Loading Book...
Dichiaro che Tristan Tzara ha trovato il termine DADA l’8 febbraio 1916 alle ore 6 di sera, ero presente con i miei 12 figli quando Tzara ha pronunciato per la prima volta questa parola che ha scatenato in noi un legittimo entusiasmo. Ciò avveniva al Café Terrasse di Zurigo e io portavo una brioche dentro la narice sinistra. Sono persuaso che tale parola non abbia alcuna importanza, e che soltanto gli imbecilli e i professori spagnoli possano interessarsi alle date. Ciò che interessa a noi è lo spirito dada e tutti noi eravamo dada prima ancora dell’esistenza del dada. Le prime Vergini Sante ch’io ho dipinto sono datate a partire dal 1886, quando io avevo pochi mesi e mi divertivo a pisciare impressioni grafiche. La morale degli idioti e la loro fede nei genii mi fanno cacare.
Tarrenz presso Imst 6 agosto 1921
Han Arp, Dichiarazione.
DADAISMO
Cosa pensiamo quando sentiamo dire: ‘DADA’ ? Nulla. O, almeno, chi possiede un’ampia conoscenza in campo artistico, collega il termine al movimento d’avanguardia denominato ‘DADAISMO’; ma per chi sente, per le prima volta, questa parola è consapevole che essa non significhi nulla; eppure, i suoi rappresentanti scelsero proprio questo bisillabo alludendo alle prime forme espressive dei neonati o al “sì” in romeno.
Il Dadaismo, nato successivamente i fauve, i cubisti, i futuristi, gli astrattisti, gli espressionisti, e che ha preceduto solamente i surrealisti, è stato un movimento d’avanguardia, privo di qualsiasi consistenza formale e contenutistica e di ogni altro significato razionale, la cui concezione artistica esaltava le leggi dell’imprevisto e del caso, e non si limitava a una rivoluzione visiva ma a una vera e propria rivoluzione culturale. Il Dada proponeva una filosofia della vita che contestava il ruolo elitario dell’artista, che era vittima consenziente, sino ad all’ora, della divisone del lavoro, cioè esso era destinato a subire, secondo i ‘dada’, le angherie di una società fondata sulla spaccatura tra la vita e l’arte. Ad intervenire e abolire questa separazione, questa netta distinzione fu uno dei massimi promotori del movimento, Duchamp, che mise al bando una pittura puramente retinica contrapponendole una pittura mentale con l’introduzione, nel 1913, del Readymade – l’oggetto manufatto di uso quotidiano elevato al livello dell’opera d’arte semplicemente per puro volere dell’artista.
Oltretutto, il Dadaismo, contrariamente a tutti i movimenti dell’avanguardia storica che l’hanno preceduto, non è sorto solamente grazie all’iniziativa di pittori, ma a quella di poeti e letterati, non a caso i suoi massimi portavoce, furono e si considerarono più poeti e pensatori che artisti nel senso tradizionale e stretto del termine. Quindi, i pittori ‘dada’, al pari di qualsiasi altra figura artistica, rifiutano di recitare un solo ruolo, fanno del proprio lavoro una testimonianza della crisi storica del periodo in cui sono relegati e, all’assurdità delle guerra, rispondono con una ‘follia’ intenzionale e razionale, nata dal rifiuto dei valori e delle concezioni borghesi, ritenuti i promotori e cause scatenanti del conflitto.
LA NASCITA.
Le circostanze della nascita di questo movimento si sviluppano lungo una linea del tempo che comprende un arco temporale di circa sette anni. Il movimento dada, secondo alcuni storici dell’arte, ha emesso il suo primo gemito il 5 febbraio 1916 a Zurigo, all’apertura del Cabaret Voltaire, per iniziativa di Hugo Ball e della sua compagna Emmy Henning, con la collaborazione di Arp, Huelsenbeck, Janco e Tzara; il luogo ideale dove un gruppo di giovani esuli e renitenti alla leva, ma anche artisti e letterati iniziò a organizzare serate in cui avevano luogo concerti, letture di poesie, conferenze e mostre. E tutto questo accadeva mentre in Europa infuriava la guerra. Però, e vi è sempre un però, l’atto di nascita dello spirito dada va spostato di circa tre anni in data 1918 quando, sul terzo fascicolo di “Dada”, venne pubblicato il Manifeste Dada 1918 di Tzara. Infatti, sino a quel momento, il movimento dada non differisce dai restanti movimenti presenti sulla scena artistica di quel periodo e, non a caso, alle sue collettive, esponevano artisti di marca cubista, futurista, espressionista e astrattista. Se, invece, si desidera prendere in considerazione le prime manifestazioni dello spirito dada in Europa, allora bisogna retrocedere lungo la nostra linea del tempo di quattro anni, partendo dall’inaugurazione del Cabaret Voltaire, arrivando così al 1912, più precisamente nell’aprile del 1912 quando Cravan pubblica a Parigi “Maintenant”, il primo prototipo del periodico dada. Mentre, l’anno seguente, il già citato Marcel Duchamp dava vita, a Neuilly, con la sua Ruota di bicicletta, il primo prototipo di opera plastica in stile dada.
Il Dada non si sviluppa solamente in Europa, anzi il suo “microbo” trova terreno fertile anche in Oriente, ovvero in quei paesi che riconquistano la loro indipendenza nazionale durante e dopo la fine della grande guerra (Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Romania) e in URSS, a seguito della rivoluzione di ottobre. In questi paesi, addirittura, lo spirito Dada assume i connotati di una visione ottimistica ed è specchio della variante russa o polacca del futurismo, in netto contrasto, invece, con il futurismo italiano, segnato nel profondo e ben radicato nel solco dell’interventismo e rifiutato anche dal pensiero che dilaga in America Latina, anche se qui non si sviluppa un ceppo autoctono. Tornando, invece, in ambito europeo, il dada non possiede una visione ottimistica e ne è di esempio la Germania e l’ex impero austro-ungarico, dove prevale un sentimento di disperazione favorevole allo sviluppo della variante espressionista con alcune eccezioni. Poi segue il caso della Francia e della Svizzera, dove si sviluppa una forma più virulenta, mordace: una ribellione di carattere nichilista, risultato del disgusto nei confronti dei valori borghesi responsabili dello scempio della guerra.
Però, in tutto questo agglomerato di idee, espressioni, movimenti e ribellioni una cosa è certa, veritiera e conferma di tutto ciò che è stato detto, come ci ricorda Tzara: “Dada ha 391 atteggiamenti e colori diversi a seconda del sesso del presidente”, cioè così come non esistono razze pure, non esiste un dada puro. Vi sono altrettante forme di Dada quanto vi sono dadisti.
Il contesto storico.
Provando io un forte interesse per la storia e i suoi eventi, ritengo, anche in questo caso, dover scrivere qualche riga riguardo il contesto storico in cui si è sviluppato, attraverso delle tappe necessarie, il movimento dada e come esso si è collocato, quale presa di posizione ha assunto in risposta agli eventi storici e politici.
Tutti sappiamo o abbiamo sentito dire che la grande guerra (1914-1918) ha avuto inizio con l’assassinio, a Sarajevo, dell’arciduca ereditario Francesco Ferdinando e di sua moglie il 28 giugno 1914. Questa è considerata la data simbolo dell’inizio del conflitto ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso degli animi irrequieti, la scintilla che ha acceso la miccia, ormai pronta da tempo, immobile e passiva, in attesa della casualità, quella casualità che ha trovato corpo nell’attentatore, lo studente anarchico serbo; ma la grande guerra, come già sottolineato, e il suo spettro dalle sembianze di mille nazioni ha radici più profonde, che risalgono a conflitti interni agli stati o tra gli stati stessi, potenze che desideravano ingrandire il proprio territorio, diventando delle potenze commerciali con ideali ben saldi e aspirando, infine, ai livelli supremi della piramide delle nazioni mondiali.
Da questo contesto emergono due fazioni: gli aderenti al conflitto, noti come gli interventisti, e i non favorevoli all’intervento. Io penso che queste due fazioni possano essere inserite in due movimenti artistici, dato che si tratta, in questo caso, un argomento inserito nei quadri artistici, ed essi sono: il futurismo e il dadaismo. Diciamo che i due movimenti, nonostante i contrasti accentuati, soprattutto per il diverso atteggiamento nei confronti della guerra, come detto in precedenza, hanno avuto due punti in comune fondamentali, ovvero l’intento dissacratorio e la ricerca costante di meccanismi nuovi nel fare arte e l’uso di manifesti quale momento di dichiarazione di intenti.
BOZZETTO N°1
Dimensioni bozzetto: h 29.7 cm – l 21 cm
Dimensioni opera finale: h 42 cm – l 29.7 cm
Tecnica: tempera e collage
Il bozzetto è stato realizzato partendo dalla fotografia di un ritratto dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I, al cui soggetto sono stati apportati degli “accorgimenti” o delle modifiche mediante impiego di tecniche come tempera e collage, quest’ultima tecnica primaria nell’ambito della creazione artistica dadaista. Il bozzetto e l’opera finale hanno lo scopo di ridicolizzare, schernire il personaggio o la figura di Francesco Giuseppe I attraverso delle modifiche alla sua immagine, elaborate in parallelo alle concezioni e visioni del mondo e della vita da un punto di vista propriamente dada. Nonostante, nella maggior parte dei casi, non vi fosse razionalità nelle creazioni dadaiste, in questo caso l’opera ha il suo perché, la sua giusta motivazione, ovvero quella spiegata in precedenza, quella di rendere ridicolo l’imperatore, ad esempio facendogli indossare, volutamente, una fascia con la scritta ‘DADA’, non essendo lui un dadaista, ma un sovrano favorevole alla guerra, tanto odiata e ripudiata dal dadaismo.
BOZZETOO N°2
Dimensioni bozzetto: h 29.7 cm – l 21 cm
Dimensioni opera finale: h 42 cm – l 29.7
Tecnica: collage
Il bozzetto è stato realizzato mediante la tecnica del collage. I ritagli di giornale sono stati recuperati attingendo da varie riviste settimanali o mensili, scelti accuratamente in base all’idea elaborata e incollati su un foglio A4 a fondo bianco. Ecco, si è cercato di procedere ragionando ed elaborando il collage nel vero spirito dada, dato che il dadaismo e i suoi esponenti fecero loro, come tecnica principale, il collage. Nel bozzetto sono rappresentati una coppia – uomo e donna – la quale quest’ultima impugna una pistola giocattolo, probabilmente di quelle usate nei luna park, dalla quale viene esploso un colpo, che trova le sue sembianze nella scritta ‘DADA’. Questa è indirizzata a un generale inglese, esemplificazione della guerra, che va pronunciando la parola ‘WAR’ e che viene decapitato nel vero senso della parola dallo stesso ‘DADA’. Ai piedi del generale, vi la foto di un gruppo di soldati che tenta, in vano e disperatamente di rispondere alla coppia dada e di arginarne le conseguenze con un colpo di cannone, che emette un fascio giallo, unica nota di colore in questa composizione bianco e nera.
BOZZETTO N°3
Dimensioni bozzetto: h 29.7 cm – l 21 cm
Dimensioni opera finale: h 42 cm – l 29.7 cm
Tecnica: collage e tempera
Il bozzetto è stato realizzato, come il precedente bozzetto n°2, mediante la tecnica del collage e con l’aggiunta dei colori a tempera. Il soggetto in questione, posto al centro della composizione, è una statua che allude all’arte, a qualsiasi forma di arte esistente e prodotta dall’uomo, il quale è in grado, oltre a crearla, anche di distruggerla perché il significato del bozzetto è quello di critica radicale alla guerra da parte dell’arte, che è stanca di subire i soprusi e i giochi di potere degli uomini. Naturalmente non può mancare la firma del movimento a cui è ispirata la critica, ovvero il DADA.
LETTURA DENOTATIVA
L’opera finale presenta in primo piano un personaggio storico di rilievo nel contesto politico – sociale nei primi decenni del secolo XX. Il soggetto in questione è Francesco Giuseppe I imperatore d’Austria, deceduto nel 1916. L’immagine presente è in realtà un ritratto del sovrano, realizzato nel 1910; in questo caso, però, l’immagine ha subito degli “accorgimenti” o delle aggiunte in base al tema del lavoro richiesto e affrontato, ovvero il DADAISMO. Come si può ben notare, il sovrano è raffigurato in una posa autoritaria, con uno sguardo deciso e fiero, con indosso l’uniforme reale d’imperatore, tempestata di medaglie e decorazioni varie. La fascia che indossa e che scende diagonalmente presenta la scritta ‘DADA’, realizzata mediante la tecnica del collage. Invece, spostando lo sguardo verso l’alto, si può notare un tondo rosso realizzato con la tempera, una specie di naso da pagliaccio; infine, alla sommità dell’opera, quasi ad incorniciare il capo di Francesco Giuseppe I, vi sono delle scritte in tedesco: ‘DANK ANARCHISTISCHEN STUDENTEN. DANK SARAJEVO.’, che tradotte in italiano significano: ‘GRAZIE STUDENTE ANARCHICO. GRAZIE SARAJEVO.’
LETTURA CONNOTATIVA
Essendo il movimento DADA in netto contrasto e in opposizione agli ideali borghesi e, di conseguenza, all’assurdità della guerra, la scelta del personaggio è stata studiata e voluta e con modifiche proprie del Dadaismo. Infatti, il soggetto in questione, Francesco Giuseppe I, è sì, espressione del conflitto bellico, dato che fu lui ad approvare l’ultimatum alla Serbia dopo l’attentato di Sarajevo e a scatenare definitivamente il conflitto, ma, in questo caso, non si tende ad esaltare il personaggio in questione, anzi, il fine ultimo è il voler ridicolizzare e schernire lo stesso imperatore mediante degli “accorgimenti”. Primo elemento di derisione è la scritta ‘DADA’ presente sulla fascia a bande bianche e rosse, essa è indice immediato a quale movimento si fa riferimento e tende a presentare l’imperatore come portavoce degli ideali dada e, tale, potrebbe apparire come un paradosso, conoscendo le intenzioni e le azioni del soggetto in ambito storico. Proseguendo con la lettura possiamo notare che il naso dell’imperatore è contraddistinto da un tondo rosso realizzato con la tempera, il quale non ha un significato particolare, se non quello di rimandare alla mente i tipici nasi da pagliaccio, i quali sappiamo essere sempre identificati come dei buffoni, gente che deve fare ridere, proprio come Francesco Giuseppe in questo contesto. Infine, si presentano a alla vista retinica delle scritte, anch’esse realizzate mediante tempera, le quali alludono all’attentato di Sarajevo e allo studente anarchico che lo mise in atto; esse tendono ad esprimere il sentimento di benessere e di compiacimento dell’imperatore perché senza l’attentato non avrebbe mai ottenuto la guerra tanto desiderata, quindi altro elemento che ricopre di ridicolo il vituperato Francesco Giuseppe.
RELAZIONE FINALE
Il progetto di lavoro è stato reso possibile grazie l’impiego e la consultazione di libri scolastici, manuali e dizionari. Essi hanno contribuito a conoscere meglio il movimento dadaista e le sue idee per poter realizzare in una prima fase gli schizzi di studio, poi, successivamente, i bozzetti, dei quali, infine, ne è stato scelto solo uno per l’opera finale. Il tema del compito assegnato era il Dadaismo, ma io ho cercato di focalizzarmi maggiormente su un aspetto che ha reso possibile la nascita di questo movimento, ovvero la Grande Guerra, il conflitto bellico che ha pervaso per quattro anni. Ecco perché la scelta dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I come soggetto di uno dei bozzetti e dell’opera finale, ecco perché la scelta come immagine di copertina di un manifesto di propaganda italiana, rivisitato secondo l’ottica del dada. Tutte queste scelte avevano, quindi, un determinato e profondo studio sia artistico che storico.