DADAISMO -L’HO FATTO IO-

100 ANNI DI DADAISMO (1916-2016)

Tema di Discipline Pittoriche

Schizzi preliminari

Progetto esecutivo con misure dell’opera

Tavole d’ambientazione

Opera originale

Relazione su tecniche, descrizione e collocazione

 Prendete un giornale. Prendete le forbici. Scegliete nel giornale un articolo della lunghezza che desiderate per la vostra poesia. Ritagliate poi accuratamente ognuna delle parole che compongono l’articolo e mettetele in un sacco. Agitate delicatamente. Tirate poi fuori un ritaglio dopo l’altro disponendoli nell’ordine in cui sono usciti dal sacco.Copiate scrupolosamente. La poesia vi somiglierà. Ed eccovi divenuto uno scrittore infinitamente originale e di squisita sensibilità, benchè incompresa dal volgo.

-Tristan Tzara-

 BOZZETTO 1-

‘Chi è il dada ?’ è un’opera fotografica che riprende l’opera ‘Le violin d’Ingres’ di Man Ray è che vuole essa stessa essere la ‘versione dadaista’ del lavoro di Ray.

L’artista realizzò nel 1924 uno dei primi fotomontaggi della storia dell’arte, riproponendosi di ‘mutare’ la figura della donna ritratta sovrapponendovi le ‘f’ del violino, generando così un ibrido tra soggetto e oggetto che diventerà una delle più celebri opere di questo periodo.

Se questa opera faceva perdere (o acquisire) significato a entrambe le figure ritratte, la mia vuole ‘smontare’ questo intento, creando ‘un’opera dadaista di un’opera dadaista’, facendo così perdere significato all’opera di Ray. Questo potrebbe generare un processo infinito di ‘smascheramento delle opere’ ; la figura di una donna che riprende quella di Ray ha un vero e proprio violino sulla schiena, non è un fotomontaggio, e non deve esserci. La realtà e la banalità, se vogliamo dire, di tale intento era proprio quello di far riflettere sul significato di dadaismo, un pensiero che potrebbe essere applicato su qualsiasi cosa, anche sul dadaismo stesso.

 BOZZETTO 2-

‘Chi sono?’ vuole essere una performance museale a collocazione interna che prevede l’ausilio di diverse persone, presenti anche nel pubblico stesso, il cui scopo è quello di dipingersi a vicenda. La scelta del soggetto è a scelta di chi compie il lavoro, ma le figure che ho qui rappresentato mostrano sul proprio corpo quadri di artisti famosi (vedi Mondrian sul viso della ragazza). In questo modo, persone sconosciute ‘acquistano un nome’ e non vi è ne’ un artista ne’ un’opera propria, o meglio, chiunque è artista e opera allo stesso tempo. Questa performance vuole far riflettere sul significato di ‘artista’ e ‘opera’, evidenziando il fatto che spesso è più importante il nome di un artista che l’artista stesso.

 BOZZETTO 3-

‘L’ho fatto io’ è un’opera pittorica divisa in due moduli, due tavole di diversa grandezza, una molto grande e una piccolina, grande circa come le targhette dei musei. La tavola più grande ospita solamente una firma, che occupa l’intera superficie, la tavola piccola invece è occupata da un dipinto ad olio.

Vediamo quindi delle ‘misure invertite’, il dipinto vero e proprio, che dovrebbe presentare dimensioni maggiori è ridotto enormemente di formato, mentre il nome occupa uno spazio molto grande, assumendo quindi molta più rilevanza visiva.

L’intenzione dell’opera è far riflettere l’osservatore sull’importanza eccessiva che viene data al nome anziché all’opera stessa e a come, molto spesso, si vadano a vedere mostre perché ‘di artisti famosi’ senza neanche occuparsi dell’aspetto estetico in se o, ancora più frequentemente, si tenda ad osservare, all’interno di musei, solo i quadri più conosciuti, ignorando magari quelli vicini di uguale se non maggir pregio.

LETTURA DENOTATIVA

L’opera è divisa in due moduli: il primo, il principale, di dimensioni 70×65 cm, il secondo, molto più piccolo 10×20 cm.

Entrambe le figure sono state eseguite con olio su tavola con pennelli e spatola.

Per quanto riguarda il modulo più piccolo, la figura si sviluppa per il lungo occupando tutta la piccola tavola, ed è raffigurata una figura maschile nuda resa con colori abbastanza neutri, in concordanza tra loro.

Per quanto riguarda il modulo più grande, quello principale, la figura rappresentata è semplicemente la firma di me medesima, resa con una grossa pennellata nera su sfondo bianco.

Le due opere dovrebbero venire esposte affiancate, come se il modulo più piccolo fosse la targhetta del modulo più grande.

LETTURA CONNOTATIVA

L’opera che ho scelto di rappresentare è ‘L’ho fatto io’, sia per il fatto che non avrei potuto realizzare certe fotografie o performance in classe, sia per il messaggio che quest’opera vuole mandare, che mi è sembrato il più diretto tra i bozzetti studiati. Il fatto che la tavola principale sia così grande è dovuto proprio a un bisogno di esaltare questo messaggio e di renderlo ancora più esplicito; la firma ha una grande importanza, perché è enorme, e quindi molto più evidente, le grandezze delle tele sono invertite in quest’opera, il nome, che dovrebbe solitamente trovarsi nella targhetta in formato molto minore si trova al posto dell’opera vera e propria. Ciò vuole invitare l’osservatore, anche in maniera abbastanza esplicita, a ragionare su quanto il nome ha molto spesso più importanza dell’opera e a quanto senza darci molto peso, si tenda a vedere quasi più quello che il resto. La mia vuole essere una provocazione alla critica e alla superficialità con la quale l’arte da alcuni viene vista e giudicata, e al business che molto spesso vi è dietro.

-BOZZETTO 3-

-SUPPORTO: Cartone (due tavole)

-TECNICA: Olio

-DIMENSIONI: 70×65 cm e 10×20 cm.