KROTON…
una città ricca di tesori e di sorprese custoditi in ogni roccia, in ogni onda, in ogni brezza della meta. Si nascondono, ma son facili da trovare: basta che si aprano gli occhi per cercarli e la mente per crederci. Il mare, più di tutti, ne è testimone. Le acque bagnano le coste per separare il fresco dall’afa, si nutrono della luce del sole per brillare, ospitano la vita. Noi Crotonesi, purtroppo, ne abbiamo oscurato, in parte, lo splendore, gettando rifiuti, oscurando il blu acceso di una volta, non curandoci di rispettarlo.
CROTONE…
una città dal passato glorioso e da un futuro incerto. I resti della vecchia Kroton creano un mosaico tra passato e presente, rendendoci partecipi di ciò che è accaduto tanto tempo fa, quando l’uomo cacciava per la fame, lottava per la vittoria, costruiva per lodare, ma mai con l’intento di distruggere e di rovinare i doni di madre natura. Ciò che ci resta, invece, del futuro non sono altro che vane speranze di cambiamenti. Si ha il desiderio di migliorare ma senza il coraggio e l’impegno per farlo. Il tempo passa e non si ferma dinanzi a nessuno. Nel frattempo i bambini che si voleva restassero a casa, nella loro città natale, crescono e non fanno che pianificare progetti lontano da qui. Sempre più si assiste alla “fuga di cervelli”, giovani strabordanti di qualità e talenti che scelgono per il proprio futuro un luogo che li valorizzi, che dia loro un lavoro dignitoso e da amare, un futuro luminoso.
Riuniamo, quindi, le forze e le menti per “rispolverare” e valorizzare le qualità della nostra gloriosa e amata CROTONE.
Le origini di Crotone
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INTRODUZIONE.
Il nome della città Crotone, secondo la leggenda, viene da “Kroton“, figlio di Eaco, che venne ucciso, per errore, dal suo amico Eracle. Questi, ha voluto porgergli un segno d’onore e lo seppellì sulle rive del fiume Esaro, facendo la profezia che proprio lì, dovesse un giorno sorgere una grande città che si chiamasse come lui.
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Eracle, di ritorno, si riposò a casa di tale Crotone. La mandria di cui il semidio era incaricato di occuparsi fu rubata da un ladro; subito Eracle, insieme a Crotone, andò a stanarlo nel luogo dove abitava, ma nella seguente colluttazione oltre al ladro morì Crotone, ucciso proprio dal figlio di Zeus. Eraclepianse la morte del caro amico. Senza indugio, provvedette alla costruzione di un reale monumento funebre, supplicando gli Dei di far sì che su quella tomba sorgesse una delle città più fiorenti dell’antica Magna Grecia.
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Secondo una leggenda, l’oracolo di Apollo a Delfi ordinò ad Archia di Corinto di fondare Siracusa, mentre a Miscello di Ripe di fondare una nuova città nel territorio compreso fra Capo Lacinio e Punta Alice. Dopo aver attraversato il mare ed esplorato quelle terre, Miscello di Ripe pensò che sarebbe stato meglio fermarsi a Sybaris, già florida e accogliente anziché affrontare i pericoli e le difficoltà nella fondazione di una nuova città. Il dio adirato gli ordinò di rispettare il responso dell’oracolo.
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Secondo Ovidiosarebbe stato invece Eracle ad ordinare a Miscello di Ripe di recarsi sulle rive del fiume Esaro.
La Colonna di Capocolonna
E’ una colonna greca che facevano parte del maestoso tempio dorico di Hera Lacina che sorgeva nei pressi dell’antica città di Kroton.
La colonna è alta 8,30 metri, composta di 8 rocchi a venti scanalature piatte; nella costruzione era la penultima verso nord, poggiata su un grande stilobate.
Il tempio di Hera Lacina fu edificato verso la fine del VI secolo a.C. in posizione strategica per le rotte che univano Taranto allo Stretto di Messina; in quel periodo il promontorio era denominato Lacinion e questo diede l’epiteto della dea venerata: Hera Lacinia. Nel corso del tempo, l’antico nome Lacinion è stato sostituito in Capo Colonna, per la presenza della colonna.
Fino al terremoto del 1638 erano presenti due colonne e il basamento era molto più grande; nel corso del XVIII secolo, purtroppo, buona parte di quanto restava venne adoperato per la costruzione del porto di Crotone.
In epoca greca il santuario di Hera Lacinia ricopriva una grandissima importanza tra le città stato della Magna Grecia: fu sede della Lega Italiota fino al IV secolo a.C.
l complesso era composto da più edifici, dei quali sono oggi visibili alcuni resti. Il tempio vero e proprio, di ordine dorico, con sei colonne sulla facciata (esastilo) e quattordici sui lati lunghi, era proteso verso il mare e aveva la classica forma dei templi greci: un imponente complesso di quaranta colonne[senza fonte] in stile dorico alte oltre 8 metri e costituite da otto rocchi scanalati. Il tetto era di lastre di marmo e tegole in marmo pario. Nulla si sa delle decorazioni che, però, erano certo presenti, come si può dedurre dal ritrovamento di una testa femminile in marmo della Grecia e pochi altri frammenti. La colonna, in stile dorico, fino al 1638 era affiancata da un’altra caduta per un terremoto e poggia sui pochi resti del possente stilobate.
Nelle adiacenze è tracciata una “Via Sacra” di una sessantina di metri e larga oltre 8 metri.
Al complesso del tempio appartengono anche almeno tre altri edifici chiamati “Edificio B“, “Edificio H“, “Edificio K“:
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l’Edificio B, che presenta una piantarettangolare, è ritenuto poter essere il tempio originario. Questa tesi è sostenuta dal ritrovamento di reperti che sarebbero datati già dall’VIII secolo a.C.;
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l’Edificio H, di piantaquadrata, chiamato anche Hestiatorion, è suddiviso in vari locali. Il ritrovamento di suppellettili tipiche dei locali dedicati ai pasti può far dedurre che si trattasse dell’edificio-mensa e ristoro dei viaggiatori oltre che dei sacerdoti. In ogni caso la datazione di questo “Edificio H” viene posta al IV secolo a.C. quando il tempio già aveva assunto grande celebrità.
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l’Edificio K, o Katagogion, risale anch’esso al IV secolo a.C., presenta una pianta a “elle” e ne rimangono solo i basamenti. Si presume trattarsi di un loggiato di colonne, sempre in stile dorico, che univa una serie di locali e un cortile. Probabilmente era la foresteriadove potevano trovare alloggio importanti visitatori, mentre i loro accompagnatori si dovevano accontentare di costruzioni molto meno raffinate e resistenti.
Gli scavi hanno riscoperto una parte delle decorazioni architettoniche originali, in marmo greco e databili a una fase di costruzione del V secolo a.C., che oggi si trovano a Crotone. Nel capoluogo si trovano anche i resti della copertura in marmo pario, successiva alla vittoria di Crotone su Sibari, e delle offerte votive, spesso con iscrizioni.
Nella parte settentrionale dell’area archeologica sono presenti parti di un insediamento di epoca romana, identificato con la colonia di Croto, dedotta nel 194 a.C., e numerosi altri fabbricati, tra cui tre ville baronali settecentesche, una piccola chiesa intitolata alla Madonna di Capo Colonna, con un ampCapo Colonna è una località situata a pochi chilometri da Crotone, famosa principalmente per due motivi: la presenza di un Parco Archeologico molto vasto, con la colonna di un antico tempio greco, ancora eretta a picco sul mare, e la Chiesa della Madonna di Capo Colonna, a cui sono molto devoti i crotonesi ed il cui culto culmina in una festa che richiama persone da tutto il circondario.
Durante la visita a Capo Colonna vi consiglio di non sottovalutare lo splendido panorama sulla costa che si gode dai diversi affacci che vi ritroverete improvvisamente di fronte: montagne che terminano a picco su di una mare di uno splendido colore, con onde che di continuo si scontrano con scogli e monti!
Parco Archeologico di Capo Colonna
Scavi Archeologici
50 ettari di Parco Archeologico in quella che era noto nell’antichà cone Lakinion Akron (Promontorio Lacinio) e che purtroppo è ancora in gran parte sepolto in scavi che non sono mai stati portati a termine ma che avrebbero molto da svelare su questa importante zona della Magna Grecia.
Gli scavi sono circondati da una zona boschiva di macchia mediterranea, dove il canto delle cicale può diventare assordante!
Nell’area archeologica, in cui è evidente una Via Sacra piuttosto larga, sono presenti i resti di un antico luogo di culto arcaico, di un edificio utilizzato per ospitare persone di riguardo ed uno utilizzato per feste e banchetti, risalenti al IV secondo a.C., nonchè parti di un insediamento di epoca romana, probabilmente l’antica città di Croto.
Gli scavi si visitano percorrendo una comoda passerella in legno, da dove è possibile ammirare l’intera area (sarebbe bello poter fare una visita guidata per avere maggiore consapevolezza di quello che si sta osservando).
La Colonna del Tempio di Hera Lacinia
La colonna che da il nome all’intera area è l’unica superstite di un tempio dedicato ad Hera Lacinia; in realtà fino al 1600 era affiancata da un’ulteriore colonna, caduta in seguito ad un terremoto.
Si suppone che il tempio greco in origine fosse costituito da 48 colonne in stile dorico, alte circa 8 metri. Sono state rinvenute parti di statue ma non si è riusciti a ricostruire nulla del suo interno e delle sue probabili decorazioni.
Museo Archeologico
All’interno del Museo Archeologico sono esposti reperti di epoca romana, i rinvenimenti effettuati nell’aerea degli scavi e alcuni che provengono dai fondali della costa crotonese. Col tempo e l’aumentare dei reperti, è stato aperto il Museo Archeologico di Crotone e molti oggetti sono stati spostati nella nuova sede.
Torre Nao
Torre Nao o Torre di Nao è una fortificazione del XVI facente parte del sistema di Torri Costiere costruito durante il Regno di Napoli, i cui resti abbondano sulle coste calabresi!
Ha una base quadrata ed è una costruzione robusta ma molto semplice, con un aspetto imponente. Si accede percorrendo alcune rampe di scale che conducono ad un ponte levatoio a scomparsa. Oggi ospita un piccolo Museo Archeologico.
Santuario della Madonna di Capo Colonna
La Chiesa
La piccola chiesetta della Madonna di Capo Colonna si trova all’estremità del Parco Archeologico, accanto alla Torre Nao. Si tratta di una struttura sicuramente precedente al 500 ma rimeggiata più volte nel corso dei secoli (fu anche utilizzata come romitorio) fino ad assumere l’aspetto attuale all’inizio del 1900.
E’ una chiesa molto semplice, sia internamente che esternamente, con uno splendido portale da cui è possibile ammirare il quadro della Madonna, l’unico elemento di spicco del Santuario, sia dal punto di vista artistico che religioso.
La leggenda
Leggenda vuole che l’icona della Madonna (l’originale è conservato nel Duomo di Crotone ed esiste anche una versione più piccola, denominata “quadricello”) era stata rubata dai pirati turchi che cercarono più volte di bruciarla, fallendo miracolosamente nel loro intento. Inoltre, la nave su cui avevano portato il quadro non riusciva più a muoversi e così, capendo che la situazione era legata alla presenza dell’opera, decisero di gettarla in mare. Fu recuperata da un pescatore che la custodì per molti anni prima di cederla ad un convento.
Il culto oggi
La venerazione della Madonna di Capo Colonna è una esperienza che bisognerebbe vivere. I crotonesi la sentono nell’anima e anche chi vive lontano cerca di essere presente ogni anno ai grandi festeggiamenti in suo onore.
La terza settimana di maggio si svolge la processione: l’icona della Madonna viene trasportata a spalla dal Duomo di Crotone, attraverso tutto la città, fino a Capo Colonna, seguita a piedi da tutti i fedeli che, un po’ per vocazione, un po’ per tradizione, affrontano i 12 chilometri in salita che separano l’inizio e la fine del pellegrinaggio.
Il giorno dopo l’icona torna via mare e viene accolta al porto di Crotone da festeggiamenti, bande musicali e fuochi d’artificio.
Ogni sette anni la festa è ancora più solenne: viene trasportato l’enorme quadro originale al posto del quadricello ed il ritorno avviene via terra, su di un carro trainato dai buoi (che ricorda la Festa Maggiore di Terlizzi).
Gaia Federico
1E
La scuola Pitagorica dell’antica Crotone.
Essa fu fondata nel 530 a.C. dal filosofo e matematico Pitagora, che ereditò da lui interessi per la matematica, astronomia, filosofia ed anche la musica.
Lui definiva la sua scuola come una setta mistica-religiosa, una comunità scientifica ed un partito politico aristocratico.
L’aspetto mistico che lui dà alla scuola nasce dalla convinzione che il sapere e la conoscenza liberano dall’ignoranza, che a quei tempi era considerata una grave colpa.
L’accesso alla scuola era riservato alle persone che dimostravano di sapere la fisiognomica, una disciplina pseudoscientifica che si occupa di riconoscere i caratteri di una persona tramite il fisico, soprattutto dai lineamenti del viso, queste persone inoltre dovevano avere la forza morale e di volontà per trascurare ogni attività remunerativa e dedicarsi interamente allo studio.
Si dice che il dio Apollo avesse predestinato a la scuola di Pitagora di essere fondata a Crotone, e che quindi essa nasceva per volontà di un dio; Crotone era la città giusta per fondare la scuola, dato che si era già sviluppata nella cultura scientifica-medica, quindi Pitagora grazie al suo sapere si guadagnò i favori di quel popolo che riuscì a governare per lungo tempo.
La scuola era aperta anche alle donne ed offriva lezioni pubbliche e private, durante la lezione pubblica il maestro spiegava in modo molto semplice, in tale maniera tutti potevano capire la sua lezione, invece durante la lezione privata si spiegava in maniera approfondita e ad un alto livello, di solito era frequentata dagli eletti iniziati agli studi matematici.
Secondo la leggenda dei tempi di Giamblico e Porfirio, gli studenti vennero divisi in due gruppi:
-I matematici (μαθηματικοί – mathematikoi) il gruppo più piccolo, vivevano nella scuola, non avevano nessun tipo di bene materiale ed erano obbligati al celibato.
-Gli acusmatici (ἀκουσματικοί – akusmatikoi), ai quali non era richiesto di vivere in comune, o di privarsi delle proprietà e di essere vegetariani, gli era chiesto solo di seguire in silenzio le lezioni del maestro, inoltre non potevano vederlo ma soltanto ascoltarlo.
L’aritmogeometria.
Tra le pratiche per purificare il corpo i pitagorici utilizzavano anche la musica, grazie ad essa scoprirono il rapporto numerico alla base dell’altezza dei suoni, ossia alla frequenza dell’onda acustica che, secondo la leggenda, Pitagora trovò riempiendo con dell’acqua un’anfora che percossa emanava una nota, poi togliendo una parte ben definita dell’acqua, otteneva la stessa nota ma maggiore di un’ottava, da questa esperienza i pitagorici fecero nascere il loro interesse per l’aritmetica.
Pitagora formulò inoltre l’importante teoria della tetraktys, che significa letteralmente “numero quaternario” , la tetraktys rappresenta i primi quattro numeri naturali in successione, un quartetto che si poteva disporre a forma di triangolo equilatero alla cui base erano quattro punti che decrescevano fino alla punta; la somma di tutti i punti era dieci, il numero perfetto composto dalla somma dei primi 4 numeri , che combinati tra loro definivano le quattro specie di enti geometrici: il punto, la linea, la superficie, il solido.
Questa matematica pitagorica che è stata definita un'”aritmogeometria” agevolò la concezione del numero.
I numeri importanti.
Essi sono l’uno, il due, il tre, il quattro, il cinque ed il dieci:
-L’uno rappresenta il principio, in termini matematici il punto, ed è chiamato Monade;
-Il due o Diade, rappresenta la linea, indefinito ed illimitato;
-Il tre o Triade rappresenta il piano, limitato e definito;
-Il quattro o Tetrade, indica la giustizia ed una figura solida,
-Il cinque o Pentade, rappresenta la vita ed il potere,
-Il dieci o Decade, rappresenta il numero perfetto.
Festa della Madonna
La Festa della Madonna di Capo colonna è un’antica tradizione e festa crotonese.
Una storia attendibile narra che i crotonesi facevano pellegrinaggi culti fino al tempio di Hera Lacinia già col culto pagano, ma con l’avvento del cristianesimo il Quadro della Madonna fu portato a Crotone da San Dionigi, primo vescovo e Santo Patrono della città, per venerare la Vergine Maria.
Un’ altra storia narra che i turchi, sbarcati a Crotone nel 1519, volevano mettere a sacco la città e i crotonesi si misero a pregare Maria e il Quadro, la madonna accolse le loro preghiere e rese molto difficile ai turchi entrare in città; i turchi avevano capito che c’ entrava qualcosa il quadro e così lo presero e gli diedero fuoco ma il quadro non bruciava minimamente. I turchi, un po’ spaventati e un po’ meravigliati, decisero allora di portare il quadro sulle loro barche che non partivano, allora gettarono il Quadro in mare e salparono. Qualche giorno dopo il Quadro fu trovato da Agazio Lo Morello che decise di nasconderlo e poco dopo si ammalò, così chiamò un sacerdote (probabilmente per la Sacra Unzione) e rivelò il segreto, subito dopo si sentì meglio.
Ma non esiste solo un quadro ma ce ne sono due, uno grande e uno piccolo, quello grande si porta ogni sette anni mentre l’altro ogni anno; la Festa della Madonna capita il secondo Sabato e Domenica di Maggio nei quali c’è: Sabato una processione nella quale la Madonna esce dal Duomo di Crotone per andare nel santuario a Capo colonna dedicato a lei e Domenica rientra al Duomo su una barca, questo per il quadro piccolo mentre quello grande torna con un’ altra processione trasportato da due buoi.
Ma la Festa della Madonna porta anche buon cibo, per l’occasione si preparano: Torroni fatti di mandorle tenute insieme tra loro con del miele e zucchero così si crea una specie di barretta alle mandorle e miele, poi si prepara la pitta della Madonna ovvero una specie di torta integrale fatta con l’ impasto dei crustoli (un tipico dolce crotonese natalizio) .
Per questo pellegrinaggio vengono persone da ogni parte del mondo per fare questa processione che coinvolge migliaia di fedeli ed è un’ ottima occasione per rivalorizzare la città.
Pietro Franco
Museo Archeologico Nazionale di Crotone
Risalendo la storica Via Risorgimento, a pochi passi dal Castello-Fortezza di Carlo V, si giunge al Museo Archeologico Nazionale di Crotone. Aperto al pubblico nel 1968 con i reperti della precedente collezione civica provenienti da raccolte nobiliari, oggi espone i pezzi più significativi di tutta la crotoniatide, reperti provenienti da scavi urbani, dalle necropoli e dagli insediamenti della chora.
Tra i più importanti della Calabria, il Museo Archeologico di Crotone, nel suo più recente allestimento, propone un percorso espositivo articolato su due livelli. Al primo livello, il visitatore è guidato, secondo un criterio cronologico, alla scoperta delle principali tappe storiche dell’antica città magno-greca di Kroton, iniziando dalla preistoria con manufatti litici (asce in pietra, punte di freccia in ossidiana e selce, raschiatoi) e dai rapporti con le comunità indigene preesistenti al momento della fondazione avvenuta tra terzo e ultimo venticinquennio dell’VIII sec. A.C., con reperti in ceramica ad impasto (vasi e ciotole carenate) e in bronzo (asce, punte di lancia, etc.).
Proseguendo attraverso la storia dei suoi famosi atleti, medici e filosofi, dalla fase arcaica, classica ed ellenistica (con una sezione dedicata alla produzione vascolare greca presenta vasi di rara fattura e bellezza distinti in base alla provenienza), fino alla deduzione in colonia romana (avvenuta nel 194 a.C.).
Il secondo livello propone una panoramica sugli insediamenti del territorio di Crotone (Krimissa, Petelia, Makalla) ricadenti in aree geografiche ricche di tradizioni mitiche e legate a culti fondamentali della polis greca e prosegue con una selezione di reperti provenienti dai santuari extraurbani, come il santuario di Vigna Nuova, quello di Sant’Anna di Cutro e dal celeberrimo santuario di Hera Lacinia, uno dei più venerati Heraia del mondo greco, presso il promontorio di Capo Colonna,
rappresentato con il suo tesoro costituito da oggetti votivi, rinvenuti all’interno dell’edificio B, fra cui spicca il diadema aureo (VI/V sec. a.C.), costituito nella parte alta da una fascia in lamina d’oro con decorazione a treccia in rilievo definita a cesello, con applicazioni di serti vegetali costituiti da ramoscelli con foglie e bacche di mirto, ripiegati nella lamina e sostenuti da fili aurei, mentre nella parte bassa da foglioline denticolate, collegate alla lamina da un nastrino aureo. Inoltre pregevoli oggetti in bronzo, come la barchetta nuragica (VII sec. a.C.); il cavallino in stile geometrico (VII sec. a.C.); il pendaglio tipo “Alianello” (VII sec. a.C.); la sfinge (VI sec. a.C.); la sirena (VI sec. a.C.); e la gorgone alata (VI sec. a.C.).
Recentemente la collezione del museo si è arricchita di un altro prezioso reperto. Si tratta di un askòs, un unguentario in bronzo datato al V sec. a.C. raffigurante una sirena, con corpo di uccello e testa umana, proveniente da scavi clandestini effettuati sul territorio di Strongoli (Petelia), giunto poi attraverso un rocambolesco percorso, al Paul Getty Museum di Malibù (California).
Il rientro in Italia dell’unguentario, avvenuto nel novembre del 2007, è il risultato di una scrupolosa attività investigativa effettuata dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Cosenza.
L’askòs di Strongoli oggi è esposto insieme ad un altro bronzo della stessa tipologia rinvenuto sempre nel crotonese, negli anni cinquanta.
Nel giardinetto esterno, posto all’ingresso del Museo, trovano dimora due labra in marmo semilavorato, provenienti dal carico di una nave lapidaria da trasporto di età romana, rinvenuta nelle acque di Punta Scifo, manufatti imbarcati dai grandi porti dell’Asia Minore e provenienti dalle cave di Docimium e Proconneso.
Visitare l’affascinante e suggestivo Museo Nazionale di Crotone significa vivere la città dei millenni.
Alessandro Russo 1° E
Gli eroi dal passato al presente
Pitagora, Filosofo e Matematico
Pitagora nacque nel 540 a.C. e diversi storici ci informarono di molteplici viaggi da lui compiuti in quasi tutto il mondo antico, per poter arrivare ad una ricerca di conoscenza e di sapere maggiore.
Quello che sappiamo per certo è che Pitagora tenne la sua scuola a Samo. Dalla città fu costretto alla fuga in seguito alla tirannia di Policrate e alla minaccia persiana, per stabilirsi, nel 521 a. C., a Crotone.
Fu un filosofo e matematico greco antico.
Proprio a Crotone, dove si stabilì, fondò una delle più importanti scuole di pensiero dell’umanità storica, che prese da lui stesso il nome: Scuola Pitagorica.
Il teorema di Pitagora
Uno dei teoremi più famosi di tutta la Geometria Euclidea è il teorema di Pitagora. Esso afferma che il quadrato costruito sull’ipotenusa di un triangolo rettangolo è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti del triangolo considerato. La sua dimostrazione viene attribuita, come dice il nome, al matematico greco Pitagora.
Dato un triangolo rettangolo ABCABC come in figura, allora vale la relazionea^2 + b^2 = c^2a2+b2=c2dove cc è l’ipotenusa del triangolo e b, ab,a sono i cateti.
Parco Pitagora
All’interno del parco è situato il Museo e Giardini di Pitagora, un edificio parzialmente ipogeo e integrato nella collina, dedicato al famoso matematico greco antico e realizzato tra il 2005 e il 2007.
Un parco bellissimo per celebrare i suoi studi e Pitagora stesso. All’interno vi si trovano un Museo, pronto ad ospitare, ai nostri giorni, le opre di tutti i Crotonesi e 17 installazioni che, realizzate dall’architetto Giovanni Panizon, in collaborazione con il matematico Daniele Gouthier, conducono i visitatori in un universo magico.
Nel parco possiamo dunque ammirare: la Fontana del Teorema, Albero del Teorema, Fontana Sonora, Fonte Aurea, Xilofono Armonico, Solidi Platonici, Viale di Fibonacci, Viale della Prospettiva Aurea, Universo di Keplero, Lira Cosmica, Compasso Aureo, Triangolo di Tartaglia, Rampa della Tetraktys, Piccolo Teatro Numerico, Spirale Tridimensionale, Pentapiazza.
MILONE DI CROTONE
Crotone, cittadina calabrese bagnata dal Mare Ionio, fu fondata nel 710 a. C. da coloni achei.
Gli antichi amavano la lotta, il pugilato e il pancrazio e si affrontavano senza dividersi in categorie di peso perché, per loro, l’abilità era uguale alla forza.
I Crotoniati ebbero una meritata reputazione nello sport, vincendo 21 corone ad Olimpia, di cui 20 nella lotta, molte delle quali grazie a Milone, che era uno degli atleti più prestigiosi nello sport del mondo greco. Questi era celebre per aver riportato ben sette vittorie nella gara di lotta ai Giochi Olimpici, sia tra giovani che tra adulti, tra il 540 e il 532 a.C., e sette nelle Competizioni Pitiche, celebrate ai piedi del Parnaso, in onore della vittoria di Apollo sul serpente Pitone, al terzo anno di ogni Olimpiade, nei mesi tra agosto e settembre.
Milone fu il più grande atleta anche in altri giochi, vincendo dieci volte nelle Competizioni Istmiche e nove alle Nemee, feste celebrate in onore dei defunti.
Le vittorie olimpiche di Milone sono riassunte qui di seguito:
60^ Olimpiade, nell’anno 540 a.C.: lotta ragazzi;
62^ Olimpiade, nell’anno 532 a.C.: lotta;
63^ Olimpiade, nell’anno 528 a.C.: lotta;
64^ Olimpiade, nell’anno 524 a.C.: lotta;
65^ Olimpiade, nell’anno 520 a.C.: lotta;
66^ Olimpiade, nell’anno 516 a.C.: lotta.
Milone, pertanto, si può definire il più grande lottatore della storia e l’atleta “italiano” che vanta il maggior numero di successi alle Olimpiadi. Di lui si dice anche che, ogni giorno, mangiasse 9 kg. di carne e pane e che bevesse circa 10 litri di vino.
Era noto, oltre che per la grande forza, anche per il grande appetito. Pare, infatti, che una volta avesse portato di peso un toro di 4 anni allo stadio, fatto un giro di campo con l’animale sulle spalle, che l’abbia ucciso con un colpo solo e che se lo sia mangiato tutto nello stesso giorno.
Poiché spesso accadeva che nessuno accettava di sfidare Milone per paura di affrontare la sua forza, si narra che, un giorno, mentre questi si accingeva ad essere incoronato per un successo conseguito senza aver trovato avversari disposti a lottare contro di lui, scivolò e cadde. Gli spettatori pretesero, in quell’occasione, che l’atleta non fosse più premiato, ma lui fece notare che era caduto a terra una sola volta e non tre, come doveva essere di regola, per perdere un incontro e propose a chiunque di provare ad atterrarlo altre due volte; ovviamente nessuno lo fece e tutti lo acclamarono.
La sua specialità era l’orthopale, un tipo di lotta. Per di più, quando partecipò alle olimpiadi per la settima volta e si scontrò con un suo concittadino, il diciottenne Timasiteo, il quale lo ammirava fin da piccolo e da cui imparò anche molte mosse, alla finale, il suo avversario si inchinò senza nemmeno iniziare a combattere, in segno di rispetto.
Per le sue imprese un tifoso di nome Dameas gli fece erigere una statua nello stadio di Olimpia, in cui era rappresentato ritto su un disco con i piedi uniti
Si ritiene anche che Milone fosse un adepto o, quanto meno, un simpatizzante del filosofo Pitagora. Secondo una leggenda, Milone avrebbe salvato Pitagora dal crollo di un tetto. Un’altra storia asserisce che Milone sposò la figlia del filosofo, Myia.
A partire dal Rinascimento, e ancor più durante il Neoclassicismo, il mito di Milone tornò in Europa e alimentò la fantasia di diversi artisti: scultori come Alessandro Vittoria o Pierre Puget, pittori come Étienne-Maurice Falconet e James Barry, fino ai letterati come Shakespeare.
Oltre ad essere un lottatore invincibile, Milone era dotato di una forza straordinaria, soltanto Ercole, tra i mortali, lo superava per fama. . Come se non bastasse, si racconta che egli fosse alto circa due metri e che era capace di sollevare anche un uomo con un dito della mano.
Egli era, inoltre, molto coraggioso; infatti, guidò l’esercito in guerra contro Sibari, pur essendo i Sibariti più numerosi dei Crotoniati, mettendo in fuga, con la sua straordinaria forza fisica, i nemici, e consentendo la vittoria ai Crotoniati.
Si narra che, ormai avanti negli anni, mentre passeggiava nei boschi della Sila, vide un tronco di quercia già mezzo tagliato, e, nel tentativo di aprire in due il tronco, infilò le mani nella fenditura, ma rimase imprigionato e venne sbranato dai lupi.
La sua drammatica fine, di cui non si conosce una data precisa, ha stimolato la fantasia di molti artisti, che l’hanno raffigurata con ogni tecnica espressiva, trascurando i suoi innumerevoli successi sportivi e militari.
In tempi recenti, esattamente nel 2001, nel realizzare nuove opere pubbliche, iniziarono i lavori di costruzione, terminati nel 2003, del “PalaMilone”, il Palazzetto dello Sport, che sorge all’interno della città di Crotone, chiamato così in onore dell’antico lottatore greco.
Si tratta di un impianto sportivo polivalente che può arrivare ad ospitare fino a un massimo di 3000 spettatori e in cui si organizza di tutto: gare sportive, competizioni di ballo, concerti ed altri eventi pubblici,…..
Maltese Myrhiam e
Spinelli Gabriel Maria
Classe II sez. E
Sergio Cammariere
Sergio Cammariere, cantautore e pianista jazz, nasce il 1960 a Crotone. Diviene un personaggio di culto dopo l’apparizione al Premio Tenco 2001. Il suo disco d’esordio esce ad inizio 2002 e si intitola “Dalla pace al mare lontano”. Il disco esce per la Via Veneto Jazz, con il supporto della EMI, ed esplode dopo che Cammariere si fa notare a Sanremo nello stesso anno, dove vince il premio della critica con “Tutto quello che un uomo”.
Nel 2004 il suo secondo lavoro, “Sul sentiero”, prodotto dal compianto Biagio Pagano e realizzato con la collaborazione di Amedeo Ariano, Luca Bulgarelli, Simone Haggiag, Fabrizio Bosso e Paolo Silvestri, viene anticipato dal singolo “Libero nell’aria”.
Nel 2006 incide il terzo disco, “Il pane, il vino, la visione”, seguito, nel 2007, dalla colonna sonora del film “L’abbuffata”. Nel 2008 torna al Festival di Sanremo con “L’amore non si spiega”, brano inedito, contenuto nella raccolta “CANTAUTORE PICCOLINO”. Dopo “Carovane” del 2009, nel 2012 è la volta di SERGIO CAMMARIERE, lavoro che giunge a tre anni di distanza dal precedente, durante il quale il cantautore si è dedicato alla composizione di colonne sonore per il cinema e per la T.V.. Nel 2014 arriva, invece, “Man nella mano”, inciso dal cantante con lo storico collaboratore Roberto Kunstler e con la partecipazione, tra gli altri, di Antonello Salis e di Gegè Telesforo.
Nel 2016 esce “Io”, ancora una volta in collaborazione con Roberto Kunstler.
Tra le tante canzoni, quelle più celebri sono: “Tutto quello che un uomo” e “Dalla pace al mare lontano”.
“Tutto quello che un uomo”
Il tema centrale del singolo è l’amore, ma in particolar modo cosa si è disposti a fare per amore di una donna. La musica gioca un ruolo fondamentale e, in questo caso, l’apporto di Sergio Cammariere riguarda soprattutto questa. Un pianoforte che cattura e consente all’ascoltatore di inebriarsi di un momento di puro amore.
“Dalla pace del mare lontano”
“Dalla pace del mare lontano” dice tutto già nel titolo o quasi. Racconta anche qualcosa che appartiene al mondo delle sensazioni indefinite: parla di un uomo che diventa la sua musica. Comprende ma esclude anche, le capacità d’interprete, d’autore e di esecutore.
Realizzato da: Brugnano Paolo, Petrozziello Noemi e Scarfò Martina.
SITOGRAFIA
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Published: Jun 7, 2022
Latest Revision: Jun 7, 2022
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