Verso la fine del XVIII secolo accadde in Napoli un fatto eccezionale: la proclamazione della Repubblica, basata su principi di giustizia e di fratellanza. Quell’ideale repubblicano, che non era nato all’improvviso, fu soffocato col sangue dei patrioti. Si trattò di una delle più belle ed interessanti pagine della storia Italiana, purtroppo poco nota, ma non per questo meno importante e significativa.
Il 14 luglio del 1789 con la presa della Bastiglia inizia la Rivoluzione francese. La paura che il pericolo rivoluzionario possa diffondersi anche nel regno di Napoli assale Ferdinando IV, la consorte Maria Carolina, sorella di Maria Antonietta (quella delle brioches), e la Corte tutta e provocando il passaggio da una politica di cauto riformismo ad una politica di forte repressione e conservatorismo. L’incarico di primo ministro viene dato all’inglese John Acton che gode delle grazie particolari della Regina e per scongiurare la diffusione delle idee rivoluzionarie si decide di allontanare tutti i cittadini francesi; viene istituita una speciale Giunta di Stato per inquisire i sospettati e viene incoraggiata e premiata la delazione.Il 22 settembre del 1792 la Convenzione nazionale francese proclama la Repubblica. Un mese dopo il cittadino Armando Luigi Mackau, chiede con una lettera, il riconoscimento ufficiale della neo repubblica ed il suo accreditamento presso la corte napoletana. Maria Carolina e Acton sono categorici: nessun riconoscimento. Nasce un vero incidente diplomatico e Parigi invia parte della flotta. Quindici navi, comandati dal cittadino La Touche-Treville, giungono a Napoli il 15 dicembre per chiedere ragioni del mancato riconoscimento. La corte ha paura, tentenna, e alla fine cede anche perché Acton è convinto che Napoli sia piena di repubblicani pronti a sollevarsi. In realtà la spedizione francese non ottiene solo il riconoscimento della repubblica e del suo ambasciatore, ma consente a La Touche di stabilire i primi rapporti con i patrioti napoletani.
Il 21 gennaio del 1793, a Parigi, viene ghigliottinato Luigi XVI e a Napoli ci sono i primi arresti, quattro gatti quasi tutti rilasciati poi per mancanza di colpevolezza. “Quando si seppe a Napoli, nella seconda metà di ottobre (1793), della decapitazione della regina di Francia, l’equilibro emotivo di Maria Carolina ebbe un definitivo tracollo” (A. Coletti: La regina di Napoli); e su un’immagine della sorella con lo sposo segna: “Giuro di vendicarmi fino alla tomba”. Si acuisce la reazione. Nel mentre la società patriottica costituita da poco da Carlo Lauberg si spacca in due: una fautrice di una monarchia costituzionale (LOMO = Libertà o morte) ed un’altra fautrice di una Repubblica democratica (ROMO = Repubblica o morte). La “Dichiarazione dei diritti degli uomini e dei cittadini” proclamata in Francia, infiamma i cuori di alcuni napoletani e qualcuno sogna la rivoluzione.
Finiscono in galera in 53, imputati di delitto contro la Religione, la Monarchia e lo Stato .” Si volle del sangue, e se ne ebbe” scriverà il Cuoco, ed infatti ci saranno tre condanne a morte, 48 tra condannati e esiliati e 2 assoluzioni.
Crolla così ogni possibilità di dialogo tra riformatori e monarchia. A Napoli ora regna la paura. Basta una spiata, una delazione anche infondata, dettata da vecchi rancori personali o addirittura dal convincimento di farsi una patente di fedeltà al Re, per mandare un innocente in catene. Si considera reato leggere o possedere giornali, libri e pubblicazioni provenienti dalla Francia, così come è reato indossare indumenti che possano ispirarsi alla Repubblica Francese. Si infittiscono gli arresti, si riempiono le galere colpendo la parte più colta e preparata della Nazione Napoletana ed anche parte della nobiltà vicina alla corte.
Nel febbraio del 1796 viene arrestato Mario Pagano. Sul fronte militare, il regno di Napoli, che aveva aderito alla coalizione antifrancese, nonostante un esercito di 30.000 uomini e il suo valoroso comportamento, riporta pesanti insuccessi; il 5 giugno del 1796 viene sottoscritto a Brescia, tra il generale Napoleone ed il rappresentante Napoletano, un armistizio ratificato poi con il trattato di pace di Parigi. Liberatosi dei Napoletani, Napoleone ha buon gioco contro gli austriaci dilagando in Italia e favorendo la nascita di repubbliche ispirate alla costituzione della Repubblica francese. Il 6 luglio 1797 viene proclamata la Repubblica Ligure il giorno dopo la Repubblica Cisalpina e il 15 febbraio del 1798 la Repubblica Romana.
Ferdinando nonostante la pace di Parigi si accorda, secondo lui segretamente, il 19 maggio 1798 con l’Austria. Inoltre, spronato dalla moglie Carolina e dalla moglie dell’ambasciatore inglese, Emma Hamilton, una ex massaggiatrice londinese, concede appoggio alla flotta inglese nel porto di Siracusa. Quest’aiuto consente all’ammiraglio Horatio Nelson, capo della flotta inglese, di sconfiggere la flotta francese nella famosa e decisiva battaglia di Abukir del 1° agosto del 1798. Alle proteste francesi si risponderà campando obblighi di assistenza imposti dal diritto marittimo e per dimostrare distensione verso i francesi il secondo processo ai giacobini napoletani si conclude con molte scarcerazioni.
Il 5 ottobre 1798 si perquisisce la casa di Eleonora Pimentel De Fonseca, vengono rinvenute copie dell’Encyclopédie di Denis Diderot; per questo reato la Pimentel viene arrestata e tradotta nel carcere della Vicaria.
Il 9 ottobre 1798 giunge dall’Austria un prode condottiero, il generale Karl von Mack, e si decide per la guerra alla Francia e, il 23 dello stesso mese, l’esercito borbonico, forte di 70.000 uomini, invade la Repubblica Romana, il 29 Ferdinando IV entra in Roma. Ma una decisiva ed immediata controffensiva francese costringe Mack ad ordinare la ritirata. Ferdinando fugge vergognosamente, cambiandosi, pare, gli abiti con quelli del duca D’Ascoli. Ritorna a Napoli e, temendo di fare la fine di suo cognato Luigi, decide di abbandonare tutto e tutti. Il 21 dicembre scappa a Palermo imbarcandosi sul Vanguard di Nelson con tutta la famiglia e John Acton. Non dimentica, nonostante la fretta, tutto il danaro dei banchi ed i tesori d’arte fatti preparare dall’ Acton e dall’ambasciatore inglese Sir Hamilton e affida al principe Francesco Pignatelli Strongoli l’incarico di rappresentarlo.
Seguono 30 giorni di assoluta anarchia. Gli Eletti rivendicano il loro diritto a rappresentare il Re, Pignatelli ordina la distruzione di tutta la flotta e mentre si litiga tra le varie soluzioni (nuova dinastia, Repubblica aristocratica…), il Pignatelli il 12 gennaio del 1799 conclude, a Sparanise, una pesante resa col generale francese Championnet.
L’accordo, che doveva rimanere segreto viene presto svelato, probabilmente ad arte, ed il popolo insorge ed diventa incontrollabile; assale le fortezze, s’impadronisce delle armi e libera tutti i detenuti; Tra cui la De Fonseca. Pignatelli fugge a Palermo, ma Acton lo imprigiona con l’ accusa di tradimento: lui non può scappare, mica è il Re !! Tra il 15 e 22 gennaio Napoli rimane in balia della violenza, vengono assalite, saccheggiate e distrutte case e granai; la folla, guidata da due capipolo improvvisati, Michele Marino detto o’ pazz e Pebbe Paggio, compie atti di scelleratezza e di atroce barbarismo.Al di là delle reali motivazioni che muove la gente a riversarsi per le strade e che certamente approfondiremo in seguito, i napoletani oppongono una strenua ed eroica resistenza all’entrata delle truppe francesi in Napoli. I repubblicani non restono però con le mani in mano, nella notte tra il 19 e 20 gennaio si introducono nella fortezza di Sant’Elmo, il 21 gennaio dichiarano decaduto il Re e proclamano la Repubblica Napoletana innalzando la bandiera gialla rossa e turchina. Il 23 Championnet dopo aspri combattimenti entra in città, riconosce la repubblica napoletana indipendente e decreta per un governo provvisorio appoggiato dalle truppe francesi. Ottenuta l’ approvazione dello Championnet (23-24 gennaio), viene creato un governo provvisorio di venti membri, poi portato a venticinque , tra cui Carlo Lauberg (che ne è il primo presidente), I. Ciaia (divenuto presidente a fine di febbraio), M. Delfico, M. Pagano. Il governo si articola in sei Comitati (Centrale, Militare, Legislazione, Polizia Generale, Finanza , Amministrazione Interna), i Comitati formano l’Assemblea legislativa ed esercitano il potere esecutivo in attesa dell’organizzazione definitiva del governo. Il 2 febbraio si pubblica il primo numero del Monitore Napoletano, giornale ufficiale del governo provvisorio. Lo dirige Eleonora Pimentel Fonseca, una marchesa di origini portoghese molto nota negli ambienti letterati europei e per il passato vicina all’ambiente di corte. Grazie alla libertà di stampa con il Monitore vedono la luce molti altri fogli, ma la loro fortuna non sarà grande anche a causa del diffuso analfabetismo; circa il 90 % in città, in provincia quasi la totalità.
Gli inizi della Repubblica sono difficili, perché sottoposta in pratica alla dittatura del comandante delle truppe francesi, anche se lo Championnet mantiene un atteggiamento benevole nei confronti del governo provvisorio (fa allontanare il commissario del direttorio Faipoult, troppo severo). Il primo governo provvisorio vara una sola legge importante, quella che per l’abolizione dei fedecommessi e le primegeniture ( 29 gennaio 1799), mentre non può andare per il momento in porto la legge per l’abolizione della feudalità. Il 14 aprile un nuovo commissario francese, A. J. Abrial ( arrivato il 28 marzo in sostituzione del Faipoult), opera una riforma del governo della repubblica partenopea che approva il 25 aprile la legge di eversione della feudalità, sulla base di criteri relativamente radicali, che non potrà però avere neppure un principio di attuazione in conseguenza della piega presa dagli avvenimenti. Non si riesce invece ad approvare il progetto di costituzione preparato dalla precedente commissione legislativa (dovuto soprattutto a M. Pagano). Mentre a Napoli si sviluppa questa vivace attività di governo, nelle province – dove pure la Repubblica era stata accolta favorevolmente dal ceto medio – la situazione va precipitando.
Il cardinale Fabrizio Ruffo, sbarcato con l’assenso regio il 7 febbraio in Calabria con pochi compagni, facendo leva sull’odio delle masse contadine nei confronti dei proprietari, identificati sommariamente nei giacobini, riesce a impadronirsi rapidamente della regione avanzando poi in Basilicata e nelle Puglie.
Successivamente, nell’aprile, le notizie delle sconfitte subite dalle truppe francesi in Lombardia nella guerra contro gli Austriaci costringono i Francesi a sgomberare le Puglie e poco dopo tutto il regno. I repubblicani debbono allora difendersi da soli contro le preponderanti forze del cardinale Ruffo avanzati su Napoli, che è investita il 13 giugno. Dopo una disperata resistenza al ponte della Maddalena e poi nei castelli della città, i patrioti scampati alle stragi operate dalle bande sanfediste e dai “lazzaroni” insorti ottengono una onorevole capitolazione (19-23 giugno), offerta dal Ruffo ma non accettata da H. Nelson (che aveva appoggiato con forze navali inglesi i Borboni) e dichiarata poi decaduta l’8 luglio dal re appena giunto a Napoli. Ha così inizio l’esecuzione dei patrioti napoletani, giudicati dalle giunte di Stato nominate da Ferdinando IV; più di cento repubblicani sono impiccati o decapitati, e tra questi i più bei nomi dell’ intellettualità napoletana ( Francesco Mario Pagano, Eleonera Pimentel Fonseca, Ignazio Ciaia, Domenico Cirillo, Vincenzio Russo, che aveva avuto un ruolo anche nella Repubblica Romana) e l’ammiraglio Francesco Carracciolo contro cui Horatio Nelson nutre un particolare astio
Published: Jan 24, 2023
Latest Revision: Jan 24, 2023
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