Lumière, Auguste e Luis …………. p. 1
Cinematographe ……………………………… p. 3
George Méliès ……………………….. p. 5
Thomas Alva Edison ………………. p. 7
Kinetoscopio ………………………………… p. 9
Gli strumenti del Precinema …….. p. 12
Camera oscura …………………………………… p. 12
Lanterna magica …………………………………. p.15
Thaumatropio ……………………………………. p. 17
Fenachistoscopio ………………………………… p.19
Lumière, Auguste e Louis
Inventori, produttori e cineasti, il primo nato a Besançon il 19 ottobre 1862 e morto a Bandol il 10 aprile 1954, il secondo nato a Besançon il 5 ottobre 1864 e morto a Bandol il 6 giugno 1948.
Abel Gance dice: “La vostra invenzione, signor Lumière, è la nostra grammatica, la nostra lingua, la nostra ragion d’essere. Prima di realizzare la terza dimensione, avevate già dotato lo spirito umano d’un occhio che ci permetteva, attraverso la simultaneità e la soppressione delle nozioni di tempo e di spazio, di intui-re la quarta dimensione” (Chardère, Borgé 1985; trad. it. 1986, p. 184). L’invenzione del Cinématographe segnò una svolta decisiva, una vera e propria rivoluzione, nell’arte, nella cultura e nella società del XX sec., producendo una nuova sensibilità visiva, un nuovo modo di osservare i fenomeni e di viverli.
Figli del fotografo e industriale della fotografia Antoine (1840-1911), frequentarono la scuola professionale e si diplomarono Auguste in chimica e Louis in fisica prima di dedicarsi alla ricerca nel laboratorio paterno. Tra i molti brevetti che i due fratelli depositarono, la maggior parte dei quali concernenti la fotografia e le sue applicazioni e modificazioni, un posto di rilievo occupa quello del 13 febbraio 1895, “Appareil servant à l’obtention et à la vision des épreuves chronophotographiques”, con i relativi certificats d’addition, ai quali si possono aggiungere altri brevetti e certificati che perfezionavano l’invenzione o ne sviluppavano le potenzialità. Con il loro apparecchio di ripresa e riproduzione della realtà in movimento, denominato in seguito Cinématographe, essi cominciarono a realizzare il loro primo film, La sortie des usines Lumière, che presentarono il 22 marzo 1895 a Parigi alla Société d’encouragement pour l’industrie nationale. Ma fu a Lione, il 10 giugno, durante il Congresso delle Società francesi di fotografia, che i L. presentarono un ampio programma che comprendeva sette ‘vedute’ inedite, Place des Cordeliers, Voltige, Forgerons, Pêche aux poissons rouges, Pompiers: attaque du feu, Le jardinier et le petit espiègle, Repas de bébé.
Léon Vidal così ne scrisse: “Se il successo è stato grande per le proiezioni policrome, esso è stato immenso, spinto sino al più completo entusiasmo, per le proiezioni di scene animate” (in “Le moniteur de la photographie”, juillet 1895, 13).
Questo entusiasmo si ripeté in occasione della prima proiezione pubblica (cioè per un pubblico non specialistico) del Cinématographe Lumière a Parigi nel 1895, nel ‘Salon indien’ del Grand café in Boulevard des Capucines: dieci ‘vedute’ di circa un minuto l’una, alcune delle quali già presentate a Lione… il pubblico, numeroso ed entusiasta, accorreva a vedere quella che era considerata una meraviglia della tecnica moderna.
Si andava dalle scene di attualità a quelle d’informazione documentaria, dalle scene di carattere familiare ai microspettacoli comici. Il primo catalogo pubblicato dai L. nel 1897 comprende centinaia di numeri e costituisce un ricco repertorio di generi, al quale avrebbero attinto in seguito la maggior parte degli operatori delle altre case cinematografiche sorte sulla scia del successo degli spettacoli dei Lumière.
L’interesse del pubblico era la curiosità di vedere riprodotta con molta esattezza la realtà fenomenica sia nella rappresentazione delle forme, degli oggetti, della natura, degli esseri viventi, sia nei loro movimenti. Era il ‘realismo’ della rappresentazione che colpiva il pubblico meravigliato.
Poiché la realtà dello schermo era obiettivamente diversa dalla realtà quotidiana, gli spettatori si trovavano di fronte, sia pure inconsciamente, a una rappresentazione che metteva in luce solo alcuni aspetti del reale.
Il successo del cinematografo dei L. stava essenzialmente in questa duplice attrattiva. La nuova realtà dello schermo, cioè il nuovo tempo e il nuovo spazio che le grandi immagini bidimensionali e semoventi creavano, si andava imponendo, stabilendo nuovi rapporti con la realtà, dando vita progressivamente a quella che sarebbe stata poi definita ‘la civiltà dell’immagine’.
L’attività dei L. si protrasse per molti anni, sia sul versante della realizzazione e produzione di film, sia su quello delle ricerche e invenzioni. Alla loro scuola si formarono decine di cineoperatori, che cominciarono a riprendere scene ‘dal vero’ in ogni parte del mondo. I loro cataloghi si arricchirono di centinaia di ‘vedute’, ponendo così le basi del cinema documentario successivo e del cinegiornale d’attualità.
Georges Méliès
Méliès ‹meli̯èes›, George fu un pioniere del cinema (Parigi, 1861 – ivi 1938); proprietario del Théâtre Robert Houdin (1888), fondò la prima casa di produzione cinematografica, la Star film (1896), e costruì il primo studio a Montreuil-sous-Bois.
Dal 1896 al 1914 girò circa 4000 pellicole (la maggior parte delle quali raggiungeva i 400 m), di cui egli era produttore, tecnico, attore.
ra i film più celebri: L’homme-orchestre (1900); Le voyage dans la Lune (1902); Les voyages de Gulliver (1902); À la conquête du Pôle (1912).
Inventò i trucchi elementari del cinema, fondò la Chambre syndicale du cinéma français. Scomparso dal mondo del cinema, fu ritrovato nel 1928 venditore ambulante in condizioni di assoluta povertà.
Thomas Alva Edison
Edison, Thomas Alva fu un inventore statunitense (Milan, , 1847 – West Orange 1931), uno dei più grandi della storia. Autore di alcune delle invenzioni fondamentali della fine del 19° secolo, come il kinetoscopio, la lampada a incandescenza e la registrazione del suono, ha anche introdotto quella che oggi si chiama ricerca e sviluppo, cioè lo sforzo continuo di innovazione e sperimentazione per immettere sul mercato nuovi prodotti.
Kinetoscopio
Si trattava di una sorta di grande cassa sulla cui sommità si trovava un oculare; lo spettatore poggiava l’occhio su di esso, girava la manovella e poteva guardare il film montato nella macchina su rocchetti (il termine inglese film indicava la pellicola, cioè il supporto; più tardi passerà a indicare il contenuto registrato su quel supporto, il film com’è inteso oggi). Si aveva quindi una visione monoculare, come per il dispositivo noto come Mondo nuovo, che però permetteva di visualizzare solo immagini statiche. Attraverso un piccolo foro situato nella parte superiore dell’apparecchio si poteva vedere un breve filmato, proiettato facendo scorrere la pellicola da 35 mm ad una velocità di 48 immagini per secondo (la pellicola della Kodak). La prima dimostrazione pratica del nuovo congegno avvenne il 14 aprile 1894 e fu voluta da Edison per intrattenere la gente che stava ascoltando la musica del suo fonografo.
L’invenzione di Edison veniva portata nelle fiere o in stanzoni appositi e la si poteva utilizzare dietro pagamento di un biglietto. Per attirare nuovi curiosi Edison non riproponeva le stesse pellicole ma ne girava di nuove.
La cinepresa di Edison non era molto sensibile alla luce, per cui le riprese dovevano avvenire con la piena luce solare. Il primo “studio” americano fu quello chiamato Black Maria, un vecchio furgone della polizia a cavallo[2] con le pareti verniciate di nero (in modo da offrire uno sfondo neutro) e la parte anteriore e superiore aperta per far cadere la luce solare.
Gli strumenti del Precinema
Camera oscura
Lanterna magica
Thaumatropio
Fenachistoscopio
La camera oscura
La camera oscura, anche detta camera obscura, camera ottica o fotocamera stenopeica, è un dispositivo ottico composto da una scatola oscurata con un foro stenopeico sul fronte e un piano di proiezione dell’immagine sul retro.
La camera oscura è alla base della fotografia ed è precorritrice della fotocamera. È per questo motivo che gli apparecchi fotografici vengono ancora oggi chiamati “camere”: le prime camere oscure erano infatti delle vere stanze al cui interno i pittori e gli scienziati lavoravano.
Una camera oscura può essere composta da una semplice scatola chiusa, avente un piccolo foro stenopeico su una faccia che lascia entrare la luce. Questa luce proietta sulla faccia opposta all’interno della scatola l’immagine capovolta di quanto si trova di fronte al foro. Più il foro è piccolo e più l’immagine risulta nitida e definita. Il pregio maggiore di una camera così semplice è che tutti gli oggetti paiono a fuoco (anche se nessuno lo è), a prescindere dalla loro distanza dal foro: in altre parole il foro stenopeico si comporta come un obiettivo che non ha una sua lunghezza focale specifica.
Il rovescio della medaglia è che il foro lascia passare pochissima luce, per cui si possono fotografare solo oggetti immobili.
Nelle fotocamere reali, il foro è sostituito da un obiettivo, corredato di dispositivi per il controllo dell’apertura e della messa a fuoco: sul piano su cui si proietta l’immagine è collocata la pellicola fotografica da impressionare o, nel caso di apparecchi digitali, il sensore.
Lanterna magica
La lanterna magica è una forma di proiezione di immagini dipinte (di solito su vetro) su una parete (o uno schermo appositamente predisposto) in una stanza buia, tramite una scatola chiusa contenente una candela, la cui luce è filtrata da un foro sul quale è applicata una lente. Il procedimento è del tutto analogo nella sostanza a quello dei moderni proiettori di diapositive.Si tratta del dispositivo del precinema più vicino allo spettacolo cinematografico vero e proprio.
La diffusione della lanterna magica fu rapida ed ebbe due principali applicazioni: una didattica e una fantastica, di intrattenimento. Nel primo caso si poteva istruire mostrando luoghi, monumenti, oggetti, piante, animali che nessuno aveva mai visto, con un effetto molto più suggestivo della stampa; nell’altro caso si potevano proiettare immagini fantastiche, sia come sussidio alle conferenze e prediche religiose (si pensi alla serie di punizioni dei dannati tra le fiamme e alla felicità dei beati in paradiso quale supporto alla spiegazione dei versetti sul giudizio universale). I due scopi potevano anche essere strettamente collegati, per potenziare l’insegnamento sviluppando l’immaginazione.
Bisogna anche tener conto che fino al XIX secolo non esisteva una netta demarcazione tra scienza e suggestione, tra realtà e fantasia: la trattazione scientifica abbondava infatti di elementi magici e fantastici, mentre le suggestioni e superstizioni fantastiche si appoggiavano quasi sempre sull’osservazione di fenomeni reali dei quali non si sapeva dare spiegazione.
Non è dunque infrequente trovare nei vetrini da lanterna magica superstiti immagini vere e di fantasia accostate: animali reali e animali fantastici (come elefanti accanto a dragoni), luoghi lontani e luoghi immaginari (la Cina accanto a Atlantide), ecc.
Tra i più celebri usi vi fu però quello di suggestione spiritica, abilmente sfruttato da Cagliostro; prima di lui, all’inizio del XVII secolo, il mitico rabbino Loew aveva intrattenuto l’imperatore Rodolfo d’Asburgo con una processione dei suoi antenati, che atterrì i convitati nel castello di Praga, dando origine a un’esplosione di paura e confusione, che portò anche a un incendio.
Thaumatropio
Il thaumatropio (in inglese thaumatrope, dal greco “girare delle meraviglie”) è un gioco di epoca vittoriana, la cui invenzione è attribuita a Mark Roget, nel 1824.
Il gioco consiste in un dischetto che viene fatto ruotare velocemente tramite due fili appesi all’estremità. Sulle due facce sono raffigurati disegni che si completano a vicenda, e facendo ruotare il disco velocemente, grazie alla persistenza della visione sulla retina, si ha l’impressione di guardare un’unica immagine combinata.
Soggetti tipici sono l’uccellino e la gabbia, oppure il vaso e i fiori, l’albero spoglio e il fogliame, ecc.. Spesso alcune frasi, magari spezzate nelle due facce, completano la suggestione.
Il taumatropio interessa la storia del cinema e in particolare dell’animazione, perché su questi studi si basò la ricerca del movimento simulato delle immagini tramite la loro veloce visione in sequenza.
Il fenachistoscopio, anche conosciuto come fenachistiscopio, phenakistiscopio, fantasmascopio (phantasmascope) o fantascopio (phantascope)[1] è un antico strumento ottico che consente di visualizzare immagini animate, inventato nel 1832 da Joseph Plateau.
La prima parte del termine “fenachistoscopio” deriva dalla radice greca φενακίζειν (phenakizein), che significa “ingannare” o “imbrogliare”, poiché si “inganna” l’occhio, dal momento che gli oggetti nei disegni sembrano muoversi.
Il dispositivo è costituito da due dischi, uno dei quali con finestre radiali equidistanti attraverso le quali l’osservatore può guardare il secondo disco che contiene una sequenza di immagini. Quando i due dischi ruotano alla velocità corretta l’osservatore può osservare un’animazione. La proiezione di fotografie stroboscopiche, che creano l’illusione del movimento o persistenza della visione, avrebbe successivamente portato allo sviluppo della tecnica cinematografica.
In memory of Arambe.
Published: Nov 14, 2016
Latest Revision: Jan 10, 2017
Ourboox Unique Identifier: OB-196069
Copyright © 2016