L’Abruzzo regala TANTISSIMI paesaggi tra cui la PIANA DEL FUCINO , una conca appenninica tagliata da strade disposte come il cardo e il decumano delle città Romane.
Un tempo era tutto sommerso da un lago il LAGO DEL FUCINO cioè il 3° lago più grande d’Italia e il parco naturale regionale Sirente-Velino.
A 800 metri di altitudine, si erge CELANO uno dei centri più popolosi dell’intera Marsica dove i pastori si conducevano con i loro greggi verso la puglia.
Qui è nato Tommaso Da Celano
Celano ,oggi, è uno dei più bei borghi Abruzzesi caratterizzato dal castello cioè il CASTELLO PICCOLOMINI che era governato dalla famiglia TORLONIA che con ALESSANDRO TORLONIA fece prosciugare il lago e nel 1878 al posto del lago riemersero 16.000 ettari di TERRE COLTIVABILI dove si producono soprattutto PATATE e CAROTE IGP.
Il regio tratturo Celano-Foggia divenne una delle vie di transumanza più trafficate, lunga 200 km e attraverso Abruzzo, Molise e Puglia.
La TRANSUMANZA è un lungo cammino che i pastori abruzzesi facevano a partire a fine settembre e si rientrava l’8 di maggio che coincide con l’apparizione sul Monte Gargano di San Michele Arcangelo.
La nostalgia per la propria terra d’origine è il motivo ispiratore di questa famosa lirica in cui il poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio rievoca la sua terra ritraendola in uno dei momenti più suggestivi: la transumanza, cioè la migrazione dei pastori che in autunno lasciano i pascoli montani della loro regione e si spostano più a sud, verso le pianure pugliesi, per passare l’inverno.
I PASTORI
“Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti...”
Da millenni gli spostamenti dei pastori e degli animali, sono avvenuti attraverso le lunghe vie ERBOSE chiamate prima tractoria poi tratturi. Le vie armestizie coincidevano con le antiche vie romane. Tutti i dominatori di questi territori , hanno cercato di organizzare la transumanza spontanea dei pastori con una serie di leggi e regolamenti rispondenti a due obiettivi economici: da una parte il sostegno della pastorizia come sistema di produzione di guadagno per armamentari, e tutti coloro che erano collegati alla produzione della lana, dall’altra l’incremento delle entrate pubbliche grazie alle tasse imposte per il passaggio degli animali. Le larghe vie erbose, ben fertilizzate da greggi e armenti, venivano continuamente occupate e coltivate abusivamente dai locali. In seguito alle continue liti tra pastori e agricoltori ed alle loro proteste, le autorità doganali ripristinavano la larghezza dei tratturi mediante operazioni chiamate “reintegre”.
TRATTURELLI, BRACCI E RIPOSI
Alle vie erbose principali erano collegati una serie di tratturelli e di bracci, essi erano finalizzati ai brevi spostamenti interni. Notevole importanza avevano le vaste aree denominate riposi. Erano una sorta di stazioni dove le greggi, il bestiame da lavoro e il personale che le accompagnavano e svolgevano anche importanti mansioni cui partecipava una sperimentata équipe di addetti con compiti attentamente selezionati : erano pastori e pastorecchi, capi massari e sottomassari, casari, butteri con cani da guardia, cavalli, muli, asini. Al vertice della società armentaria era posto il massaro, i cui poteri quasi limitati, lo ponevano al pari del padrone. Buttero e Buttacchieri provvedevano alla custodia ed alla manutenzione generale dei locali di ricovero per i pastori veri e propri o pecorari, ai quali spettava il compito di condurre le greggi al pascolo. Infine nella gerarchia dell’azienda venivano i quatrani, addetti ai lavori più umili della masseria ed alla cura dei cani.
I RIPOSI
I maggiori riposi dislocati lungo i tratturi e situati in aree dove le greggi potevano trovare pascoli.
Alle porte di Celano, nella zona della via Tiburtina Valeria e non distante dall’inizio autostradale della A25, è situata l’area industriale. Molte le aziende che operano nei più disparati settori: industrie artigianali, manifatturiere, carpenteria metallica.
Un ruolo importante è stato svolto dallo zuccherificio (Eridania-Sadam, gruppo Maccaferri) che a Celano, come in gran parte dei siti italiani, ha cessato l’attività per via della riforma europea del 2005 (nota come riforma dell’OCM Zucchero). Di conseguenza anche lo storico e fiorente settore bieticolo-saccarifero marsicano ha cessato di esistere. Con la chiusura della struttura anche la produzione delle barbabietole nel Fucino è inevitabilmente crollata. (ex zuccherificio)
Sono passati 500 anni dalla morte di da vinci. Anche se in molti lo ignorano è bene ricordare che Leonardo
da Vinci, ancor prima che essere un artista, era un ingegnere. Era il maggio del 1499 e Leonardo aveva da
poco terminato la sua permanenza a Milano, dove si era congedato da Ludovico il Moro. Paolo Trivulzio, un
suo amico milanese che faceva il mercante di stoffe, gli propose di accompagnarlo in uno dei suoi viaggi in
Abruzzo, dove l’uomo si recava spesso per acquistare la lana dell’Aquila, all’epoca considerata la più
pregiata sul mercato, tessuta sugli altipiani abruzzesi. Durante quel viaggio Leonardo visitò anche Sulmona,
che qualcuno ha riconosciuto in uno dei bozzetti conservati nella “Royal Collection” di proprietà di sua
maestà la regina Elisabetta II, insieme a dei disegni di montagne in cui si vedono i rilievi montuosi del
Morrone e della Majella, ma anche quelli del Gran Sasso. Tutto ciò si ricollega con Celano dal Codice Lauri,
uno dei tre manoscritti apografi del “Trattato della Pittura” di Leonardo da Vinci, sembra che sia redatto
proprio su carta della cartiera di Celano.
Uno studio recente ha identificato nel disegno conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze un paesaggio con il borgo di Celano affacciato sul lago del Fucino. Il bozzetto, datato 5 agosto 1473 , è conosciuto come il “primo disegno” di Leonardo ritoccato dal maestro con inchiostro differente e realizzato su carta non filigranata di buona qualità. Il bozzetto leonardiano assume un valore particolare di testimonianza del precedente soggiorno di Leonardo in Abruzzo, a Celano e nel Fucino, intrapreso tra luglio e agosto del 1473.
“Secondo la nostra ricostruzione, il luogo da cui Leonardo osservò Celano e il lago del Fucino avrebbe dovuto trovarsi lungo l’itinerario di Ovindoli, direttrice che l’artista dovette percorrere nel suo avvicinamento al bacino lacustre. Il calcolo da noi stabilito, ci ha portati a identificare il costone roccioso su cui l’artista dovette recarsi per prenderne memoria visiva. Fortuna ha voluto che nel luogo da noi identificato, la vegetazione dei rimboschimenti operati in anni recenti, non abbia definitivamente nascosto la vista panoramica sulla cittadina e sulla vasta pianura che sarà, da qui a qualche anno, resa impossibile dalla crescita degli alberi. […]”.
Un altro settore molto importante per l’economia di Celano è
IL TURISMO
Le numerose chiese, i musei e il castello Piccolomini sono le principali attrattive turistiche di Celano, insieme alle bellezze architettoniche del centro storico.
La cittadina castellana è, inoltre, uno dei punti di partenza ideali per i numerosi sentieri naturalistici che la circondano e che per lo più ricadono nell’area protetta del parco naturale regionale Sirente-Velino, come quelli che conducono alle gole di Celano e il sentiero del Grifone che collega Scurcola Marsicana a Celano, attraversando Magliano de’ Marsi, Massa d’Albe e Ovindoli. (castello piccolomini celano)
e per ultimo, ma non per importanza abbiamo il
COMMERCIO
L’area commerciale si trova per lo più sul Piano Regolatore Generale affianco alla zona industriale e commerciale. Il Parco commerciale Le Ginestre che è situato di fronte della via Tiburtina Valeria, è un punto di riferimento per tutta la Marsica orientale e non solo. Numerose sono le aziende ospitate nelle strutture
commerciali. Il settore terziario tradizionale e terziario avanzato è da sempre in piena attività anche grazie al centro storico (centro commerciale le ginestre)
La città di Celano
Il consiglio comunale è un organo collegiale, di indirizzo e controllo politico -amministrativo del comune, formato da un numero di membri, stabilito dalla legge in base al numero dei residenti.
Lo stemma di celano è sormontato da tre stelle e sei punte.
La scritta universitas celani caput marsorum circonda il sigillo.
Gonfalone (grande stemma) drappo partito di rosso e azzurro, ornato di ricami d’oro. I
nclude centralmente lo stemma e gli ornamenti di città sormontata dalla scritta città di celano.
Scopriamo un po’ di storia
Le origini di Celano risalgono all’età del Paleolitico, come testimoniano ritrovamenti storici avvenuti in località antiche. Da dove deriva il nome ci sono teorie incerte, ma probabilmente arriva dal latino “vicus Caelanus” (il villaggio di Celanus). I primi insediamenti si collocano circa 150.000 anni fa nella vasta piana del Fucino da uomini nomadi. Subito dopo con le invasioni barbariche e gli straripamenti del lago il paese si arroccò sul Monte Tino. Secoli dopo, siamo nel 1223 Federico II assedia la città di Celano e nel 1224, Enrico di Morra, sotto ordinazione dell’imperatore, raccoglie più della metà della popolazione e vengono deportati nell’isola di Malta da cui si libereranno poi nel 1227. Celano verrà poi ricostruita nel posto dove adesso si trova il Castello Piccolomini, Colle di San Flaviano. Circa un secolo dopo inizia la costruzione del Castello di Celano e il conte, Pietro Berardi, fa costruire la Chiesa di Sant’Angelo.
Vediamo adesso dal 1392 le dinastie regnanti a Celano
Ricordiamo i Berardi, a cui si attribuisce la costruzione di vari monumenti celebri;
Poi ci furono gli Acclozamora, con i quali riprese la costruzionedel castello completando vari piani…
A sconvolgere la situazione, arrivarono i Piccolomini con un grande contributo architettonico, e in loro onore il castello fu nominato: “Castello Piccolomini”.
1591- i Piccolomini vendono la contea ai Peretti, non applicarono molte innovazioni ma Michele Peretti sul portone del Mastio applica una frase che testimoniava la sua presenza…
Successivamente la contea passò ai Savelli…
Infine, prima dell’abolizione murattiana dei feudi nel 1806, la contea era guidata dagli Sforza-Cesarini e poi Sforza-Cabrera-Bovadilla…
Informazioni tratte dal libro “AI PIEDI del MONTE TINO” del Prof. Angelo Ianni.
IL PROSIUGAMENTO DEL LAGO DEL FUCINO
Lago del Fucino, 3° lago più esteso d’Italia, siamo nella seconda metà del 1800. Il prosciugamento fu tentato più volte, il primo a provarci fu Gaio Giulio Cesare intorno al 40 d.C., ma morì, fu quindi Tiberio Claudio Durso a continuare l’impresa per ben 11 anni completando una galleria che poteva prosciugare parzialmente le acque. Finita questa costruzione si organizzò la naumachia (combattimento navale), e si aprì una diga ma l’acqua non scolo a causa di una frana; cade l’impero Romano. Negli anni saranno molti i tentativi per restaurare le opere claudiane, ricordiamone alcuni: • Federico II di Svevia; • Alfonso I d’Aragona; • Filippo I Colonna, che abbandonò l’idea per mancanza di denaro; • Carlo III di Spagna; • Ferdinando IV re di Napoli;
1852- capitalisti stranieri guidati da Augusto d’Ajour, Enrico Degas e Rodolfo Tortora, conclusero un contratto che gli permetteva il prosciugamento e la proprietà delle terre che saranno poi scoperte. Il Regno delle Due Sicilie, non poteva permettersi queste spese, quindi decisero che l’azione poteva essere compiuta solo da un’impresa privata. questa società fu instaurata il 2 Giugno 1853, con l’intervento della Banca Degas di Napoli e l’interessa di Alessandro Torlonia che diventò poi proprietario. Ricordiamo una sua frase molto celebre:” O io asciugo il Fucino o il Fucino asciuga me.” Torlonia fa costruire l’Emissario Torlonia e il 9 Agosto 1862 l’acqua inizia a scorrere fino al 30 Settembre 1863, abbassando il lago di 4,25 metri.
28 Agosto 1865-30 Aprile 1868: secondo scolo, altri 7,72 metri; 21 Gennaio 1870-21 Gennaio 1873: terzo scolo; 1° ottobre 1878: dichiarazione del prosciugamento del lago del Fucino da Alessandro Torlonia;
Il Brigantaggio
Il generale spagnolo José Borges fu inviato da re Francesco II di Borbone per riconquistare il Regno delle Due Sicilie dopo l’Unità d’Italia.Il piccolo contingente fedele a Borges inizia la ritirata verso il confine pontificio attraverso il Regio Tratturo Celano-Foggia. Egli da Roccaraso attraversa l’altopiano delle Cinquemiglia e scende a Roccavalleoscura (Rocca Pia), Pettorano sul Gizio, lambisce Sulmona e salito la costa Raiano attraversa Goriano Sicoli per arrivare da lì a Forca Caruso. A Forca si dirige sempre camminando lungo il tratturo verso Collarmele, passa sotto Cerchio ed Aielli, e nel territorio di Celano si ferma a mangiare nella taverna di Quatranelle.
La Taverna Anticamente
La taverna anticamente, era di proprietà del cardinal Montalto, all’epoca dei fatti era del duca Francesco Sforza Bovadilla ed era gestita da Pasquale Ranalletta di Celano. Rifocillato il contingente borbonico, acconsentì che il figlio Luigi facesse da guida per raggiungere il prima possibile il confine dello Stato Pontificio. Borges, giunto quasi al confine tra l’Abruzzo e il Lazio, ordinò ai suoi uomini di fare una sosta durante la fredda e nevosa notte tra il 7 e l’8 dicembre 1860 a Sante Marie, presso la cascina Mastroddi, in località La Luppa. Questa decisione si rivelò fatale:il generale e il suo drappello vennero braccati dai bersaglieri sabaudi comandati dal maggiore Enrico Franchini, informati del loro arrivo da alcune persone del posto. Il contingente, ventidue uomini al comando del generale José Borges, oppose una strenua resistenza, vinta soltanto dall’incendio appiccato dai bersaglieri al casolare. Durante lo scontro furono feriti due bersaglieri e rimasero sul terreno. Spagnolo Augustin Lafont y Soler di 49 anni, Vincenzo D’Amato Mastronardi e la guida Luigi Ranalletta di Celano. Sempre Pasquale Ranalletta riferì in un processo per brigantaggio che vicino la sua taverna furono ammazzate a colpi di ascia due persone probabilmente sfuggite agli scontri di Avezzano nei primi di novembre 1860. Infatti nei primi di novembre ad Avezzano furono assalite le truppe garibaldine da contadini e pastori che, al grido di viva Francesco II, con fucili, zappe e roncole inseguirono le truppe unitarie. L’inseguimento, narra Giovanni De Blasis nel suo Libro Sulle tracce di Giacomo Giorgi, si protrasse fino a San Berardo di Celano, appena dopo qualche centinaio di metri dalla taverna di Quatranelle.
EDWARD LEAR
EDWARD LEAR, NATO A LONDRA IL 12 MAGGIO 1812 E MORTO IL 29 GENNAIO 1888 A SANREMO, È STATO UN GRADE PITTORE E SCRITTORE INGLESE. É STATO UN
IMPORTANTE “DESCRITTORE” DELL’ ITALIA, DOVE VISSE GRAN PARTE DELLA SUA VITA, E DELL’ABRUZZO IN PARTICOLARE. QUI VISITA CITTÀ COME AVEZZANO, ALBE, TRASACCO E CELANO.
I SUOI VIAGGI NELLA REGIONE, TRA IL 1843 E IL 1844, CI
OFFRONO LA POSSIBILITÀ DI CONOSCERE LA BELLEZZA DEL
PAESAGGIO ABRUZZESE DI UN TEMPO ATTRAVERSO I SUOI
DISEGNI E SULLA BASE DELLE SUE IMPRESSIONI ED EMOZIONI.
LEAR CI DÀ UN’OPPORTUNITÀ UNICA PER LEGGERE IL
PAESAGGIO ABRUZZESE E PER RIFLETTERE SULLE PROFONDE TRASFORMAZIONI INTERVENUTE FINO AD OGGI,
AD OPERA DELLA NATURA E SOPRATTUTTO DELL’UOMO
IL CULTO DEI SANTI
SANTI MARTIRI
patroni di Celano (26 agosto)
santuario principale: Parrocchia di san Giovanni (Celano)
Simplicio, Costanzo e Vittoriano furono proclamati santi il 26 agosto 1630.
I santi sono commemorati con processioni per la città, in memoria del loro intervento prodigioso che
placò un terremoto nel 1778.
SANT’ANTONIO
Uno dei santi più venerati in Abruzzo, si festeggia il 17 gennaio (ovvero il mese in cui si uccide il maiale per ricavarne salsicce), raffigurato da sempre con un maiale al seguito, è
protettore degli animali.
E’ forte la cultura agro pastorale dove avviene la benedizione degli animali – dai cani alle capre ai cavalli – in piazza.
Si celebrano i “SANTANTUONSE” canti eseguiti da semplici cittadini, in costume o no, nei quali si raccontano musica e le tentazioni di Sant’Antonio nel deserto.
Si accende anche il grande falò
SANTA RITA
Morta il 22 maggio 1457, lei avrebbe desiderato farsi monaca a 13 anni, ma fu data in sposa ad un uomo violento.
Santa degli impossibili, avvocata dei casi disperati.
SIMBOLO DELLA ROSA = rappresenta l’amore di dio per Rita e la capacità di intercedere per cause perse o casi impossibili
MIRACOLO = guarigione del falegname (primo miracolo dopo essere salita in cielo).
SAN GIORGIO
Luogo di nascita : Cappadocia , Turchia
Morte : 23 Aprile 303 dopo Cristo
Ricorrenza : 23 Aprile ; 14 Agosto
Attributi : Drago , armatura , palma , stendardo costituito da una croce rossa in campo bianco
SAN GIORGIO A CELANO
All’ interno del Parco Naturale Regionale Sirente-Velino , in territorio del comune di Celano , seguendo il sentiero CAI 11 B ,ricavata in gran parte nella roccia , che dalla chiesetta degli Alpini porta sull’ampio pianoro di San Vittorino , poco prima di raggiungere la sommità su una parete rocciosa molto compatta , si nota un frammento di affresco con raffigurato San Giorgio aureolato .
Rappresentato su un cavallo ed armato di lancia nell’atto di uccidere il demonio sotto forma di drago .A sinistra si legge una frase +BEA (TUS) GE (ORGI) invece sotto la zampa del cavallo A S .
Santo protettore degli ordini cavallereschi
Nel medioevo il Santo diventa protagonista della leggenda conosciuta come SAN GIORGIO E IL DRAGO la cosiddetta “LEGENDA AUREA”
CELANO E I CULTI SCOMPARSI
Nella nostra Celano antica, all’interno della città fortificata sul Monte Tino vivevano, circa 2000 persone. Nella metà del 1100 era stata edificata la torre sul telle, che, si specchiava sulle acque del Fucino. Da questa, partivano due muraglioni che scendevano in modo piramidale verso il piano con torrette rompitratta a spuntone, fino alla sorgente dei SS. Martiri, presso la quale esisteva la chiesa di San Giovanni caput aquae (ora Madonna delle Grazie). A quel tempo all’interno del centro fortificato esistevano altre due chiese: una dedicata a San Bartolomeo e l’altra a Sant’Agata. Agata è stata una delle martiri più venerate dell’antichità cristiana, fu messa a morte durante la persecuzione di Decio a Catania, per non avere mai tradito la professione della sua fede cristiana. La cattedrale di Catania è Consacrata a Sant’Agata che è anche la santa protettrice della città siciliana.
La sua biografia scritta menziona interrogatori, torture, una resistenza perseverante e la vittoria di una fede incrollabile. A Celano, l’antico culto di Sant’Agata è confermato oltre dai registri storici esistenti, anche dall’esistenza della grotta di Sant’Agata, un’insenatura a mo’ di grotta posta appena sopra lo sperone roccioso dove esisteva l’antica torre, il cui nome è stato tramandato per tradizione orale per quasi 800 anni, fino ai nostri giorni. Eppure l’amata santa sembra essere stata dimenticata dopo la distruzione dell’antica Celano, infatti non esistono chiese o opere dedicate a lei nella Celano riedificata dopo il ritorno dei deportati celanesi, né tantomeno ci sono culti a lei dedicati nelle chiese odierne. I celanesi non l’hanno affatto dimenticata, ma semplicemente non potettero tornare per continuare quel culto qui a Celano.
Lo scopo del decreto murattiano era quello di togliere alle congregazioni il monopolio nel campo assistenziale e di beneficenza.
Dopo il congresso di Vienna, le confraternite si riorganizzarono.
A distanza di secoli dalla loro fondazione, le congreghe di Celano sono ancora attive ed operanti.
Tutte le confraternite sono titolari di una propria chiesa la cui cura e gestione rappresent l’impegno prevalente di attività ordinaria.Tali chiese pur non costituendo realtà parrocchiali autonome, si pongono come quelle vere e proprie parrocchie elettive attorno alle quali si coagulano corrispondenti comunità di quartiere.
Con un criterio cronologico elenchiamo i gruppi confraternali:
l’arciconfraternita del Sacro Monte di Pietà;
la confraternita del SS. Sacramento;
la confraternita di San Rocco;
la confraternita di Gonfalone;
la confraternita di Maria Santissima del Giubileo;
la confraternita di Santa Maria delle Grazie;
Chiesa di San Giovanni
Il complesso architettonico risale al XIII secolo.
Nella prima metà del Quattrocento, forse per opera della contessa Iacovella di Celano, fu terminata dagli aquilani.
Dopo la distruzione di Celano, i curati delle chiese si aggregarono alla Chiesa di San Giovanni Battista che insieme a Ruggero I di Celano, divenne presto parrocchiale.
Nel 1706, dopo un terremoto, la chiesa subì vari restauri con la ricostruzione della parte presbiteriale e dell’abside.
Chiesa di Santa Maria Valleverde
Sotto il nome di ”Santa Maria Valleverde dei Riformati”, la chiesa celanese venne eretta nel 1508. Il progetto fu finanziato da Lionello Accrocciamuro e Jacovella da Celano.
Anch’essa fu danneggiata dal terremoto del 1915 e ristrutturata riprendendo gli schemi originali escludendo la torre completamente distrutta.
Chiesa di San Francesco
La struttura è datata al 1345sotto il pontificato di Clemente VI, al periodo in cui i Francescani trasferirono la loro sede dal Monte Tino ad un nuovo convento.
Fu dedicata a San Francesco per rimembrare la figura del santo.
Chiesa di Sant’Angelo
A volere la costruzione di questa chiesa fu il conte di Celano Pietro Berardi nel 1392.
La costruzione sorge a pochi metri dal Castello.
Chiesa della Madonna del Carmine
Fu eretta su richiesta del Conte Innico Piccolomini che ordinò la realizzazione di questa chiesa come riconoscimento alla Madonna del Carmine.
Nel 1573 la figlia Costanza Piccolomini acquisì la dispensa papale da Gregorio XIII per il compimento dei lavori.
Chiesa di San Rocco
La chiesa che si affaccia sulla Piazza Aia fu edificata nel 1574 da Costanza Piccolomini, grazie ai beni confiscati a Benedetto Coletta di San Potito
Chiesa del Sacro Cuore
Fu istituita il 19 agosto 1962 per volere di mons. Domenico Polla.
I lavori iniziarono nel 1959 e terminarono nel 1963.
A volere la fine dei lavori a più presto possibile fu soprattutto la popolazione che aveva la necessità di un altro luogo di culto oltre a San Giovanni per far fronte all’aumento degli abitanti nel quartiere.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie
Secondo una leggenda la chiesa è attribuita al Beato Giovanni di Foligno che l’avrebbe costruita verso il XI secolo.
Forse fu fondata dal celanese Vescovo dei Marsi Pandolfo, figlio di Berardo II.
Fu l’unica reduce alla distruzione di Celano nel 1223 di Federico II.
La chiesa era stata costruita sopra un romitorio ed ora, attraverso delle botole presenti nel pavimento, si può raggiungere un ambiente profondo che un tempo ospitava le cellette dei ”remiti”.
CELANO Le “edicole votive” sono costruzioni incastonate nelle facciate delle case e nelle mura di cinta, sono decorate da immagini sacre, statue, e in alcuni casi anche da affreschi di pregevole fattura.
Il termine edicola deriva da un piccolo tempietto che ospitava la statua della divinità.
Il ruolo principale di questi “piccoli templi” era di proteggere il luogo su cui erano edificati come le porte di accesso di una città, una casa oppure un terreno.
Le edicole votive disseminate nel centro storico di Celano sono iniziate ad esistere dal XVI secolo.
Sotto la Palmaretta, su un edificio posto in largo Filippone a contatto con le mura ovest del primo recinto medioevale, si trova un’edicola votiva con un affresco databile fra la fine del ’500 ed inizi del ‘600, rappresentante la Madonna delle Grazie fra S. Antonio Abate con bastone e campanello e San Leonardo con le catene e ceppi.
Nella parte sottostante si vede la raffigurazione della chiesa di San Giovanni Evangelista o Pedimonte, (ora Santa Maria delle Grazie).
In piazza Aia, in una piccola abitazione nei pressi dell’ex Ospedaletto di San Rocco, (oggi sede dell’Associazione Anziani di Celano) esisteva una piccola cappella denominata Cona dei SS. Martiri Attualmente in una parete del vecchio edificio è posta un’edicola votiva di fine ottocento che ritrae l’iconografia dei SS. martiri Simplicio, Costanzo.
Oltre il primo recinto duecentesco della “Cittadella”, tra il secondo ordine di mura trecentesche delle Mura nuove e il terzo recinto cinquecentesco di San Ferrante si trova uno dei più suggestivi scorci della Celano rinascimentale.
Questi manufatti, da molto tempo esposti agli agenti atmosferici, sono in uno stato di conservazione precario, molti di loro necessitano di interventi di manutenzione e di restauro conservativo.
MORTE DEL CAVALERE DI CELANO
La morte del cavaliere di Celano[di Giotto] racconta la improvvisa e drammatica morte del nobile che ospitò
San Francesco. Il dipinto è fondamentalmente suddiviso su due
zone cromatiche. Quella a sinistra è occupata della struttura architettonica di colore ocra acceso. In quella a destra
invece è preponderante il colore blu dello sfondo e il grigio-bruno delle vesti dei personaggi. La stanza nella quale è stato
apprestato il banchetto è suggerita dalla sovrapposizione delle figure che accorrono per soccorrere il cavaliere.
Il Parco Sirente-Velino
Il 13 luglio 1989 nasceva il parco Naturale Regionale Sirente-Velino, tra i più estesi ed importanti parchi naturali d’ Italia. Lo scopo dell’ unico parco regionale d’ Abruzzo è di tutelare e preservare i valori ambientali, nonché di tramettere alle generazioni future gli elementi culturali e i segni delle ricchezze storico-architettoniche ereditate del passato. Il territorio si estende per una superficie di circa 56.450 ettari, cioè, 564 km² comprendendo i territori del massiccio del monte Velino e del monte Sirente, riuniti sotto la denominazione comune di catena del Sirente-Velino, e dei territori ad essi limitrofi come l’Altopiano delle Rocche, i Piani di Pezza e parte della Piana di Campo Felice, collegandosi direttamente a Nord-Ovest con l’adiacente Riserva Regionale Montagne della Duchessa in territorio laziale e comprendendo al suo interno l’omonima Riserva Naturale del monte Velino.
Gli animali del parco
L’area del Parco,si presenta diversificata per orografia del territorio e per tipologia di ambienti presenti che ospitano un’ampia varietà di specie vegetali ed animali.
Fra i mammiferi,oltre all’Orso Bruno Marsicano ed al lupo appenninico sono presenti: il Gatto Selvatico,la Martora,il Cervo,il Capriolo,l’Istrice e il ghiro.
Fra gli uccelli ricordiamo anche: il Martin pescatore, il Gracchio Corallino,lo Sparviero,il Corvo Imperiale,il Picchio muraiolo,il Picchio Verde,il Fringuello alpino,la Coturnice,l’Averla Piccola,la Tottavilla.
Fra i rettili sono presenti, oltre alla rarissima Vipera Orsini,il Cervone,la Natrice,il Biacco. Fra gli anfibi sono segnalate la Salamandra Appenninica,la Salamandrina dagli Occhiali,il Tritone Appenninico,la Rana Rossa Appenninica,la Raganella Italica.
Le piante del Parco
Pur non essendo grandi e vistose come le orchidee esotiche, anche quelle che popolano i prati, le radure e i boschi del Parco Naturale Regionale Sirente Velino sono da ammirare per la straordinaria bellezza. Sono piante erbacee perenni, molto adattabili a diversi tipi di habitat. Differentemente da quella tropicale che è una pianta epifita, l’orchidea di montagna risulta attaccata al terreno attraverso rizomi o piccole radici. Infatti sono tutte specie terricole con un ciclo vitale da erbacee perenni.
La vegetazione presente del Sirente è costituita in prevalenza da boschi di Faggio che si estendono per circa 12 km.
Una pianta rara è la Betulla, pianta nordica per eccellenza, presente sia nel Sirente che nel Velino.
Al di sotto dei 1500 mt si trovano boschi misti di latifoglie. Lungo la valle dell’Aterno predomina la vegetazione di sponda con Salici, Pioppi, ed altri. Sulle praterie poste più in alto è presente il Ginepro, la Selseria appenninica, mentre sulle coltri detritiche dei brecciai spicca il bianco Papavero alpino.
Sulle praterie di Piano Canale si possono ammirare fioriture di Genziane di specie diverse ed una specie esclusiva del Sirente: il Geum heterocarpum.
LE GOLE DI CELANO
Le Gole di Celano sono uno dei canyon piùbelli d’Italia, è un luogo naturalistico molto suggestivo, incastonato nell’Appennino
centrale, tra i Comuni di Celano, Aielli ed Ovindoli. È situato a metà strada tra Roma e Pescara,è il luogo ideale per fare
passeggiate, trekking ed escursioni all’aria aperta. Ci sono delle splendide pareti rocciose che formano la gola, erosa dal tempo e dal corso dell’acqua, in alcuni punti sono molto vicine tra loro, circa di 2 m, mentre nel punto più alto raggiungono anche i 200 m di altezza. Il dislivello tra l’apice delle gole, è a un’altezza di 1330 m. ed il loro sbocco è di 500 m.Nonostante la vasta presenza di vegetazione, lungo il percorso è possibile incontrare numerose specie animali, come il grifone reale, il gufo reale,il falco pellegrino,gli scoiattoli e qualche volta anche i cinghiali.
Il percorso, introdotto da un piazzale sterrato circondato dal verde, conduce al tratto del canyon conosciuto come la
“Fonte degli Innamorati”, dove l’acqua scende giù seguendo il profilo della roccia e l’erba. Qui è possibile fermarsi per una pausa prima di proseguire. Una delle tappe più suggestive sono i ruderi dell’antico Monastero Celestiniano di San Marco alle Foci, uno dei più antichi d’Abruzzo. La cosiddetta “Traversata
delle gole” si conclude con l’arrivo presso la Valle D’Arano fino al margine meridionale dell’altipiano di Ovindoli.
L’inizio del percorso è abbastanza leggero, ma caratterizzato da una parte più angusta ed impervia, diventa più duro ma molto paesaggistico quando si raggiunge il versante boscoso e le ripide balze rocciose.
Ovviamente è consigliabile fare il percorso durante i mesi estivi o a primavera inoltrata, quando le rocce e le pareti sono asciutte, evitando le stagioni più fredde come quella della pioggia e della neve, in quanto il corso d’acqua potrebbe
crescere in maniera esponenziale in modo da far diventare il percorso complesso.
MONASTERO CELESTINIANO
Attorno al 1240 il monaco benedettino Pietro si stabilì sulla Majella allo scopo di rafforzare l’osservanza regolare per mezzo di una vita eremitica. Attorno a Pietro si sviluppò presto una comunità di eremiti. La cui esistenza e
documentata per la prima volta nel 1259 quando le autorità di Sulmona Donarono ai frati Giacomo e Giovanni un terreno in località Morrone. Con la bolla Cum Papa Ubano IV diede mandato al vescovo di Chieti l’Eremo di Santo spirito all’ordine benedettino, la diocesi di Chieti versava in una situazione difficile. Dal 1270 gli eremiti della Majella cominciano ad
acquisire un numero più rilevante di proprietà. I monasteri dipendenti da Santo spirito a Majella si diffusero rapidamente in Abruzzo, Molise, terra di lavoro, Lazio e capitanata.
La crescita determinò la necessità di una migliore
organizzazione interna. La necessità di continui contatti generò il trasferimento alla sede di Santo spirito al Morrone. Nel 1274 i Celestini si installarono a Mantova, presso l’ antico oratorio di Sant’Anna. Il 22 marzo 1275 Papa Gregorio decimo
rilasciò alla comunità un privilegio che sancì il passaggio di quello che ormai era definito l’ Ordo sancti spiritus de Majella
da realtà eremitica a ordine monastico costituente all’interno del composito ordine benedettino, un gruppo religioso
con consuetudini ben precise.l’ordine dei monaci Celestini nacque verso la fine del XII secolo intorno alla figura di Pietro da Morrone eletto gomme Celestino V nel 1294. I Celestini vestivano con una tunica di colore bianco, cinta da una fascia di lino o di cuoio è scapolare con un cappuccio nero. Mangiavano magro tutto l’anno e nell’avvento si astenevano anche ai latticini.
Il complesso monastico e la chiesa rupestre si presentano allungati per oltre 50 m su un gradone roccioso a strapiombo sulle Fauces con mura in opera incerta medievale.
L’ingresso rettangolare è largo circa 1,80 m. privo di architrave in pietra, è difeso sul lato sinistro da un’arciera, sottile feritoia verticale strombata internamente, mentre sopra il portale si notano le imposte della finestra.
All’interno si riconoscono facilmente due ambienti comunicanti, il primo di passaggio, probabilmente un porticato, verso il torrente; il secondo situato sulla parete rocciosa dove si possono notare ancora i fori rettangolare
utilizzati per incastonare delle travature del soffitto e del pavimento superiore, visto che il Monastero di San Marco alle Foci, probabilmente, era elevato su due piani. Il muro di divisione tra i due ambienti presenta una porta larga 1,60 m. ed una rientranza dotata di finestra larga 70 cm.
Il complesso monastico e la chiesa rupestre si presentano allungati per oltre 50 m su un gradone roccioso a strapiombo sulle Fauces con mura in opera incerta medievale. L’ingresso rettangolare è largo circa 1,80 m. privo di architrave in pietra, è difeso sul lato sinistro da un’arciera , sottile feritoia verticale
strombata internamente, mentre sopra il portale si notano le imposte della finestra. All’interno si riconoscono facilmente due ambienti comunicanti, il primo di passaggio, probabilmente un porticato, verso il torrente; il secondo situato sulla parete rocciosa dove si possono notare ancora i fori rettangolare utilizzati per incastonare delle travature del
soffitto e del pavimento superiore, visto che il Monastero di San Marco alle Foci , probabilmente, era elevato su due piani. Il muro di divisione tra i due ambienti presenta una porta larga 1,60 m. ed una rientranza dotata di finestra larga 70 cm.
NAZZARENO CARUSI
Nazzareno carusi è nato a Celano nel 1968, vive a Ravenna per “amore”, allievo di Alexis Weissenberg e Viktor Merzhanov , leggende del pianoforte nel 900, aveva studiato con Anna Maria Marama ,Lucia Passaglia e Adriano Vendramelli. Dopo la vittoria di una decina di concorsi nazionali e internazionali, anche a Roma , Parigi e Buffalo, gli sono stati anche attribuiti l’Alexis Weissenberg Preis 1999 e la Menzione speciale del Premio Giustiniano 2013 , assegnato quell’anno a Riccardo Muti che di lui ha detto :” NAZZARENO CARUSI è un pianista eccellente e un musicista di altissimo valore.
Dopo il trionfo del debutto alla Carnegie Hall di New York , ha tenuto concerti in tutto il mondo. In emi è stata pubblicata la registrazione live di due suoi recital al teatro della scala di Milano. Ordinario di musica da camera, per concorso , nei conservatori di musica italiana, è titolare per chiara fama della stessa materia all’Accademia Pianista Internazionale “INCONTRO CON IL MAESTRO” di Imola .Paola Isotta ha scritto sul Corriere della Sera :”NAZZARENO CARUSI è uno dei grandi pianisti viventi,una personalità di rilevanza planetaria , un musicista coltissimo e completo , un genio del pianoforte”.Nel 2015 ha dedicato una voce nel catalogo nella Giornata dell’Arti.
Nazzareno Carusi ka lindur në Celano në vitin 1968, ai jeton në Ravenna “për dashuri”. Nxënës i Alexis Weissenberg dhe Viktor Merzhanov, dy legjenda të pianos së shekullit të njëzetë, kur ishte shumë i ri kishte studiuar me Anna Maria Marrama, Lucia Passaglia dhe Adriano Vendramelli. Pas fitores së një duzine garash kombëtare dhe ndërkombëtare, gjithashtu në Romë, Paris dhe Buffalo, atij iu dha Alexis Weissenberg Preis 1999 dhe Përmendja Speciale e Çmimit Justinian 2013, dhënë atë vit dhe Riccardo Muti i cili tha: “Nazzareno Carusi është një i shkëlqyer. pianist dhe muzikant me vlerë më të lartë”.
Pas triumfit të debutimit të tij në Carnegie Hall në Nju Jork, ai dha koncerte në të gjithë botën. Regjistrimi live i dy recitaleve të tij në Teatro dela Scala në Milano është publikuar në EMI.
Ordiner i Muzikës së Dhomës, me konkurs, në konservatoret italiane të muzikës (mban katedrën e Konservatorit A. Buzzolla të Adrias), është titullar i po kësaj lënde për famë të qartë në Akademinë Ndërkombëtare të Pianos “Incontri col Maestro” në Imola. Paolo Isotta shkruante në Corriere della Sera: “Nazzareno Carusi është një nga pianistët më të mëdhenj të gjallë, një personalitet me rëndësi planetare, një muzikant shumë i kulturuar dhe i kompletuar, një gjeni i pianos”. Giorgo Dell’Arti i ka kushtuar atij një hyrje në Katalogun de Viventi 2015.
DIALETTO CELANESE
Prima di tutto c’è da dire che non esistendo una tradizione scritta che abbia fissato pronuncia e ortografia in modo univoco la scrittura del dialetto e la sua pronuncia, sono un po’ come cercare il modo più appropriato e similare al proprio costume dialettale. Infatti diverse parole differiscono, di
poco o di molto, da un paese all’altro, a volte da una famiglia all’altra, e non esistendo una tradizione scritta, penso che non esistano regole per privilegiare una forma rispetto ad un’altra.
Non userò l’Alfabetico Fonetico Internazionale (IPA) in quanto troppo complesso per chi vuole sapere con immediatezza, e senza studiare codici, come si pronuncia una parola. Per spiegare la pronuncia della vocale i, associata a un tempo maggiore di permanenza sulla stessa, si userà ij, come nel caso di ijam(e), che significa andiamo come voce del presente indicativo.
E la cui unica m finale vuol significare come sia di pronuncia morbida e non doppia come jamm(e) che si riferisce a un invito o un ordine di fare presto. Andiamo nel senso di sbrigati.
La e, quasi sempre, è pronunciata stretta come in perchè. Tranne in alcuni casi come nei verbi al passato remoto: esempio v(e)nètt(e), ossia venne in italiano, oppure dicètt(e), corrispondente all’italiano disse.
Nel Dialetto Celanese, i verbi sono organizzati come in italiano
Ecco allora che bisogna subito parlare di vocali e consonanti. Le prime mancano quasi sempre alla fine delle parole dialettali .Tutto finisce con una consonante, oppure con una e muta, ossia appena accennata e gutturale. Per esempio nel sostantivo vajjul(e), corrispondente all’italiano ragazzi. E così scriveremo le parole tutte le volte che finiscano con una vocale accennata nel suo suono, ma non del tutto pronunciata.La vocale finale è quasi sempre omessa.
(carta= cart); spesso per facilitare la comprensione di alcune parole la vocale finale viene scritta, ma è errato farlo, a meno che non si voglia distinguere quella parola da un’altra identica ma che significa un’altra cosa.
L’accento cade quasi sempre sulla vocale dell’ultima sillaba che ne contiene una (portone: purtòn; autobus=autobùs).
Il suono nt diventa nd (cento lire= cend lir). Nel dialetto, la finale accentata è rara ma comunque presente. Soprattutto nei verbi all’infinito, dove viene eliminata la sillaba
finale re. Magnà in italiano mangiare; v(e)dé in italiano vedere; SCI – in italiano uscire.
A Celano, la somiglianza con il Napoletano è forte a causa degli scambi economici documentati tra le città durante il Regno di Napoli (es. giovani a Celano (vajiule), ma la pronuncia è “Vajiul” senza la “e“( che si pronuncia in altri paesi della Marsica),a Napoli “guaglioni”.
DIALETTO CELANESE
Prima di tutto c’è da dire che non esistendo una tradizione scritta che abbia fissato pronuncia e
ortografia in modo univoco la scrittura del dialetto e la sua pronuncia, sono un po’ come cercare il
modo più appropriato e similare al proprio costume dialettale. Infatti diverse parole differiscono, di
poco o di molto, da un paese all’altro, a volte da una famiglia all’altra, e non esistendo una
tradizione scritta, penso che non esistano regole per privilegiare una forma rispetto ad un’altra.
Published: Oct 31, 2021
Latest Revision: Nov 22, 2021
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