiuscola dev’essere visto proprio nel fatto che in esse, ipocritamente tese a cogliere “i valori eterni dello spirito” la vita era stata abolita, segregata. Dada era invece il desiderio acuto di trasformare in azione la poesia. Era insomma il tentativo più esasperato di saldare la frattura tra arte e vita, di cui Van Gogh e Rimbaud avevano dato il primo drammatico annuncio. Molti elementi posticci ed esteriori si mescolarono sin da principio, ma non c’è dubbio che tale è il suo significato più vero”.
Bozzetto 2
Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons
OPERA FINALE
A n a l i s i D e n o t a t i v a
L’opera “Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons”, raffigura soggetti molto diversi tra loro che appaiano come nelle opere Dadaiste in balia del caos e del “per caso”. Al centro dell’opera le macchie di colore catturano l’attenzione coprendo lo scuro dello sfondo grigio e coprendo anche gli elementi applicati a collage. In tutto questo vortice di colori primari, stesi con le mani, ci sono gli elementi più figurativi come la copia dal vero in alto a destra fissata con due puntine, il volto della donna urlante a sinistra e al centro il volto diviso in due del Presidente della BCE, Mario Draghi. Cattura sicuramente lo sguardo la decorazione in rilievo intorno all’occhio di M. Draghi, e appare quasi chic, ma il rosso delle perle riprende le macchie di colore sullo sfondo. In oltre si possono notare le aggiunte per completare la parte inferiore del volto di Draghi: come il pezzo di cartone ondulato che continua sulla linea del naso o l’occhio rosso, statico e inquietante che riprende “ l’occhio chic “ in alto. Le macchie di colore puro in alcuni punti sono mescolate con la tinta sottostante, creando nuove cromie; e alcune macchie appaiono opache e altre lucide. Oltre a questi elementi si posso notare interventi più invasivi come i graffi sulla superficie, creati con una punta metallica, che creano curve dinamiche e in dissolvenza. Altro aspetto invasivo è il taglio della tela per inserire il volto della donna urlante in alto a sinistra. La tela non è legata a nessuno studio compositivo particolare, gli elementi in balia del caos sono incollati o disposti sulla tela per caso. Nessuno studio se non il bozzetto in scala 1:3 ha preceduto questa creazione, libera nei soggetti nella composizione e nei significati.
A n a l i s i C o n n o t a t i v a
Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons in Italiano vorrebbe dire provocatoriamente: Il Dadaismo è una stronzata che ci piace. E in questo titolo si racchiude il senso della mia opera, che senso non ha. Nel momento della progettazione e creazione della dipinto non ho ragionato in termini compositivi o legati ad alcun significato. Infatti i Dadaisti criticavano questo con le loro opere, e cioè il dare un significato a tutto aumentando così il valore di oggetti apparentemente inutili o poco estetici. Il Dadaismo provocatoriamente porta sotto i riflettori ruote di biciclette e water, facendoli passare come opere d’arte. La cosa più divertente è che sono riusciti nel loro intento e oggi le loro opere sono in collezioni private e in musei internazionali di arte contemporanea. E questo è quello che ho fatto io nella fase creativa: ho portato il caos dadaista sulla tela.
Ma il Dadaismo era anche critica. E allora da pittore sono diventato osservatore e ho cercato di trovare un senso a quest’opera dal titolo e dal soggetto stravaganti. E ho visto che quello che dicevano i dadaisti è vero, si può veramente trovare un senso a tutto. “Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons” vuole criticare 2 aspetti apparentemente estranei tra loro della realtà e vuole metterne in luce un altro che mi sta molto a cuore. La prima critica è quella all’economia, apparentemente cieca che passa sopra i deboli (donna che urla) senza accorgersene e che guarda solo alle grandi realtà mondiali senza nemmeno conoscere i piccoli organismi che compongo il nostro pianeta. Questo, che immagino come un vortice che investe tutto, è l’economia capitalista ed è rappresentato dal massimo esponente delle banche europee Mario Draghi, presidente della BCE.
Inizialmente ho detto che l’economia è apparentemente cieca, apparentemente, perché in realtà vede e osserva tutto, anche i piccoli organismi. Per questo l’occhio di Draghi è così sottolineato sia dalle perle chic nella parte superiore, che dal disegno rosso nella parte inferiore. Lo sguardo del banchiere è fermo e deciso come anche la bocca serrata, sono occhi che non vogliono ammettere di vedere ed è una bocca che non vuole parlare e dire la verità. Draghi appare sicuro, e le perle intorno al suo occhio non fanno che sdrammatizzare questo suo sguardo ”tombale”. Come altri uomini di potere in Europa, Draghi è il classico uomo dotato di un certo aplomb, con una voce sempre tranquilla e rappresenta l’uomo sobrio, con una famiglia rispettabile e che non ostenta la sua ricchezza. Per questo le perle sdrammatizzano la figura così costruita di quest’uomo ingessato che osserva il mondo degradato in cui viviamo, con molta distanza dal suo ufficio a Bruxelles.
Quindi l’occhio possiamo anche considerarlo come Super Occhio, quasi come l’Occhio del Grande Fratello orwelliano di 1984, che osserva tutti gli abitanti del Mondo e prende decisione in base alle loro azioni esatte o sbagliate.
La seconda critica è racchiusa nel foglio attaccato con le puntine, che raffigura una prova dal vero. Questa è la critica che ogni avanguardia porta al suo interno, cioè l’anti-accademismo. Lo scontro tra modernità e passato e quindi tra studio, osservazione e velocità, azione. E questo racchiude il significato che do io alla mia arte e all’arte moderna. È un arte che non deve più avere un tempo lungo di studio e realizzazione ma il tempo deve essere usato solo per contemplare l’opera e i suoi tanti significati. Il disegno quindi non è più fondamentale, per questo è fissato con due puntine lontano dal centro che è l’occhio di Draghi. E quindi l’arte veloce e però espressiva si trova al centro con le macchie veloci di colore, stese con le mani nemmeno più con i pennelli. E da qui allora si ha il significato finale e il rapporto tra le due critiche iniziali, e cioè riflette sul rapporto tra arte e potere. Un rapporto non più vivo come una volta. Un rapporto che gioca a sfruttare la fama dell’altro per farsi propaganda e che gioca a fraintendere ciò che l’uno o l’altro vogliono dire. Siamo arrivai tardi a capire questo ormai stiamo andando verso una direzione unica dove il potere e l’arte avranno un rapporto per nulla autentico un rapporto di reciproca svalutazione e sfruttamento.
R e A l a z i o n e F i n A l e
Dadaismo
Le Dadaïsme est un connerie que nous aimonS
Come in ogni Book di lavoro fatto in precedenza anche in questo sono presenti due momenti che hanno riguardato la mia progettazione. Il primo che riguarda la parte di introduzione storica, ove ho presentato gli aspetti storici, sociali e artistici che stanno alla base del Dadaismo e il secondo dove illustro il processo che ho svolto per arrivare alla mia opera finale Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons. Nella prima parte ho cercato di unire le mie conoscenze, le mie interpretazioni e quello che dicevano alcuni libri sul Dadaismo creando un testo che mi è servito a comprendere con cosa stessi lavorando.
Dopo essermi informato sul breve movimento artistico, ho iniziato a realizzare alcuni bozzetti usando la tecnica del collage e non avvalendomi dello schizzo, ho deciso di progettare i primi 3 bozzetti dando grande importanza alla casualità tanto esaltata dagli artisti Dadaisti. Nei primi 3 bozzetti ho cercato di riassumere quelle che erano le espressioni artistiche del dadaismo.
Quindi nel primo bozzetto ho unito opere di diversi artisti senza alcun collegamento tra loro creando così un’unica opera da cui ho selezionato un particolare.
Nel secondo bozzetto ho creato un manifesto propagandistico di denuncia. Ho ritagliato un titolo che mi aveva colpito dal Giornale dell’arte e l’ho incollato su un’opera famosissima di Ingres Donna di spalle. E questo bozzetto è un richiamo alla coscienza degli artisti contemporanei, che molto spesso sembrano non emergere dal tessuto sociale.
Nel terzo bozzetto ho usato la tecnica del collage e ho tagliato tutta l’opera, cambiandone il significato, che non sta più nell’immagine ma nella forma che viene presentata. Viene quindi impedita allo spettatore l’osservazione del soggetto rappresentato costringendolo invece a guardare come viene posta davanti a lui la tela che si sviluppa nello spazio e nella nostra mente.
Il quarto bozzetto invece è quello della mia opera finale, per questa mi sono avvalso anche dello schizzo e ho prodotto prima l’opera in scala 1:3, che ho poi riprodotto su una tela con dimensioni 50×70 cm. La tecnica da me utilizzata è quella dell’acrilico su tela mescolato a colori a vetro, e il collage di ritagli di riviste. In più ho voluto emulare Fontana nei tagli e graffi presenti sulla superficie del dipinto. Ho poi corredato il book di un ambientazione della mia opera, che ho deciso di collocare all’interno di un museo nonostante la critica all’accademismo che si cela nella mia opera. La vera collocazione sarebbe stata la strada ma non avrebbe colpito i cosiddetti “Piani Alti”. Nel book inoltre sono presenti due ritratti rinascimentali: all’inizio il Baldassarre Castiglione di Raffaello e alla fine Federigo da Montefeltro di Piero della Francesca; entrambi hanno i miei occhiali; a voler imitare Dalì che mise i suoi baffi alla Gioconda. In realtà rappresentano la nostalgia e il rimpianto nei confronti dell’arte e del mondo rinascimentale.
Andrea Randazzo
Bibliografia e Sitografia
In copertina “Federigo con gli occhiali”
opera di Andrea Randazzo
Omer Simpson, l’Urlo (immagine pag2)
http://www.happyblog.it/post/4701/i-simpsons-e-larte
DADAISMO CONTESTO STORICO (pag3)
linck da: Wikipedia, http://www.francescomorante.it/pag_3/312.htm , Youtube
BULLETTIN DADA (immagine pag4)
http://www.artic.edu/reynolds/images/E31693.jpg
D A D A (pag5)
M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Feltrinelli, Milano 1971
Marcel Duchamp (immagine pag 6)
http://www.artnoise.it/wp-content/uploads/2013/12/Marcel-Duchamp.jpg
Bozzetti (immagini pag 7-8)
opere di Andrea Randazzo
Le Dadaïsme est un connerie que nous aimons (immagine pag9)
opere di Andrea Randazzo
Analisi Denotativa e Connotativa (pag10)
testo di Andrea Randazzo
“Baldassare con gli occhiali” (immagine pag13)
opere di Andrea Randazzo
Published: Dec 9, 2016
Latest Revision: Jan 15, 2017
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