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Dal punto di vista della geografia

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Artwork: Alice Negro

  • Joined Jun 2022
  • Published Books 1

Indice

Esercitazioni  p. 3

Unità di apprendimento per la scuola dell’infanzia  p. 87

Unità di apprendimento per la scuola primaria  p. 92

Sintesi delle lezioni  p. 137

Sintesi dei testi  p. 211

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Esercitazione 1

Si osserva e si descrive un paesaggio utilizzando queste tre categorie in alternativa alle due categorie naturale e antropico: natura originaria; natura trasformata di primo livello; natura trasformata di secondo livello.

 

Italia, Lungomare di Loano

Il paesaggio mostra la fascia litoranea al tramonto. Il cielo, il mare, gli scogli e le montagne sullo sfondo fanno parte della natura originaria. Il sito è importante per attività umane quali turismo, trasporti marittimi e pesca.

La spiaggia e gli alberi sono categorizzabili come natura trasformata di primo livello.

Il sistema di contenimento della sabbia in sacchi interrompe i danni delle mareggiate. I sacchi in tessuto di polipropilene riempiti di sabbia e gli edifici sono classificabili come natura trasformata di secondo livello.

La fotografia è scattata nel 2021, anno in cui, per la dodicesima volta consecutiva, le spiagge e il mare di Loano ottengono la Bandiera Blu. Tale riconoscimento internazionale è conferito dalla Fee (Foundation for Environmental Education) alle località costiere che soddisfano determinati criteri relativi alla gestione sostenibile del territorio. I parametri in base ai quali viene assegnata la Bandiera Blu sono molteplici: la qualità delle acque di balneazione, la depurazione delle acque reflue, la certificazione ambientale, la gestione dei rifiuti, l’accessibilità nelle spiagge, l’educazione ambientale, la comunicazione ambientale e le iniziative di sostenibilità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Esercitazione 2

Si propone la lettura critica di una scheda didattica.

 

La consegna chiede di osservare la figura e completare la tabella, dividendo elementi naturali ed elementi antropici. La dicotomia tra l’uomo e la natura è complessa. Per educare occorre indagare le relazioni tra sistemi naturali e sistemi umani. È bene riflettere con i bambini sulla trasformazione del pianeta da parte della specie umana. L’umanità si pone dentro la natura e in continua relazione con essa.

Tra gli elementi disegnati soltanto il sole sembra far parte della natura originaria.

I campi coltivati, gli alberi e gli animali derivano dalla selezione genetica e dagli incroci realizzati dall’umanità. I bambini prendono consapevolezza che, anche laddove si riconoscono ancora gli elementi vegetali, animali e minerali, la natura è stata trasformata.

Le case, la buca delle lettere, il mulino, la strada rappresentano la natura trasformata di secondo livello, nella quale le risorse sono state trasformate così tanto da renderne difficilmente riconoscibile l’origine.

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Esercitazione 3

Si visualizza la Terra come sistema nel quale l’umanità è un sottosistema della biosfera.

 

Il Sistema Terra comprende varie sfere, che si intersecano tra loro: pedosfera, litosfera, atmosfera, idrosfera, biosfera. Il Sistema Terra è un sistema aperto. Il mondo esterno è il cosmo, lo spazio extraterrestre. C’è un continuo scambio di materia ed energia tra il sole, lo spazio e la Terra. L’antroposfera è un sottoinsieme della biosfera, poiché gli esseri umani sono viventi e fanno parte del mondo. L’antroposfera riguarda: gli insediamenti, l’agricoltura, l’industria, il terziario, i trasporti, la società, l’economia, la cultura, la politica. Il Sistema Terra offre alla società le risorse necessarie e il naturale rinnovamento.

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Esercitazione 4

Si scrive la didascalia della fotografia indicando la localizzazione e spiegando i rapporti coevolutivi tra natura e comunità umane.

 

Italia, Priocca

La fotografia è scattata nell’autunno del 2014, anno in cui i paesaggi vitivinicoli del Piemonte sono inclusi nell’elenco del Patrimonio mondiale dell’umanità. L’Unesco riconosce il valore culturale di Langhe-Roero e del Monferrato.

Il paesaggio vitivinicolo rivela la relazione/interazione tra l’ambiente e l’umanità che caratterizza il territorio specifico. I vigneti sono il prodotto delle azioni umane di trasformazione del sito. Lo sviluppo dell’impronta umana sull’ambiente genera il valore positivo della diversità associata all’attività di produzione di vini. Il cambiamento della natura in cultura è il segno geografico che fonda il territorio attraverso il paesaggio. Si nota che la direzione dei filari delle coltivazioni si adatta alla conformazione del suolo, creando un’immagine armoniosa. La natura cambia per l’azione umana, la cultura evolve conoscendo e utilizzando le risorse naturali in modo sostenibile. La cultura vitivinicola costituisce l’identità piemontese, le eccellenze nelle tecniche di coltivazione e la qualità dei prodotti enologici sono riconosciute su scala mondiale. L’identità, che produce radicamento, e l’alterità, che produce conoscenza, si definiscono attraverso le relazioni e le interazioni. Ciò avviene in un continuo processo di coevoluzione, che origina il paesaggio e il territorio. Si tratta di oggetti in equilibrio: i processi di interazione e quindi di coevoluzione tra cultura umana e natura evidenziano la varietà.

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Esercitazione 5

L’orientamento con i punti cardinali corrisponde a una delle più grandi conquiste cognitive dell’umanità, alla libertà di muoversi sulla sfera in tutte le possibili direzioni senza perdersi, controllando mentalmente lo spazio terrestre e iniziando quindi a pensarlo come territorio, come dimensione da abitare, come parte del sé individuale e sociale.

Si spiega come si svilupperebbe questa competenza in situazione outdoor, portando gli alunni e le alunne a imparare a orientarsi in uno spazio aperto e utilizzando come punti di riferimento l’orizzonte, il sole e il proprio corpo.

 

Si chiede agli alunni di esprimere le loro idee sull’orizzonte. A partire dalle concezioni degli studenti si progetta un intervento didattico che promuove la comprensione del modello scientifico. Si può pensare al cielo come alla superficie di una sfera centrata sulla Terra: la sfera celeste. Il piano orizzontale è il piano dell’osservatore e definisce l’orizzonte sulla sfera celeste.

Con i bambini si può costruire un modello dell’orizzonte locale. In uno spazio aperto si invitano gli alunni a osservare con attenzione ciò che li circonda. Si propone agli studenti di scrivere su alcuni foglietti le cose viste. Si dispongono sul suolo due cartelloni e si suggerisce di dividere ciò che hanno visto. Quando gli alunni giungono a separare le cose del cielo dalle cose della Terra, si chiede loro di usare le mani per osservare meglio. Si immagina di disegnare con le dita la linea dell’orizzonte partendo da un punto e tornando al punto di partenza. I bambini si dispongono in cerchio in modo che le loro spalle siano rivolte verso il centro del cerchio. All’esterno del cerchio si dispongono nuovi cartelloni. Gli studenti, in gruppo, disegnano ciò che prima hanno disegnato per finta. È importante che le immagini comprendano la Terra e il cielo. Gli alunni si accordano con i compagni affinché l’inizio dell’immagine di un cartellone corrisponda alla fine dell’immagine di un altro. Si discute con gli studenti su come sistemare i cartelloni per costruire un modello della realtà. È utile evidenziare la linea chiusa dell’orizzonte locale per focalizzarla meglio. Lo schema tridimensionale permette ai bambini di entrare e uscire dal modello, osservandolo dall’interno e dall’esterno. Gradualmente gli alunni imparano a lavorare con orizzonti sempre più vasti e con l’orizzonte celeste.

Si posiziona il modello di orizzonte in uno spazio assolato e lo si utilizza per rilevare e fare previsioni sul percorso del sole. Si propone ai bambini di individuare il sole e indicarne la posizione con il braccio. Si cerca sul modello di orizzonte il punto in cui è stato visto il sole e si incolla un foglietto con l’orario indicato. Si suggerisce di usare le dita per misurare l’altezza del sole rispetto alle cose della Terra. Si dice agli alunni che si tornerà a osservare il sole dopo un’ora e si chiede di formulare ipotesi su cosa si vedrà. Durante la seconda osservazione si invitano gli studenti a confrontare le loro ipotesi con la posizione che il sole occupa nel cielo. Si incolla il foglietto con il nuovo orario sul modello di orizzonte locale. Si rielaborano le concezioni iniziali alla luce dei dati di osservazione.

Per conservare una traccia visibile del percorso del sole durante una giornata si può costruire un ombrellone astronomico. Alla base dell’ombrellone si pone una sedia su cui si siedono, a turno, i bambini. Avvalendosi di un vetrino nero, ogni alunno individua il sole; poi indica con una bacchetta di legno la posizione del sole sul nylon, in tale punto è collocato un cartoncino che riporta l’orario dell’osservazione. Si domanda agli studenti di indicare con il dito la posizione in cui si troverà il sole dopo un’ora. Con il progredire dell’attività le osservazioni dei bambini divengono sempre più accurate. Dopo l’ultima rilevazione si propone agli alunni di disegnare con le dita il percorso effettuato dal sole nel corso della giornata e si riflette insieme.

Per comprendere come varia la posizione degli astri in base al luogo di osservazione si può usare un mappamondo mobile. Per orientare il mappamondo si colloca un pupazzetto in corrispondenza della località in cui ci si trova e lo si orienta in modo che il personaggio stia in verticale. Così si simula il mondo reale che sta sotto i piedi di chi si trova in quella zona del mondo. Si fissano stecchini in vari punti del mappamondo, in posizione perpendicolare rispetto alla superficie. L’ombra dello stecchino è l’immagine dell’ombra di un paletto piantato verticalmente sulla superficie terrestre. In un dato momento, si scopre dove è giorno e dove è notte. Il sole è allo zenit laddove gli stecchini non proiettano ombre.

Per determinare la direzione Nord-Sud e il mezzogiorno astronomico locale si possono usare cerchi concentrici dotati di gnomone al centro. L’ombra dello gnomone cade perfettamente su un cerchio due volte nell’arco della giornata e le ombre sono simmetriche rispetto alla direzione Nord-Sud. La bisettrice dell’angolo formato dalle direzioni delle due ombre corrisponde alla direzione Nord-Sud. Quando l’ombra dello gnomone va a coincidere con tale direzione si determina il mezzogiorno locale, cioè il momento in cui il Sole raggiunge la culminazione.

 

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Esercitazione 6

La tela dell’artista Lucio Fontana ha uno squarcio che secondo l’autore serve a suggerire all’osservatore di guardare oltre la realtà visibile della superficie, per vederne o immaginarne l’aspetto invisibile, nascosto.

Si scrive un testo in cui, partendo da questo spunto, si spiega come anche la conoscenza geografica serve ad aprire uno squarcio simbolico sulla superficie della Terra per immaginarne e descriverne gli aspetti invisibili, immaginari eppure reali.

 

La conoscenza geografica invita gli uomini a riflettere su qual è il posto dell’uomo nella natura. L’umanità ha esperito fino in fondo certe strade della conoscenza e oggi deve reinterrogarsi di nuovo. Le domande rappresentano la posizione della mente più adatta allo studio della natura. I quesiti riguardano la posizione dell’uomo nella natura. Si indaga cosa sposa l’uomo al mondo. Gli esseri umani cercano uno status dove riconoscersi stando al proprio posto, un luogo dove percepirsi viventi nel vivente. Non l’umanità antagonista alla natura né la natura antagonista alle persone. Luzi, nella raccolta Sotto specie umana (1999), dice: “Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno? Di che? Rotta la diga t’inonda e ti sommerge la piena della tua indigenza… Viene, forse viene, da oltre te un richiamo che ora perché agonizzi non ascolti. Ma c’è, ne custodisce forza e canto la musica perpetua… ritornerà. Sii calmo”. L’umanità avverte una mancanza, agonizza, lotta con se stessa, prova una lacerazione interiore. L’anziano poeta invita gli esseri umani a non avere frenesia, a restare in silenzio, concentrati. Occorre un atteggiamento di mettersi in ascolto per cogliere le cose. Tutta la poesia di Luzi è un invito a ricominciare (cominciare di nuovo) ad ascoltare. È un esercizio da fare tutti i giorni della vita. L’atteggiamento richiama la competenza chiave europea di imparare a imparare. Si impara stando nel silenzio, che apre il cuore e la mente.

Ogni giorno si percorrono le strade a piedi, a cavallo, in auto o con i mezzi di trasporto pubblici. Spesso si passa attraverso gli spazi senza soffermarsi. Diviene importante osservare i paesaggi nel presente, ponendosi domande sul loro passato e sul loro futuro. È essenziale creare parentele con tutte le cose, che raccontano le loro storie. Le narrazioni consentono ai luoghi di uscire dall’anonimato. Gli esseri umani colgono le forme estetiche delle cose; hanno impressioni, intuizioni di forme. Attraverso l’osservazione, l’esperienza e semplici connessioni logiche si possono intuire molte informazioni. I soggetti e gli oggetti emergono da un intreccio di scambi nel continuo divenire di materia e di energia. La vita è ciò che si trasmette da corpo a corpo, da mondo a mondo; è ciò che trascorre liberamente tra le forme. Per scoprire gli aspetti nascosti dei paesaggi occorre allontanarsi dai pensieri quotidiani e dalla frenesia degli impegni. Quando si esce da kronos, il tempo cronologico e imprigionato, si conosce il valore della lentezza e si scoprono aspetti invisibili, immaginari eppure reali.

 

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Esercitazione 7

Si segue il metodo didattico della geografia come stanza delle meraviglie. Si costruisce una lezione per una quarta elementare sul tema della diversità ambientale e culturale nel mondo.

 

 

 

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Italia, Valchiusella. Guje di Garavot

Il torrente Chiusella, che dà il nome alla valle, scava una stretta forra, ai lati della quale si trovano i due specchi d’acqua. Le Gole sono raggiungibili a piedi, percorrendo un sentiero tra i boschi. I nuotatori possono immergersi nelle gelide acque del Chiusella.

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Italia, Burano

L’isola della Laguna di Venezia è raggiungibile con il vaporetto. Una leggenda narra che le case sono colorate perché i marinai le pitturavano per riconoscerle nei giorni di nebbia.

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Italia, Bologna

Il Canale delle Moline è uno dei corsi d’acqua che attraversano il centro della città. In epoca medievale il canale rivestiva la funzione di alimentare i mulini utilizzati per la lavorazione del grano e della seta. All’inizio del Novecento le moline sono scomparse e il canale è stato interrato. Il corso originale delle acque è ancora visibile in alcuni tratti rimasti scoperti.

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Italia, Vulcano

L’isola, che fa parte dell’arcipelago delle Eolie, accoglie i visitatori con un forte odore di zolfo. Il fenomeno è causato dalle fumarole che si sprigionano dal terreno. Sull’isola è presente il laghetto dei fanghi termali, risultato di un intervento umano di rimozione della crosta superficiale per consentire alle persone di godere delle proprietà curative dei fanghi sulfurei. L’ultima eruzione del Vulcano della Fossa è avvenuta nel 1890. L’attività vulcaniana è caratterizzata dall’emissione di nubi di cenere e frammenti di lava. Da allora il Vulcano attraversa una fase di quiete con un’intensa attività fumarolica.

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Confine tra Stati Uniti e Canada, Nigara Falls

Le tre cascate, che nascono dal fiume Niagara, sono: le Horseshoe (cosiddette per la loro forma a ferro di cavallo), le American Falls e le Bridal Veil (che appaiono con un velo di sposa). Per vedere da vicino la forza dell’acqua si può fare un tour in battello fino alla base delle cascate.

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Stati Uniti, Grand Canyon

L’immensa gola scavata dal fiume Colorado rivela strati di roccia rossa, che testimoniano una storia geologica di milioni di anni. Il margine più visitato è quello meridionale, il South Rim, mentre il margine settentrionale è più adatto a una visita in solitudine. Queste zone rientrano nel Grand Canyon National Park, gestito dal governo federale americano. Il Grand Canyon West, famoso per lo Skywalk, si trova all’interno della riserva degli indiani Hualapai.

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Emirati Arabi Uniti, Deserto di Dubai

La Riserva Naturale di Dubai è stata istituita nel 2002 per proteggere gli animali e le piante del deserto in via di estinzione. Il safari nel deserto può avvenire sulla groppa di un cammello, a bordo di un fuoristrada o di un dune buggy.

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Maldive

L’arcipelago, situato nel cuore dell’Oceano Indiano, è formato da oltre mille isolette. La sabbia bianca delle spiagge è prodotta dal Pesce Pappagallo.

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Israele, Deserto di Giuda

Nel silenzio del deserto Gesù trascorse quaranta giorni di ritiro spirituale. Il paesaggio aspro e irregolare è divenuto, nel corso della storia, luogo di rifugio e nascondiglio per ribelli, oltre che dimora per la solitudine di eremiti.

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Israele, Lago di Tiberiade

Oltre a essere la principale risorsa di acqua dolce per Israele, il bacino idrografico è un’importante meta di pellegrinaggio. Secondo i Vangeli Cristo camminò sulle acque del lago e a Cafarnao Gesù incontrò i primi discepoli. Inoltre molte piante e animali esistono solo per la presenza del bacino idrografico. Il lago, che si trova sotto il livello del mare, nel 2018 ha raggiunto la cosiddetta linea nera: meno duecentoquattordici metri. La diminuzione del livello del bacino idrografico è stata causata dalla scarsità di precipitazioni, dai prelievi abusivi e dalla crescita demografica. L’acqua rimasta  è diventata salata e ricca di cianobatteri. I due inverni piovosi che ha conosciuto la regione nel 2019 e 2020 fanno sperare per il meglio. In Terra Santa la risalita del livello di acqua del lago è motivo di grande letizia.

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Seychelles, Mahé

Il nome dell’isola viene da quello dell’ex governatore francese Mahé de Labourdonais. Dai primi coloni veniva chiamata l’isola dell’abbondanza. L’influenza francese si protrasse fino al 1814, poi le Seychelles passarono sotto il controllo inglese e rimasero parte dell’Impero britannico fino alla conquista dell’indipendenza nel 1976. L’isola colpisce per le montagne di granito ricoperte da vegetazione lussureggiante (palme tropicali, alberi di mango, papaya, banana e piante del tè). Nel corso di milioni di anni i movimenti dell’acqua hanno creato le spiagge di sabbia soffice e bianca. Mahé è il cuore economico e culturale delle Seychelles, vi si trovano l’aeroporto, le sedi governative, l’università, gli stadi sportivi, le sedi delle emittenti televisive e radiofoniche, diverse aziende, un porto commerciale e di pesca.

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Sudafrica, Boulders Beach

La spiaggia, che si trova a pochi kilometri da Simon’s Town, è composta da insenature tra massi di granito dai quali prende il nome. Dal 1985 Boulders Beach ospita una colonia di pinguini africani, anche conosciuti come pinguini somari per il verso ragliante che fanno.

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Obiettivi educativi e relativi alle competenze

Riconoscere e denominare alcuni fra i principali oggetti geografici.

Individuare analogie e differenze tra i paesaggi del mondo.

Cogliere nei paesaggi le progressive trasformazioni operate dall’uomo sul paesaggio naturale.

Rendersi conto che lo spazio geografico è un sistema territoriale, costituito da elementi fisici e antropici legati da rapporti di connessione e interdipendenza.

Individuare problemi relativi alla tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, proponendo soluzioni idonee al proprio contesto di vita.

 

Concetti
Si possono introdurre alcuni concetti di base sulla natura, come montagna, vulcano, torrente, fiume, lago, laguna, mare, costa, isola, deserto, vegetazione, animali, e alcuni concetti di base sull’umanità, come città, insediamenti, mezzi di trasporto, turismo. Si riflette sui paesaggi, che sono testimoni di un abitare, di un modellamento dell’ambiente da parte delle comunità umane.

 

Interpretazioni/relazioni

Si invitano i bambini a spiegare quali aspetti dei paesaggi li affascinano di più e perché. La Geografia pone al centro della propria intenzionalità educativa la dimensione soggettiva e psicologica del rapporto delle persone con i paesaggi. La varietà delle immagini suscita stupore, curiosità e desiderio di sapere di più sui luoghi. Si ragiona sulle relazioni tra le società umane e l’ambiente naturale che, con la loro coevoluzione, modellano i paesaggi e differenziano i luoghi.

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Esercitazione 8

Utilizzando il Geoportale nazionale http://www.pcn.minambiente.it/mattm/

e il Portale cartografico regionale https://www.geoportale.piemonte.it/cms/ coi loro visualizzatori:

si realizza una presentazione rivolta ad alunni della classe quinta della scuola primaria sul territorio saviglianese, nella quale si identifica e si mettono in evidenza gli aspetti visibili degli elementi fisici e antropici.

 

 

 

 

 

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Savigliano

La città di Savigliano sorge al centro della pianura cuneese, nella parte meridionale del Piemonte, circondata dai torrenti Varaita, Maira e Mellea.

 

 

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Il territorio testimonia un passato ricco di storia. Dapprima abitato da popolazioni celto-liguri, è poi sottomesso dai romani. Nel Duecento è uno dei principali Liberi Comuni del Piemonte. Importante centro agricolo, città fiorente per le attività commerciali e strategico presidio militare, diviene meta per lunghe residenze dei duchi di Savoia. Nel Settecento, con l’abbattimento della cinta fortificata, Savigliano perde la posizione di prestigio che ha occupato tra i centri piemontesi. Nell’Ottocento la città diviene sede di manifatture tessili e meccaniche; inoltre la ferrovia offre nuove possibilità di collegamenti.

 

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Le ortofoto mostrano la crescita urbana di Savigliano dal 2000 al 2012.

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A Savigliano vi sono scuole di ogni ordine e grado.

La città, che dal 1434 al 1436 ospita l’unico ateneo piemontese, oggi accoglie una sede decentrata dell’Università degli Studi di Torino. Nell’antico Monastero di Santa Monica sono presenti i Corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria, in Scienze dell’Educazione, in Educazione professionale e in Tecniche erboristiche .

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L’Ospedale della Santissima Annunziata viene edificato tra il 1710 e il 1730, ampliato tra il 1738 e il 1791 e nuovamente ingrandito successivamente.

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Il 16 marzo 1853 viene inaugurata la prima tratta ferroviaria piemontese, con capolinea a Savigliano.

Nel 1880 ha inizio l’attività della Società Nazionale Officine Savigliano, industria specializzata nella produzione di materiale rotabile, poi diventata Fiat Ferroviaria e oggi Alstom.

Savigliano è famosa in tutto il mondo per la produzione del Pendolino e dei treni ad alta velocità. Il Museo Ferroviario Piemontese è molto affascinante perché offre la possibilità di vedere i treni in funzione.

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Piazza vecchia e dintorni

La Piazza Vecchia ha origine nel Duecento, quando Savigliano diviene Libero Comune e le famiglie nobili vi si insediano. Gli edifici si sviluppano su due piani e il suolo è occupato da botteghe. I portici vengono aperti nel Quattrocento. La piazza è il cuore amministrativo ed economico della città.

L’antico Palazzo Comunale è oggi centro di informazioni turistiche ed è occupato da appartamenti d’abitazione.

Nel 1585, in occasione della visita di Carlo Emanuele I, si innalza l’arco monumentale.

Risale all’Ottocento il monumento alla memoria del conte Santorre di Santa Rosa, eroe del Risorgimento.

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In via Stamperia, nel 1470, Cristoforo Beggiami impianta la prima tipografia del Piemonte.

 

Alla famiglia Beggiami, che risulta tra le più importanti della città, è intitolata l’omonima via.

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Il Palazzo Muratori Cravetta viene fatto costruire verso la fine del Cinquecento dalla famiglia Cravetta.

Nella Sala Magna dell’edificio incontra la morte il duca sabaudo Carlo Emanuele I, assistito dal confidente Alessandro III Cravetta.

Elegante è il giardino, utilizzato come teatro privato e luogo ideale per ricevimenti.

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Tra i principali palazzi di Savigliano c’è la residenza dei marchesi Taffini d’Accegliomilitari al servizio di Casa Savoia.

L’edificio viene costruito all’inizio del Seicento.

Al primo piano nobile c’è il Salone d’Onore, che ha ospitato solenni cerimonie, accogliendo duchi, principi e re.        

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Il teatro, inaugurato nel 1836, è proprietà del Comune dal 1864 ed è dedicato alle violiniste saviglianesi Teresa e Maria Milanollo.

L’armoniosa struttura architettonica ospita, nelle nicchie laterali, le statue della Commedia e della Tragedia. Il Genio della Gloria, che incorona Musica e Poesia, sovrasta l’edificio.

Il teatro si trova nel centro della città ed è la sintesi civile. Mario Luzi, in una conversazione con Katia Migliori, definisce il teatro come “il luogo dove il logos della città stessa si sviluppa, nel senso propriamente greco”. Il teatro è il punto dove il pensiero della comunità umana si manifesta, si confronta e prende coscienza. Il teatro è collocato nel “ganglio vitale della città” e ne diviene il cuore.

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Piazza nuova e dintorni

La Piazza Nuova si struttura a partire dal 1727 per soddisfare le rinnovate esigenze economiche della città e per disporre di un ampio spazio utile al commercio.

La denominazione Piazza del Popolo è assunta dopo la Liberazione.

Il monumento al generale Arimondi è collocato al centro della piazza.

L’Ala del Mercato è costruita nel 1856 e vi è collocato il locale mercato dei bozzoli. Successivamente viene utilizzata come magazzino per bestiame e foraggi, deposito e peso cittadino. Oggi l’Ala è destinata a struttura polifunzionale per attività culturali ricreative e a sede dell’Ente Manifestazioni.

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La comunità ebraica di Savigliano è la più antica del Piemonte. Nel 1773, in ottemperanza alle nuove disposizioni regie, il ghetto ebraico è trasferito in uno spazio urbano più defilato rispetto al precedente e che può essere facilmente isolato. Nella contrada detta “del ghetto”, ora via Palestro, sono costruite due porte che vengono chiuse alla sera e riaperte al mattino. Nel 1806 la comunità ebraica saviglianese è costituita da 159 persone e si dedica prevalentemente al commercio di tessuti e abiti usati. Soppresso in epoca napoleonica e poi ripristinato, il ghetto nel 1826 è abitato ancora da 144 ebrei. Con lo Statuto Albertino del 1848 il ghetto è abolito e molte famiglie emigrano altrove. La sinagoga è trasferita in un locale situato nei pressi del teatro. Quando vi sono i lavori di ristrutturazione del teatro, alla sinagoga si destina una nuova sede.  Verso la fine dell’Ottocento la comunità ebraica si riduce a poche persone e la sinagoga, viene smantellata.

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Parco Graneris

Il Parco Graneris offre sentieri dove passeggiare, prati e panchine su cui riposare, un’area per cani, un centro sportivo, una bocciofila e un bar.

I viali sono ombreggiati da platani, tigli e ippocastani.

La realizzazione del parco avviene intorno agli anni Sessanta del Novecento, su impulso del sindaco Enrico Graneris.

 

 

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Parco Nenni

Il Parco Nenni è realizzato intorno agli anni Settanta del Novecento, grazie a un progetto comunale.

Al centro del parco è presente il rudere della vecchia Caserma Carando, che ricorda le violenze inflitte ai partigiani dalle Brigate Nere.

Il parco si affaccia sul viale di piazza Nizza, la cui creazione risale agli inizi dell’Ottocento.

I due maestosi platani sono gli esemplari superstiti delle piante di arredo originarie. Dal 2004 sono classificati come alberi monumentali e sottoposti alla tutela della Regione Piemonte.

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Sentiero sul Maira

Il Sentiero sul Maira è un itinerario percorribile a piedi, a cavallo o in mountain bike, che da Racconigi conduce a Villar San Costanzo.

Nel tratto del percorso che costeggia Savigliano la vegetazione comprende farnie, frassini, salici, pioppi, robinie, sambuchi, sanguinelli, biancospini, noccioli. Si possono incontrare, talpe, ricci, ghiri, conigli selvatici, tassi, scoiattoli, volpi, germani reali, fagiani, picchi, pettirossi, usignoli, cinciallegre, ghiandaie, rondoni, rondini, tortore, poiane, aironi, gazze, cornacchie, civette, gufi.

Il tratto fluviale è stato importante, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, per i pescatori e lo è ancora oggi per i rifornimenti di legname e ghiaia.

Le sponde del Maira sono frequentate dai saviglianesi per il divertimento e il riposo.

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Cinque domande per portare l’attenzione sui legami con la geografia nello spazio vissuto

 

Che importanza ha avuto il luogo dove sono nata nella mia vita?

Ho trascorso la mia infanzia a Priocca. Abitavo con i genitori, ma trascorrevo molto tempo con i nonni paterni. Ancora oggi, nonostante la perdita del nonno e i magri rimasugli della nonna mi sento vicinissima a loro. Ho frequentato la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado nel mio paese d’origine. A scuola e al catechismo ho stretto le prime amicizie. Grazie alla presenza di una forte comunità religiosa ho abbracciato la fede cattolica. Sento di potermi definire cristiana imperfettamente osservante. L’impronta cattolica dei nonni è stata per me preziosa, ma penso che la religione non si possa ridurre all’osservanza di norme. Da bambina andavo tutte le domeniche a Messa, oggi preferisco farlo solo quando mi sento disposta a lasciarmi trasportare dalla liturgia. A Priocca tutte le persone si conoscono e i pettegolezzi dilagano. Si tende a dire e fare ciò che è definito buono e giusto. Sono cresciuta cercando di essere la figlia e la nipote perfetta, la studentessa modello, l’amica migliore. Poi ho compreso che l’imperfezione è la ragion d’essere di ciascuno. È apprezzabile sentirsi parte di una comunità, è piacevole sentirsi accolti e in sicurezza. Tuttavia è bene conoscersi ed essere se stessi, senza costringersi a compiacere gli altri. Oggi vivo nel mio paese d’origine. Riconosco che il luogo in cui sono nata ha per me una notevole importanza. Sono anche consapevole della mia libertà di scelta e so che nella vita potrei spostarmi in altri luoghi del pianeta.

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Quali sono i luoghi della mia infanzia?

I luoghi della mia infanzia sono: la mia casa con il giardino e il cortile, la stanza dei giochini e il giardinetto della casa dei nonni paterni (dove giocavo con mio cugino), la vigna dei nonni materni, la scuola, la panetteria del paese (dove andavo con la nonna paterna e la mia prozia), la pizzeria con l’acquario (dove mangiavo la pizza con i miei genitori e immaginavo di guizzare insieme ai pesci), il lungomare di Varazze (dove trascorrevo una o due settimane estive con mia mamma e mio papà).

I luoghi che ricordo sono legati a esperienze emozionali piacevoli.

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Quali legami esistono tra me e la natura?

Mi sento parte della natura. Il mio corpo e la mia mente sono naturali, così come lo sono i legami con le altre persone, a partire da quello originario con mia madre. Sono naturali pure gli esseri viventi e gli oggetti inanimati che mi circondano.

La percezione di essere nel mondo naturale fa nascere in me emozioni contrastanti: amore e odio, che sono, in fondo, le due facce di una stessa medaglia; desiderio di vicinanza agli altri e aspirazione alla solitudine; sensazione di sicurezza, ma anche paura. Il tutto genera mistero.

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Quali legami esistono tra me e la società in cui vivo?

Mi sento inclusa nella società in cui vivo, nel senso che mi percepisco me stessa nella società.

I rapporti sociali sono faticosi e non si possono condividere pienamente i pensieri e le idee degli altri, ma mi piace mantenere un’apertura. Penso che gli incontri, soprattutto quelli sfidanti, siano arricchenti. Amo la letteratura italiana, ma vorrei imparare bene anche altre lingue per apprezzare le poesie e le canzoni del mondo. Sono cristiana, ma penso che per tutte le religioni dovrebbe esserci l’amore in testa.

La società offre un ampio spettro di possibilità di scelta. Apprezzo le opportunità che ho di perseguire i miei interessi, le mie passioni e di sentirmi realizzata.

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Quali limiti e quali possibilità mi offre il territorio in cui vivo?

Il territorio in cui vivo è per me il mondo. Al momento vivo nel luogo dove sono nata, ma sono convinta della mia libertà di vivere in altri luoghi del pianeta.

La Terra pone dei limiti e delle risorse connessi all’ambiente naturale: clima, morfologia, idrografia, vegetazione, animali. Se scegliessi di spostarmi prediligerei le fasce climatiche calde: per me il freddo è un limite, tendo a irrigidirmi e quasi bloccarmi quando le temperature sono basse; invece il calore del sole è una potente risorsa che mi dona il buonumore. I paesaggi di montagna, collina e pianura possono rendere la vita faticosa o, al contrario, piacevole e suscitare meraviglia. L’acqua, laddove disponibile, è una risorsa preziosa; senza di essa gli esseri viventi si spengono. Pure altre risorse sono ambite, per esempio il legname e i minerali. La biodiversità è essenziale per gli ecosistemi; tuttavia, per la fobia che ho, farei fatica a vivere in un luogo con molti volatili. La percezione dei limiti e delle risorse del territorio dipende anche dai nostri vissuti e dalle nostre emozioni.

La Terra pone dei limiti e delle risorse connessi all’ambiente antropico: società, cultura, economia, politica. Le disuguaglianze e le discriminazioni pongono dei limiti; le diversità culturali, l’inclusione e la pace sono vissute come risorse. La povertà è un limite, la ricchezza è una risorsa. Le scuole, le università, gli ospedali con persone adeguatamente formate sono risorse che consentono di garantire i diritti all’istruzione e alla salute. La fame è un limite, la sicurezza e la varietà alimentare sono risorse.

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La mia mappa del cuore

Rifletto sulla mappa dei luoghi della mia vita.

L’abbraccio al centro del foglio è il luogo dove vivo con la mia famiglia. Il cuore rappresenta la casa dei nonni paterni; i tulipani raffigurano il giardino dei nonni materni. La croce è la chiesa; il libro è l’università. Il ferro di cavallo è il luogo dove vive Zenne (la mia cavalla), insieme agli altri animali. Il mare è il luogo del desiderio e delle vacanze. I palloncini sono i luoghi d’incontro con gli amici. La coppetta di gelato simboleggia i luoghi delle golosità.

Scelgo di disegnare i simboli e allegare una legenda, come se la mappa non potesse presentare nomi e didascalie. Mi accorgo soltanto a posteriori che la mia scelta non è scontata, infatti molti compagni di Corso scrivono sulle loro rappresentazioni. I luoghi hanno una valenza emotiva, che decido di rivelare attraverso i simboli. È stato per me come mostrare i sensi dei luoghi e subito porre un velo su di essi. Forse le parole sarebbero state troppo potenti, mi avrebbero messa a nudo svelando chiaramente i significati dei luoghi.

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I luoghi della mia vita

Vivo in una casa semplice. I miei nonni e i miei genitori sono alieni da sofisticazioni, artifici, ricercatezze fasulle e hanno trasmesso la risorsa della semplicità al luogo vissuto. Sono cresciuta in mezzo a immagini ed emozioni autentiche e riconosco il valore di rendere la complessità con la semplicità. Ogni giorno custodisco la virtù che mi è stata donata e la incremento con la riflessione. La casa in cui vivo con i miei genitori e mia sorella e le case dei nonni, che abitano vicino a noi, sono colme di amore. Questo sentimento invade anche gli animali e le piante che abitano con noi. Gli animali comunicano con noi: lo fanno con vivacità e immediatezza. I fiori rappresentano il dono a colori della natura amata. Persino i muri, i pavimenti, la stufa, i letti, la poltrona, apparentemente inanimati, sembrano sentire e raccontarci le loro storie.

Ho trascorso tre mesi della mia vita in ospedale, che definirei il luogo del dolore. Mi sono confrontata con la sofferenza, ho trovato in me mezzi inaspettati e l’ho superata. Nel luogo impervio sono cresciuta interiormente e la mia vita è sbocciata, più ricca di prima.

La scuola e l’università rappresentano per me l’incontro e la conversazione. Il rapporto umano aspira all’amicizia e alla convivenza, con la fiducia e la coscienza negli altri, con la consapevolezza di non essere da soli se si vuole. L’ambiente scolastico valorizza il dialogo, che è una fonte d’inesauribile sapere.

Vorrei avere una vita vista mare. Ci sono momenti in cui sento un profondo desiderio di essere lì, seduta sulla spiaggia a guardare le onde che danzano. Mi piace ascoltare il rumore dell’acqua che abbraccia gli scogli e percepire la brezza che mi scompiglia i capelli, facendomi quasi bruciare gli occhi. Per le vacanze scelgo spesso luoghi dove c’è il mare, che mi trasmette una sensazione di libertà.

Amo visitare le città. Firenze, in particolare, mi è rimasta nel cuore. Arte, letteratura e musica si fondono e trasmettono la loro armonia all’aria della città. Passeggiando per Firenze, ammirando gli splendidi monumenti e ascoltando il dialetto fiorentino mi sono sentita davvero bene. Sono convinta che tornerò in quel luogo.

Se mi pongo nell’ottica del kairos, del tempo eterno, sono luoghi della vita anche il Paradiso terrestre e la Terra promessa. Si tratta di luoghi traboccanti di mistero, che pungolano la mia immaginazione.

 

 

 

 

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Unità di apprendimento per la scuola dell’infanzia

Realizzata in collaborazione con Tamara Avarino e Claudia Fissore

 

Destinatari

Il percorso didattico è pensato per i bambini frequentanti il terzo anno della scuola dell’infanzia.

 

Obiettivi di apprendimento

Al termine del percorso della scuola dell’infanzia ci si attende che ogni bambino abbia sviluppato alcune competenze fondamentali che strutturano la sua crescita.

Il bambino sviluppa il senso dell’identità personale, percepisce le proprie esigenze e i propri sentimenti, li sa esprimere in modo sempre più adeguato.

Il bambino riconosce ed esprime le proprie emozioni, avverte gli stati d’animo propri e altrui.

Il bambino riconosce e rappresenta il proprio corpo, con le sue diverse parti.

Il bambino ha un positivo rapporto con la propria corporeità, ha maturato una sufficiente fiducia in sé, è progressivamente consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti.

Il bambino manifesta curiosità e voglia di sperimentare, interagisce con le cose, l’ambiente e le persone, percependone le relazioni e i cambiamenti.

Il bambino è attento alle consegne, si appassiona, porta a termine il lavoro, diventa consapevole dei processi realizzati e li documenta.

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Cosa c’è nella tua valigia

Si legge il libro Cosa c’è nella tua valigia di Chris Naylor-Ballesteros.

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Presentazione di sé

I bambini stanno per terminare il loro percorso alla scuola dell’infanzia. Prima di intraprendere un nuovo viaggio verso la scuola primaria elaborano una presentazione di sé da portare in valigia.

Tutti i bambini hanno un nome: lo scrivono su un foglio e cerchiano la lettera iniziale. I bambini disegnano o ritagliano da giornali immagini di oggetti o animali che iniziano con la stessa lettera del loro nome.

Ogni bambino realizza il proprio autoritratto. Ci si può aiutare con lo specchio presente in aula per osservare bene il viso. Ciascuno si disegna con la matita e poi si colora con gli acquerelli. Si invitano i bambini a porre attenzione a dettagli quali sopracciglia, ciglia, narici, orecchie e denti.

I bambini abitano in una casa. Si propone di disegnare dapprima la facciata esteriore dell’abitazione, poi l’interno. I bambini disegnano le varie stanze con le persone che svolgono le azioni quotidiane.

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I colori delle emozioni

Si legge il libro I colori delle emozioni di Anna Llenas.

 

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La casa del cuore

Si riflette sulle emozioni che si provano, anche in relazione ai luoghi in cui ci si trova. In alcune stanze della casa si può provare paura, in altre ci si può sentire allegri o tristi o arrabbiati, in altre regna la calma.

I bambini colorano le stanze delle loro case con i colori che rispecchiano le emozioni: il nero per la paura, il giallo per l’allegria, l’azzurro per la tristezza, il rosso per la rabbia, il verde per la calma.

Si suggerisce ai bambini di disegnare gli oggetti della casa che metterebbero nella valigia da portare alla scuola primaria.

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Unità di apprendimento per la scuola primaria

 

Destinatari

Il percorso didattico è pensato per gli alunni frequentanti la classe terza della scuola primaria.

 

Obiettivi di apprendimento

L’alunno si muove consapevolmente nello spazio circostante, orientandosi attraverso i punti cardinali e i punti di riferimento visivi, sviluppa e potenzia la mappa mentale dei luoghi.

L’alunno conosce il territorio attraverso l’approccio percettivo e l’osservazione diretta.

L’alunno attiva un’esperienza che comprende aspetti di coinvolgimento emozionale e partecipazione attiva.

L’alunno osserva e rileva il paesaggio, comprende come esso è stato trasformato nel tempo dalle comunità umane attraverso interventi positivi e negativi.

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Lettura ad alta voce

Si legge il libro Che cos’è un fiume di Monika Vaicenaviciené.

La narrazione prende avvio dalla conversazione tra una bambina e sua nonna. La storia comprende informazioni scientifiche relative al fiume, vagliate dai geografi Nick Middleton della University of Oxford e Moa Holmlund della University of Stockholm.

La vita dipende da un ambiente vasto, variegato e affascinante nel quale ogni momento accadono cose importanti. Si invitano i bambini all’osservazione e al piacere della scoperta.

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Fiumi sul mappamondo

Si mostra ai bambini un mappamondo mobile e orientabile. Esso permette di avere il punto di vista terrestre di chi sta con i piedi per terra e che ha il mondo sotto i suoi piedi, orientato in maniera differente a seconda del luogo in cui si trova.

Si vede dove sono localizzati i fiumi citati nel libro: il Nilo, il Danubio, il Tigri, l’Eufrate, l’Indo, il Fiume Giallo, il Belize, la Bosna, il Congo, il Gambia, il Paraguay, il Senegal, l’Uruguay, il Giordano, la Moldova, il Niger, lo Zambesi, l’Okawango, l’Amu Daryac, il Syr Darya, il Reno, il Gange, il Rio Negro, il Colorado, il Mississipi, il Rio Grande, il Rio delle Amazzoni, il Pearl River, il Mekong, il Paranà.

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Riverbed

Si presenta ai bambini la fotografia di un’installazione site-specific realizzata da Olafur Eliasson. Un fiume di acqua corrente invade il Louisiana Museum of Modern Art, a Humlebæk, in Danimarca. La superficie di rocce che copre il pavimento conferisce un aspetto ingannevolmente naturale al terreno artificiale. L’intervento di landart costringe i visitatori a scalarlo, superando l’atteggiamento contemplativo e diventando attori dell’installazione. Dalla combinazione fra il paesaggio e l’arte scaturisce un coinvolgimento profondo delle persone.

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Orientamento con il Geographic Information System

In classe si preparano gli alunni alla passeggiata dalla Piazza Santorre di Santarosa al fiume Maira. Per l’orientamento ci si avvale di Google Maps. Sulla carta geografica si presentano il percorso di andata e il percorso di ritorno. Si cercano strade percorribili a piedi, dotate di attraversamenti pedonali.

Lungo i percorsi si propone ai bambini di individuare alcuni punti di riferimento da fotografare.

All’andata gli studenti potrebbero individuare:

A Piazza Vecchia

B Piazza del popolo

C Latteria Agricola

D Carta e dintorni

E Distributore Europam

F Strisce pedonali verso il Sentiero dei Mosaici

Al ritorno gli studenti potrebbero individuare:

A Ponte sul Maira

B Viale Guido Gozzano

C Parco giochi

D Bocciofila

E Rotonda con fontana

F Taipei Lounge Bar – Pizzeria – Bistrot

G Piazza Santorre di Santarosa

Dopo l’uscita in aula si lavora con Google My Maps per creare mappe collettive con fotografie e informazioni.

 

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Mappa percorso di andata

 

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Mappa percorso di ritorno

 

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Orientamento sul terreno

Lungo il sentiero del Maira si individuano i punti cardinali.

Il sole è una bussola naturale: sorge a Est e tramonta a Ovest. Si pianta un bastone nel terreno e si segna (con un rametto o un ciottolo) il punto raggiunto dall’estremità della sua ombra. Dopo circa quindici minuti si segna il punto raggiunto dall’estremità della nuova ombra. Il segmento che unisce i due punti indica l’allineamento Ovest-Est. L’ultimo punto rilevato indica la direzione Est.

Si deduce la direzione del Nord e del Sud dall’osservazione delle specie vegetali. Nella parte meridionale, esposta al sole, le piante sono più rigogliose. Pure i fiori tendono a rivolgersi verso Sud. Il muschio prospera soprattutto sul lato Nord, che è quello più umido.

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Alla scoperta degli alberi

Lungo il sentiero del Maira è presente una grande varietà di arbusti, alberelli e alberi.

Si scopre l’equiseto, una pianta che ha trecentocinquanta milioni di anni.

Per stimolare la percezione tattile si realizza il frottage di più cortecce. Ciascun alunno sceglie un albero, poi sfrega con un pastello a cera il foglio sovrapposto alla superficie ruvida del tronco.

Grazie all’app Pl@ntNet si possono abbinare  le cortecce ai nomi delle piante.

In classe, dopo l’uscita, si realizza un cartellone degli alberi, risultato dell’elaborazione comune.

 

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Come un albero

Si legge il libro Come un albero, scritto da Maria Gianferrari e illustrato da Felicita Sala.

 

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Le storie delle cose

Si propone ai bambini di passeggiare in silenzio lungo la riva del fiume Maira e raccogliere qualcosa con cui sentono di essere in relazione. Gli studenti si allontanano dall’insegnante e dai compagni, entrano in relazione con le cose.

Si invitano gli alunni ad assegnare un nome agli oggetti raccolti, descriverli e immaginare una loro storia. Le narrazioni consentono alle cose di uscire dall’anonimato.

Sull’erba si raggruppano gli oggetti e si fanno emergere delle forme. Le installazioni sono documentate attraverso fotografie.

In aula, dopo l’uscita, si crea una sorta di museo dei ritrovamenti, che raccoglie “curiosi oggetti parlanti”.

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Si presentano tre esempi di cose che potrebbero incuriosire i bambini.

 

L’Incontro

L’erba con i fiori gialli cresce sia tra i ciottoli sulla spiaggia sia accanto agli alberi. L’attenzione degli alunni potrebbe essere attirata da due formiche che passeggiano sulla corolla. I due insetti, dopo qualche istante, potrebbero avvicinarsi e incontrarsi. Potrebbe nascere la curiosità di sapere se e come le formiche comunicano tra loro. Successivamente si potrebbero separare e scendere percorrendo la strada lungo lo stelo. Gli studenti potrebbero raccogliere l’erba con i fiori gialli e immaginare che sia germogliata da semi trasportati dal fiume, dal vento o da organismi viventi. I fiori potrebbero essere raccolti per preparare un olio cosmetico.

 

Camomilla

Le margherite si trovano vicino al bosco e sono più grandi rispetto a quelle che spesso si osservano. Lo sguardo degli studenti si potrebbe posare su una farfalla che, volando, va ad appoggiarsi su un fiore. Forse l’animale è attratto dal profumo o dai colori della margherita, oppure sente il bisogno di riposare un attimo. Quando la farfalla riprende il volo i bambini potrebbero raccogliere la margherita.

I semi delle margherite potrebbero provenire da altri luoghi ed essere stati trasportati dal fiume, dal vento o da organismi viventi. I fiori potrebbero essere usati per preparare una camomilla, che sarà bevuta da qualcuno durante un momento di relax.

 

Pezzettino

Il pezzo di mattone dà l’impressione di emergere tra i ciottoli presenti lungo il fiume. La tonalità del suo colore va dal rosso all’arancione.

Il mattone è costituito dall’argilla estratta da una cava. Il mattone potrebbe aver fatto parte, insieme a suoi simili, di una costruzione architettonica. Quella che gli alunni potrebbero raccogliere è soltanto la parte di un mattone, che si è rotto. Il fiume lo ha trasportato insieme ai ciottoli e depositato sulla riva.

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Rispetto per l’ambiente

Si ascolta Il ballo dei cassonetti e si chiede ai bambini di indovinare quali oggetti stanno cantando.

Si domanda quanti cassonetti ci sono lungo il sentiero del Maira: sono molti!

I cassonetti non sono gli unici elementi che gli esseri umani hanno inserito nel paesaggio. Ci si guarda intorno e si scoprono tavoli con panchine su cui sedersi.

Ci si accomoda e si avvia una discussione di classe. Ci si confronta sulle conoscenze riguardanti la raccolta differenziata e si riflette sul rispetto dell’ambiente.

 

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Verso una società inclusiva

L’inclusione indica un rapporto di reciproca influenza tra le persone e l’ambiente. Un’organizzazione sociale è inclusiva quando diventa flessibile per offrire a tutti un luogo in cui sentirsi a casa. Essere inclusi significa sentirsi accolti, nella certezza che ognuno ha valore e appartiene alla comunità. Una società inclusiva si propone di rendere il contesto favorevole a tutti i membri della collettività, perciò è un investimento globale.

 

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Il Sentiero dei Mosaici

Dal 2006 l’ASHAS (Associazione Solidarietà Handicappati Savigliano) organizza e promuove la manifestazione Mosaici in Piazza. L’evento si svolge ogni due anni nel centro storico di Savigliano. Il concorso, rivolto agli studenti saviglianesi, sollecita i giovani a esprimersi creativamente riguardo al tema della diversità. I gruppi scolastici realizzano disegni con la ghiaia colorata. Gli elaborati giudicati vincitori sono esposti, dopo un processo di vetrificazione, lungo il Sentiero dei Mosaici.

Passeggiando lungo il fiume Maira si mostrano i mosaici ai bambini. Si prende coscienza della disabilità e se ne parla.

 

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Mille rose per mille amici

Un altro progetto di sensibilizzazione alla disabilità è Mille rose per mille amici. La realizzazione dell’oasi colorata e profumata avviene su impulso dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) di Savigliano. Il giardino simboleggia la solidarietà che si può radicare nel tempo, proprio come una rosa.

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Valutazione 

La valutazione formativa è parte integrante del processo di apprendimento. Si condividono con gli alunni gli obiettivi di apprendimento. Durante il percorso formativo si restituiscono agli alunni dei feedback sull’andamento dell’apprendimento affinché possano migliorare i processi attivati e i risultati conseguiti. Il giudizio formativo parte dalle strategie positive utilizzate e stimola l’autovalutazione rispetto agli obiettivi concordati. Nel giudizio valutativo si sottolineano anche gli aspetti ancora da migliorare e le modalità da adottare per perfezionarsi. La valutazione ha lo scopo di favorire l’apprendimento e l’insegnamento.

 

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Dal nozionismo al modello sistemico

Si ragiona sul perché il nozionismo ha ucciso la geografia e su come non ucciderla di nuovo nelle lezioni future. Il nozionismo è l’idea che non ci sia molto da capire perché la geografia consiste in un elenco di oggetti e della loro posizione nello spazio geografico. Quest’idea è sbagliata scientificamente, la geografia non è questo; insegnandola in modo ripetitivo e mnemonico non viene capita, non è appresa e non si sviluppano le sue competenze fondamentali. Il nozionismo presenta un enorme rischio per la didattica, cancella il piacere per la conoscenza e produce la disaffezione allo studio. Alla geografia ci si può appassionare. Le competenze geografiche possono essere insegnate attraverso il gioco, la didattica attiva, lo sviluppo del pensiero critico, l’apprezzamento per la bellezza e la diversità del mondo e l’attenzione all’esperienza personale. La geografia è come si abita il mondo, è la presenza personale nei luoghi e comprende l’incontro con gli altri, l’apertura.

Si riflette sui modi sbagliati di insegnare la geografia. Per studiare la geografia non ci si può affidare soltanto ai sussidiari. Occorre integrare libri, materiali e metodi adeguati.

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Si ragiona sul pasticciaccio brutto delle colline. Si osservano due diverse carte geografiche fisiche dell’Italia settentrionale. Il sussidiario ricorda che le colline sono rilievi con le cime arrotondate e non superano i 600 metri di altitudine sul livello del mare. Le colline sono indicate dal colore giallo. È corretto definire le colline come rilievi. Tuttavia la definizione scolastica presenta alcune criticità. Innanzitutto in Europa sono presenti montagne antiche le cui cime sono rese arrotondate dall’azione dell’erosione, ma non possono essere definite colline. L’altitudine dei rilievi è legata al sollevamento tettonico e all’erosione. Nel tempo geologico le montagne hanno una nascita, una crescita, una fase matura stabile, un livellamento e una scomparsa. Le fasi della vita di una catena montuosa mostrano l’evoluzione del paesaggio naturale. Inoltre non esistono definizioni scientifiche di colline che indicano l’altitudine sul livello del mare, le misure sono sfumate. Una cartina geografica presenta la provincia di Cuneo colorata di giallo, infatti certe parti della Pianura Padana sono più alte di 600 metri. In alcune zone del Piemonte, per esempio Saluzzo, si passa dalla pianura alle montagne; però nella cartina si percepiscono zone collinari gialle laddove c’è la pianura, come se le colline anticipassero le montagne. Invece l’area del Monferrato, collinare, è rappresentata con il verde della pianura. Un’altra cartina geografica non presenta le colline delle Langhe, del Roero e del Monferrato. È come se in Piemonte vi fossero soltanto la pianura e le montagne. I colori delle carte geografiche non corrispondono ai colori dei paesaggi. I colori sono segni con un significato e si riferiscono all’altitudine. I cartografi decidono i criteri di cui avvalersi per costruire le carte geografiche.

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Si propone la lettura critica di una scheda didattica. La consegna suggerisce di osservare il disegno e completare la tabella. Ci si domanda quali degli elementi osservati possono essere considerati naturali. L’impatto dell’uomo sull’ambiente è talmente forte che di naturale sembra esserci soltanto il sole. I bambini potrebbero categorizzare gli alberi, i fiori, il campo coltivato, il fieno, il maiale, la mucca, il cavallo come elementi naturali. Tuttavia le coltivazioni e gli animali della fattoria sono elementi classificabili come antropici. Nell’immagine sono raffigurati vegetali e animali, che derivano dalla selezione genetica e dagli incroci realizzati dalle persone. I bambini dovrebbero prendere consapevolezza che le specie animali e vegetali sono create, in gran parte, dall’umanità. Si può parlare di ibrido, ovvero ciò che non è completamente naturale e nemmeno totalmente umano. Nella categoria ibrido non si riconoscono né il naturale né l’antropico. Non bisogna dividere la natura dall’umanità, ma riconoscere che l’adattamento delle attività umane all’ambiente avviene attraverso la trasformazione delle risorse naturali.

La specie umana è parte della natura. L’antropocene è una questione centrale nel dibattito scientifico. L’umanità si pone dentro la natura e in continua relazione con essa. È bene che i bambini si sentano parte del Tutto.

La geografia studia gli aspetti naturali del pianeta e le attività umane che modificano e influenzano il territorio. Il metodo geografico ha il fine di indagare le relazioni tra sistemi naturali e sistemi umani. La dicotomia tra l’uomo e la natura è complessa. Per educare occorre riflettere su come l’umanità fa parte della natura e la trasforma.

 

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Una proposta didattica alternativa distingue: la natura originaria, non alterata dalle attività umane; la natura trasformata di primo livello, trasformata dalle attività umane, ma dove si riconoscono ancora gli elementi vegetali, animali e minerali (le strade sterrate, i campi coltivati, i parchi urbani); la natura trasformata di secondo livello, in cui le risorse sono state trasformate così tanto da renderne difficilmente riconoscibile l’origine, quella completamente trasformata (le città, le strade, i parcheggi, tutte le situazioni dove il suolo è stato coperto da una costruzione, dal cemento o dall’asfalto). L’esercizio alternativo è meno astratto rispetto al precedente, segue una logica chiara e semplice, non è ambiguo. Il salto cognitivo conduce a un nuovo modo di pensare, aggiunge una chiave per comprendere il paesaggio.

Ci si interroga su cos’è la natura e su cos’è l’umanità rispetto alla natura. Si osserva un’immagine e si nota che soltanto le montagne rocciose fanno parte della natura originaria; i boschi e i campi coltivati sono classificabili come natura trasformata di primo livello; il villaggio è categorizzabile come natura trasformata di secondo livello.

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Si propone la visione critica di una scheda. La consegna dell’esercizio chiede di osservare le immagini, poi cerchiare e scrivere gli elementi estranei di ogni ambiente. L’uso del concetto di ambiente non è pertinente. Il termine è ambiguo, comprende molte sfumature: ci si può trovare in un ambiente fisico, materiale, oppure in un ambiente sociale, familiare, in un contesto di relazioni. Si potrebbe parlare più propriamente di paesaggio, che è il risultato di una relazione tra la componente naturale dell’ambiente e la componente umana. Si distinguono il mare e la montagna, la categorizzazione avviene in base alla presenza del litorale o del rilievo. Un’altra classificazione divide la campagna, spazio antropico dominato dal settore primario, e la città, spazio antropico dominato dai settori secondario e terziario. Le immagini sono stereotipate. Nella categoria mare è raffigurata una costa sabbiosa con gli ombrelloni; gli allevamenti di bovini e le industrie non sono necessariamente intrusi, potrebbero essere presenti lungo il litorale. Nella categoria montagna vi sono il fiume, le rocce, la mucca, ma esistono molti allevamenti di bovini anche in pianura; il faro, segnato come intruso, è un punto segnaletico visibile dalle navi se situato vicino al mare, però può anche essere un utile riferimento per gli aerei in montagna. In campagna può essere presente una cartoleria, anche se non costruita in mezzo al campo agricolo. In città vi possono essere alcuni animali. L’esercizio rafforza gli stereotipi e la visione distorta dei paesaggi. L’attività si conclude domandando perché l’uomo trasforma il paesaggio. Si usa una parola nuova, creando confusione tra ambiente e paesaggio. Le risposte da indicare come esatte sono che l’uomo ha bisogno di strade e ferrovie per spostarsi, ha bisogno di ponti per attraversare i fiumi, ha bisogno di case per abitare. Le risposte fanno riferimento al territorio piuttosto che al paesaggio. La risposta da segnalare come errata è che all’uomo non piace il verde dei prati e dei boschi. Il discorso è eccessivamente semplificato e non attiva i processi di pensiero.

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Gli esempi di materiali didattici con vari errori e debolezze forniscono lo spunto per comprendere che il cuore della geografia consiste nell’indagare il Sistema Terra nelle sue relazioni tra le componenti fisiche e la specie umana.

Come ha affermato Margaret Mead: “Ai bambini deve essere insegnato come pensare, non cosa pensare”. Il paesaggio va concepito come il risultato visibile e percepibile della coevoluzione tra ambiente naturale e specie umana, che ne è il principale agente trasformatore e a sua volta si è evoluta sviluppando adattamenti (materiali e simbolici) alle diverse risorse e condizioni poste dall’ambiente in cui le comunità umane si sono stanziate.

Un approccio utile allo studio della geografia è il modello sistemico. Il modello semplifica la realtà per concettualizzarla. L’approccio sistemico è di tipo scientifico e studia le relazioni presenti sul pianeta. Il Sistema Terra comprende varie sfere, che si intersecano tra loro. La litosfera è la sfera delle rocce, costituite da aggregati di minerali. Dalla disgregazione delle rocce si formano i suoli, la parte di crosta terrestre superficiale dove i minerali si mescolano con le sostanze organiche. La sfera dei suoli si chiama pedosfera; in alcune zone è molto sottile o assente. La caratteristica dei suoli è la fertilità. Con gli studenti si può notare che solo sui suoli sono possibili la vita vegetale e animale, quindi l’agricoltura. La fertilità dei suoli diminuisce scendendo in profondità; per compensare l’azione dell’aratura si introducono i concimi, che provocano un accumulo di residui salini nel suolo e ne causano la sterilizzazione. L’atmosfera è composta dall’aria, uno strato di gas legato alla superficie terrestre grazie alla forza di gravità. L’idrosfera è formata dall’acqua, che si presenta nei tre stati di aggregazione. Il 71% del pianeta è ricoperto dalle acque dei mari, a cui si aggiungono le acque sulle terre emerse costituite da fiumi, laghi, nevai e ghiacciai. L’acqua salata dei mari costituisce il 97,5% del totale. Se si tolgono anche i ghiacciai, soltanto l’1% dell’acqua presente sul pianeta è dolce e disponibile per le attività umane. Di essa, tre quarti sono impiegati in agricoltura, l’attività del settore primario necessaria per la produzione di cibo. L’acqua è una risorsa preziosa e rinnovabile, poiché il ciclo dell’acqua garantisce la continuità nella sua presenza, ma già quasi interamente sfruttata dalle attività umane. Con gli alunni si può scoprire l’importanza che l’atmosfera e l’idrosfera hanno per la vita. La biosfera è la sfera degli organismi viventi. Il Sistema Terra è un sistema aperto. Il mondo esterno è il cosmo, lo spazio extraterrestre. Sembra esserci una corrispondenza tra la costruzione scientifica e la concezione antica dei quattro elementi: terra, aria, acqua, fuoco. Il quarto elemento (fuoco) richiama l’energia del sole, la luce. C’è un continuo scambio di materia ed energia tra il sole, lo spazio e la Terra. Esiste anche una fonte di energia interna alla Terra, nella litosfera: il magma, ovvero il calore endogeno del pianeta, causa le deformazioni e le dislocazioni della crosta terrestre; il sistema tettonico, attraverso movimenti interni alla Terra, sposta le grandi placche tettoniche che ricoprono la superficie del pianeta, provocando sollevamenti, sprofondamenti e dando origine a terremoti ed eruzioni vulcaniche. Il Sistema Terra offre alla società le risorse necessarie e il naturale rinnovamento. L’antroposfera è un sottoinsieme della biosfera, poiché gli esseri umani sono viventi e fanno parte della natura. La relazione uomo-ambiente riguarda lo sviluppo dell’impronta umana sul sistema mondo. L’antroposfera riguarda gli insediamenti, l’agricoltura (il settore primario), l’industria (il settore secondario), il settore terziario e i trasporti; si tratta di aspetti concreti, materiali, strutturali. L’antroposfera concerne anche la società (il contesto normativo ed etico che fornisce il sostegno per la vita in comune), l’economia (il lavoro e il capitale), la cultura (i sistemi simbolici come il linguaggio e le credenze), la politica (il supporto decisionale per l’ordine nelle comunità); si tratta di aspetti astratti. Spiegare le relazioni tra le sfere consente di intraprendere un percorso interdisciplinare e transdisciplinare. Tale schema concettuale rappresenta il curricolo di geografia.

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Si legge la didascalia di una fotografia che mostra l’oasi di Kebill, in Tunisia. Nella didascalia di un’immagine è importante indicare la localizzazione, ovvero dove si trova il luogo sulla superficie terrestre. Seguono una sintesi del visibile e le riflessioni. Sono osservabili le colture agricole e l’avanzata del deserto.

La trasformazione della natura in cultura è il segno geografico che fonda il territorio attraverso il paesaggio. Identità e alterità si definiscono attraverso le relazioni (i processi, le interazioni) in un continuo processo di coevoluzione che genera paesaggi e territori. Non si tratta di oggetti in opposizione: i processi di interazione e quindi di coevoluzione tra cultura umana e natura evidenziano il valore positivo della diversità. La figura fa pensare a una coevoluzione, a cui si giunge applicando la parola relazione/interazione. Se in quel luogo non ci fosse la specie umana non ci sarebbe l’oasi; il deserto è reso abitabile dalla specie umana, che conosce la natura e la trasforma. L’oasi nasce nel deserto, laddove c’è un affioramento di acqua, grazie all’opera costante delle comunità umane. Accanto alla sorgente di acqua nascono insediamenti e coltivazioni; gli uomini utilizzano e gestiscono in maniera sostenibile la risorsa acqua. La natura cambia per l’azione umana e la cultura umana evolve conoscendo la natura. L’interazione tra l’umanità e la natura produce diversità. La varietà dei paesaggi, la biodiversità, le diversità culturali riproducono l’aspetto positivo della varietà e delle differenze. La diversità è una ricchezza perché coglie la potenza e la bellezza della vita. La cultura, la diversità e il paesaggio si pongono rispetto alla vita tra le polarità identità e alterità. L’identità è ciò in cui ci si riconosce e produce radicamento; l’identità territoriale consiste nel sentire un luogo come proprio, assegnandogli un valore simbolico oltre che fisico. L’alterità nasce dal contatto con la diversità e produce conoscenza; modifica la cultura, ma anche il corpo (in particolare il cervello). Attraverso il viaggio si apre la mente a ciò che ancora non si conosce.

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Nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, anziché richiedere un apprendimento mnemonico, si può suggerire un approccio concettuale. Tale modello permette di comprendere e interpretare il mondo.

Spesso gli insegnanti presentano gli affluenti di destra e di sinistra dei fiumi. Se la geografia è uno strumento per comprendere le relazioni non può essere ridotta a un elenco nozionistico di fiumi, monti, città. Ci si chiede a cosa servono queste conoscenze, quali competenze si vogliono raggiungere. Ridurre la geografia a un elenco di luoghi e dati e alla loro posizione e distribuzione nello spazio non è solo un modo per tradirla, ma anche una maniera per farla odiare. Ci si interroga sul perché si insegnano conoscenze che non serviranno mai. Non valgono risposte come: si è sempre fatto così, le colleghe fanno imparare gli affluenti a memoria, i genitori vogliono che i figli apprendano queste conoscenze.

Gli insegnanti sono professionisti dell’educazione. Nell’azione di insegnamento si intrecciano saperi di varia natura: saperi di origine esperienziale di carattere informale, saperi personali di carattere scolastico-istruttivo maggiormente formalizzabili, saperi di origine pratico-professionale poco formalizzati, saperi scientifico-disciplinari, saperi didattico-disciplinari e saperi pedagogico-didattici formali. I saperi scientifici sull’insegnamento sostengono i docenti nella realizzazione di un’azione didattica di qualità e di potenziamento efficace. Un buon insegnamento è gestito secondo standard elevati relativi ai contenuti collegati alle singole discipline e alle metodologie, con una particolare attenzione alla valorizzazione delle caratteristiche e delle competenze di ciascun alunno. I docenti dovrebbero gestire l’insegnamento secondo criteri esplicitabili, fondati scientificamente o su pratiche che possano godere di una validazione nella comunità professionale in base a processi documentati o documentabili. La qualità degli insegnanti occupa un ruolo centrale nel miglioramento dei livelli di alfabetizzazione degli studenti.

Se la geografia è uno strumento per comprendere le relazioni tra l’umanità e la Terra, quindi fra cultura, economia, società, politica e sistemi della natura, non può essere ridotta nella pratica scolastica a un cocciuto nozionismo enumerativo che si ferma all’elenco di luoghi e oggetti geografici.

Oltre a ciò, occorre avere sempre in mente che la conoscenza è viva e cambia nel corso del tempo.

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Benedetta Castiglioni propone un modello esplicativo per il paesaggio.

I due piani raffigurati nello schema, ossia il paesaggio e le dinamiche territoriali, sono strettamente collegati attraverso molteplici complesse relazioni (rappresentate dalle frecce). La dimensione visibile del paesaggio è costituita da: caratteri naturali, caratteri antropici, significati e valori. I caratteri del paesaggio hanno origine dai processi che si sviluppano nell’ambiente, nella società e nel rapporto tra queste due entità. Le componenti dell’ambiente sono l’atmosfera, la litosfera, l’idrosfera e la biosfera. La società è costituita dalla demografia, dal contesto socio-culturale, dalla tecnologia, dall’economia e dalla politica. Non si può separare il paesaggio dalle dinamiche territoriali che producono quella determinata manifestazione sensibile. Il paesaggio nasce come manifestazione superficiale di realtà più profonde e invisibili. Ogni realtà geografica è produttrice di uno specifico paesaggio, non in termini statici, ma nel dispiegarsi nel tempo dei processi. Il paesaggio si trasforma continuamente quale riflesso di un preciso contesto sociale, dal quale non è estrapolabile e che va tenuto in considerazione nelle operazioni di conoscenza, di valutazione e di pianificazione. In quanto prodotto sociale, il paesaggio può essere oggetto di contesa, nel senso di costruzione conflittuale; è altresì luogo dell’espressione di identità, di integrazione e di cittadinanza.

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Oggi nella scuola primaria si inizia a riflettere sulle emozioni e le percezioni legate al paesaggio. Sono le comunità umane che assegnano significati e valori al paesaggio. L’intuizione del paesaggio nasce nel mondo artistico. Petrarca racconta la salita al Mont Ventoux e pone la questione della nascita della conoscenza. Il poeta vive un costante conflitto interiore tra l’attaccamento alle passioni umane e il tentativo di elevarsi verso Dio. Nonostante la ricerca di un contatto con l’interiorità, Petrarca si incanta di fronte al paesaggio. Il poeta sente che il paesaggio produce pensieri ed emozioni, generando nuova conoscenza. I geografi sono affascinati dalla produzione della conoscenza attraverso i sensi e le relazioni con l’ambiente. L’esperienza del paesaggio è la via privilegiata per giungere al pensiero astratto e potenziare l’apprendimento.

 

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Lettura delle immagini legate a beni culturali e arte contemporanea

L’arte è una delle prime forme simboliche prodotte dall’umanità. Fin dalle sue origini antichissime, l’arte ha lo scopo di esprimere il rapporto tra la natura e l’uomo. Lucio Fontana, artista concettuale italiano, presenta una serie di tele tagliate con squarci. La tela è una superficie, quando l’artista la taglia suggerisce l’idea che c’è un livello invisibile oltre la tela. Lo squarcio indica che esistono significati e livelli di comprensione che non si possono disegnare sulla tela. Dietro resta invisibile.

Si potrebbe squarciare una carta geografica per spiegare che al di là della rappresentazione grafica ci sono le relazioni invisibili tra le cose del mondo. La realtà geografica comprende anche le relazioni che stanno dietro la carta: sono connessioni non fotografabili ma esprimibili con il linguaggio. La geografia è lo studio delle relazioni invisibili tra le cose del mondo.

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La geografia è piacevolmente ibrida: unisce la dimensione materiale e la dimensione virtuale della realtà. La diffusione delle tecnologie digitali cambia la percezione della realtà. Si passa da una costruzione di immagini d’élite a una condivisione di fotografie e video. Si forma un’intelligenza collettiva e connettiva. Si crea una stratificazione di visioni del mondo, strettamente connesse agli aspetti simbolici.

La geografia è una disciplina molto visuale: il paesaggio, l’ambiente, le città, le trasformazioni antropiche hanno un aspetto materiale che va osservato, che viene compreso attraverso la vista e il rapporto tra il corpo e lo spazio. La geografia è visuale anche nelle sue descrizioni e negli strumenti con cui comunica, cioè carte geografiche e fotografie.

Il potere delle mappe sta nella loro capacità di rendere il mondo comprensibile attraverso la sua riduzione, semplificazione e simbolizzazione.

Particolarmente significativo è un planisfero genovese del 1457, che presenta l’occhio come metafora del punto di vista umano sul mondo. La rappresentazione non è il mondo, ma come gli esseri umani lo comprendono.

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Le immagini non sono neutre. Sono già rappresentazioni, che si interpretano attraverso codici simbolici e concetti: è l’osservatore che trasforma lo spazio in realtà. Si possono poi leggere le immagini attraverso i concetti e i codici interpretativi della geografia. L’organizzazione dello spazio è già un’espressione di codici culturali, anche in una fotografia: cosa c’è al centro, cosa c’è nella periferia, in alto, in basso, a destra, a sinistra, sono concetti culturalmente situati, guidano l’interpretazione. I paesaggi e i luoghi mettono in relazione i valori culturali: la geografia aiuta a identificarli e a comprendere l’uso (economico, sociale, politico) che se ne fa.

I luoghi reali sono spesso in relazione con i luoghi narrati e rappresentati. Per esempio la Civita di Bagnoregio ha ispirato luoghi dei film di Miyazaki.

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Le immagini e le rappresentazioni hanno enorme potere e tendono a sostituirsi alla realtà. Nell’insegnamento bisogna ricordarsi del loro valore culturale: sono mediatori tra la mente e la realtà; non imitano la realtà, ma la interpretano. Rispetto alla realtà sono contemporaneamente di più e di meno: più di quanto si possa vedere e osservare direttamente, meno di quanto la realtà sia ricca e complessa.

Le immagini e i luoghi sono spesso al centro di una narrazione di potere (chi controlla cosa), di valore economico (i valori dei luoghi collegati agli oggetti o ai servizi in vendita) e simbolica (identità, appartenenza, status, etnia, cultura). I paesaggi e i luoghi sono utilizzati per i loro valori simbolici a scopo commerciale. Nell’insegnamento occorre decostruire le rappresentazioni per sviluppare il pensiero critico.

Olafur Eliasson afferma che: “Cambiare il mondo significa cambiare il modo con cui lo concepiamo”.

L’arte è in molti casi interpretabile come una rappresentazione e un dialogo tra la cultura umana e la natura. L’artista non imita la natura, la crea culturalmente, quindi la estende nella sua dimensione simbolica.

In termini geografici questo assunto equivale a dire che la territorializza; l’artista, spostando l’idea di natura nel campo del simbolico, sviluppa un linguaggio che si lega a dei qui e ora: non solo nel senso della localizzazione, ma anche nel senso del luogo, nel suo valore relazionale.

Allo stesso tempo l’artista usa un linguaggio metaforico con un potere predittivo simile a quello delle mappe; con il trascorrere del tempo l’idea che si ha della realtà tende a sostituirsi alla rappresentazione: si vedono le cose come le si sono viste rappresentate.

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Joseph Beuys afferma che: “L’arte è l’unica possibilità di cambiare la situazione nel mondo, ma occorre allargare l’idea dell’arte per includere tutta la creatività”. Davanti al Museo Federiciano di Kassel l’artista tedesco crea un triangolo composto da 7000 pietre di basalto. Ogni pietra poteva essere adottata da chiunque. Con il ricavato sono state comprate delle querce. Dal 1982 al 1987 sono state adottate tutte le pietre e quindi piantate 7000 querce. L’opera d’arte si realizza mutando continuamente. Le querce sono sparse nella città, ciascuna accanto a una delle pietre di basalto. Si svela il rapporto inestricabile tra l’umanità (cultura) e la natura. L’opera crea paesaggio e senso del luogo; mette anche in contatto con valori quali il rapporto tra umanità e foreste, la durata nel tempo delle opere umane e del loro impatto. Si può leggere l’opera attraverso la teoria della territorializzazione: denominazione, reificazione, strutturazione. Il progetto è stato osteggiato prima dal partito conservatore dei cristiano-democratici, poi dal pubblico che, ritenendo brutte le pietre di basalto, vi ha sovrapposto dei sassi colorati di rosa. L’intervento artistico ed ecologico nasce con l’obiettivo dichiarato di alterare durevolmente lo spazio vitale della città e ha a che fare con quello che Dematteis chiama “il dramma del territorio”. Nonostante tutti i problemi riscontrati, l’opera negli anni ha acquisito sempre maggior valore per la cittadinanza (che ha potuto apprezzare nel tempo un’area verde sottratta alla cementificazione) ed è diventato una parte importante del paesaggio urbano di Kassel: la territorializzazione è compiuta, mostrando i suoi aspetti relazionali (anche conflittuali) e simbolici.

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I concetti della geografia

Il lessico geografico si basa su concetti con significati precisi, che consentono di esprimere le idee geografiche e di utilizzare un linguaggio geografico adeguato. L’intera geografia si potrebbe studiare per concetti; la didattica per concetti è un’interessante prospettiva di insegnamento, purché non ci si limiti a essi e si consideri sempre la loro messa in pratica attraverso lo sviluppo di abilità e competenze.

Alcuni termini sono utilizzati in discipline diverse, con sfumature di significato differenti. Per non infilare nei discorsi ambigue sfumature di senso, occorre studiare con attenzione i concetti in campo geografico.

Si approfondiscono i concetti della geografia intersecando gli appunti presi a lezione con i riferimenti presenti sul libro Il mio spazio nel mondo.

Sono concetti geografici anche tutti i nomi dati agli oggetti geografici fisici (montagna, collina, pianura, costa, isola), antropici (città, via di comunicazione, area industriale).

È possibile sviluppare una didattica della geografia per concetti, concentrandosi sull’acquisizione del lessico e la sua corretta applicazione in situazioni reali.

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Il concetto di spazio non è solo geografico. Lo spazio geometrico presenta connessioni con i modelli delle rappresentazioni cartografiche; lo spazio fisico descrive misure infinitesimali di particelle subatomiche; lo spazio astronomico indica le aree dell’universo. Lo spazio geografico è un’area del pianeta che comprende non soltanto la superficie terrestre, ma anche il sottosuolo e la parte aerea; su tale area si svolge la vita umana. Lo spazio abitato (ecumenico) dalle comunità umane fa da base alle relazioni tra sistemi ambientali e sistemi umani. Lo spazio assoluto è inteso come estensione materiale, misurabile e definita in maniera oggettiva. Da esso si distingue lo spazio relativo, che introduce la rete soggettiva di relazioni, espressione di un punto di vista sociale. I legami percettivi ed emozionali degli individui con il loro spazio di vita formano lo spazio vissuto, concetto fondamentale per le geografie dei bambini e delle bambine. Si sviluppa l’idea che lo spazio di vita sia insieme materiale, sociale, culturale e relazionale. La spazialità comprende le conoscenze, le abilità e le competenze umane in relazione allo spazio geografico. La spazialità umana include l’orientamento, la capacità di spostarsi intenzionalmente nello spazio, la capacità di trasformare l’ambiente e di rappresentarlo, progettarlo, governarlo e considerarlo in modo astratto o simbolico.

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Il territorio è definito come la combinazione di risorse materiali e simboliche capaci di strutturare le condizioni per la vita di individui e società e di essere base per l’identità individuale e collettiva. Il territorio è una porzione dello spazio geografico trasformata, controllata, organizzata e governata dalle comunità umane. Solitamente si parla del territorio di uno Stato, con un forte connotato politico. Tuttavia il concetto di territorio si usa anche per porzioni di spazio a scale diverse, con confini variabili, legate da un fattore comune, per esempio il territorio di una regione o il territorio di una comunità locale. Il sistema territoriale fa riferimento alla coevoluzione tra ambiente naturale e organizzazione umana. Tale concetto pone l’attenzione sui modi con cui le comunità umane trasformano l’ambiente fisico utilizzandolo per i loro scopi e stabilendo con essi complessi rapporti di connessione e interdipendenza. In riferimento alla specie umana, alla sua capacità di organizzare, trasformare e controllare attraverso costruzioni materiali e simboliche lo spazio geografico, si parla di territorialità. La presa di possesso di un’area da parte della specie umana è definita territorializzazione. Gli atti territoriali sono: la denominazione, cioè l’assegnazione agli oggetti dello spazio geografico di nomi e quindi valori, confini e identità; la reificazione, cioè la trasformazione materiale degli spazi, realizzando opere, utilizzando risorse materiali; la strutturazione, cioè l’organizzazione dello spazio con funzioni, regole, contesti di senso. La costruzione del sistema territoriale attraverso il processo di territorializzazione offre la possibilità di educare i bambini e le bambine a riconoscersi come costruttori di territori.

Il territorio non è da confondere con il terreno, ovvero la copertura fisica della superficie terrestre. A tal proposito, l’espressione “uscita sul terreno” indica l’atto di camminare sul suolo.

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Il concetto di regione è un ordinatore logico, un classificatore spaziale che permette di raggruppare i luoghi in base a caratteristiche comuni. La regione è un’area dello spazio geografico che possiede una o più caratteristiche specifiche che la distinguono dalle aree circostanti dove la caratteristica non è presente. L’ambiente fisico è costituito da regioni morfologiche, climatiche, idrografiche, vegetazionali. Da un punto di vista morfologico gli Appennini sono una regione fisica. Da un punto di vista climatico vi sono la regione a clima mediterraneo e la regione a clima atlantico. Da un punto di vista idrografico si osserva il bacino idrografico del Rio delle Amazzoni. Da un punto di vista vegetazionale la foresta pluviale ha un dentro e un fuori. Una regione fisica è definita dalla presenza di una caratteristica naturale. Per esempio le Alpi sono una regione legata dalla presenza della specifica catena montuosa; la Pianura Padana comprende le aree pianeggianti del bacino idrografico del fiume Po. La Gran Bretagna è un’isola, una regione fisica. Il Regno Unito è uno Stato che comprende al suo interno delle nazioni (Scozia, Galles, Inghilterra, Irlanda del Nord, possedimenti coloniali). Una regione politica è definita dalla competenza politico-amministrativa che la governa. Sono regioni politiche tutti gli Stati e le Federazioni, le regioni e le province in Italia, i dipartimenti in Francia, i cantoni in Svizzera. La categoria regionale vale anche per la religione, la lingua, la diffusione di un fenomeno culturale. Una regione storico-culturale è distinta da una storia passata comune o da elementi culturali quali la lingua e la religione. Per esempio l’Occitania è una regione dell’Europa dove è diffusa la lingua occitana. Una regione economica è caratterizzata da specifiche attività produttive. Per esempio le Langhe sono una regione specializzata nella viticoltura.

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Il concetto di confine si trova essenzialmente in campo politico-amministrativo, ma il significato è più ampio. Il confine politico-amministrativo è una linea invisibile che segna la divisione tra Stati o amministrazioni. Intorno a tale concetto si innesta quello di frontiera. Si tratta delle regioni che stanno al di qua e al di là del confine e dal cui ruolo geopolitico sono influenzate. I due termini non vanno confusi: per esempio si attraversa la linea di confine tra India a Pakistan, non la frontiera. Andando oltre la sola accezione politica, il concetto di confine serve a delimitare gli spazi geografici dei diversi gruppi umani. Si usa il concetto di confine per indicare i limiti tra aree in cui sono presenti fenomeni fisici (il confine tra savana e deserto), sociali (il confine tra quartieri ricchi e quartieri poveri, per esempio tra il centro di Torino e il quartiere di San Salvario), culturali (il confine tra aree di diffusione di gruppi etnici, delle lingue, delle religioni), economici (il confine tra area agricola e area industriale).

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La scala e la transcalarità presentano usi metaforici. In cartografia ci si riferisce alla scala per indicare la proporzione di riduzione dalla grandezza reale a quella della rappresentazione cartografica; la scala è il rapporto aritmetico tra la distanza misurata sulla carta e la corrispondente distanza sulla Terra espresso nella stessa unità di misura, serve a indicare l’ampiezza dell’area geografica rappresentata su una carta geografica. In geografia si parla di scala per indicare la grandezza a cui si osserva un fenomeno. La scala europea si usa per una situazione che riguarda tutto il continente europeo. Oggi le scale più usate sono la scala locale, che si riferisce a un territorio di piccola estensione, e la scala globale, che fa riferimento ai fenomeni che toccano l’intero pianeta. La transcalarità è un metodo di confronto di fenomeni a grandezza diversa. L’analisi transcalare è una competenza. Lo spazio globale è costituito da infiniti spazi locali e le relazioni tra le due scale sono continue. Da questa riflessione nasce il concetto di glocale per indicare le questioni che contrappongono le due scale. Per esempio la questione del riscaldamento climatico è un problema globale, ma con molteplici specificità locali connesse ai processi in atto e alle possibili soluzioni. Il problema può essere compreso solo in modo transcalare, cogliendo le interrelazioni tra la questione globale (aumento delle temperature) e le caratteristiche a livello locale (scioglimento dei ghiacciai nelle vallate alpine).

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Il concetto di luogo deriva dal mondo anglosassone. Massey intende place come una costruzione sociale. Il concetto di luogo definisce una parte di spazio geografico che si distingue per caratteristiche uniche date dal nome, dalle funzioni che svolge, dai significati che gli vengono attribuiti e dalle sue componenti fisiche e umane. I luoghi cambiano continuamente e l’umanità è responsabile dei cambiamenti: crea culture, valori, estetica, politica, economia e molto altro; ciascuna di queste creazioni influenza e modella i luoghi. Quando si studiano le componenti percettive e culturali si parla di senso del luogo. C’è un’infinita costruzione culturale intorno New York e le persone possono stabilire un legame emozionale con la città. Per ciascuno il senso del luogo di New York è diverso dal senso del luogo di Parigi. È un concetto fluido, attraverso cui avvengono la formazione di identità e di memoria collettiva. Il senso del luogo comprende anche il sito.

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Dal punto di vista della geografia by Alice Negro - Illustrated by Alice Negro - Ourboox.com
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Il concetto di sito viene utilizzato per indicare le caratteristiche fisiche di un luogo: l’altitudine, la forma del terreno, l’idrografia, la vegetazione, il clima. Se si immagina il sito emergono le componenti naturali di un territorio, anche molto antropizzato, e si individua il loro ruolo rispetto alla presenza e alle attività umane.

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Nel 2000 è stipulata la Convenzione europea del paesaggio. La Convenzione è un atto giuridico e impegna i Paesi firmatari ad attivare nei corsi scolastici insegnamenti legati al paesaggio. Si condivide la definizione di paesaggio come: “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (Consiglio d’Europa, 2000).

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La localizzazione o ubicazione indica la posizione geografica di un luogo sulla superficie terrestre. Tale posizione è identificabile in maniera oggettiva mediante il reticolato geografico. L’ubicazione assoluta di un luogo è la localizzazione con le coordinate latitudine e longitudine. Il sistema delle coordinate geografiche è alla base delle carte geografiche, dei navigatori satellitari, di tutti i sistemi di georeferenziazione e delle app per tablet e smartphone che visualizzano la posizione in cui ci si trova. Oggi è possibile taggare o geotaggare, ovvero localizzare attraverso coordinate geografiche, ogni informazione. Il Gis (Geographic Information System) è un sistema computerizzato per la produzione di carte geografiche partendo da archivi di dati georeferenziati. I Gis possono essere proposti ai bambini in didattica della geografia. Le mappe di Google Maps e Google Earth consentono di visualizzare i luoghi ricercati da diverse prospettive, di tracciare itinerari, di individuare luoghi artistici e naturali, flussi di traffico e condizioni climatiche. L’ubicazione relativa indica un’interazione tra due posizioni. Si parla di localizzazione relativa quando la posizione è determinata mettendo in relazione un luogo con un altro. Per esempio Parigi è a Nord di Roma e a Sud di Londra; Berlino è a Est di Parigi e a Ovest di Varsavia; per l’Europa l’America è a Occidente. Gli elementi topologici avanti, indietro, sopra, sotto fanno riferimento a posizioni relative. Nella didattica della geografia è importante insegnare sia la localizzazione assoluta, alla base di molte applicazioni informatiche di uso quotidiano, sia l’ubicazione relativa, utile per la comprensione delle interdipendenze e delle interrelazioni tra i luoghi.

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Una parola bella e ambigua è distanza. Il significato tradizionale è quello di distanza fisica lineare tra due posizioni sulla superficie terrestre. La distanza tra Londra e New York è misurabile ed esprimibile in kilometri. La Terra è una sfera, dunque quella che sulla carta geografica si presenta come una retta concretamente è una curva. Oltre alla misura fisica, esistono altre modalità per esprimere la distanza. Quella più usata, soprattutto dagli aerei, è il tempo. La distanza tempo introduce il mezzo con cui ci si sposta: a piedi, in bicicletta, in moto, in auto, in nave, in treno. Le aree considerate vicine o lontane dipendono non soltanto dalla distanza fisica, ma anche dalla possibilità di essere collegate con mezzi di trasporto. La distanza tempo è legata all’accessibilità. Il discorso è importante dal punto di vista dell’economia a scala mondiale. I turisti preferiscono visitare le città facili da raggiungere. Si introduce l’elemento del costo. I viaggi verso le mete più ambite sono più costosi. Alcuni parametri hanno un’incidenza a livello decisionale di un’azienda che sceglie la delocalizzazione, cioè il trasferimento delle attività produttive da un Paese a un altro dove il costo del lavoro e le tasse sono più bassi. I fattori che possono incidere nelle scelte localizzative delle imprese sono: basso costo di manodopera, politiche nazionali favorevoli alle imprese, sicurezza dell’impresa rispetto a rischi locali come criminalità organizzata e conflitti armati, posizione dei siti vicino a grandi vie di comunicazione (lo sviluppo industriale sulle Alpi ha difficoltà perché spesso le vallate non sono collegate da grandi strutture viarie), vicinanza alle risorse naturali, vicinanza fisica con un possibile mercato dei propri prodotti, rete di imprese, disponibilità di manodopera qualificata, qualità della vita, affinità culturali. Oltre alla distanza assoluta e alla distanza relativa esiste pure una distanza percettiva, che riguarda la sfera emozionale. Si può essere vicini fisicamente, ma distanti dal punto di vista affettivo, cognitivo, relazionale e, viceversa, essere empaticamente e intellettivamente vicini a luoghi fisicamente lontani e collegati in maniera virtuale. Tale distanza culturale e psicologica dipende dalla percezione che ciascun individuo ha dei luoghi. La distanza può anche avere un uso metaforico: si parla di distanza di conoscenza nel senso che un luogo sconosciuto è distante. Inoltre la conoscenza di un luogo apre nuove distanze perché rappresenta un’alterità. La distanza è un allontanamento dall’unità del mondo. La distanza è una creazione di significati, più si conosce più si misurano distanze. Il bambino quando viene al mondo è un’unità con la madre; riconoscere se stesso distante dalla mamma è il primo momento della conoscenza di distanza fisica ed emotiva. Tutta la cultura umana è una costruzione di distanze.

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Il concetto di movimento è da includere nella didattica della geografia. Nel curricolo di geografia americano vi sono cinque pilastri. Il movimento è inserito fra i concetti chiave o temi della geografia. La geografia della scuola italiana appare statica. La dimensione della dinamicità è presente nelle carte con frecce, che indicano spostamenti. La carta che mostra il processo di ominazione, ovvero la diffusione dell’Homo sapiens sul pianeta e la carta che mostra i grandi flussi migratori alla fine del XX secolo fanno intuire gli spostamenti di persone. Nel Sistema Terra tutto è in movimento. Le immagini geografiche, fotografie o carte geografiche, sono sguardi al passato. È implicita l’idea di un cambiamento costante di cose che si muovono e interagiscono tra loro, definito processo. L’elevazione di una catena montuosa è un processo geologico. Le forme dei rilievi sono il risultato dell’orogenesi, tuttora in atto anche se così lentamente da essere impercettibile durante la vita di un individuo. La litosfera è il risultato di due tipi di processi: quelli generati dal movimento delle placche tettoniche, che tendono a innalzarla, e quelli generati dai fattori climatici, che tendono a livellarla. Le persone osservano i movimenti dei corsi d’acqua e dei venti; percepiscono i movimenti della litosfera quando vi sono frane, terremoti ed eruzioni vulcaniche. Negli ultimi anni si sente il cambiamento del clima; il riscaldamento climatico provoca lo scioglimento di ghiacciai, le ondate di calore, l’aumento di fenomeni temporaleschi estremi. Il movimento è un tema centrale della geografia ed è essenziale per l’educazione geografica nella scuola primaria. La comprensione del cambiamento è alla base dell’educazione ambientale. Il movimento è evidente nei fenomeni antropici, nelle comunità umane. La costruzione e la trasformazione del paesaggio da parte delle opere umane sono continue. Il movimento riguarda innanzitutto le persone, ma anche l’energia, le risorse, i materiali, le merci, i beni, le informazioni. Si è costantemente attraversati da flussi e intrecciati da reti, senza le quali il territorio non potrebbe andare avanti. Attraverso il movimento si parla di sostenibilità e si comprende il passaggio da un’economia lineare a un’economia circolare. Bisogna raccontare ai bambini che il mondo cambia. Porre lo sguardo al futuro e decidere come sarà il pianeta è un’azione di cittadinanza. L’educazione alla cittadinanza attiva invita a diventare protagonisti del cambiamento. Per proporre una geografia viva occorre parlare di movimento. Le migrazioni sono uno dei movimenti più importanti del mondo contemporaneo. L’Italia è stato a lungo un Paese di emigranti internazionali, sia in Europa, verso Germania, Svizzera e Belgio, sia in America, verso Stati Uniti, Argentina, Brasile. Dagli anni Settanta del Novecento l’Italia è un Paese di immigrazione internazionale, soprattutto da Marocco, Romania e Albania. Dal nuovo millennio l’Italia è tornata a essere un Paese di emigrazione, in particolare di giovani, verso i Paesi europei che offrono migliori possibilità di carriera.

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Il concetto di diffusione indica il movimento di un fenomeno nello spazio e nel tempo. Una carta geografica può raffigurare i flussi migratori dall’Africa, dall’America, dall’Asia verso l’Italia; si coglie il movimento di un certo numero di migranti in un determinato periodo di tempo. Si studiano la diffusione delle idee, delle lingue, delle religioni, degli usi e dei costumi, di attività, di sistemi politici, di malattie.

Il concetto di distribuzione indica la disposizione del fenomeno nello spazio geografico. La distribuzione mostra quali sono le maggiori destinazioni dei migranti di una determinata provenienza e può riguardare una concentrazione. Insieme al concetto di distribuzione di una regione si può usare quello di densità. L’applicazione didattica più nota è la densità di popolazione, data dal rapporto fra numero di abitanti ed estensione della superficie, che informa se un territorio è poco o molto abitato.

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Il concetto di correlazione indica un confronto tra entità diverse, riguarda il modo o la quantità con cui due o più fenomeni hanno una distribuzione spaziale simile.

L’interazione è il processo legato alla relazione fra due o più soggetti, che influenza reciprocamente le loro condizioni. L’ambiente naturale è costantemente in movimento attraverso cicli e flussi di materia e di energia. Lo spostamento delle grandi placche tettoniche che ricoprono la superficie della Terra provoca sollevamenti, sprofondamenti e dà origine a terremoti ed eruzioni vulcaniche. L’interazione riguarda il campo della natura, ma anche città, regioni, sistemi ambientali e attività umane. L’interazione spaziale è un aspetto del movimento fra luoghi diversi di individui, informazioni e merci, che crea interdipendenza fra spazi geografici.

L’interazione conduce a riconoscere la presenza di processi di trasformazione, che consistono nella modifica reciproca dei soggetti o degli oggetti che sono in relazione.

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La geografia come stanza delle meraviglie

La geografia è una descrizione del mondo che dà senso e ordine al mondo. La geografia può essere intesa come un percorso per vedere il mondo con occhi diversi e con parole e idee nuove.

Omero chiama il Mediterraneo igrà kèlefta, una strada liquida. L’essenza del mare, per le comunità che vi abitano intorno, è quella di via che connette i continenti. Attraversando il Mediterraneo si collegano persone, merci e idee. La ricchezza della Repubblica di Venezia è legata al commercio con l’Oriente. Anche la potenza dell’Impero romano è connessa all’egemonia della strada liquida, che connette i domini.

Secondo Dardel: “Sempre tra l’Uomo e la Terra si inserisce un’interpretazione”. Questo dovrebbe essere il senso della geografia: cercare le relazioni che esistono e che possono essere possibili tra le cose. L’interpretazione apre la strada all’immaginazione rispetto ai luoghi.

Se non si può uscire con i piedi, si esca almeno con la mente. Per insegnare davvero la geografia occorre recuperare l’inquietudine del viaggiatore, la capacità di stupirsi di fronte al paesaggio, la consapevolezza che lo spazio geografico può ancora essere visto per la prima volta e trasformato. Ci si pone nell’ottica di Dardel, il quale afferma che l’essere umano è “soggetto capace di libertà, di progetti nuovi, di imprese imprevedibili”. Il problema non sono le nozioni, ma il modo in cui esse vengono insegnate. È essenziale appassionarsi alla geografia, alla contemplazione dei paesaggi, al viaggio.

L’essere nel mondo si estende oltre i corpi fisici. Viaggiare consente di conoscere, provare stupore di fronte ai paesaggi. Tale conoscenza espande oltre la propria presenza. Gli esseri umani sono dotati della libertà di movimento, che è strettamente legata alla libertà di scelta. Abitare un territorio significa sentirsi parte di esso, radicare una parte di sé nel mondo. Scegliere di allontanarsi implica uno stacco dalle radici, uno strappo, un cambiamento delle relazioni. La libertà di muoversi non è scontata, talvolta occorre prendersela lottando. La libertà comporta responsabilità. Ciascun essere umano ha la sensazione di essere al centro del mondo, ma il contesto mette in crisi. Le relazioni e la contesa degli spazi con altre persone limitano la libertà. Si cerca uno spazio in cui stare bene, il proprio spazio nel mondo. L’educazione geografica è anche educazione alla cittadinanza.

La questione riguarda la presentazione della geografia ai bambini e il modo in cui le nozioni, ovvero le conoscenze, sono fatte proprie. Tutta la conoscenza ha senso, ma solo in un contesto di significato che rimandi alla vita e a ciò che accade nel mondo. È importante riflettere su come fatti apparentemente lontani sono legati fra loro e possono riguardare la quotidianità di ogni essere umano. Il discorso rimanda alla teoria dei sei gradi di separazione, ipotesi secondo cui ogni persona può essere collegata a qualsiasi altra persona o cosa attraverso una catena di conoscenze e relazioni con sei intermediari. Si ragiona su come i comportamenti di ciascuno possono influenzare il futuro del mondo. Ci si interroga su come si vuole vivere e rendere piacevole il pianeta su cui si vive. Gli esseri umani hanno la capacità cognitiva di divergere, produrre soluzioni nuove, di inventare, innovare. È bene coltivare la creatività dei bambini e motivarli all’apprendimento attraverso la scoperta.

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I tre momenti che recuperano il fascino della geografia sono: la suggestione, che riguarda le emozioni; l’analisi, attraverso cui si trasformano le percezioni in parole, concetti, categorie; la sintesi, con l’interpretazione e la riflessione su relazioni e connessioni. Inizialmente vi sono le percezioni, la meraviglia, lo stupore, l’ammirazione. In seguito si inseriscono i concetti, che permettono di condividere le sensazioni e le conoscenze. Si tratta di categorie cognitive che consentono di dare un ordine alle esperienze. I concetti sono elementi fondamentali del linguaggio, permettono un ponte tra gli esseri umani e la realtà, rendono possibili i ricordi, le riflessioni e i pensieri. Infine si scoprono le relazioni e i rapporti tra le cose, avvengono interpretazioni e riflessioni.

Spesso a scuola la suggestione è assente. Ci si concentra sull’analisi e si presentano conoscenze astratte. Gli studenti non comprendono ciò che viene loro spiegato. Solo alcuni insegnanti lavorano sulla sintesi, invitando gli alunni a interpretare i fenomeni.

Per rendere attiva e stimolante la didattica della geografia si realizza un’unione circolare tra meraviglia, analisi e sintesi.

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Le stanze delle meraviglie o wunderkammern si diffondono nel Cinquecento, dopo la scoperta dell’America. Hanno un ruolo importante nel passaggio dal Medioevo al Rinascimento, dunque nella formazione del pensiero moderno. Le stanze delle meraviglie mostrano collezioni di oggetti apparentemente slegati tra loro; sono uniti soltanto dall’appartenere alla categoria del meraviglioso, di ciò che suscita stupore. L’apparente caos delle stanze delle meraviglie consente di scoprire la distinzione tra le categorie naturale e artificiale. Si classificano le cose in naturalia e artificialia.

L’intero spazio geografico può essere concepito come una camera delle meraviglie, con moltissimi oggetti apparentemente senza legami tra loro. Si realizzano due operazioni culturali molto importanti: si vedono le categorie attuali della geografia nella loro capacità di spiegare il mondo attraverso il paesaggio e le relazioni tra umanità e ambiente; si impara a cercare le relazioni tra le cose, utilizzando le categorie della geografia, ma anche la creatività e il pensiero critico. Attraverso la ricerca di nuovi significati e legami tra le cose si mettono in pratica le competenze in un contesto di realtà.

La stanza delle meraviglie ricorda che il mondo non è solo quello visibile e ci si sente in uno stato di dubbio. Con l’idea della camera delle meraviglie si recupera il meraviglioso della geografia: l’emozione del viaggio di scoperta, lo stupore per la bellezza dei luoghi e delle opere umane, l’ispirazione per la vita degli esseri umani. Inoltre si possono introdurre le categorie e i concetti geografici, porre domande e avviare ragionamenti. Si spiegano i problemi e si immaginano scenari futuri. Si giunge alle categorie analitiche e alle interpretazioni.

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Con i bambini si può lavorare sul paesaggio come camera delle meraviglie.

Si parte da alcuni fotostimoli, intesi come camere delle meraviglie; si raccontano le storie e le funzioni delle wunderkammern. In alternativa si assegna come compito la ricerca di un certo numero di immagini di paesaggi, luoghi da selezionare seguendo il criterio della meraviglia: ciò che genera curiosità, stupore, emozione, voglia di capire. Si presenta ogni immagine e si propone di abbinare un testo in cui si spiega: cosa ha affascinato nell’immagine, quali sono gli elementi più importanti e cosa si vorrebbe sapere di più sul luogo. La presentazione può avvenire durante la lezione, domandando chi condivide l’idea di meraviglia abbinata alle immagini e chiedendo di verbalizzare quali elementi suscitano meraviglia. Così si attiva l’aspetto sociale dell’apprendimento. L’insegnante può selezionare una serie di immagini, suggerendo un ordine di categorie e di concetti. In questo modo si mostra che le categorie sono strumenti simbolici per dare ordine e significato alle cose percepite visivamente. Le categorie sono utilizzate per mostrare connessioni e relazioni tra le cose. Il passaggio finale di interpretazione può generare nuove emozioni e nuovi quesiti, quindi disvelare nuove connessioni.

I bambini diventano geografi, che osservano tutto ciò che riguarda l’ambiente e le attività umane sul pianeta, selezionano ciò che sembra più rilevante, cercano di dare un ordine alle cose e di trovare spiegazioni individuando relazioni e connessioni.

Nella scuola si lavora sull’analisi geografica con un insieme di categorie e concetti. I concetti di base sulla natura sono: litosfera, atmosfera, idrosfera, morfologia (montagna, collina, pianura, costa, isola), idrografia (oceano, mare, fiume, lago, ghiacciaio), clima (fattori del clima, ambienti), biosfera (vegetazione, animali, suolo). I concetti di base sull’umanità sono: antroposfera e popolazione, città e campagna, insediamenti, trasporti e vie di comunicazione, agricoltura, industria e commercio, le quattro categorie generali di economia, società, cultura, politica. Si ragiona sulle relazioni tra il sistema Terra e il sistema uomo e si introducono i concetti di territorio, paesaggio, regione, luogo.

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Per interpretare lo spazio geografico ci si avvale del metodo sistemico: la geografia è il risultato delle interazioni tra l’ambiente naturale e le società umane. L’ecologia studia gli equilibri tra i due sistemi. Se le attività umane sono troppo impattanti alterano i cicli della natura. Il clima del pianeta è in una fase di cambiamento climatico, causato dalle attività umane che rilasciano nell’atmosfera gas a effetto serra. Il riscaldamento intensifica i fenomeni atmosferici violenti, provoca lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari. In alcune regioni il clima può diventare più arido, causando la desertificazione. Gli equilibri degli ecosistemi vengono alterati e molte specie viventi potrebbero non essere in grado di adattarsi a cambiamenti rapidi. I sistemi agricoli si sono adattati ai diversi climi e il loro cambiamento può causare la mancata maturazione, la diffusione di malattie, insetti e animali prima non presenti. Lo scioglimento dei ghiacciai può mettere in crisi l’economia legata al turismo invernale e alle acque di scioglimento usate per l’irrigazione estiva e per le centrali idroelettriche. L’inondazione delle regioni costiere e la desertificazione possono causare migrazioni forzate per cause ambientali.

La meraviglia, i concetti e le relazioni sono riconducibili a tre grandi nuclei didattici: il paesaggio terrestre; l’impatto umano sull’ambiente naturale; la vita umana sulla Terra.

Si introducono due concetti speculari che riguardano la varietà e le differenze: disuguaglianza, aspetto negativo, e diversità, aspetto positivo. La disuguaglianza si riferisce alla povertà, al non accesso alle risorse, alla mancanza di diritti, all’emarginazione e all’esclusione sociale. La diversità è connessa alla biodiversità, alla varietà dei paesaggi, alle diversità culturali.

Al termine delle interpretazioni si torna alla meraviglia: l’educazione geografica deve essere un modo per riavvicinarsi alla natura e al pianeta, per apprezzare la diversità delle culture e delle forme di vita, per immaginare un futuro migliore e più sostenibile.

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L’orientamento

Il concetto di orientamento, in geografia, è spesso limitato al solo significato cartografico, ovvero alla capacità di usare le carte geografiche per spostarsi sulla Terra. Le carte geografiche sono rappresentazioni ridotte, simboliche e approssimate della superficie terrestre.

L’etimologia del termine orientamento fa riferimento al latino òrior, che significa nascere e sorgere, ma anche mettersi in movimento e procedere verso una meta. Sapersi orientare vuole dire situarsi ed essere capaci di muoversi consapevolmente nell’organizzazione antropica del territorio. L’orientamento riguarda la capacità di controllare gli oggetti, elaborarne una rappresentazione mentale e creare un ordine che consenta di conoscere la posizione delle cose e muoversi tra esse.

L’orientamento ha strettamente a che fare con l’intelligenza spaziale, che si applica quando si utilizzano le carte geografiche. Queste sono visualizzazioni che consentono di pensarsi nello spazio geografico e di immaginare un itinerario, ma anche di percepire lo spazio come un’estensione del corpo e della possibilità di vita.

Con i bambini l’apprendimento dell’orientamento avviene all’esterno. Già in passato l’orientamento veniva spiegato all’aperto, rivolgendosi verso nord con le braccia aperte. Il movimento avanti, indietro, a destra, a sinistra permette di orientarsi negli spazi nuovi. Dai concetti topologici si passa ai punti cardinali, cioè i punti di riferimento verso cui muoversi sulla sfera terrestre. Si tratta di una costruzione culturale, originata dalla libertà di movimento della specie umana.

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La teoria delle intelligenze multiple. Intelligenza spaziale

L’intelligenza è la capacità di risolvere problemi o di creare prodotti, che sono apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali. Nella quotidianità solo la combinazione di intelligenze presenti in un individuo reale rende possibile la soluzione di problemi e la creazione di prodotti che abbiano una qualche importanza.

Gardner distingue le intelligenze: linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, personale (il senso del sé).

Le funzioni centrali dell’intelligenza spaziale sono: percepire il mondo visivo con precisione (l’intelligenza spaziale è strettamente connessa al mondo visivo: osservazione), riuscire a ricreare aspetti dell’esperienza visiva (per esempio con il disegno o con l’immaginazione: rappresentazione/orientamento), riuscire a manipolare forme (per esempio a modificare/trasformare uno spazio: progettazione).

L’intelligenza spaziale è legata al mondo concreto, al mondo degli oggetti e della loro posizione nel mondo.

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Piaget afferma che la comprensione senso-motoria dello spazio si sviluppa durante l’infanzia. Il bambino segue le traiettorie degli oggetti e si orienta fra vari luoghi. Successivamente, all’inizio della scuola, il soggetto sviluppa la capacità di valutare come gli oggetti appaiono da un punto di vista diverso. In adolescenza emerge l’idea di spazi astratti e regole formali che governano lo spazio.

La comprensione dell’ambiente spaziale nel bambino si sviluppa gradualmente. Il primo livello è rifare una strada già percorsa. Il secondo livello riguarda l’orientamento in un luogo attraverso punti di riferimento vistosi nel paesaggio. Il terzo livello consiste nel prevedere in quali tipi di cose ci si imbatterà in luoghi in cui non si è mai stati. Il quarto livello concerne la rappresentazione della conoscenza intuitiva della pianta di un luogo (disegno o cartina). Il quinto livello è coordinare la conoscenza di una pianta di un luogo, conseguita attraverso esperienze diverse, in un singolo sistema di riferimento organizzato (per esempio la spiegazione verbale del rapporto tra vari luoghi).

Esempi di applicazioni di abilità spaziali sono: la rappresentazione delle parti del corpo e delle forme del paesaggio in arte, l’orientamento degli Inuit in un ambiente omogeneo con ghiaccio e neve, l’orientamento con le stelle nella navigazione presso le isole dell’Oceano Pacifico.

Predisporre un setting di apprendimento significa gestire la dimensione spaziale.

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Didattica della geografia e cartografia

Si osserva una carta geografica e si ragiona sull’importanza della legenda per studiare l’invasione dell’Ucraina. Si individuano le zone di combattimento, le aree sotto il controllo delle truppe russe, le direttrici di invasione delle truppe russe e le città sotto il controllo russo. Si scopre che la Crimea è stata già annessa alla Russia, ma non è riconosciuta dalla comunità internazionale.

La legenda contiene la trascrizione del linguaggio della carta; i suoi elementi sono ordinati e classificati secondo un criterio di gerarchia per le quantità e verosimiglianza per la qualità. Nella simbologia si differenziano gli oggetti tra loro dissimili e si assimilano gli elementi tra loro simili.

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Si osservano varie rappresentazioni del Monte Bianco e si riflette sulle differenti percezioni: una fotografia, una rappresentazione 3D, uno schizzo cartografico, una carta fisica, una carta turistica. Come per le altre immagini, la conoscenza geografica del territorio definita dalla cartografia è sempre un’interpretazione e una semplificazione della realtà. La rappresentazione cartografica, a differenza dell’arte, parte dalla realtà rappresentandola come modello attraverso la carta, che ne è una sintesi semplificata. La rappresentazione cartografica rappresenta entità geografiche e informazioni geostatistiche mettendole in relazione (anche attraverso l’uso di simboli).

Una carta può essere definita come un’opera di ricostruzione del reale, basata sulle differenze e attuata attraverso l’uso di un linguaggio di tipo analogico, a sua volta oggetto di tentativi di codificazione.

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Farinelli, in La crisi della ragione cartografica (2009), scrive che: “La realtà è il prodotto della sua gestione, e quest’ultima è per la modernità il prodotto dell’espressione geografica, cioè cartografica”.

Dematteis, in Elogio dell’ambiguità cartografica (2010) afferma che: “Benché tutti siano d’accordo nel dire che la mappa non è il territorio è tuttavia diffuso il pregiudizio che le cartografie siano documenti oggettivi, rappresentino cioè in modo univoco certi fatti […] se è vero che la mappa non è il territorio, è anche vero che con il tempo essa lo diventa, in quanto il nostro modo di rappresentarci lo spazio abitato è un agente modellatore potente della sua forma e della sua organizzazione. Far credere che c’è un solo modo di vedere un territorio significa dunque imporne una costruzione conforme alle regole implicite in quella visione”.

La mappa è un modello, una metafora della realtà. L’immagine è potere e veicola non solo informazioni, ma anche significati e linguaggi. La carta è un mezzo di comunicazione, perciò produce idee e interpretazioni mediate da un linguaggio. Il soggetto che produce la carta ha una relativa responsabilità.

Si studiano esempi di come l’efficacia di un sistema cartografico sia relativo all’uso: nel 1154 Al-Idrisi realizza una rappresentazione del Mediterraneo a imitazione delle carte tolemaiche; i popoli di Micronesia, isole Marshall e Tonga creano i mattang, un tipo di cartografia basata sull’osservazione delle correnti e della terraferma. La carta della metropolitana di Londra è una rappresentazione topologica efficace, più vicina alla cartografia della Micronesia che a quella della tradizione europea.

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La carta è sempre rappresentata in scala rispetto alla realtà. La scala opera come il rapporto tra la distanza misurata nel modello e la corrispondente distanza proporzionale misurata nella realtà. Le carte, rapportate alle scale, assumono nomi diversi: topografiche (1:1000-1:10000), topografiche di piccola scala (1:10000-1:150000), corografiche o regionali (1:150000-1:1000000), geografiche (1:1000000-1:25000000), planisferi o mappamondi (oltre 1:25000000). I cartografi non raggiungono pienamente l’accordo intorno alle scale. Esistono alcune carte non in scala, in cui non è possibile prendere le misure: carte topologiche e carte a simboli.

La carta ha un orientamento spaziale, esito della proiezione geografica. Le carte possono essere descrittive (descrivendo ciò che si sa) o analitiche (scoprendo ciò che non si sa). Per orientarsi nelle carte descrittive occorre sapere dove si trova il Nord; nelle carte analitiche il dato stesso rappresentato dipende dall’orientamento (per esempio la carta del livello di irraggiamento solare).

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Una carta rappresenta un linguaggio sviluppato attraverso la presenza integrata di elementi digitali, elementi di rappresentazione discreta, e di elementi analogici, elementi di rappresentazione continua.

In base alla prevalenza della componente digitale o della componente analogica si possono produrre diversi tipi di carte, classificabili in famiglie.

Nelle carte fisiche è prevalente la componente analogica.

Le carte tematiche (simboliche) mostrano una prevalenza della componente digitale; sono classificabili in: carte quantitative (carte a punti, carte di gerarchia, carte a linee o linee gerarchizzate o a isoplete, carte a coroplete, carte per valori assoluti, carte di variazione, carte per dot density, carte a simboli graduati, carte a simboli proporzionati) e carte qualitative (carte a simboli, carte degli usi del suolo, mappe mentali, carte di comunità o carte partecipate, mappe del cuore).

Alcuni tipi particolari di carte hanno caratteristiche sovrapposte alle diverse famiglie. Le carte anamorfiche o metacarte sono carte quantitative che mostrano la topografia distorta in base all’entità del dato rappresentato. Le mappe mentali di tipo lynchiano sono carte qualitative, ma presentano gerarchie di valori nella legenda.

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Le mappe mentali servono a costruire autorappresentazioni del territorio: non il territorio misurato spazialmente o in base a indicatori, ma il territorio vissuto; possono essere di vari tipi.

Le mappe di Lynch sono basate sulla lettura percettiva degli elementi fisici del territorio, associabile a una lettura soggettiva dello spazio definita dall’esperienza personale.

Nel libro L’immagine della città, pubblicato nel 1960, l’urbanista e architetto Lynch crea un metodo di analisi percettiva dei luoghi della città fondato sulla lettura degli elementi riconoscibili di una città e sulla loro interpretazione, che chiama imageability, cioè figurabilità.

Per descrivere lo spazio Lynch si pone una serie di quesiti sulla lettura dello spazio percepito della città: Le diverse forme delle diverse città sono tutte ugualmente leggibili e memorizzabili da parte dei loro abitanti? C’è un legame tra pianta urbana e processi percettivi? Esistono formae urbis che si leggono bene e restano impresse e altre meno leggibili e più confuse che si memorizzano con difficoltà? Esiste un’immagine collettiva pubblica della città, cioè comune a tutti i suoi abitanti? La città è concepita come sistema leggibile, coerente e organizzato in aree definite. La struttura è identificata dai cittadini.

Per effettuare le letture urbane a Boston, Los Angeles e Jersey City Lynch sovrappone due strati di indagine: la mappatura percettiva della città, definita su cinque tipologie spaziali, e le interviste ai cittadini, condotte sulla rilevazione percettiva degli elementi e sui criteri di valore o di disvalore. I cinque elementi dell’analisi lynchiana sono: percorsi, margini, quartieri, nodi, riferimenti.

I percorsi sono le vie abituali od occasionali, linee di riferimento in base a cui localizzare gli altri elementi. Sono differenziabili per il livello di frequentazione, per la dimensione e per il gradiente, ovvero la percezione di un percorso principale rispetto a uno secondario. I percorsi possono anche essere continui (per esempio una grande via con negozi e portici) o discontinui (per esempio una via commerciale, interrotta da un vuoto urbano, che prosegue su un’altra via commerciale con caratteristiche differenti).

I margini sono fratture lineari nel complesso cittadino: spiagge, ferrovie, barriere che bloccano gli spostamenti.

Per alcune persone le barriere possono essere ostacoli percettivi (per esempio un ambito percepito come degradato).

I quartieri sono i settori della città, rappresentano aree urbane più o meno ampie che possiedono caratteristiche uniformi al loro interno. Sono riconosciuti da un confine e da un nome. Sono riconoscibili sia dal loro interno, sia come punto di riferimento esterno per chi effettui determinati spostamenti nei loro pressi. Le caratteristiche che li rendono riconoscibili possono essere sia puramente fisiche per l’unità di stile ed età degli edifici sia per quanto riguarda gli aspetti culturali che si ritrovano al loro interno.

Un nodo rappresenta un punto di particolare concentrazione di determinati eventi spaziali, un fulcro strategico che ogni osservatore può utilizzare perché congiunge percorsi particolarmente importanti. Possono essere dei nodi: incroci di percorsi, intere piazze o aree di diverse forme associate a eventi particolari (come stazioni ferroviarie o mercati).

I riferimenti sono i punti di alta rilevanza per l’orientamento dell’osservatore, punti anche esterni al percorso dell’osservatore facilmente riconoscibili. Non è la sola dimensione o altezza del riferimento a renderlo tale: una qualsiasi qualità (gradevole o sgradevole) posseduta da un oggetto fisico tale da renderlo univocamente riconoscibile può rendere questo oggetto un riferimento o fulcro visivo.

Le mappe di comunità sono basate sulla narrazione dei valori materiali e immateriali radicati nel territorio, condivisi dalla comunità e trasmessi attraverso una rappresentazione evocativa.

Le mappe del cuore sono basate sul significato emotivo, di attaccamento e di valore personale espressi nei luoghi. Spesso, soprattutto con i bambini, diventano dei disegni.

Le mappe coremiche sono basate su schemi, schizzi e disegni concettuali per rappresentare qualitativamente gli elementi strutturali di un territorio, i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce.

Le serial visions sono immagini in sequenza prodotte durante la percezione stessa della città. In relazione agli elementi individuati dall’analisi lynchiana possono fornire un supporto alla lettura degli elementi di valore e di

disvalore. Si può ottenere qualcosa del genere anche con semplici fotografie realizzate secondo un orientamento spaziale e tematico.

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Durante il Laboratorio di Fondamenti e didattica della geografia si costruisce una mappa per conoscere il gruppo. Ciascuno studente disegna se stesso con le proprie passioni. Si costruisce la mappa della classe incollando i disegni su un cartellone appoggiato a terra. Si riconosce una comunità colorata e variegata, costituita da molte identità. Con i bambini si potrebbe realizzare una mappa simile e affrontare la diversità. Si potrebbe ragionare sull’orientamento, sulla riduzione in scala, sulle metacarte o carte tematiche. Si potrebbero costruire istogrammi.

Si potrebbe anche creare una mappa della scuola. Nel corso del Laboratorio ci si suddivide in gruppi e si costruiscono le mappe dell’Università. Si ascoltano le proprie sensazioni ed emozioni. Ci si lascia il tempo necessario per soffermarsi sulle piccole cose del percorso. Si sceglie il punto di vista, tenendo presente che l’assunzione di una prospettiva dall’alto è una competenza da sviluppare gradualmente. Si condividono dei simboli all’interno del gruppo e si crea la legenda. Attraverso l’esperienza si comprende il lavoro dei cartografi. L’attività si lega alla riflessione sulla bellezza degli spazi e insieme si cercano soluzioni per rendere piacevoli i luoghi.

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Il bambino e lo spazio. Per una didattica attiva della geografia a partire dallo spazio vissuto

 

Il ruolo dello spazio vissuto nella vita dell’uomo

Ci si chiede se la geografia è un destino. Ci si interroga sul ruolo che hanno nella vita delle persone i luoghi di nascita, della famiglia, di residenza, dello studio, del lavoro, delle esperienze sociali, dei viaggi. Ci si domanda se la propria vita sarebbe stata diversa se si fosse nati in un altro Stato, in un’altra cultura, in un altro ambiente, in un’altra organizzazione sociale. È diverso essere nati in montagna o in pianura, in un ambiente freddo o in un ambiente caldo, in un’area rurale o in un’area urbana? È diverso crescere in India, in Marocco o negli Stati Uniti, in Piemonte o in Sicilia, a Torino o a Milano e persino alle Vallette o nel quartiere San Salvario a Torino? Le differenze geografiche possono essere identificate anche su distanze minime.

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I luoghi come radici e identità

Hanno un legame geografico con il territorio: le radici familiari (trasmissione di saperi spazializzati, anche a distanza), la memoria emozionale (esperienze vissute, attaccamento, identità), la cultura (religione, lingua, costumi), i cibi e le tradizioni alimentari (ricette, alimenti), le attività economiche, la conoscenza e la percezione dell’ambiente naturale vicino (per esempio il rapporto con il bosco, con il fiume), la conoscenza di pratiche locali di uso delle risorse (il sapere locale).

L’uomo è un essere territoriale: il suo sviluppo, la sua formazione, le sue credenze e la sua personalità sono legate ai luoghi in cui ha vissuto, al rapporto con l’ambiente, la cultura e la società.

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Il bambino e lo spazio

In gravidanza il bambino è già immerso in uno spazio (acquatico) e ha già contatti con il mondo esterno: i suoni (dal quinto mese), i sapori (attraverso il cordone ombelicale).

Dalla nascita ai diciotto mesi il piccolo entra nello spazio aereo, percepisce i confini tra sé e ciò che lo circonda. Inizia la conoscenza dello spazio come sistema di distanze (vicino/lontano) e di grandezze.

Entro i tre anni il bambino acquisisce il senso delle distanze personali e sociali, conosce le caratteristiche dei materiali (per esempio molle, duro, caldo, freddo), delle funzioni (uso e regole degli spazi) e dei simboli (i nomi dei luoghi).

Dai tre ai sei anni il piccolo definisce meglio lo spazio personale rispetto agli spazi sociali. Acquisisce una conoscenza dettagliata dello spazio familiare e di alcuni spazi pubblici e delle regole per chi li frequenta. Inizia la lateralizzazione.

Dai sei ai nove anni il bambino mostra un’apertura sempre maggiore verso la conoscenza di spazi diversi da quelli del vissuto. Rielabora la conoscenza dello spazio vissuto rispetto ai valori e alle funzioni. Sviluppa relazioni emotive molto intense. Completa lo schema corporeo. Si assiste a un primo uso di categorie astratte e di strumenti standardizzati per il controllo dello spazio (carte geografiche).

Da nove a quattordici anni il ragazzino sviluppa un progressivo sviluppo del senso di appartenenza a comunità geografiche più vaste di quella della famiglia e della classe. Si tratta del legame identitario/simbolico con il territorio vicino, con lo Stato e il popolo di appartenenza (per esempio il tifo sportivo per gli atleti nazionali). Percepisce anche un legame di appartenenza con una comunità di destino planetaria.

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La relazione tra i bambini e lo spazio

Lo spazio è organizzato secondo i nomi, le funzioni e i simboli che corrispondono al controllo individuale, familiare e sociale. L’appartenenza è una forma di controllo dello spazio. Attraverso la relazione tra i bambini e la cameretta, la casa, la scuola avviene la costruzione dell’identità personale, familiare e sociale.

Il senso del luogo (che riguarda sia il desiderio sia la conflittualità), i processi affettivi, l’attaccamento identitario, la memoria individuale e collettiva contribuiscono alla costruzione dell’esperienza emozionale e della conoscenza emotiva.

La conoscenza dell’ordine e dei significati che la società attribuisce allo spazio estendendovi il proprio controllo intellettuale, decisionale e operativo (non solo orientamento geometrico, ma orientamento nei valori: trasformazione dell’ambiente, visione della natura, comportamenti relazionali) favorisce la costruzione dell’orientamento come fatto culturale.

Ogni persona ha la sua geografia che è anche (in parte significativa) la geografia della sua famiglia, della società in cui abita e delle relazioni geografiche a scala globale che influenzano il mondo. Un rischio è trasformare la geografia in un mosaico regionale, ma la bellezza delle culture sta nel miscuglio.

Per non trasformare l’identità in un fatto folkloristico e concorrere allo sviluppo delle comunità, è bene educarsi a riconoscere le diversità e la loro evoluzione. Il cambiamento culturale è difficile da attuare, ma è una delle cose più preziose che si possono realizzare come insegnanti.

Nella pratica didattica lo studio della geografia dovrebbe includere il legame di conoscenza tra uomini e luoghi, che si sviluppa a partire dall’esperienza vissuta. Ci si sente attori nel paesaggio.

Per insegnare geografia ogni docente dovrebbe progettare l’insegnamento considerando il territorio come luogo della prima formazione geografica dei bambini. Non si studia il territorio come cosa altra da sé, ma come espressione della propria posizione (cittadinanza) alle diverse scale geografiche. Si studia il proprio collocarsi come individui nella rete di relazioni che definiscono lo spazio vissuto e, contestualmente, anche lo spazio sociale del comune, della regione, della nazione, dello Stato, del continente e del pianeta intero.

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Geografia come sapere formativo

La geografia è una disciplina formativa perché attraverso lo studio dei luoghi: sviluppa e potenzia l’orientamento e l’intelligenza spaziale; contribuisce alla formazione dell’identità individuale e sociale; contribuisce a trasmettere la cultura e i saperi della società in cui si vive, sedimentati attraverso la denominazione, la reificazione e la strutturazione del territorio, basi dell’educazione alla cittadinanza; concorre allo sviluppo di percorsi interculturali e a comprendere i nuovi paesaggi etnici, insegnando a essere cittadini del mondo in base a relazioni di appartenenza transcalare e aprendo a diversi punti di vista; concorre a sviluppare la conoscenza dei principi dello sviluppo sostenibile coniugando, attraverso la sostenibilità del territorio, l’economia, la società e l’ambiente.

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Indicazioni per una didattica che tenga conto della relazione tra i bambini e lo spazio

Si invita a partire sempre dall’esperienza vissuta, che permette di arrivare a comprendere il lontano per analogia. La mente apprende riducendo l’abbondanza della realtà a generalizzazioni molto ampie: categorie, tipologie, simboli.

Si considera l’importanza delle categorie e del linguaggio scientifico, ma non si scollegano queste generalizzazioni dalla dimensione soggettiva che pure contengono. I concetti aprono possibilità di significato. La montagna non è solo un rilievo, ma è uno spazio di vita.

Si tiene sempre in primo piano la complessità dello spazio geografico come prodotto culturale umano: il paesaggio e il territorio sono costruzioni, sono il risultato momentaneo dei processi trasformativi che legano l’uomo e l’ambiente. Come tali, hanno aspetti razionali, ma anche emozionali, coinvolgono tutte le sfere dell’esistenza.

 

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I luoghi come ambienti di apprendimento

Molti luoghi sono utili per l’apprendimento: l’aula (il proprio mondo comincia dove ci si trova); la scuola, poiché corridoi, aule, palestra, servizi, segreteria, cortile sono un mini-territorio (hanno nomi, materiali, funzioni: denominazione, reificazione e strutturazione); il vicino/vissuto, cioè il quartiere, la città (il piccolo centro); i luoghi/ambienti del vissuto e dell’esperienza (il parco, il bosco, l’azienda agricola); i luoghi, gli ambienti, le regioni del lontano (città, ambienti naturali, regioni, Stati, la gran moltitudine di compartimentazioni geografiche del mondo).

Esistono vari strumenti per l’applicazione del sapere nella didattica della geografia. L’osservazione diretta può avvenire attraverso l’uscita sul terreno. L’indagine diretta riguarda testimonianze e interviste. Sono pure importanti lo studio e l’uso consapevole della carta geografica, l’uso del disegno e del testo riflessivo e descrittivo.

Per indagare le relazioni tra uomini e luoghi si possono anche utilizzare testi di narrativa per l’infanzia, immagini, siti web.

A caccia dell’orso, di Michael Rosen è un albo illustrato che presenta una ricerca sonora sugli ambienti. Una famiglia parte alla ricerca dell’orso, attraversa un campo di erba frusciante (svish svush!), un fiume freddo (splash splosh!), una pozza di fango limaccioso (squelch squalch!), un bosco buio e fitto (scric scroc!) e una tempesta di neve che fischia (fìuuuu huuuuuu!); alla fine è l’orso a trovare i protagonisti.

Nero coniglio, di Philippa Leathers, racconta la fuga del protagonista da un enorme e minaccioso coniglio nero alle sue spalle. Coniglio cerca di seminarlo correndo più veloce che mai, ma inutilmente: Nero coniglio lo segue tra gli alberi e nel fiume. Il coniglio, addentrandosi nella foresta fitta e buia, scopre che quando qualcuno o qualcosa fa paura è bello avere un amico alle spalle pronto ad aiutare.

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Le uscite sul terreno

Si svolgono tre uscite sul terreno con finalità educative. Savigliano si mostra una città adatta alle persone che desiderano spostarsi a piedi o in bici. Si individuano spazi in cui le classi di bambini potrebbero sostare. L’esplorazione percettiva del luogo aiuta a viverlo in modo nuovo.

Nella Piazza Vecchia si riflette sulle funzioni di case e portici, che proteggono dagli agenti atmosferici. Nella Piazza Nuova cambia la percezione del luogo, si nota la crescita dei parcheggi. Allontanandosi dal centro storico si vedono villette, capannoni e centri commerciali.

Ci si ferma in un’area vicina al Maira. Si ragiona sui microclimi, che cambiano da una sponda all’altra del fiume. Si riflette sul fiume, che è pieno di segreti: contiene il passato della terra e ospita varie specie. Si scopre l’equiseto, una pianta che è un fossile vivente.

Osservando la distribuzione delle specie vegetali si riconosce la biodiversità e si introduce il nuovo tema della cittadinanza delle piante. Come un albero di Maria Gianferrari, con le illustrazioni di Felicita Sala, è un libro adatto a bambini della scuola primaria che mostra una metafora. Ogni essere umano è come un albero: la colonna vertebrale è il tronco, la pelle è la corteccia, il cuore dà forza e sostegno, come la linfa. Come gli uomini anche gli alberi sono esseri sociali, comunicano tra loro, condividono cibo e risorse, si prendono cura l’uno dell’altro e, quando sono insieme, sono più forti.

Il nome Maira deriva dal piemontese occitano e significa magra.

Dopo l’alluvione, la zona vicina al corso d’acqua è stata riqualificata. Il letto del fiume è uno spazio artificiale, ricreato dagli esseri umani. Avvalendosi del Geoportale Nazionale, si potrebbero mostrare ai bambini le ortofoto delle aree alluvionate. Si avvia un discorso legato al corso d’acqua, che è un’area didatticamente interessante. L’umanità costruisce con le pietre un contenimento, impedendo all’acqua di uscire dagli argini. Il sistema di gestione del corso d’acqua è antropizzato.

Le relazioni tra la comunità umana e l’ambiente sono visibili in molti elementi del paesaggio: il campo sportivo, la bocciofila, il parco giochi.

Camminando si coltiva l’abitudine all’osservazione. Si accoglie l’invito del libro Quattro passi, scritto da Chiara Carminati e illustrato da Massimiliano Tappari, a cogliere i dettagli. I luoghi vicini e abituali possono diventare affascinanti se li si osserva con uno sguardo curioso. Passeggiando con un ritmo rilassato si guardano campanelli, serrature, maniglie e lampioni strani, simboli stradali differenti, cortecce diverse, fiori vari. Si notano somiglianze e differenze tra gli elementi del paesaggio urbano. Si pone anche l’attenzione sulle criticità: panchine rotte, marciapiedi con buchi e si cercano soluzioni. Ci si propone di migliorare la qualità del costruito, specie nelle parti urbane di maggiore degrado o invecchiamento. Per contenere il consumo di suolo, si ipotizza la densificazione del costruito con priorità alla trasformazione delle aree dismesse, con particolare attenzione alla riqualificazione, alla rifunzionalizzazione e alla crescita sull’esistente. Ci si sente cittadini attivi.

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Le mappe dei luoghi di vita

Attraverso le mappe si entra in contatto con l’alterità. Le immagini raccontano storie. Nel confronto con gli altri si fanno emergere gli aspetti positivi dei disegni, senza giudicare. Molte rappresentazioni mostrano i cuori, simboli di affettività. I luoghi d’origine hanno un valore emozionale, soprattutto per i migranti perché il movimento fa emergere il rapporto con i luoghi. Le mappe presentano la casa, il focolare, dove sempre si ritorna, e il cosmo, luogo di esplorazione. Alcuni spazi sono raffigurati attraverso i mezzi di trasporto, le persone, gli oggetti con cui si è in interazione. Nella lettura delle mappe sono importanti sia le cose che ci sono sia quelle che non ci sono. Alcune persone si sentono talmente identificate con i propri luoghi che non ne parlano; ciò accade spesso nel caso degli anziani radicati nel paese dove sono nati e vissuti. Alcuni giovani rappresentano la propria abitazione, ma non la città; probabilmente non è per loro rilevante condividere alcune informazioni. È interessante una mappa che rappresenta sulla superficie terrestre i luoghi in cui lo studente sta bene e sotto la terra i luoghi in cui la persona si sente male; in più, rispetto agli altri disegni, emerge un percorso di rinascita. È curioso un racconto con parole e figure, privo di un centro. Alcune persone rappresentano i luoghi significativi all’interno di un simbolo, per esempio il fiore e il cuore. In molte immagini il centro è evidente: la casa. Sono particolari due mappe: una raffigura un percorso circolare; l’altra rappresenta l’abitazione al centro, circondata da cerchi concentrici lungo i quali sono disegnati altri luoghi della vita. Colpiscono alcune rappresentazioni in cui le persone sembrano porsi come osservatori esterni dei luoghi vissuti, anziché soggetti che legano gli spazi. Una studentessa rappresenta se stessa al centro e motiva la scelta dicendo che è lei a spostarsi tra i luoghi. Uno studente sceglie le fotografie anziché i disegni perché ogni luogo, nella sua mente, corrisponde a un’immagine precisa. La distanza consente di avvicinarsi e riconoscere. Si osservano modi diversi di stare al mondo. È fondamentale accogliere i disegni, senza giudicare.

Riprendendo Martin Luther King: “Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere un’autostrada sii un sentiero. Se non puoi essere il sole sii una stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato a essere. Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita”. Per essere il meglio di ciò che si è e insegnare con passione occorre un continuo e profondo lavoro su se stessi. La costruzione delle mappe dei luoghi di vita fa parte del percorso di scoperta di sé e di ciò che è significativo.

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Studio delle migrazioni. Intercultura

Gli studi più importanti sulle migrazioni in Italia sono effettuati dalla Fondazione Migrantes. Questa fonte, insieme alla Caritas, pubblica ogni anno rapporti dettagliati sull’evoluzione del fenomeno migratorio in Italia.

Sulla Stampa si legge che nel 2014 gli emigranti sono più degli immigrati. La svolta, che è da mettere in relazione alla crisi iniziata nel 2008, si registra fra 2010 e 2011: da allora il numero di espatri aumenta costantemente e il saldo migratorio negativo cresce vistosamente. Tutte le Regioni sono coinvolte nel processo migratorio, ma spicca il dato della Sicilia (713483 residenti all’estero).

Dal 1861 sono emigrati all’estero circa 25 milioni di Italiani: la più numerosa migrazione dell’epoca contemporanea. Tra il 1876 e il 1900 l’esodo ha interessato prevalentemente le Regioni settentrionali, con tre Regioni che da sole hanno fornito il 47% dell’intero contingente migratorio: il Veneto (17,9%), il Friuli Venezia Giulia (16,1%) e il Piemonte (12,5%). Tra il 1880 e il 1925 si è registrata un’inversione di tendenza a sfavore delle Regioni meridionali: su un totale di 16630000 italiani partiti per l’estero, la percentuale degli emigranti settentrionali si è abbassata al 50% (8308000, di cui ben 3632000 veneti), mentre la percentuale degli emigranti meridionali è triplicata, salendo al 39% (6503000 unità).

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Le principali comunità di oriundi italiani nel mondo si trovano in Brasile, Argentina, Stati Uniti, Francia, Canada, Uruguay e Perù. Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) quasi 243000 italiani, di cui il 52,8% per espatrio (ovvero 128193 italiani). E’ uno dei dati presenti nell’edizione 2018 del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Nell’ultimo anno la crescita è stata del +3,3%; considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2%; per l’ultimo quinquennio arriva addirittura a +36,2%.

Il 37,4% di chi parte (quasi 48000 persone) ha tra i 18 e i 34 anni. I giovani adulti, ovvero la classe tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale (poco più di 32000 persone). Un’attenzione a sé meritano le fasce di età più mature: nel 2018 l’incidenza è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni (valore assoluto: 14500 circa) e del 7,1% per coloro che hanno dai 65 anni in su (valori assoluti: 5351 persone per la classe 64-74 anni; 2744 per la classe 75-84 anni e poco più di 1000 anziani per chi ha dagli 85 anni in su).

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Alla base dello sviluppo dei comportamenti di stanzialità/migrazione e dei fattori di attrazione/espulsione che generano le spinte migratorie (e le loro conseguenze politiche, sociali e culturali) c’è il movimento. Il movimento può essere considerato come uno dei concetti chiave per l’insegnamento della geografia e per lo sviluppo delle competenze geografiche. Il movimento è la chiave di analisi delle migrazioni. L’analisi geografica delle migrazioni rientra negli studi sulla mobilità e tiene conto di due aspetti: le scale regionali (le regioni vengono trasformate dalle interazioni legate ai movimenti di persone; le migrazioni sono intese come rapporti convolutivi fra luoghi in ogni campo dell’attività umana: economia, società, politica, cultura) e la capacità dei territori di fornire risposte al fenomeno migratorio (i fattori di attrazione o di espulsione, le politiche di gestione dei flussi migratori, i rapporti fra i Paesi ricchi e i Paesi poveri, le geografie del controllo, il ruolo dello Stato-nazione).

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Secondo la definizione dell’ONU il migrante è colui che si sposta in un Paese diverso da quello di residenza abituale per un periodo di almeno un anno. Lo status del migrante è in continuo cambiamento e coinvolge traiettorie geografiche multiple. Quella del migrante è una condizione fluida.

Le migrazioni possono essere: interne oppure internazionali (o esterne); circolari o temporanee (per un massimo di tre mesi) o permanenti; regolari oppure irregolari (i clandestini non hanno un’autorizzazione da parte del governo a risiedere nel Paese di destinazione); forzate oppure volontarie. Le migrazioni coatte sono quelle di chi non ha altra scelta che quella di partire. Le migrazioni forzate caratterizzano i rifugiati, i richiedenti asilo e i profughi. La Convenzione di Ginevra del 1951 dichiara che un rifugiato è colui che “avendo il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese”. Il richiedente asilo è l’emigrato che chiede il riconoscimento dello status di rifugiato. Il profugo è colui che lascia il proprio Paese a causa di conflitti o disastri ambientali, ma non ha i requisiti per richiedere un riconoscimento del proprio status. Le migrazioni spontanee sono quelle di chi decide di cambiare la propria residenza per cercare migliori opportunità e condizioni di vita in un’altra città o in un altro stato. Le migrazioni volontarie sono economiche e coinvolgono studenti, lavoratori qualificati o poco qualificati. A volte è difficile distinguere tra le categorie: i disoccupati e i lavoratori a basso reddito che migrano per migliorare la propria vita e sostenere le proprie famiglie non sono obbligati a partire, ma se non lo fanno la loro esistenza è compromessa dalla povertà e dall’esclusione sociale.

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Le teorie push and pull spiegano le migrazioni. I fattori di espulsione sono: ricerca di occupazione, condizioni di vita disagiate, catastrofi ambientali, insicurezza sociale e politica, conflitti, persecuzioni. I fattori di attrazione sono: migliori prospettive occupazionali, migliore qualità della vita, sicurezza ambientale, sicurezza sociale e politica, presenza di riferimenti culturali (lingua, religione), presenza di riferimenti sociali (comunità etniche). Gli effetti negativi sui Paesi e luoghi di partenza sono: la perdita di forza lavoro giovane, la perdita di capacità di innovazione (è il caso della fuga di cervelli). Sui Paesi e luoghi di partenza vi sono anche effetti positivi: le migrazioni rappresentano una valvola di sfogo per l’eccesso di popolazione, le rimesse sono una risorsa economica. I principali effetti negativi sui Paesi e luoghi di arrivo sono le tensioni sociali. Nei Paesi e luoghi di arrivo i migranti forniscono manodopera a basso costo e arricchimento culturale.

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Le motivazioni sottostanti all’emigrazione si riconducono alla struttura di opportunità che si presenta ai migranti. Tali opportunità hanno una base relazionale: la decisione di partire è influenzata dai flussi informativi alimentati da chi ha compiuto tale scelta in precedenza. I comportamenti dei migranti nel Paese di accoglienza e la percezione della propria eticità riguardano il network in cui i migranti si inseriscono quando arrivano a destinazione.

Le teorie delle reti di migranti sostengono che gli immigrati si sentirebbero totalmente disorientati se non trovassero nel Paese di arrivo alcuni punti fermi di identità rispetto alla propria vita passata. Gli immigrati trovano riferimenti tra coloro che appartengono al loro gruppo o alla loro nazionalità e che li hanno preceduti. Quasi sempre arrivano presso amici; spesso sono loro a ospitarli finché non trovano un lavoro. I legami di amicizia o parentela sono legami forti.

Tra il Paese d’origine e quello di destinazione vi sono legami basati su reti culturali, economiche, politiche e sociali. I legami basati su una cultura o su un’etnia comuni oppure derivanti dalle passate esperienze lavorative o da conoscenti sono legami deboli. L’uso dei legami deboli dipende dallo status dei soggetti. La ricerca di lavoro da parte delle persone di ceto basso passa prevalentemente da legami forti; ciò genera informazioni ridondanti e riduzione della mobilità sociale. I legami deboli sono più efficaci nella ricerca di un posto di lavoro poiché veicolano informazioni maggiori e diversificate; inoltre danno la possibilità di trovare lavoro diverso da quello dei propri familiari, aumentando il proprio status sociale.

Oltre alle reti sociali, vi sono altri tipi di reti, legali o illegali, che coinvolgono un’ampia gamma di attori: i grandi datori di lavoro, le agenzie di subappalto, i governi, le agenzie di reclutamento privato, i contrabbandieri e i trafficanti. Il contrabbando concerne il traffico di esseri umani e ha luogo quando qualcuno viene trasportato illegalmente (a piedi oppure con camion, barche) attraverso le frontiere internazionali. Il compenso è pagato direttamente dal migrante al trafficante. È un’ operazione al fine di lucro. Il traffico ha a che fare con l’importazione di schiavi. Si tratta di un’attività commerciale; porta con sé il peso di un debito e comporta un lavoro forzato dopo la migrazione, spesso per saldare il debito con il trafficante.

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Sempre più frequentemente lo spazio vissuto riporta all’azione trasformatrice legata alle migrazioni e alle relazioni e influenze connesse ai processi migratori. I nodi dei flussi migratori sono anche luoghi reali e complessi (città, quartieri, villaggi) nei quali i migranti crescono, trovano casa, affrontano discriminazioni razziali, crescono figli, creano comunità. La contesa spaziale per il territorio entra prepotentemente in gioco anche nello spazio vissuto dei migranti, ha a che vedere con l’inclusione e la cittadinanza e riguarda il processo sociale e culturale di costruzione di nuove forme di territorialità.

Il Piemonte è la sesta Regione per numero di cittadini cinesi. In tutte le province della Regione risiedono cittadini cinesi, i quali si sono inseriti nei locali mercati del lavoro e ne hanno modificato la composizione. La caratteristica della comunità cinese di Torino è che l’80% proviene da una zona specifica: la cittadina di Yuhu, in cui il cognome più diffuso è HU; ciò spiega perché molti hanno questo cognome. I comuni di Barge e Bagnolo Piemonte sono due importanti centri di estrazione e lavorazione della pietra di Luserna e dei graniti del monte Bracco. Questo settore è stato lentamente abbandonato dai giovani italiani e il lavoro è stato raccolto dalla manodopera cinese. Oggi i Cinesi rappresentano il 64% della popolazione straniera. I Cinesi di Barge e Bagnolo sono prevalentemente provenienti dallo stesso distretto rurale di Wencheng, vicino alla città di Wenzhou, nella provincia dello Zhejiang; altri provengono dalla regione del Fujiang.

L’alimentazione cambia il senso del luogo ed è segno delle sue relazioni geografiche. Il mais viene domesticato in Centro America e introdotto in Europa solo nel 1500. Tanto che all’inizio viene chiamato “grano turco” (turco

come sinonimo di straniero). La polenta, prima che un piatto tipico, è stata un piatto esotico, quello che oggi chiameremmo un piatto etnico. Anche il pomodoro è domesticato in Centro America e viene diffuso in Europa dagli Spagnoli come pianta ornamentale. Nel Settecento si diffonde nel Sud Italia. Negli anni Cinquanta del Novecento, a Torino, la pastasciutta al pomodoro è ancora un piatto etnico perché i piemontesi mangiano il minestrone. Il doner kebab viene inventato a Berlino da un immigrato turco nel 1972. Molti pensano sia arabo, invece è turco-tedesco. In Spagna si chiama insalata piemontese quella che in Piemonte è definita insalata russa.

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L’Italia è un Paese multiculturale fin dalla sua evoluzione storica. I popoli preromani che abitarono l’Italia provengono da un’area geografica amplissima; in parte sono popoli nomadi di origine asiatica (indoeuropea). Nell’Età del Bronzo (4000 anni fa) le popolazioni di ceppo indoeuropeo si spostarono in Italia dall’Europa orientale e centrale in varie ondate migratorie. Essi si affiancarono, sovrapposero o mescolarono a etnie già presenti nell’attuale territorio italiano. I Bruzi (Italici) popolavano la Calabria settentrionale, parlavano l’osco ed erano nomadi. Gli Enotri vivevano in Calabria e in Basilicata, provenivano dalla penisola balcanica. I Camuni vivevano nell’Italia nord occidentale. Gli Etruschi vivevano nell’Italia centro orientale, la loro origine è incerta. Il popolo dei Latini è quello più conosciuto perché diede vita alla civiltà dei Romani. I Bagenni, i Salassi e i Taurini erano in Piemonte. I Liguri hanno sempre abitato in Italia. I Villanoviani, già nel 2.000 a.C., vivevano nella Pianura Padana. I Sardi sapevano lavorare il bronzo. Gli Apuli occupavano la Puglia. Negli ultimi 2000 anni le popolazioni italiane sono state caratterizzate da interazioni multiculturali: Greci, Fenici, Cartaginesi, Celti, Ostrogoti, Longobardi, Normanni, Bizantini, Carolingi, Arabi, Albanesi, Francesi, Spagnoli, Tedeschi, Americani. A questi popoli si aggiungono le influenze portate dagli Italiani emigrati all’estero e dagli stranieri emigrati in Italia.

La popolazione e la cultura italiana sono il risultato di continui movimenti di persone, movimenti di idee e culture, movimenti di prodotti e di manufatti e in sintesi di continui scambi e interazioni fra luoghi, persone, ambienti e culture a scale diversissime, mai unicamente o prevalentemente a scala nazionale.

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La prima comunità straniera residente in Italia proviene dalla Romania (1 milione di individui). Vi sono poi le comunità marocchina e albanese (500000 individui ciascuna). A grande distanza sei collettività con una popolazione compresa tra i 100000 e i 300000 individui (Cina, Ucraina, Filippine, Polonia, Moldavia, Tunisia). Tutte le altre hanno una popolazione inferiore a 100000 persone.

L’Italia è un Paese storicamente e geograficamente multiculturale. I movimenti interculturali sono una costante che dall’inizio del popolamento dell’Italia ha prodotto la società, l’economia e la cultura attuale del Paese.

La multiculturalità è un fatto individuale, ogni persona è il risultato di contatti e interazioni con culture diverse. Il movimento è la chiave di lettura dei progetti di vita e delle relazioni interpersonali.

I luoghi e le regioni geografiche svolgono nei processi interculturali un ruolo fondamentale come mediatori culturali. Il movimento è il punto di vista da cui osservare i processi.

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La cultura è una merce di scambio, fondamentale nella costruzione delle identità territoriali come di quelle individuali. Il concetto di cultura è sfumato e dinamico. La cultura non è un destino, ma un campo d’azione sempre aperto. A ogni incontro la persona riproduce i significati della propria cultura e li condivide con quelli dell’interlocutore, uscendo trasformato da questa esperienza di interazione. La cultura è un recinto aperto: ciascuno nasce all’interno di una cornice culturale, ma dal recinto si può entrare e uscire dando vita a nuovi incontri. Poiché esistono differenti modi di stare al mondo si genera una cultura plurale e permeabile.

Abdullahi Ahmed, nel suo libro Lo sguardo avanti, riflette sull’integrazione: “La vera sfida è l’interazione senza la G”. Per costruire uno spazio di convivenza è bene interagire e riconoscersi in balìa di destini comuni. L’umanità deve trovare il modo di stare insieme. L’interazione riguarda tutti, chi sta e chi si muove, nella vita delle città, nelle politiche locali, nazionali e internazionali.

 

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Anna ed Elena Granata, in Teen Immigration, descrivono la grande migrazione dei ragazzini che negli ultimi anni sono sbarcati in Italia. Poco più che bambini si sono messi in viaggio da soli dall’Africa dell’Est, dal Maghreb e dal Corno d’Africa. La generazione della Teen Immigration è vulnerabile e caratterizzata da: un’infanzia difficile, troppo breve, un viaggio traumatico che toglie ogni ingenuità e speranza, un futuro con tratti incerti. I ragazzini si sono messi in movimento con straordinario coraggio e con il desiderio di migliorare le loro vite, portano con sé risorse eccezionali. La scuola è il luogo dove far fiorire le qualità. Nell’ambiente educativo i bambini e i ragazzi possono rielaborare con adulti e coetanei lo shock della differenza culturale, misurarsi con pensieri a cui non sono abituati. Per quanto concerne le competenze linguistiche, il viaggio amplia la capacità dei ragazzi di adattarsi, di apprendere nuovi stili di vita e anche nuove lingue. Riguardo alle competenze logiche, non importa se i ragazzi hanno avuto poca dimestichezza con i numeri e la matematica; con strumenti adeguati è possibile superare gap formativi e suscitare le abilità.

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A scuola la pluralità e l’eterogeneità possono diventare risorse educative. Occorre stabilire una relazione intersoggettiva che guarda agli individui come produttori di cultura. Citando Daniel Pennac: “Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia”. Nella diversificazione culturale che caratterizza il mondo contemporaneo l’ambizione non può essere quella di diventare esperti di culture, ma di riconoscere le persone e la complessità delle loro vite.

Occorre spostare l’attenzione educativa da una visione tassonomica, naturalizzante, fissa (che pone l’attenzione sui luoghi come individualità stabili) a una visione relazionale, interattiva, coevolutiva, in movimento (che pone l’attenzione sui luoghi come risultati delle relazioni che li attraversano).

Per diventare veri cittadini è importante conoscere il passato della società in cui si vive e contribuire a crearne il futuro. I bambini possono fare qualcosa di concreto per la comunità, al fine di renderla un posto migliore e più gentile per tutti.

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Un connubio arricchente

Per riflettere con i bambini sull’intercultura ci si può avvalere della letteratura per l’infanzia.

Piccolo blu e piccolo giallo, di Leo Lionni, è un albo illustrato che racconta la storia di un’amicizia. Piccolo blu e piccolo giallo si abbracciano così forte che diventano verdi. Le persone che più li amano non riescono ad andare oltre il loro colore e a capire che sono sempre gli stessi. I due amici scoppiano in lacrime e, piangendo, si sfaldano; diventano loro stessi tante piccole lacrime gialle e blu. Quando si ricompongono ritornano nei loro corpi. I genitori li riconoscono e capiscono cosa era successo. Le ultime pagine mostrano gli abbracci tra grandi e piccoli, le fusioni che si creano entrando in contatto.

Raccontami chi ero è una raccolta di miti e leggende da Tunisia, Slovacchia, Senegal, Kurdistan, Slovenia, Burkìna Faso, Colombia, Grecia, Nord-America, Ucraina, Giappone, Ungheria, Italia, Angola. Scrittori e illustratori di culture diverse e lontane si uniscono e formano un albo prezioso, un esempio di educazione all’immagine e al valore della differenza.

Cosa c’è nella tua valigia, di Chris Naylor-Ballesteros, è un libro sulla gentilezza e sull’accoglienza.

Sole e mare, di Fuad Aziz, affronta il tema della guerra con delicatezza. La protagonista è Amina, una bambina che trova tra le macerie un appiglio alla vita.

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La poesia è preziosa per sfiorare le emozioni contrastanti che emergono quando si affrontano la diversità e la guerra. Si tratta di un espediente che consente di trattare temi forti aprendo il cuore.

Si riporta I bambini trasparenti, di Caterina Trombetti. La poesia fa parte della raccolta intitolata proprio Incontro, che è ciò a cui si aspira. Gli insegnanti desiderano che gli alunni si sentano parte della natura e incontrino gli altri esseri umani. L’Incontro nasce dalla collaborazione della poetessa con il compositore Giovanni Pecchioli, è un libro in cui la poesia e la musica si incontrano.

Se è vero che: “Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso” (Mahatma Gandhi), il connubio di geografia e letteratura è arricchente. Ai bambini sono offerte occasioni per confrontarsi e per vivere esperienze nuove, sono proposti modi di guardare se stessi e gli altri, di porre in relazione fatti personali e generali. Si sviluppano abilità necessarie per vivere nel mondo civilizzato e realizzarsi come individui, per partecipare in modo informato e attivo alla società.

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Dal punto di vista della geografia by Alice Negro - Illustrated by Alice Negro - Ourboox.com

Il mio spazio nel mondo

 

I bambini, le bambine e lo spazio geografico

I luoghi di vita giocano un ruolo importante nel destino di ogni persona. Il destino geografico è un insieme di condizioni che possono rappresentare opportunità e risorse per lo sviluppo dei progetti di vita, ma anche ostacoli e deprivazioni che limitano le libertà. Si tratta di situazioni con cui gli esseri umani si trovano a convivere, ma che possono cambiare in base alle loro scelte. L’educazione geografica è volta a sviluppare la capacità di pensare, progettare e cambiare la propria esistenza in relazione a quella degli spazi e delle comunità con cui si è a contatto.

Il tema del legame con i luoghi della propria vita stabilisce un collegamento tra spazio vissuto e autobiografia. I primi abiti che si indossano, i primi cibi che si mangiano, la prima lingua che si apprende, la prima religione che si conosce dipendono da dove si nasce. La consapevolezza del ruolo dei luoghi nella propria vita consente di includerli nei propri progetti. Le esistenze si collocano in un tessuto sociale e spaziale di relazioni che connettono persone e luoghi dalla scala locale a quella globale.

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Venire al mondo è un’esperienza che pone nello spazio. I bambini a tre mesi colgono le forme, a quattro-cinque mesi intuiscono le grandezze e a sei mesi la profondità. Entro i tre anni i bambini possiedono un proprio senso degli spazi personali e sociali, distinguono alcune caratteristiche dei materiali, prendono consapevolezza degli usi e delle regole degli spazi, dei nomi e delle funzioni dei luoghi. L’ingresso nel mondo dà inizio al processo di separazione dalla madre e allo sviluppo dell’identità. La relazione con lo spazio si configura come il motore di un’evoluzione cognitiva. L’apprendimento avviene attraverso l’interazione sociale con gli adulti e con gli strumenti della cultura in cui i bambini si trovano immersi. I processi mentali hanno un fondamento sociale e si sviluppano in relazione alla cultura umana, ai suoi simboli e ai suoi artefatti. Nella costruzione della conoscenza geografica si individuano tre passaggi: uscita sul terreno e osservazione diretta, elaborazione di mappe mentali e creazione del disegno cartografico, descrizione e interpretazione attraverso il linguaggio geografico. L’esperienza spaziale nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria è essenziale per lo sviluppo della personalità e delle competenze corporee, emozionali e cognitive. A otto-nove anni i bambini completano lo schema corporeo, si avviano al pensiero astratto e al ragionamento ipotetico-deduttivo. La geografia accompagna tali passaggi senza perdere di vista la relazione con lo spazio vissuto. Gli alunni sono condotti gradualmente a contatto con la realtà attuale della vita contemporanea e sono preparati a conoscere le cose del mondo.

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Il riconoscimento dei valori della dimensione spaziale rimanda al concetto di orientamento. Sapersi orientare significa sapersi situare e muovere consapevolmente nel territorio, concependo lo spazio geografico come prodotto culturale della specie umana, come struttura sociale, economica e politica in cui dispiegare i progetti di vita. L’orientamento coinvolge non solo le posizioni, ma anche la dinamicità delle esperienze e la pluralità di possibilità che i luoghi presentano. Orientarsi richiede un elevato coinvolgimento cognitivo.

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L’intelligenza spaziale è legata alla dimensione concreta, agli oggetti e alla loro posizione. Le sue funzioni principali sono: la percezione precisa del mondo visivo, la capacità di ricreare aspetti dell’esperienza visiva, la capacità di manipolare forme. Un trittico che in geografia si traduce nei seguenti compiti: l’osservazione diretta, la rappresentazione (descrizione, rappresentazione visuale, cartografia, modellizzazione, sviluppo del concetto di paesaggio), la progettazione, la trasformazione e la strutturazione materiale del territorio. L’intelligenza spaziale è alla base delle competenze geografiche.

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La geografia potrebbe essere praticata come percorso di apprendimento dello spazio vissuto. Questo approccio permette di comprendere il proprio rapporto con la dimensione spaziale, con la società e la cultura umana attraverso il territorio. La territorializzazione è il processo attraverso cui le comunità umane prendono possesso materiale e culturale dello spazio fisico, trasformandolo in base ai propri progetti e rendendolo uno spazio di vita dell’umanità. Il processo di appropriazione comprende tre tappe: la reificazione, cioè il controllo materiale, la trasformazione delle risorse in opere; la strutturazione, ossia il controllo organizzativo e funzionale; la denominazione, ovvero il controllo simbolico, che avviene assegnando nomi agli oggetti dello spazio. Il territorio è la dimensione spaziale attraverso cui i bambini si inseriscono nella società, ne conoscono i valori e le questioni, esercitano i propri diritti e i propri doveri, sviluppano idee per le trasformazioni.

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Nei modi di percepire, organizzare e utilizzare gli spazi si distinguono delle geografie di genere. L’identità culturale dei luoghi ha un ruolo formativo, nel senso che riproduce le aspettative della società. Il ruolo di responsabili dei lavori domestici assegnato alle ragazze, diffuso in molte culture, incide in modo restrittivo sulla loro possibilità di esplorare gli spazi pubblici, costruire relazioni, impegnarsi negli studi e in attività redditizie.

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I luoghi sono sistemi complessi entro cui molte varianti entrano in gioco. L’organizzazione degli spazi urbani delimita gli spazi di gioco e di vita sociale, l’accesso ai servizi, il soddisfacimento di diritti quali l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Nelle città si registrano forti condizioni di miseria e di emarginazione. Le aree urbane sono ambienti rischiosi per i bambini, in particolare per la mancanza di sicurezza negli spostamenti. Molti spazi urbani sono riservati agli adulti: le strade, le aree commerciali, gli uffici, i locali non possono essere liberamente esplorati dai bambini. Anche fra le mura domestiche o nelle scuole le città possono essere portatrici di insidie, come episodi di violenza o abuso di sostanze stupefacenti. In molte aree urbane vi sono le questioni del lavoro minorile e del traffico di minori, spesso a fini sessuali. Gli ambienti urbani sono poco salutari per l’infanzia. Nei paesi più sviluppati l’inquinamento, i condizionamenti alimentari e gli stili di vita non adeguati causano patologie respiratorie e obesità. Nei paesi più poveri le carenze nel soddisfacimento dei bisogni di base si abbinano alla scarsa presenza di strutture di prevenzione e assistenza sanitaria. I problemi per l’infanzia negli spazi urbani non devono distogliere l’attenzione da quelli altrettanto rilevanti che si riscontrano negli spazi rurali. In molte aree del mondo abitare in campagna vuole dire trovarsi in condizione di maggiore povertà, minore disponibilità di servizi e minori possibilità di accedere a livelli superiori di istruzione e di assistenza sanitaria. Tuttavia nelle aree rurali i bambini possono godere di maggiori spazi, di una migliore qualità dell’ambiente, di esperienze e tempi di vita più vicini ai loro bisogni. Non esiste uno schema rigido che consenta di affermare a priori che certi spazi di vita siano positivi o negativi per l’infanzia. È importante essere consapevoli dei vissuti spaziali nell’infanzia.

 

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L’educazione geografica

Eratostene di Cirene, il quale introduce il termine geografia con il significato di descrizione della Terra, fa risalire l’inizio della geografia alla narrazione del Mediterraneo di Omero. Il viaggio è inteso come percorso che forma le persone a essere cittadini del mondo. Nell’Ottocento la geografia è introdotta nella scuola per fornire alle classi dirigenti gli strumenti per orientarsi in un pianeta sempre più strettamente interrelato. Dewey afferma l’importanza educativa della geografia per la pace e la cooperazione globale, grazie al contatto che la geografia permette di stabilire con la realtà della vita contemporanea. L’educazione geografica contribuisce ad affrontare le sfide della globalizzazione e del cambiamento climatico, oltre a una nuova strutturazione degli ambienti di apprendimento.

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Una sintesi del dibattito recente sull’educazione geografica può essere ricostruita attraverso i documenti dell’International Geographical Union. L’International Charter on Geographical Education (1992) afferma che la conoscenza geografica serve ad affrontare i cambiamenti degli anni a venire. L’International Declaration on Geographical Education for Cultural Diversity (2000) riconosce l’importanza del sapere geografico per produrre risposte operative alle sfide della global society. La Lucerne Declaration on Geography Education for Sustainable Development (2007) sviluppa il tema del contributo della geografia all’educazione allo sviluppo sostenibile. La geografia forma mentalità aperte e fornisce le basi per la trasformazione sociale. La Dichiarazione di Roma sull’educazione geografica in Europa è firmata in occasione del convegno internazionale EUGEO del 2013. Il documento sostiene il rinnovamento dei curricoli nazionali dei Paesi europei, insistendo sull’importanza della geografia per affrontare le sfide economiche, sociali, ambientali e per l’esercizio della cittadinanza.

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La geografia è educazione al territorio, inteso come spazio di vita e di appartenenza comunitari, come ambiente di apprendimento e mediatore culturale per lo sviluppo di conoscenze, valori e relazioni. Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola primaria e del primo ciclo di istruzione adottano l’educazione al territorio come nucleo fondante del progetto di educazione alla cittadinanza.

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I valori territoriali riguardano le relazioni tra le persone e il loro spazio di vita. Educare ai valori territoriali consente alle persone di pensarsi e relazionarsi in un sistema sociale. Il territorio è un sistema complesso in continua evoluzione e nessuno può arrogarsi il diritto di decidere quali valori debbano valere per tutti, escludendo quelli degli altri. I rapporti sociali del territorio sono intrecciati a contesti sociali, politici, economici e culturali estesi a scale diverse. L’educazione al territorio attraverso i valori territoriali si lega alla tutela dell’ambiente, alla qualità della vita e alla costruzione di una società inclusiva.

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La geografia educa allo sviluppo sostenibile. La Terra non può consumare più risorse di quelle che può rigenerare: per raggiungere tale equilibrio occorre riprogettare i rapporti tra natura, economia e società umana. La sostenibilità è una questione glocale, che riguarda le relazioni e i conflitti tra il livello locale e quello globale. Lo sviluppo sostenibile è orientato al futuro, rispecchia un’idea di pace tra persone e natura e un concetto di giustizia tra generazioni, diverse nazioni e culture del mondo.

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La geografia educa alla cittadinanza. I bambini e le bambine sono cittadini già al momento della loro nascita. La scuola sostiene la loro partecipazione alla vita sociale e politica nelle comunità in cui vivono. Nell’asilo nido e nella scuola dell’infanzia i piccoli scoprono di poter esprimere le proprie intenzionalità negli spazi in cui si svolge la loro vita. Gli spazi sociali possiedono anche un valore collettivo, richiedono regole condivise e possono essere manipolati solo con l’accordo del resto della comunità.

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La geografia educa all’intercultura. Si riconosce e comprende l’abbondanza di segni e di valori culturali presente nei luoghi. Si contrastano gli stereotipi di tipo geografico, etnico e culturale e i pregiudizi verso gli stranieri. Si sviluppano le competenze relazionali, emotive e comunicative per porsi in modo costruttivo di fronte alla diversità e alla pluralità culturale. La sfida interculturale è il riconoscimento dei vantaggi che derivano, per i singoli e per la collettività, da un atteggiamento di apertura verso le alterità.

 

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Un esempio concreto di educazione geografica al territorio è il laboratorio Educare alla montagna, sviluppato come attività del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Torino e come corso di formazione dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia. Si lavora sulla costruzione di relazioni con la montagna a partire da una didattica di tipo esperienziale, che comprende l’immersione nel paesaggio studiato.

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Il sapere geografico

La geografia è lo studio delle relazioni tra uomo, ambiente e società. Il sapere geografico evidenzia le connessioni tra la popolazione, l’ambiente, l’organizzazione politica, le risorse, le attività economiche, le culture, le lingue e le religioni. Lo scenario delle relazioni è lo spazio geografico.

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La geografia spazializza: i linguaggi e i sistemi di rappresentazione della geografia sono un tentativo culturale di controllare lo spazio terrestre; le carte geografiche sono forme di spazializzazione che, visualizzando la distribuzione spaziale, consentono di porsi domande e formulare ipotesi di spiegazione. La geografia connette conoscenze e studi settoriali di discipline diverse che assumono varie connotazioni e, messi in relazione con i luoghi, producono nuove conoscenze. La geografia regionalizza per distinguere le diverse aree della Terra, per confrontarle e collocarle nello spazio a scale diverse. La geografia opera confronti a scale diverse: la transcalarità, cioè il passaggio di scala nell’analisi e nella comparazione degli spazi geografici, consente di comprendere le dinamiche contemporanee del sistema mondo.

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Gli strumenti della ricerca geografica dovrebbero essere utilizzati nella didattica fin dalla scuola dell’infanzia. L’osservazione diretta sul terreno è la via di accesso più ricca allo studio del paesaggio. L’intervista permette di condividere le diverse visioni dello spazio vissuto e avviare percorsi di educazione alla cittadinanza. Le carte geografiche sono indispensabili per localizzare e orientarsi nello spazio. I dati statistici forniscono un’informazione standardizzata su un fenomeno specifico e si rivelano utili per comparare i differenti territori. I documenti visuali sono intesi come documenti da analizzare e da produrre, modi per esprimere i propri punti di vista sui luoghi. La geografia è presente nei disegni per bambini, nella letteratura per l’infanzia, nei cartoni animati. Questo insieme di documenti potrebbe essere utilizzato didatticamente con attività mirate.

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Lo studio regionale è un sistema per suddividere lo spazio terrestre in aree simili, in modo da distinguerle e confrontarle. Le categorie regionali sono importanti per avere un codice comune con cui localizzare temi, fatti e relazioni. Secondo le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione i bambini, al termine della classe quinta della scuola primaria, dovranno aver acquisito il concetto di regione geografica. Nei documenti ministeriali si richiede che gli alunni sappiano utilizzare il concetto di regione geografica, nelle sue varie declinazioni, a partire dal contesto italiano. Distinguere e saper localizzare tipi diversi di regioni è una competenza da sviluppare attraverso lo studio attivo del territorio, il laboratorio, la ricerca e la lettura delle carte geografiche e dei documenti geografici. L’alfabetizzazione regionale serve per imparare a pensare a scale diverse. Al termine della classe quinta della scuola primaria è prevista la conoscenza dei principali paesaggi italiani, europei e mondiali. Uno sguardo alle grandi aggregazioni regionali del mondo è essenziale per collocare spazialmente le notizie e ragionare in modo multiscalare.

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Se la geografia regionale è fondamentale per localizzare e comparare le aree del mosaico geografico, la geografia per temi e problemi è imprescindibile per sviluppare il pensiero geografico e affrontare la complessità del mondo contemporaneo. L’approccio per temi e problemi prende in considerazione la localizzazione solo se questa contribuisce alla comprensione dei fenomeni; pertanto si supera il rischio di ricadere nell’impostazione della geografia elencativa e mnemonica. Ogni tema o problema può essere trattato a scale diverse, mettendo in gioco competenze geografiche legate all’analisi del territorio e dei processi di trasformazione. L’approccio per problemi è legato alle situazioni di vita reale e ne fornisce chiavi interpretative. L’educazione al mondo attuale comprende la capacità di denominare e spiegare i processi in atto che influenzano la società contemporanea.

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Il modello di ricerca-apprendimento basato sui problemi è il più efficace per sviluppare competenze trasferibili in situazioni concrete e nell’insegnamento. La metodologia si articola in varie tappe: definizione del problema e degli obiettivi della ricerca, ricerca della bibliografia, elaborazione delle ipotesi di partenza, raccolta dei dati attraverso metodi di ricerca quantitativi (raccolta e analisi di dati statistici) o qualitativi (approcci visuali, focus group, interviste e osservazione partecipata), costruzione dell’interpretazione geografica dei dati, comunicazione dei risultati. È bene che le conclusioni della ricerca comprendano una riflessione critica sui processi di ricerca.

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La ricerca in educazione geografica e la didattica della geografia sono strettamente interrelate. La ricerca teorica dovrebbe comprendere quanto il sapere geografico possa essere utile nella formazione dei cittadini e la didattica si dovrebbe porre anche come riflessione teorica su una costruzione coerente delle conoscenze. La ricerca dovrebbe orientarsi verso temi e problemi riguardanti l’educazione, la didattica e il rapporto dei bambini con lo spazio geografico. Le innovazioni dovrebbero essere sperimentate sul campo secondo rigorosi criteri scientifici.

 

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La didattica della geografia

La didattica della geografia riguarda una riflessione teorica e metodologica, che comporta la rielaborazione dei saperi disciplinari, volta a studiare il rapporto tra il sapere geografico elaborato dai geografi e quello da insegnare. La didattica disciplinare comprende la comprensione, l’interpretazione e la connessione delle informazioni, la capacità di contestualizzare, l’analisi delle situazioni, l’individuazione di analogie, la capacità di comunicare idee e la risoluzione di problemi. La didattica della geografia opera una mediazione culturale complessa che accompagna i soggetti a costruire il proprio posto nel mondo.

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Le competenze si riferiscono alla combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate ai contesti lavorativi, culturali e sociali. Le competenze geografiche consentono di risolvere problemi complessi in un contesto spazializzato. Ogni competenza è potenzialmente legata alle altre e può richiedere il coinvolgimento di altre competenze interdisciplinari.

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L’insegnamento per competenze valorizza la capacità della geografia di affrontare problemi reali del mondo contemporaneo, coinvolgendo conoscenze, strumenti, metodi e abilità disciplinari in scenari complessi. L’insegnamento della geografia per competenze educa al pensiero critico e a valutare le relazioni tra sistemi umani e sistemi ambientali considerando diversi punti di vista e intenzioni. L’insegnamento della geografia per competenze sviluppa la creatività e l’immaginazione geografica, fondamentali per studiare i luoghi e progettarne le trasformazioni. Le competenze geografiche sono essenziali per stare al mondo come cittadini attivi, responsabili, per pensare alla propria vita come parte della vita di una comunità planetaria.

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Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione presentano un riferimento costante alle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente definite dal Parlamento e dal Consiglio europeo per realizzare la strategia di Lisbona: comunicazione nella madrelingua, comunicazione in lingue straniere, competenza matematica e competenze di base in campo scientifico e tecnologico, competenza digitale, imparare a imparare, competenze sociali e civiche, senso di iniziativa e di imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale. È significativa l’introduzione di un profilo delle competenze dello studente, il quale è al centro dell’azione educativa. È costante l’invito alla costruzione di aggregazioni interdisciplinari flessibili. Per imparare a costruire il proprio posto nel mondo si sviluppano competenze che favoriscono l’inclusione delle persone e l’integrazione delle culture. L’insegnamento si pone in relazione con una comunità educativa, inclusa in una comunità territoriale.

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I campi di esperienza nella scuola dell’infanzia si legano alla geografia nelle attività che hanno a che fare con la spazializzazione, con la conoscenza dei luoghi, con la loro rappresentazione, con la loro trasformazione e con il loro uso. Un aspetto rilevante della riflessione geografica, da aggiungere alla formulazione dei documenti ministeriali, è l’educazione alla consapevolezza delle funzioni, dei limiti, delle risorse, delle diversità e dei condizionamenti che si trovano negli spazi di vita. I traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria concernono l’orientamento, il linguaggio e il lessico geografico, la lettura e l’interpretazione di fonti geografiche, l’interpretazione dei paesaggi, l’analisi dello spazio geografico come sistema territoriale. Gli obiettivi di apprendimento definiti al termine della classe terza e della classe quinta della scuola primaria riguardano l’orientamento, il linguaggio della geo-graficità, il paesaggio, la regione e il sistema territoriale.

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La geografia, come sapere e come sistema di organizzazione del sapere, comprende conoscenze e competenze essenziali per tutte le discipline e per tutti i processi interdisciplinari che ne derivano. Le educazioni sono legate ai luoghi e possono essere concretizzate solo considerando le caratteristiche specifiche dei territori.

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Per l’insegnamento della geografia è efficace il problem based learning, una metodologia di ricerca-azione. L’insegnante propone agli studenti, divisi in gruppi, un problema significativo, collegato alla vita reale. Lo scenario deve essere motivante e coinvolgente, sviluppato in modo tale da consentire l’esperienza attiva della ricerca. Per la valutazione finale si considera l’intero svolgimento del lavoro. Per la comunicazione dei risultati i gruppi possono elaborare suggerimenti su come comportarsi in certe situazioni e ricorrere alle nuove tecnologie. Per la soluzione dei problemi concreti gli alunni mobilitano un ampio ventaglio di competenze geografiche e interdisciplinari.

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Nella scuola dell’infanzia l’educazione spazio-geografica può riguardare un’indagine attiva sullo spazio vissuto. L’insegnante può proporre ai bambini fotografie o dipinti di paesaggi da osservare e descrivere; emerge una prima idea delle relazioni tra il territorio e i suoi abitanti. Il rapporto dei piccoli con l’ambiente è fonte di domande e sviluppo di conoscenze. Attività specifiche possono riguardare l’orientamento spaziale, lavorando sull’osservazione diretta, sulla produzione di immagini e sulla conversazione guidata. È bene insegnare a spazializzare, a interrogarsi sulle relazioni con l’ambiente e sulle caratteristiche che distinguono i luoghi. I bambini sono soggetti attivi, territorializzanti, le cui intenzioni hanno conseguenze concrete nello spazio geografico. Nella scuola primaria si può sviluppare un progetto più sistematico, coinvolgendo gli alunni nella definizione degli obiettivi e delle modalità di realizzazione. Si parte da un problema o da un tema e si circoscrive il territorio oggetto di indagine. La ricerca è proposta come metodo attivo, che avvicina alla riflessione scientifica e permette di sperimentare le competenze geografiche, impiegando i concetti, i metodi e gli strumenti della disciplina.

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Nella scuola primaria la geografia è collegata alla storia e all’educazione civica. La ricerca storica richiede di ordinare gli eventi nello spazio e la ricerca geografica indaga le relazioni spaziali nella loro evoluzione temporale. L’intreccio interdisciplinare più stimolante è quello legato ai temi e ai problemi. Ogni questione, vista secondo una dimensione spaziale e temporale, consente di comprendere diversi punti di vista, confrontare diverse prospettive, comprendere la complessità e l’interdipendenza dei fenomeni. I principali temi della geografia, quali il cambiamento climatico, la globalizzazione, il paesaggio, le migrazioni, hanno una corrispondente trattazione in ambito storico. I principali temi storici, quali il processo di ominazione, la storia del Mediterraneo come regione comune, il colonialismo e le relazioni tra aree geopolitiche, hanno una corrispondente trattazione in campo geografico. Per integrare la prospettiva geografica e la prospettiva storica occorre una solida competenza in entrambe le discipline.

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Geografia attiva. Strumenti e percorsi didattici

L’educazione geografica, per accompagnare alla conoscenza del proprio posto nel mondo, si delinea come un percorso di apprendimento attivo, connesso alla vita reale e ai problemi significativi del mondo contemporaneo. Lo sviluppo del senso di appartenenza ai luoghi è essenziale per lavorare sulla cittadinanza, sull’inclusione e sulla consapevolezza dell’essere nel mondo.

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I disegni di paesaggi presentano molte potenzialità formative per la didattica attiva della geografia. I disegni sono forme di rappresentazioni spazializzate, rielaborazioni di esperienze di osservazione diretta di luoghi. Già nella scuola dell’infanzia gli scarabocchi esprimono l’immaginazione geografica e i legami affettivi con i luoghi, rappresentano le percezioni e i valori relativi ai paesaggi. Nella scuola primaria le mappe mentali dei luoghi sono strumenti importanti per l’orientamento e per la comprensione dell’ordine territoriale. I bambini disegnano o completano semplici mappe informali per rappresentare i luoghi e comunicarne i valori e le funzioni; i disegni di mappe e piante avviano alla cartografia.

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Si potrebbero invitare i bambini a disegnare una mappa con i luoghi più importanti della loro vita. L’attività permette di sviluppare la consapevolezza del legame della propria vita con più luoghi. La propria relazione con i luoghi è emotiva, connessa a vissuti, emozioni e aspettative, e funzionale, legata a regole sociali che normano gli spazi. Ogni luogo vissuto costituisce un’esperienza complessa, legata alla sicurezza personale, all’elaborazione di valori etici ed estetici, al contatto con gli altri e con l’organizzazione sociale e culturale. I bambini parlano dei luoghi che hanno disegnato e contestualizzano spazialmente la loro vita. Si potrebbero invitare i bambini frequentanti gli ultimi anni della scuola primaria a scrivere un testo sui luoghi della loro vita. L’attività di autobiografia porta alla riflessione sull’importanza che i luoghi rivestono nelle esperienze individuali e pone l’attenzione sui vissuti personali. I bambini si sentono legati agli spazi delle comunità di appartenenza, riconoscono la presenza dell’alterità nei propri spazi vissuti, sono educati al contatto interculturale e alla sostenibilità.

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La metodologia della mappa del quartiere è esemplificata da una ricerca che indaga le modalità con cui i bambini percepiscono il quartiere parigino di Batignolles in cui risiedono. Il disegno si rivela un indicatore prezioso in merito all’orientamento e all’intelligenza spaziale. L’intervista abbinata alla visione di fotografie e immagini fa emergere l’importanza della conoscenza multisensoriale. I bambini rappresentano il quartiere come una zona piena di vita, in cui i negozi e la scuola sono presenze significative. La metodologia della mappa del cuore riguarda un percorso didattico sperimentato in alcune scuole torinesi. Le risposte al questionario rivelano che quasi tutti i bambini possiedono un’idea del loro rapporto con la natura e sanno esprimere una riflessione collocandosi in relazione con essa. Tra i luoghi della propria vita sono citati la casa e la scuola, confermandone il ruolo centrale nella formazione. I bambini disegnano la mappa della scuola con espressioni grafiche libere. Emerge uno scenario qualitativo, in cui l’attenzione è posta sulla rilevanza degli spazi e non sulla loro grandezza o posizione rispetto agli spazi adiacenti. I bambini disegnano la mappa del cuore, ossia la rappresentazione dei luoghi più importanti affettivamente. In gran parte dei disegni un ruolo di primo piano è attribuito alla scuola, seguono la propria abitazione e le case dei nonni. Nei luoghi compaiono i bambini con i genitori, i fratelli, i peluche. La correlazione tra luoghi e persone è interessante perché include lo spazio con gli oggetti vissuti nella sfera delle relazioni sociali, esplicitando i legami dei luoghi con la famiglia e la società.

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Uno degli aspetti più importanti della riflessione geografica è il valore sociale del territorio, che include le interazioni umane con l’ambiente e le strutture spaziali con cui esse sono organizzate. Il mio spazio nel mondo è un’attività di didattica della geografia concepita per far comprendere ai bambini che il proprio spazio di vita si inserisce all’interno di comunità umane sempre più ampie, a scale sempre maggiori, fino a considerare l’intero pianeta. Il concetto di transcalarità è reso visibile attraverso la sovrapposizione dei diversi spazi, rappresentati dai bambini mediante cerchi di circonferenze diverse, che rappresentano le aree territoriali, i quali vengono ampliati e sovrapposti. L’attività fa emergere che ogni luogo è parte di altri luoghi e che ogni persona, dal proprio posto di partenza, può entrare in relazione con spazi che arrivano a mettere in relazione tutta l’umanità.

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La metodologia della mappa di cittadinanza è sperimentata nell’ambito di un progetto di arricchimento dell’offerta formativa proposto dall’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia Piemonte. La realizzazione condivisa di una mappa degli spazi vissuti è un percorso educativo volto al riconoscimento dei punti di vista, dei valori, delle criticità e delle idee per la trasformazione del territorio. L’area oggetto di studio dipende dall’età dei bambini coinvolti e dalla realtà territoriale: può essere limitata ai percorsi casa-scuola e agli spazi pubblici del quartiere utilizzati dai bambini o estendersi a parti della città, purché queste abbiano un rapporto con lo spazio percepito dai bambini. Gli strumenti utilizzati sono: l’uscita sul terreno, che permette di sviluppare la mappa mentale del territorio; le immagini e le rappresentazioni rielaborate con i bambini; la scrittura di testi e la produzione di disegni per rappresentare punti dello spazio vissuto; la realizzazione della mappa collettiva, che è il risultato dell’elaborazione comune. La mappa della cittadinanza consente ai bambini di esprimere progettualità nei riguardi degli spazi vissuti, comprendendo la propria responsabilità nella cura e nella trasformazione dei luoghi.

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Tra le nuove tecnologie per la didattica della geografia i GIS sono lo strumento dotato di maggiori potenzialità. Il Geographic Information System comprende i software informatici che permettono di georeferenziare le informazioni, selezionarle, manipolarle e visualizzarle in forma cartografica. L’uso dei GIS insegna a ragionare in modo spazializzato, sviluppa la mappa mentale del territorio, insegna a interpretare le rappresentazioni cartografiche, permette di applicare conoscenze e abilità topografiche, educa a distinguere gli elementi fisici da quelli antropici, sviluppa la capacità di pensare lo spazio geografico a scale diverse, facilita lo sviluppo di progettualità spazializzate, permette di osservare fatti e oggetti geografici da diversi punti di vista, sviluppando nuove conoscenze. Le fonti più accessibili di GIS alle quali gli insegnanti possono accedere liberamente sono il portale cartografico nazionale, i portali cartografici regionali, Google Earth. Uno dei GIS partecipativi di uso libero è Google Maps, con cui si possono creare mappe personalizzate aggiungendovi fotografie e informazioni.

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L’uscita sul terreno è uno dei più noti strumenti per l’insegnamento della geografia. In classe si preparano i bambini all’osservazione, informandoli sugli obiettivi dell’uscita e specificando i dati da rilevare. Per l’orientamento si traccia il percorso che si intende seguire su una carta geografica, individuando la posizione del sito e stabilendo quali strade percorrere. Si mostrano fotografie, riprese video e altri documenti sul territorio da osservare, iniziando a definirne un’interpretazione. Durante l’uscita l’attenzione deve essere posta sull’osservazione diretta e partecipata. Dopo l’uscita si lavora in aula sulla rielaborazione dell’esperienza.

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Lo spazio geografico assume il ruolo di mediatore di conoscenza, ma ciò che rende significative le connessioni è la visione sistemica che il pensiero geografico permette di sviluppare. Un gioco didattico evidenzia le connessioni tra geografia, alimentazione e agricoltura. Le consegne-stimolo suggeriscono di inventare: una ricetta africana, una ricetta del Sud-est asiatico, una ricetta norvegese e una ricetta di una regione o subregione italiana. Le preconoscenze necessarie per elaborare una ricetta geograficamente localizzata sono: saper localizzare le aree geografiche indicate, avere conoscenze sulle aree di produzione dei prodotti agricoli, sulle consuetudini alimentari e sulle eventuali prescrizioni religiose in fatto di alimenti diffuse in certe aree, sui climi e sull’uso dei suoli, su cotture e tradizioni alimentari locali, sulle aree di domesticazione di piante e animali e sulla loro diffusione geografica. Attraverso il macrotema dell’alimentazione si sviluppano percorsi tematici legati all’educazione geografica, all’educazione alimentare, all’educazione allo sviluppo sostenibile e al consumo critico.

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La “Scuola-orchestra”: un modello tra presenza e distanza e presenza

 

I concetti fondanti nella Geografia

Le prime parole della geografia sono simboli con cui l’umanità si è rapportata alla vastità dello spazio geografico, interpretandola e simbolizzandola. I concetti fondanti della geografia non sono però quelli di base, con cui la geografia fisica e la geografia umana indicano le forme del territorio e dell’ambiente. I concetti fondanti sono i binomi attraverso i quali la geografia è diventata linguaggio scientifico. I concetti fondanti consentono di vedere, riconoscere, accogliere, descrivere e interpretare i livelli invisibili dello spazio geografico. I binomi accompagnano gli studenti a intercettare il mutamento, la visione del presente e del futuro e le emozioni attraverso cui gli esseri umani abitano la Terra.

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Ogni discorso geografico deve portare a riconoscere i legami e le criticità della relazione tra società umane e ambiente naturale che, con la loro coevoluzione, trasformano la litosfera, la pedosfera, l’idrosfera, l’atmosfera e la biosfera e cambiano l’antroposfera con l’economia, la cultura, la società e la politica. Il concetto fondante società umane/ambiente naturale illumina i rapporti che sono alla base dei problemi del mondo contemporaneo: cambiamento climatico, crescita della popolazione, migrazioni, inquinamento, disuguaglianze. Per la geografia serve un curricolo che parte dai concetti fondanti per aggregarvi intorno i temi importanti affinché gli studenti possano produrre una propria e cosciente competenza di cittadinanza.

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Lo spazio geografico è la superficie terrestre con le parti aeree e di sottosuolo in cui avvengono le relazioni tra umanità e ambienti naturali. La geografia rientra tra le scienze della complessità e il concetto di sistema è un approccio epistemologico adatto all’insegnamento della disciplina. Il binomio spazio geografico/sistema interessa l’interazione tra elementi umani e naturali nei cicli della natura e nei modi con cui le attività umane si inseriscono in questi processi adattandosi all’ambiente e trasformando le risorse.

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I rapporti tra società umane e ambiente naturale si sviluppano attraverso due modalità: l’adattamento e la trasformazione delle risorse, che è la più straordinaria forma di adattamento da indagare. In un’ottica di educazione alla cittadinanza, il concetto fondante adattamento/risorse dovrebbe far parte del bagaglio culturale degli studenti.

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In geografia l’orientamento ha due significati: uno fisico e uno culturale. L’orientamento fisico è espressione della libertà di movimento sulla sfera terrestre; i corpi si localizzano e si spostano nello spazio geografico grazie a punti di riferimento. L’orientamento culturale riguarda la conoscenza di simboli e credenze che generano appartenenza e identità, i valori che le comunità individuano nei luoghi e nei paesaggi, i legami che gli esseri umani sviluppano con gli spazi vissuti e con le persone con cui interagiscono. Alla luce del binomio orientamento fisico/orientamento culturale la complessità ambientale può essere concepita come risorsa.

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Il concetto di territorio è il cuore che aggrega il curricolo di geografia, è la combinazione di risorse materiali e simboliche capaci di strutturare la vita degli individui e delle società. Mentre il concetto di territorio spiega i processi attraverso i quali le comunità umane si appropriano dell’ambiente terrestre e lo trasformano per abitarlo, quello di regione è un classificatore logico con cui delimitare parti dello spazio geografico in base a una loro caratteristica. La distinzione tra i termini del concetto fondante territorio/regione è importante per la costruzione di una competenza geografica e offre l’opportunità di costruire ponti tra vari argomenti.

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Per la geografia il paesaggio corrisponde a un palinsesto nel quale si riconoscono un quadro ambientale e un insieme di interventi di trasformazione operati dalle comunità umane nel corso del tempo. L’educazione geografica al paesaggio è volta alla costruzione del senso di appartenenza e inclusione sociale, su cui basare la coesione culturale di una comunità locale ed esperienze attive di cittadinanza. Il concetto di luogo comprende il riferimento a questa dimensione sociale e fa emergere una geografia percettiva: il rapporto tra la cultura umana e il luogo coinvolge la trasformazione delle risorse, il legame di appartenenza e le emozioni. Il binomio paesaggio/luogo si integra con la geografia emozionale.

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La spazialità umana include la componente emozionale che lega le persone ai luoghi. Dardel definisce la geograficità come l’insieme delle modalità concrete ed esistenziali attraverso le quali gli esseri umani si relazionano all’ambiente. Il concetto fondante spazialità/emozioni è importante per l’educazione alla cittadinanza, all’ambiente e allo sviluppo sostenibile.

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La localizzazione o posizione delle cose è importante per comprendere il movimento, le relazioni, i flussi, gli scambi, le comunicazioni. Alla localizzazione si legano i concetti di diffusione, che corrisponde al movimento di un fenomeno nello spazio e nel tempo, e distribuzione, che è la posizione delle componenti di un fenomeno nello spazio geografico. Il binomio localizzazione/diffusione è essenziale per permettere ai bambini di sviluppare una mappa mentale, una visione spazializzata dello spazio geografico.

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Le relazioni geografiche sono le connessioni tra diverse caratteristiche del mondo reale, fisico e antropico. A livello scolastico ci si concentra sulle relazioni tra risorse naturali e attività umane, con le loro conseguenze problematiche legate allo sfruttamento eccessivo dei combustibili fossili, all’inquinamento, ai rapporti di potere fra Stati, alle migrazioni economiche, ai paesaggi agricoli e industriali. Per comprendere le relazioni spaziali la geografia si avvale di altri due concetti: l’interazione, che riguarda l’interdipendenza tra due o più oggetti spaziali, e la correlazione, che concerne il modo o la quantità con cui la vicinanza o la distanza tra due fenomeni ha una conseguenza dovuta alla loro posizione relativa nello spazio. Il concetto fondante relazione/interazione dà senso ai luoghi e alla posizione spaziale.

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Il mondo è caratterizzato da continui cicli e spostamenti. Il movimento sta in ogni aspetto della natura ed è anche quello della mobilità umana. La geografia, nel parlare di movimento, si avvale di altri tre concetti: le reti, ossia i percorsi attraversati da ciò che si muove; i nodi, cioè i punti da dove ciò che si sposta parte o dove converge; i flussi, ovvero tutto ciò che si sposta. I flussi di materia, energia, persone, informazioni, idee, prodotti, valori finanziari passano lungo le reti e si dirigono verso i nodi. Spostandosi da un nodo all’altro i flussi percorrono una distanza, esprimibile in misure lineari, in distanza-tempo, in distanza-costo o come distanza percepita. Il binomio movimento/distanza è generativo di un surplus cognitivo.

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Il pensiero geografico si fonda sulla capacità di osservare il mondo a scale diverse. Si tratta non solo di scale cartografiche, cioè le scale di riduzione, ma anche delle dimensioni territoriali alle quali si osservano i fenomeni. Per pensare spazialmente a scale diverse occorrono le rappresentazioni, che sono costruzioni simboliche dello spazio. Comprendere il concetto fondante scala/rappresentazione è una competenza di cittadinanza: educa a pensare che il mondo è come le persone lo osservano e descrivono e a comprendere che, per abitare il pianeta in modo più sostenibile e responsabile, occorre pensarlo e descriverlo in modo diverso.

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Gli esempi per la didattica della Geografia

I concetti fondanti della geografia sono i nuovi punti cardinali per orientarsi nella comprensione del mondo. I binomi servono a orientarsi fisicamente e culturalmente, a pensare criticamente, ad agire attraverso progettualità e azioni. I concetti fondanti aprono nuove prospettive di senso e nuove interpretazioni.

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La didattica della geografia parte dal binomio società umane/ambiente naturale. Solitamente nella classe seconda della scuola primaria si compie un delitto didattico che, sul piano concettuale, apre la strada a concezioni errate. La consegna di distinguere gli elementi naturali dagli elementi antropici porta gli alunni a pensare che la natura e la specie umana siano cose diverse e separate. Il traguardo di competenza a cui accompagnare i bambini è il riconoscimento del rapporto tra società umane e ambiente naturale. Il concetto fondante relazione/interazione entra in gioco per rendere gli studenti consapevoli del fatto che trovare attorno a sé qualcosa di originariamente naturale è difficile. Gli alunni sono accompagnati a riconoscere l’adattamento delle attività umane all’ambiente, che avviene attraverso la trasformazione delle risorse. Attraverso l’adattamento si modifica l’ambiente, ma cambiano anche le comunità umane: si verifica una coevoluzione. Per spezzare il rigido dualismo naturale/antropico si può ragionare distinguendo tre sfumature del concetto di natura e della sua relazione con le attività umane. In un paesaggio si individuano: una natura di primo livello, originaria, non alterata dalle attività umane; una natura di secondo livello, che è il risultato di una trasformazione umana, ma che ha ancora a che fare con la biosfera; una natura di terzo livello, le cui risorse sono state talmente trasformate da renderne difficilmente riconoscibile l’origine. Gli esercizi costruiti sulla pluralità, piuttosto che sulla dualità, insegnano a immaginare il mondo in modo nuovo. Nella scuola primaria il nemico didattico più insidioso è il nozionismo, che riduce la ricchezza dei concetti fondanti a un elenco riduttivo di oggetti geografici, definizioni rigide e localizzazioni. È bene passare dal nozionismo a nuovi modelli di apprendimento e costruzione delle conoscenze. Il sapere è conquistato attraverso un percorso di senso caratterizzato da compiti sfidanti, capaci di aiutare i bambini a sviluppare immagini mentali che possano essere richiamate per favorire rielaborazioni e riapplicazioni in contesti differenti e a distanza di tempo.

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Pensare geograficamente riguarda la capacità di ragionare a scale spaziali diverse. La concettualizzazione del binomio scala/rappresentazione parte dallo spazio locale, che comprende lo spazio vissuto. Si tratta di un micro-territorio: ha nome, forma, confini, regole, materiali con cui è fatto e relazioni con tanti possibili altrove. Il binomio scala/rappresentazione consente agli alunni di comprendere che tutte le scale comprendono anche lo spazio di vita delle persone.

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Affinché i bambini sperimentino la pienezza del pensiero geografico bisogna aiutarli a recuperare l’inquietudine del viaggiatore, la capacità di stupirsi di fronte al paesaggio, con la consapevolezza che lo spazio geografico può ancora essere visto, interpretato e trasformato come fosse la prima volta. Nella classe quinta della scuola primaria si può proporre un’attività intitolata: “La stanza delle meraviglie”. La proposta didattica di presentare il paesaggio come wunderkammer parte dall’idea che si può osservare l’intero spazio geografico come una camera delle meraviglie. Il lavoro dei geografi consiste nel trovare i collegamenti tra gli oggetti che sembrano lì per caso, e che, invece, sono il risultato di connessioni invisibili tra la natura e le attività umane. Si invitano gli alunni a raccogliere fotografie di paesaggi e luoghi che generano curiosità e stupore. Si sfidano i bambini a dare un ordine alle cose e a trovare spiegazioni individuando le relazioni. Lavorare nella camera delle meraviglie consente agli studenti di utilizzare i concetti fondanti della geografia, spiegare i problemi e immaginare scenari futuri per giungere, con una nuova consapevolezza, alle categorie analitiche e alle interpretazioni. Con l’idea della camera delle meraviglie si percepisce la complessità del mondo, si coltivano la creatività e il pensiero critico.

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I concetti fondanti della geografia orientano gli insegnanti nella costruzione di curricoli disciplinari per la promozione delle competenze e forniscono i riferimenti cognitivi del pensiero geografico e del suo linguaggio. Nella didattica della geografia dovrebbero essere sempre presenti tre passaggi: la suggestione, che fa innamorare del mondo; l’analisi, che consente di elaborare modelli e spiegazioni per collegare le cose del mondo e spiegare ciò che accade, la sintesi, che passa alle interpretazioni e permette di conoscere le relazioni e le connessioni tra le cose. I tre passaggi culturali si innervano l’un l’altro. Le prove autentiche di realtà sono continue verifiche e auto-verifiche, dalla struttura agile e breve, che occorre attivare frequentemente in aula. Le prove autentiche sono rispettose del mondo e del linguaggio propri dei bambini, li mettono nella condizione di rielaborare l’apprendimento primario in modo da conferirgli le caratteristiche della competenza. L’esperienza della wunderkammer ha la struttura propria delle prove autentiche (poiché mette i bambini nei panni dei geografi) di realtà (perché richiede agli studenti di misurarsi con una scelta concreta di fotografie, attuata in base a un concetto fondante).

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L’immagine del mondo nella geografia dei bambini. Una ricerca sui materiali scolastici e parascolastici italiani fra Otto e Novecento

 

Il progetto di ricerca e digitalizzazione

 

Il Progetto “Atlanti e manuali di geografia, dal passato di carta al futuro digitale”

Il libro nasce dal progetto di ricerca “Atlanti e manuali di geografia, dal passato di carta al futuro digitale”, finanziato nel 2017 dal Settore Promozione dei beni librari e archivistici, editoria e istituti culturali della Regione Piemonte. Il cuore della ricerca riguarda la catalogazione e digitalizzazione di carte, atlanti, manuali, parascolastica e giochi per l’insegnamento della geografia fra Otto e Novecento. Nell’Ottocento la geografia scolastica ha vissuto una fase di istituzionalizzazione, con il passaggio dalla visione settecentesca, legata alla nomenclatura e all’elencazione degli oggetti geografici, ad approcci innovativi, diversificati nell’impostazione teorica e nella metodologia. La geografia si è poi aperta agli aspetti educativi e valoriali, che le hanno conferito un valore civile e hanno permesso lo sviluppo di nuove competenze formative. Con la riforma Gentile la geografia scolastica è stata ridotta a materia pratica, sapere nozionistico, scollegato nella percezione comune dai valori formativi che le dovrebbero essere collegati.

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La geografia nel patrimonio bibliografico della Fondazione Tancredi di Barolo – Museo della Scuola e del libro per l’Infanzia: manuali, atlanti, carte geografiche, parascolastica, poster, giochi

La ricerca avviene nell’ambito del grande patrimonio della Fondazione Tancredi di Barolo riguardante la geografia. Le carte e gli atlanti raccontano l’evoluzione e, talvolta, la successiva involuzione della didattica. Si tratta di materiali interessanti per individuare come l’Italia veniva rappresentata prima e dopo il 1861 e per ricercare le carte nelle quali la rappresentazione è influenzata da visioni politiche, ideologiche e propagandistiche. Per la didattica della geografia sono preziosi gli atlanti e gli album scolastici che consentivano esercitazioni cartografiche: carte da completare, colorare, copiare e ridisegnare. I poster didattici testimoniano un approccio che si è diffuso negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Sono poster murali con lo scopo di mostrare le informazioni chiave per comprendere la situazione di un Paese o una regione italiana su un tema specifico. I mazzi di carte e i puzzle geografici sono esempi di una visione ludica e visuale dell’apprendimento della geografia. I giochi didattici hanno favorito il successo popolare della geografia, ma l’hanno ridotta a conoscenze mnemoniche, rinforzando l’idea nozionistica del sapere geografico a scapito di quella interpretativa e formativa. La rivista La Geografia per Tutti, diretta da Antonio Ghisleri e pubblicata fra il 1881 e il 1885, ha sostenuto la diffusione democratica del sapere geografico come strumento di cittadinanza.

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Il materiale e le piste di ricerca

 

Piste di ricerca

La geografia è entrata nel sistema scolastico italiano con il Regio Decreto del 1848. Nel Regno di Sardegna la Legge Boncompagni ha posto sotto il controllo dello Stato l’istruzione pubblica e privata e ha introdotto nel programma del corso elementare la descrizione dell’Italia e delle sue divisioni. L’impianto della Legge Boncompagni è poi divenuto quello delle scuole del Regno d’Italia attraverso la Legge Casati, emanata da Vittorio Emanuele II nel 1859. Nel decreto la geografia e la storia nazionale avevano il ruolo primario di insegnare i confini e costruire l’idea di nazione. L’istituzionalizzazione della geografia nelle Università ha accompagnato tale visione educativa della disciplina, che è stata vista da molti uomini del Risorgimento come un mezzo per formare gli italiani e come una conoscenza utile per il controllo del territorio e delle sue risorse. In un mondo in cui i traffici commerciali, i viaggi, le relazioni di ogni tipo fra diverse parti del pianeta aumentavano progressivamente la capacità di orientarsi è divenuta necessaria.

La formazione della geografia come scienza accademica è avvenuta parallelamente alla nascita delle grandi società geografiche e al progressivo aumento della richiesta di conoscenza geografica per formare le future classi dirigenti. La spinta che ha portato la geografia a ottenere le prime cattedre presso le Università è stata motivata dal bisogno di formazione degli insegnanti. La disciplina in formazione ha presentato i fatti geografici come non discutibili e ha trascurato la riflessione su come essi fossero l’espressione dei modi con cui le società umane pensavano lo spazio e lo trasformavano. Ancora oggi parecchi interlocutori concepiscono la geografia come una sintesi di conoscenze acquisite in altre discipline, anziché un campo disciplinare che produce nuove conoscenze. Lo stereotipo di un sapere generale enciclopedico, scarsamente legato allo sviluppo di competenze, è durissimo a morire in Italia.

L’istituzionalizzazione della geografia nell’Università e nella scuola è stata accompagnata dal problema della relazione fra geografia e storia, e quindi dell’autonomia epistemologica della disciplina geografica. La geografia posizionava fiumi, laghi, monti, città, civiltà, lingue, Stati, ma sembrava perdere la capacità di vedere qualcosa di più profondo che collegava i diversi fatti spaziali e che svelava la relazione tra il popolamento umano e la natura. L’enfasi enumerativa ha fatto nascere l’idea che l’interpretazione andasse cercata nella riflessione storica, alla quale la geografia portava dati e fatti territoriali per produrre nuove idee. La nuova nazione era un territorio da controllare cognitivamente e strutturalmente, da educare nel senso della costruzione di una società che in esso si rispecchiava: la geografia si connetteva alla storia nel tentativo di legare lo spazio alle vicende che ne avevano caratterizzato le relazioni e le prospettive unitarie. Si è sviluppata l’editoria di atlanti e atlantini storici, inizialmente legati alla retorica del Risorgimento e poi alle pretese imperialistiche del regime mussoliniano.

La geografia scolastica si è assunta il compito di far conoscere l’Italia agli italiani. Il Paese è costituito da una immensa varietà di luoghi, regioni, paesaggi, ambienti e modi di abitare; la sua bellezza si ritrova negli ambienti naturali, nelle città d’arte, nelle campagne coltivate, sui litorali marini. La meraviglia era mostrata con descrizioni, disegni, fotografie e letture. Negli anni Venti del Novecento si sono diffuse le pubblicazioni parascolastiche di testi e almanacchi regionali, che hanno avuto nella scuola un’ampia diffusione. Le pubblicazioni hanno contribuito allo sviluppo di una corografia popolare che mescolava attività economiche del territorio, storia, cultura locale e fiere. L’attenzione geografica alle diversità e alle specificità di regioni e subregioni coglieva i tratti identitari delle comunità con un atteggiamento curioso e partecipe.

Nella seconda metà dell’Ottocento i nazionalismi crescenti hanno prodotto una domanda di geografia, sollecitata sul piano scolastico, utile a rafforzare l’identità patriottica, e sul piano dell’esplorazione scientifica. L’istituzionalizzazione della geografia è stata negoziata in funzione dei bisogni della nuova nazione e della sua classe politica. I manuali sono stati visti e approvati dal Ministero della Pubblica Istruzione e dai Consigli scolastici provinciali. Fino all’avvento del regime fascista la verifica si limitava a rilevare la coerenza dei libri coi programmi d’insegnamento e non entrava nella sostanza dei contenuti. Tutto è cambiato con la Riforma Gentile e i lavori della Commissione Lombardo-Radice del 1923 e con l’imposizione del libro unico dall’anno scolastico 1930-31. La ricerca degli intrecci tra geografia e politica può proseguire fino a oggi, esplorando le diverse sensibilità ideologiche che hanno attraversato gli anni del dopoguerra, del boom, della crisi e del terrorismo, fino a osservare come negli ultimi anni siano stati approcciati temi politicamente e culturalmente caldi come le migrazioni, la crisi economica, la globalizzazione e i rapporti tra Nord e Sud del mondo.

La cartografia ha avuto un ruolo importante nella rappresentazione del mondo, poiché selezionava ciò che era degno dell’attenzione della geografia. I primi atlanti scolastici, talvolta vere e proprie opere d’arte per la ricchezza delle illustrazioni e i colori aggiunti a mano sulle stampe, hanno avuto un forte impatto sull’immaginario geografico. La carta geografica indicava ciò che era importante sulla superficie del pianeta, le idee sullo spazio geografico e le visioni geopolitiche del tempo, mettendo in scena la sua ambiguità e la sua forza predittiva, capace di stimolare l’immaginazione e la progettualità, fino a indirizzare le trasformazioni territoriali.

La formazione dell’immaginario geografico nella cultura di massa ha avuto un ruolo importante in tutti i mutamenti sociali, culturali ed economici successivi: lo sviluppo del turismo, la percezione delle relazioni internazionali dell’Italia, lo sviluppo del commercio, la considerazione per le vicende coloniali, la considerazione dell’altro e dell’altrove, la comprensione delle questioni ecologiche, la tutela dei beni culturali del paesaggio. La narrazione geografica prodotta dai manuali scolastici ha diffuso suggestioni e rappresentazioni dei luoghi e dei territori capaci di accompagnare la vita delle persone, influenzarne orientamenti e decisioni.

La geografia scolastica comprende saperi e competenze che vanno oltre i confini della disciplina accademica e sono espressione di un dialogo che la geografia scolastica ha intrattenuto con gli sviluppi della scienza pedagogica e con le trasformazioni delle materie scolastiche. I contenuti variano in base alla classe e si sono adattati alle riforme e ai programmi ministeriali. La geografia astronomica era importante nei testi ottocenteschi, poi è stata ridimensionata. Nella geografia fisica la parte più rilevante era occupata dalla geomorfologia, con le forme del rilievo e la distribuzione delle acque dolci e salate, alla quale si è abbinata in modo progressivamente più importante la climatologia, che ha permesso di passare alla vegetazione e alla fauna. Il concetto che ha unito le diverse conoscenze settoriali è il paesaggio, che è il ponte verso la geografia antropica. Nei testi ottocenteschi essa è stata denominata geografia politica. A inizio Novecento è stata accostata alla geografia economica, che si è collegata a una funzione strategica del sapere geografico per lo sviluppo del Paese. Oggi, con il progressivo spazio dato alle questioni ecologiche, la geografia economica si è ulteriormente avvicinata a tematiche quali la giustizia sociale e la sostenibilità dello sviluppo, allontanandosi dalla dimensione descrittiva ed entrando in modo più strutturato nel contesto valoriale dell’educazione geografica.

Fra Otto e Novecento la geografia si è legata alla formazione della cittadinanza, all’apertura del pensiero a scala planetaria, alla comprensione delle diversità e all’indagine delle relazioni tra attività umane e ambiente terrestre. Il percorso di legittimazione culturale come materia educativa ha avuto una frenata con la Riforma Gentile. Nella nuova visione della scuola la geografia cessava di essere una scienza morale e veniva vista sempre più come una scienza pratica, connessa ai bisogni nazionali. Nel frattempo l’educazione geografica era diventata un campo di studio discusso nei grandi convegni geografici internazionali. Nel 1992, al XXVII Congresso Geografico di Washington, l’Unione Geografica Internazionale ha presentato la Carta Internazionale sull’Educazione Geografica.

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L’evoluzione storica della didattica della geografia in Italia attraverso i manuali scolastici. Anticipazioni

per lo sviluppo di uno studio organico

Nel 1788 è stata pubblicata la Geografia dell’Abate Gaultier. Il manuale si sviluppa su tre parti: la prima di nomenclatura, introdotta da domande e risposte, sui principali termini geografici fisici e politici; la seconda regionale, organizzata per continenti; la terza relativa alla cosmografia. Del 1847 è il Corso elementare di Geografia antica e moderna esposto con nuovo metodo dal Signore Letronne. Il nozionismo pressante è stato ripreso nel 1876 con la settima edizione del Manuale di geografia secondo il metodo del Letronne rammodernato colla scorta dei migliori autori: Balbi, Lavallée, Ritter, ecc, e accomodato ai programmi governativi per le Scuole Tecniche e Ginnasiali.

Nel 1856 è stata pubblicata la Piccola Geografia illustrata pei fanciulli. Il piccolo atlante, firmato da Colombetti, propone una didattica della geografia che fa leva sugli aspetti emozionali, sull’immaginazione e sulla curiosità, su momenti pratici e sull’uso di strumenti affascinanti come le carte geografiche.

Nel 1913 Ghisleri rifletteva sulla Geografia generale del globo in relazione con la geografia economica. Balza all’occhio, rispetto ai manuali ottocenteschi, la riduzione della geografia astronomica: occupa il primo capitolo e introduce la sezione su come si costruiscono e si leggono le carte geografiche. Segue lo studio fisico della crosta terrestre. La geologia entra nella narrazione geografica perché permette di elencare le caratteristiche dei diversi minerali e la loro funzione nelle attività umane, ricollegando la geologia alla geografia economica e politica. Alla geografia umana sono riservati i capitoli conclusivi. La trattazione della popolazione include la classificazione delle razze secondo una distinzione unicamente morfologica, basata sulle forme fisiche. Chiude il volume il capitolo sul commercio, a cui Ghisleri assegna un ruolo privilegiato nell’assetto della geografia economica.

Celebre è il manuale di Gribaudi L’Uomo e il suo Regno, uscito nel 1912. Lo spirito ottocentesco del fare la nazione si mescola a un’esaltazione retorica del Bel Paese. Gribaudi invita ad amare la patria e aggiunge considerazioni che legittimano il potere e le sue pratiche. Un segno dell’impronta didattica di Gribaudi è lo spazio dedicato alle letture geografiche. L’autore assegna un ruolo importantissimo alla lettura e alla citazione delle fonti, fra le quali comprende molti geografi della sua epoca, autori letterari e poeti di ogni epoca.

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L’immagine geografica nei materiali scolastici fra Otto e Novecento

 

L’immagine del mondo. Stereotipi, iconemi, narrazioni

Lo stereotipo indica le immagini mentali che ognuno si forma della realtà attraverso fonti indirette, è una generalizzazione ed è frequentemente usato in un’accezione negativa perché riduce la complessità della realtà in modo rigido e semplificato. L’iconema è ciò che la percezione coglie prioritariamente nel paesaggio, fissandolo in immagini che rappresentano l’intera visione. La stessa capacità di catturare un dettaglio che rimanda all’intero senso del luogo che connota uno spazio vissuto, è espressa nelle narrazioni. La tentazione di mostrare l’alterità geografica con immagini estreme è emersa già nei primi testi illustrati, che sono comparsi negli ultimi decenni dell’Ottocento. Nella Geografia Intuitiva Illustrata di Fiandra una sola immagine è dedicata a regioni extraeuropee ed è quella dei pinguini artici cacciati dalle popolazioni locali.

Una rappresentazione che riguarda l’immagine del mondo è quella cartografica. Il planisfero costruisce un’immagine mentale potentissima di ciò che è importante sulla superficie della Terra. Fino agli anni Cinquanta del Novecento le narrazioni scolastiche legittimavano la posizione centrale dell’Europa nelle rappresentazioni. Gli atlanti scolastici non erano uniformi in questa rappresentazione eurocentrica e utilizzavano tipi di proiezione e di raffigurazione molto diversi fra loro. Erano soprattutto i testi a costruire l’immagine dell’Europa al centro del mondo.

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L’immagine dell’Italia. O cari monti del mio paese, valli ridenti, pianure estese

La Canzone della Patria, scritta da Cuman Pertile riassume in una filastrocca la gran parte dell’immagine che la retorica scolastica tendeva a dare dell’Italia. Il testo che la contiene, Piccoli viaggiatori del Cielo, della Terra, del Mare, pubblicato nel 1923, è stato un grandissimo successo editoriale. Il testo individua alcuni aspetti dell’educazione geografica che si ripresentano nei decenni successivi: il riconoscimento della bellezza dei luoghi e dei paesaggi, la curiosità per il viaggio e l’idea che viaggiare serva a conoscere nuove cose e a migliorare se stessi, l’apprezzamento della diversità culturale e l’idea di conoscenza geografica come educazione alla fratellanza e alla pace universale.

Nel disegno formativo della nuova nazione la geografia aveva il compito di far conoscere l’Italia agli italiani, insegnandone i confini, la morfologia, le acque, le regioni, la popolazione, l’economia. Alpi e Appennini si sono guadagnati il ruolo simbolico di strutture collanti dell’immaginario nazionale. Una ricchissima fonte di stereotipi e iconemi sull’Italia di fine Ottocento è il Libro di amena lettura per giovinetti, scritto e dipinto da Botturi e pubblicato nel 1894. L’architettura e il paesaggio diventano il tratto identitario di una nazione che si rappresenta come appena uscita da secoli di dominio e sfruttamento straniero. Dopo la seconda guerra mondiale si sono moltiplicate le pubblicazioni rappresentanti le regioni italiane attraverso carte tematiche, infografiche, giochi e raccolte di figurine. Si sono diffusi gli atlantini con le regioni d’Italia, appena istituite, connotate da icone che ne visualizzavano i principali elementi architettonici, naturali ed economici.

Roggero, geografo e professore all’Accademia Militare di Modena e di Milano, ha scritto numerosi testi e atlanti

scolastici pubblicati presso l’editore Vallardi di Milano. I suoi lavori presentano il richiamo alla bellezza dell’Italia e all’amore patrio. Questo abbinamento simbolico tra la bellezza e l’amore è una connotazione che si è enfatizzata nel passaggio dall’Ottocento al Novecento.

Una figura importantissima nello sviluppo della narrazione nazionale è quella di Arcangelo Ghisleri. Ha fondato varie riviste e in particolare La geografia per tutti, pubblicata dal 1891 al 1895. L’idea di portare la conoscenza geografica al pubblico di lettori più ampio possibile è legata all’idea politica di basare l’educazione civile della nazione sulla conoscenza territoriale del Paese, delle sue province e regioni, dei suoi ambienti, dei suoi paesaggi regionali, dei suoi prodotti, delle sue culture. Il suo Piccolo manuale di geografia storica generale e d’Italia in particolare (1888), cui è seguito il Testo atlante di geografia storica generale e d’Italia in particolare (1892) mostrano il valore dell’educazione geografica attraverso l’insegnamento. L’idea di dare spazio ai rapporti fra la geografia fisica e la storia dell’uomo mirava a rilevare la connessione fra l’ambiente naturale e le vicende umane. Il lavoro di Ghisleri è stato di supporto a molte pubblicazioni di geografia locale, pensate alla scala dei circondari, che negli anni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento hanno reso la geografia scolastica vicina allo spazio locale e alla realtà geografica vissuta dagli alunni delle scuole. La conoscenza della patria veniva considerata necessaria al suo sviluppo e alla sua modernizzazione, al progresso industriale e agricolo, all’inserimento dell’Italia nelle relazioni commerciali internazionali. In questo disegno ideologico rientrava anche la geografia storica, la cui cartografia serviva a rendere riconoscibile la genesi nazionale collegandola all’epoca romana. Nasceva l’idea di un’Italia che guardava al Mediterraneo, all’Africa e all’Asia.

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L’immagine dell’altro. Razze, diversità e orientalismi

La geografia è arrivata alle razze adottando classificazioni sviluppate in ambito antropologico. La geografia scolastica tendeva a riprodurre le classificazioni in modo elencativo, come una curiosità esotica alla quale si abbinava la considerazione sulla superiorità europea rispetto alle altre popolazioni del pianeta.

La narrazione delle diversità razziali è stata presentata nei testi di Comba per la quarta e la quinta classe elementare. I manuali si basano sulle caratteristiche somatiche e non eccedono in valutazioni di aspetto morale o intellettivo. Tuttavia si riferisce che alcuni popoli dell’Africa centrale, dell’Oceania e dell’Asia sono ancora selvaggi.

La pedagogista Brés ha pubblicato Mon Premier Tour du monde, tradotto in Italia come La geografia del bambino. Il libro, illustrato con 214 incisioni e 4 tavole a colori, viene presentato come un modo per dare ai bambini le prime nozioni di geografia, aprendoli a un sentimento di uguaglianza e fraternità. Nonostante le ottime intenzioni, dal testo emerge una semplificazione della diversità culturale e una sottolineatura esotica dell’immagine dell’altro e dell’altrove.

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Torino e il Piemonte: didattica dal vicino al lontano e geografia locale

La provincia di Torino. Saggio di geografia locale, libro pubblicato nel 1875, espone l’innovatività dell’approccio che si basa sulla scala locale. Il testo, senza illustrazioni, è molto complesso per gli alunni frequentanti la terza elementare. L’aspetto geografico fisico è ridotto, mentre si largheggia in vicende e memorie storiche intese a esaltare la dinastia sabauda e il patrimonio artistico della città. La scrittura ritrova una certa vivacità nelle descrizioni delle aree esterne alla città. Fondamentali sono le quattro carte finali, uniche illustrazioni.

Un particolare gruppo di testi di geografia locale è costituito dagli almanacchi regionali, anche denominati sussidiari di cultura regionale e nozioni varie. La collezione della Biblioteca Tancredi di Barolo consta di tredici

pubblicazioni riguardanti il Piemonte o sue subregioni, pubblicate fra 1901 e 1931. Risalgono al 1901 due volumetti di Abba, Le Alpi nostre e il Piemonte e Le Alpi nostre e il Monferrato. I due libri comprendono una parte in comune, Le Alpi, e una parte di subregione, Il Piemonte e Il Monferrato. Le Alpi sono l’elemento di congiunzione, con valore fortificante. I Sussidiari di cultura regionale degli anni Venti si presentavano in forma di almanacchi. Nell’anno scolastico 1924-25, con la riforma del ministro Lombardo Radice, il libro di cultura regionale diventava un sussidio obbligatorio per le scuole elementari. I testi raccontano le vicende regionali, i prodotti dell’agricoltura e dell’industria, la vita locale degli agricoltori nei diversi mesi dell’anno, le fiere, i mercati e le feste più importanti nei diversi luoghi. Non mancano riferimenti dialettali, proverbi, poesie e leggende.

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L’immagine cartografica. La nascita di una nazione e delle sue regioni

Per il neonato Regno d’Italia la cartografia è stata uno strumento importantissimo per costruire e diffondere l’immagine del territorio italiano fra i cittadini. La cartografia è stata probabilmente il principale mezzo usato per affermare e perpetuare il potere del nuovo Stato italiano, il cui profilo cartografico diventava l’icona da associare alla nazione. La geografia proponeva una regionalizzazione del Paese e avviava lo sviluppo di un dibattito sulla sua strutturazione. Nell’Atlantino Popolare, di Roggero, n. 15 Tavole colla Carta della regione, pubblicato da Vallardi intorno al 1920, si univano la questione dei confini e quella delle regioni. I confini naturali d’Italia sono abbinati a quelli informali delle regioni italiane, mentre i confini politici sono resi quasi invisibili. L’ambiguità della rappresentazione suggerisce una visione nazionalista, al centro del dibattito identitario del nuovo Stato.

 

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L’immagine politica e ideologica: colonialismo, virtù territoriali e destino della patria

Il tema dell’immagine politica e ideologica ritorna in molti materiali. Tra la cartografia didattica di epoca fascista non passa inosservata una carta murale del Mare Nostro, il Mediterraneo, pubblicata nel 1942 come supplemento del mensile Guida Toponomastica Visceglia. Un esempio di come nel periodo fascista la cartografia poteva venire utilizzata per propagandare idee con finalità politiche è la Piccola geografia Cartoccino, Parascolastica del Nonno Ebe, che mostra regioni rivendicate a titolo non scientifico. Nella vicenda della cartografia italiana, in particolare di quella scolastica e divulgativa, ha avuto un ruolo di primo piano la famiglia De Agostini. Nel secondo dopoguerra spiccava l’uso di un atlante-omaggio per propagandare il sostegno economico americano all’Italia. L’Atlante delle Regioni d’Italia del 1951 era un dono della missione americana per l’ERP2. Firmato da F. De Agostini, è un esempio di uso della cartografia regionale per far conoscere l’entità degli aiuti americani e tentare di generare negli italiani un senso di rispetto e gratitudine verso gli Stati Uniti.

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Dalla carta al paesaggio: tipi e forme geografiche

Testi e atlanti sono straordinarie fonti iconografiche per fissare gli elementi del paesaggio. L’Atlante Geografico Universale antico e moderno, pubblicato nel 1854 e contenente 56 tavole incise da Bonatti, presenta una straordinaria raffigurazione comparativa dell’altezza dei principali monumenti del tempo. L’Atlante scolastico per la geografia politica e fisica di Adolf, Stieler e Ermanno Berghaus, pubblicato nel 1865 con 47 tavole incise in rame e miniate, mostra la vegetazione rispetto all’altitudine sulle catene montuose delle Ande, delle Alpi e dei Pirenei, della Lapponia. Anche i manuali riportano talvolta illustrazioni riassuntive didatticamente interessanti. Nel manuale di Comba del 1888 si trovano le raffigurazioni delle forme particolari della morfologia presentate in pianta e in prospettiva: una comparazione che facilita la comprensione della forma. Il Nuovo Atlante di geografia fisica politica ed economica, pubblicato da Mori nel 1918, presenta illustrazioni straordinariamente ricche per i tipi del paesaggio.

 

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Letture geografiche, filastrocche, viaggi: una lunga tradizione didattica

L’Albo Geografico e letture di geografia per la Classe IV di Giannitrapani del 1924 lasciava spazio a 14 pagine di antologia letteraria con letture sull’Italia e il mondo. Ricco è il manuale Il 1° anno di Geografia per la classe 3a elementare. Con letture geografiche per le scuole del Piemonte di Roggero, nell’edizione 1929 rielaborata da Bianchi. Il tono delle letture tenta di suscitare lo stupore del lettore ed esalta lo spettacolo della natura. Nel volume di Roggero, rifatto da Bianchi, per la classe 4a elementare le letture si aprono al mondo.

L’uso della filastrocca nei manuali scolastici e parascolastici, al di fuori della parte di italiano, era una metodologia didattica legata alla geografia. All’inizio della trattazione rivestiva il ruolo di introduzione all’argomento affrontato. All’interno del testo sintetizzava le qualità e i valori del territorio alla quale era dedicata.

I Programmi per le Scuole Elementari del 1905 assegnavano ai racconti di viaggio un ruolo significativo, che riguardava le conoscenze geografiche e l’educazione civica. In alcuni manuali il racconto di viaggio si mescolava al tema delle migrazioni degli italiani. Le narrazioni si sviluppavano con un misto di imbarazzo, perché le migrazioni erano originate dall’incapacità dello Stato nell’offrire lavoro a tutti i suoi cittadini, e di orgoglio, per la diffusone degli italiani e della cultura italiana nel mondo.

 

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Il catalogo dei libri, degli atlanti e delle carte

 

Guida ai testi

L’elenco raccoglie i materiali messi a disposizione dalla Fondazione Tancredi di Barolo che sono stati studiati, schedati, inventariati ed elencati. La prima sezione comprende gli atlanti e i testi-atlanti scolastici, è composta da quaranta opere, redatte dal 1840 al 1960. La seconda sezione raccoglie i manuali scolastici, è composta da novantaquattro opere, pubblicate dal 1819 al 1957. La terza sezione raccoglie testi parascolastici, eserciziari, poster didattici, giochi e albi illustrati, è composta da trentasei opere, redatte dal 1894 al 1966. La quarta sezione comprende diciassette carte geografiche, pubblicate fra il1935 e il 1964. L’ultima sezione concerne i cataloghi e include il catalogo Paravia del 1930.

 

 

 

 

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Il catalogo dei libri, degli atlanti e delle carte

 

Guida ai testi

L’elenco raccoglie i materiali messi a disposizione dalla Fondazione Tancredi di Barolo che sono stati studiati, schedati, inventariati ed elencati. La prima sezione comprende gli atlanti e i testi-atlanti scolastici, è composta da quaranta opere, redatte dal 1840 al 1960. La seconda sezione raccoglie i manuali scolastici, è composta da novantaquattro opere, pubblicate dal 1819 al 1957. La terza sezione raccoglie testi parascolastici, eserciziari, poster didattici, giochi e albi illustrati, è composta da trentasei opere, redatte dal 1894 al 1966. La quarta sezione comprende diciassette carte geografiche, pubblicate fra il1935 e il 1964. L’ultima sezione concerne i cataloghi e include il catalogo Paravia del 1930.

 

 

 

 

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