RIVOLUZIONI STORICHE E CULTURALI by antonella monteleone - Ourboox.com
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RIVOLUZIONI STORICHE E CULTURALI

  • Joined Jun 2021
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LA RIVOLUZIONE RUSSA

Durante la Grande Guerra, nel 1917, in Russia scoppiò la Rivoluzione, uno degli eventi più importanti del Novecento che condizionò la storia del mondo intero. In realtà, tutto ciò che accadde nel 1917, parliamo delle rivoluzioni di febbraio e ottobre, furono solo il culmine di una situazione preesistente che stava diventando un crescendo di malcontenti e insofferenze in tutto l’impero russo, allora governato dallo zar Nicola II. Paese molto esteso e abitato da popoli diversi, la Russia era economicamente arretrata, con un’agricoltura poco produttiva e un’industria limitata solo in alcune città. Nonostante ciò, sul finire dell’Ottocento si formò un forte partito socialista, che qualche anno dopo si divise in due schieramenti: i menscevichi, più moderati che chiedevano delle riforme e i bolscevichi che volevano invece la rivoluzione. Con la Prima guerra mondiale la situazione precipitò. I contadini furono costretti a lasciare le loro terre per andare a combattere. Nel febbraio del 1917 scoppiò una rivolta popolare contro la guerra. I soldati si schierarono con i manifestanti e i bolscevichi ne approfittarono e crearono i Soviet, (assemblee di operai e soldati) per guidare la rivolta. Lo zar abdicò e si formò un governo provvisorio con l’obiettivo di creare una Russia in cui fossero garantiti i diritti dei cittadini. Formato dai borghesi, favorevoli al procedere della guerra, si contrapponevano ai bolscevichi che chiedevano invece la pace. Tornato dall’esilio, Lenin propose di organizzare una seconda rivoluzione con l’obiettivo di dare tutto il potere ai soviet, di fare uscire la Russia dalla guerra e di far diventare la terra di proprietà dello Stato. Guidati da Lenin il 24 ottobre del 1917, le guardie rosse occuparono il Palazzo d’Inverno, sede del governo. Venne subito creato un governo rivoluzionario, guidato da Lenin, che prese subito due importanti provvedimenti: abolì la proprietà privata della terra, affidò le fabbriche al controllo degli operai e il 3 marzo del 1918 firmò la pace di Brest-Litovsk con cui la Russia uscì dalla guerra mondiale. A partire dalla primavera del 1918, la Russia fu sconvolta dalla guerra civile. I generali rimasti fedeli allo zar organizzarono un vero esercito, le armate bianche, sostenute dai governi europei, per combattere contro il nuovo Stato comunista. Il governo bolscevico scatenò una dura repressione e lo zar e la sua famiglia furono giustiziati. La guerra civile si concluse nel 1920 con la vittoria dell’Armata Rossa. Nel dicembre del 1922, nacque l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, Il primo Stato socialista della storia.

 

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        YURI GAGARIN, IL PRIMO UOMO NELLO SPAZIO

Sessanta anni fa, il 12 aprile 1961 Yuri Gagarin ha aperto la via alle missioni umane di esplorazione dello spazio. A nemmeno quattro anni dal lancio dello Sputnik che aveva inaugurato l’era spaziale, era l’uomo a superare i confini dell’atmosfera. Un primato conquistato nel pieno della corsa allo spazio che vedeva Stati Uniti e Urss acerrimi rivali. Un evento che, in piena Guerra Fredda, segnò l’ennesima prova della supremazia dell’Urss sugli Usa. La Terra è blu “Vedo la Terra. È blu”. Con queste parole, Yuri Gagarin, all’epoca ventisettenne, sancisce l’alba di una nuova era. Da allora, il modo in cui l’uomo ha visto l’immensità dell’universo non è più stato lo stesso. La partenza è fissata alle ore 9:07 fuso orario di Mosca. Gagarin pronuncia la celebre espressione – поехали! (pojechali – “andiamo!”) al momento del decollo all’interno della navicella Vostok 1 (Oriente 1), guidata da un computer controllato dalla base. Il razzo lo porta oltre l’atmosfera. Gagarin percorre un’intera orbita ellittica intorno al nostro pianeta, alla velocità di poco più di 27 mila chilometri orari. L’altitudine massima dell’orbita è di 302 chilometri, la minima 175.  La capsula in cui viaggia l’astronauta russo ha un orologio, tre indicatori per gli impianti di bordo e un piccolo mappamondo che indica la posizione della navicella intorno alla terra, oltre agli oblò da cui ammirare e descrivere per la prima volta in assoluto il pianeta “azzurro”. Il primo volo umano nello spazio termina infine con l’atterraggio in un campo vicino alla città di Takhtarova. È durato meno di due ore, più che sufficienti per passare alla storia. Dopo quella fantastica avventura, il primo cosmonauta della storia, “il Cristoforo Colombo” dello spazio, riceve glorie e onori: dal conferimento dell’Ordine di Lenin, la massima onorificenza sovietica, al battesimo dell’asteroide 1772 Gagarin, chiamato così in suo onore.

La Vostok Del peso totale di 4,7 tonnellate e alta 4,4 metri, la Vostok 1 (“Oriente 1” in russo) era costituita da due parti: un modulo abitabile di forma sferica, che ospitava l’astronauta, e un modulo di servizio provvisto della strumentazione di bordo, dei retrorazzi necessari a frenare e far ricadere la sonda a Terra e di 16 serbatoi contenenti ossigeno e azoto. La capsula abitata era dotata di tre oblò, un visore ottico da orientare a mano, una telecamera, la strumentazione per rilevare pressione, temperatura e parametri orbitali, un portellone e un sedile eiettabile lungo più o meno quanto l’abitacolo di una Fiat 500 (all’epoca il cosmonauta non atterrava insieme alla navicella, ma veniva espulso all’esterno e paracadutato a Terra in fase di rientro). “Primo per sempre” L’impresa e il personaggio sono di quelli impressi nei manuali di storia, tanto che il giornale russo Rossiskaya Gazeta ha dedicato a Gagarin uno speciale dal titolo ‘Primo per sempre”. Nel giorno destinato alla festa del cosmonauta, il 12 aprile, la Russia ricorda soprattutto l’ottimismo di un giovane ufficiale dell’aviazione sovietica, figlio di un carpentiere e di una contadina, destinato a divenire il “Cristoforo Colombo dello Spazio. Una vita trascorsa sugli aerei. E in volo incontrò anche la morte. Aveva solo 34 anni quando il 27 marzo del 1968, morì a bordo di un caccia di addestramento. Per onorare lo storico viaggio del russo Gagarin, e il suo giro ellittico intorno alla Terra, l’Unesco ha designato il 12 aprile come “la giornata internazionale del volo dell’uomo nello spazio

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                       LA RIVOLUZIONE CUBANA

L’isola più grande delle Antille è situata tra il Golfo del Messico e il Mar dei Caraibi.  Ha spiagge sabbiose fronteggiate da barriere coralline. Il territorio è prevalentemente pianeggiante, il clima è umido e le temperature elevate, con abbondanti precipitazioni favoriscono la crescita della foresta pluviale. La capitale è l’Avana. E’ stata una delle prime colonie spagnole in America, poi in seguito alla guerra tra Spagna e Stati Uniti (1898) divenne formalmente una repubblica indipendente, ma sotto uno stretto controllo degli Stati Uniti. Tra il 1953 e il 1959 una rivoluzione guidata da un giovane avvocato Fidel Castro ed un medico argentino Ernesto Guevara detto il “Che” rovesciò la dittatura di Fulgencio Batista, appoggiata dagli Americani. Il Paese diventò una repubblica socialista guidata da Fidel Castro che consegnò le terre ai contadini poveri e nazionalizzò le raffinerie di zucchero principale risorsa del Paese, togliendone il controllo agli Americani. Per reazione i rapporti commerciali con l’isola furono interrotti. Cuba si alleò con l’Unione sovietica, permettendole di costruire sull’isola alcune basi missilistiche da puntare contro gli Stati Uniti. Quando gli Americani scoprirono il progetto, il mondo si ritrovò sull’orlo di una terza guerra mondiale. Le due potenze si fronteggiarono per diversi giorni nel Mar dei Caraibi, finché l’URSS decise di annullare l’impianto missilistico e ritirò le sue navi. Gli Stati Uniti mantennero però contro l’isola diversi provvedimenti economici che a lungo  le avrebbero impedito di commerciare con il resto del mondo. Dopo la caduta dei regimi comunisti e in seguito a una grave crisi economica, il governo cubano guidato dal fratello di Fidel Castro si è aperto gradualmente all’economia di mercato, liberalizzando la vendita di vari generi di consumo. Inoltre negli ultimi anni, anche gli Stati Uniti hanno allentato il loro rigore.

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                          Dmitrij Šostakovič

 

Nacque a San Pietroburgo nel1906, e morì a Mosca nel1975. Importante personalità della musica moderna russa, si formò artisticamente nel clima politicamente e culturalmente acceso della Rivoluzione Sovietica, frequentando il conservatorio della città natale e diplomandosi in Pianoforte e Composizione. Ritenuto tra i più importanti compositori di scuola russa e, più in generale, della musica del Novecento, Šostakovič ebbe un travagliato rapporto con il governo sovietico: subì infatti due denunce ufficiali a causa delle sue composizioni e i suoi lavori furono periodicamente censurati. La sua totale riabilitazione avvenne solamente dopo la morte di Stalin, e culminò con la sua elezione al Consiglio supremo sovietico e con la sua nomina ad ambasciatore dell’URSS in importanti eventi culturali di tutto il mondo. Ricevette moltissimi riconoscimenti e titoli internazionali. Šostakóvič divenne famoso nei primi anni dell’Unione Sovietica, con opere come la sua Prima Sinfonia o l’opera Il naso, che combinavano con grande originalità la tradizione russa e le correnti moderne dell’Occidente. Successivamente, la sua musica è stata talvolta denunciata come decadente e reazionaria e altre volte elogiata come rappresentante della nuova arte socialista dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS). In pubblico, fu sempre fedele al sistema sovietico, ricoprì importanti responsabilità nelle istituzioni artistiche, accettò di aderire al PCUS nel 1960 e divenne membro del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica. Nel suo lavoro orchestrale spiccano quindici sinfonie e sei concerti, ha composto anche diverse opere, oltre a musica per film e balletto. La musica di Šostakovič è sovente tinteggiata di un colore scuro, funereo, tragico e per questo adatta anche come colonna sonora in numerosi film. Le composizioni del valzer n.1 n.2, sono state utilizzate nel film “Il Gattopardo”.

 

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      LE ITALIANE E LO SPORT: UNA RIVOLUZIONE

 

In Italia, la rivoluzione ha riguardato dapprima le donne aristocratiche sul finire dell’800, dedite all’equitazione, all’alpinismo e al tennis, poi nel 900 si è estesa alle donne della borghesia con la pratica della scherma, del nuoto e della ginnastica, e infine alle donne del popolo, in particolare alle operaie e alle sartine, attraverso il podismo e il ciclismo.
Queste furono tra le prime a  partecipare alle corse femminili a Milano e a Torino, per arrotondare la magra paga mensile del lavoro sartoriale, destando scandalo. Il fenomeno ebbe inizio in Francia, quando a Parigi il 25 ottobre del 1903, ai nastri di partenza si presentarono duemila ragazze. Il 29 novembre di quell’anno, sulla scia del successo parigino, La Gazzetta dello Sport, organizzò a Torino la prima gara di corsa femminile, dove si presentarono 39 concorrenti tra sartine, modiste e commesse. Le chiamavano donnacce. Erano gli inizi del Novecento e il ciclismo, come tutto ciò che non riguardava la casa e la famiglia, era considerata una questione da uomini.  Quando Alfonsina Strada si presentava alla pista della Montagnola durante l’ora di pausa dal suo lavoro di sartina per vedere da vicino i ciclisti, i maschi la guardavano sghignazzando. Un giorno di marzo del 1924 si presentò nella sede della Gazzetta dello Sport e disse al direttore, senza girarci troppo intorno: «Voglio iscrivermi al Giro». E poi, «Una donna farebbe notizia, non credi?». Aveva coraggio e aveva ragione, quell’anno nella lista di partenza c’era anche il suo nome. 3613 chilometri e dodici tappe. Arrivò ultima, poteva ritirarsi e non lo fece, rimase in gara dal primo chilometro fino al traguardo. Alfonsina Strada è stata la prima e unica ciclista donna italiana a partecipare al Giro d’Italia, nel 1924.

 

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       LA RIVOLUZIONE DIGITALE DEL XXI SECOLO

Siamo in una fase di rivoluzione digitale totale, I più riescono solamente a prendere atto del fatto che vi sono nuove opportunità e che tutti abbiamo molte più possibilità rispetto al passato. La rivoluzione digitale, per essere tale, va anche gestita e moderata. Si pensi ai pericoli della dipendenza da smartphone che può colpire specialmente i più piccoli Soprattutto in tenerissima età (0-3) è sicuramente un gravissimo errore mollare uno strumento come uno smartphone o un tablet ad un bimbo e lasciare che vi interagisca da solo. Può portare gravi problemi a livello cognitivo e difficoltà di linguaggio. Rivoluzione tecnologica significa anche imparare a gestire e ad interagire con gli strumenti che questa ci offre. Finché un adolescente è tale, va, anche all’interno della rivoluzione digitale, controllato e indirizzato al meglio. E poi, i ragazzi e YouTube! Pare che la vita esista solo lì dentro! E infatti, purtroppo, per alcuni casi, questa situazione può creare dei cortocircuiti che possono segnare la crescita di un giovane. Chiaro che i ragazzi hanno voglia di svago, di divertimento, ma a tutto c’è un limite. Ed è qui che deve intervenire il genitore fissando dei paletti che possano guidare l’uso della tecnologia attraverso equilibrio e disciplina. Come tutte le cose buone, si devono fissare dei limiti. Dietro a questo approccio sbagliato poi si nascondono una nuova serie di problemi adolescenziali, perché i ragazzi che non hanno vissuto delle esperienze reali e che si sono rifugiati esclusivamente nel digitale provano un senso di spaesamento di fronte alle minime responsabilità e ai reali problemi della vita. Ecco l’anello della catena mancante, o che rischia di mancare in queste nuove generazioni; degli strumenti che limitino la portata della rivoluzione digitale e uno spirito critico che i genitori devono saper donare ai figli per poter vivere al meglio la propria vita.

 

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                                 La Pop Art

La Pop Art è uno dei più importanti movimenti artistici del secondo dopoguerra. Nata in Inghilterra e poi sviluppatasi negli Stati Uniti negli Anni ’60, è considerata una reazione all’Espressionismo astratto. Semplificando: se gli artisti espressionisti, attraverso l’arte raccontano se stessi e il proprio universo spirituale, gli artisti della pop art raccontano ciò che li circonda, cercando ispirazione nella società del loro tempo. Il nome pop art è l’abbreviazione di “popular art”, per sottolineare come questa nuova corrente artistica traesse ispirazione da soggetti “popolari”, ispirati cioè dalla cultura di massa. Pubblicità, televisione, cinema, ma anche scaffali dei supermercati diventano i soggetti delle opere d’arte, gli eroi del cinema e dello spettacolo o le immagini colorate dei fumetti.  E’ un mondo colorato che sembra voler comunicare allegria, ma nasconde l’ansia di un’angoscia esistenziale che si cela dietro i colori pieni e vivaci e dietro le superfici lucenti.
La novità inoltre sta nel fatto che gli autori di tali bellezze hanno introdotto strumenti come la fotografia e il collage. Quest’ultimo, ancora oggi molto apprezzato e usato, è quello realizzato da Hamilton, uno dei fondatori di tale corrente, che aveva ritagliato dai giornali dell’epoca alcune immagini stravaganti. Il maggiore esponente è Andy Warhol, l’artista che più di tutti è riuscito a cogliere il cuore dell’America degli anni Sessanta, con i suoi miti e i suoi punti di riferimento. Le sue serigrafie prodotte in serie, che rappresentano attrici come Marilyn Monroe o prodotti industriali come i barattoli della zuppa Campbell sono un’ironica dimostrazione di come l’arte sia un prodotto “da consumare”. Come se fosse uscito da una fabbrica per entrare nelle case delle persone che hanno i mezzi per acquistarlo. Altri grandi esponenti della pop art furono l’americano Roy Lichtenstein,  le cui opere più famose si basano sull’ingrandimento di oggetti comuni tratti da pubblicità e fumetti fino a rilevarne la retinatura con i punti delle tinte primarie; l’americano James Rosenquist che indaga il mondo della pubblicità, del cinema e della televisione con colori vivaci e decisi e Claes Thure Oldenburg, che realizzò enormi sculture in gesso dipinto raffiguranti gelati, hot-dog o oggetti della vita quotidiana, per evidenziare la voracità del consumismo che sembra muoversi nella società con la forza devastante di un inesorabile gigante.

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         LUIGI PIRANDELLO E IL FU MATTIA PASCAL

 

Luigi Pirandello nasce in Sicilia nel 1867 da una famiglia agiata. Inizia dapprima studi tecnici, poi sceglie quelli letterari a Palermo, Roma e infine in Germania. Rientrato in Italia insegna per 25 anni Letteratura italiana all’università. Si sposa, ma la moglie soffre di una malattia mentale e questo lo porta ad interessarsi della follia che sarà un tema centrale della sua opera. Scrive e pubblica i suoi romanzi e numerose opere teatrali. La sua fama diventa mondiale e nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel 1936. Ho scelto questo autore perché è sicuramente da considerare nel panorama della letteratura italiana un innovatore. Fino ad allora, il romanzo era stato quello storico e sociale, il romanzo dei fatti, basti pensare a Manzoni e a Verga; con Pirandello nasce il romanzo di analisi, quello cioè basato sulla psicologia dei personaggi. Il tema fondamentale delle sue opere è il dramma personale che vive ogni uomo, in quanto non è libero di essere se stesso, ma è spinto d adeguarsi a ciò che gli altri si aspettano da lui ed è quindi costretto ad indossare una maschera, annullando la sua personalità e questo lo condanna all’infelicità e alla solitudine. L’uomo ha secondo Pirandello solo due possibilità: scegliere di essere se stesso, accettando però di venire escluso dalla società, o indossare la maschera, consapevole che questa non corrisponde alla sua natura. E’ quanto viene espresso nel primo romanzo di successo pubblicato nel 1904: IL FU MATTIA PASCAL: il protagonista è appunto Mattia Pascal, un uomo che lavora in una biblioteca e che non è felice, non sopporta la convivenza con la moglie e soprattutto con la suocera che lo rimprovera di continuo. Decide quindi di fuggire e di cambiare vita. A Montecarlo vince una discreta somma di denaro al casinò e mentre sta tornando a casa, legge sul giornale che hanno ritrovato il corpo di un suicida e pensano sia lui. Approfittando del fatto che lo credono morto, si fa chiamare Adriano Meis e inizia una nuova vita. Si trasferisce a Roma e si innamora della figlia del suo padrone di casa, ma presto scopre di non essere affatto libero, perché non essendo registrato in Comune, non può sposarsi, né fare altro. Allora finge di suicidarsi per riappropriarsi della sua vera identità. Torna al suo paese, ma dopo due anni nessuno lo riconosce: la moglie si è risposata e ha una bambina. Tornerà a chiudersi in biblioteca dove scriverà la sua storia, portando di tanto in tanto fiori sulla sua tomba.

 

 

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            LA RELIGIONE IN UNIONE SOVIETICA

 

L’Unione Sovietica fu il primo stato ad avere come obiettivo ideologico l’eliminazione totale della religione e la sua sostituzione con l’ateismo universale. Il Regime Comunista, iniziò a perseguitare i credenti e iniziò a propagandare nelle scuole l’ateismo e le varie scienze per dare agli studenti una visione materialista e scientifica del mondo. Molte chiese, moschee e sinagoghe vennero distrutte o utilizzate come uffici statali, scuole, ospedali e magazzini, mentre molti monasteri furono chiusi o convertiti a campi di prigionia, di cui il più famoso è il Monastero di Solovki, divenuto il gulag Solovki. In seguito il governo sovietico cercò di tenere la chiesa sotto controllo nominando preti i suoi uomini più fedeli, e si arrivò al punto in cui le cariche principali furono ricoperte da ufficiali del KGB. Ad esempio, secondo alcune fonti, il patriarca Alessio II fu reclutato dal KGB nel 1958 con il nome in codice di Drozdov. Il KGB perseguitò diversi altri gruppi religiosi. Tra questi la Chiesa Cattolica Ucraina (allora Chiesa Cattolica Greca dell’Ucraina) che contava circa 4 milioni di fedeli. Secondo alcune fonti, molti vescovi e migliaia di sacerdoti morirono nei Gulag della Siberia per la loro fede. Un altro bersaglio del KGB erano le chiese protestanti e i Testimoni di Geova che negli anni ’60 furono tra le comunità più aspramente perseguitate nell’ Unione Sovietica.

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                     Dalla Russia: Katiuscia

E’ una canzone della tradizione russa ma non ha origine popolare. Un autore c’è, anzi due: la parte musicale fu scritta da Matvej Blanter che compose questa melodia nel 1938, quando già si delineavano all’orizzonte le condizioni che avrebbero portato l’anno seguente allo scoppio della seconda guerra mondiale. Il testo originale di Katiuscia è stato scritto dal poeta russo Michail Vasilevic IsaKovskij.  Entrambi gli autori, nella loro lunga carriera, misero la loro arte a servizio della costruzione del grande mito dell’Unione Sovietica

Il tema

Katiuscia: ovvero come una canzone d’amore che tratta di un argomento universale come l’odio contro la guerra diventa poi il simbolo e il nome dei mitici lanciarazzi della seconda guerra mondiale installati sugli autocarri sovietici. Perché? Perché il tema della ragazza che pensa all’innamorato sotto le armi, impegnato in una frontiera lontana era conosciuto da tutti i soldati dell’Armata Rossa.

Camminava e cantava una canzone
Di un’aquila grigia della steppa,
Di colui che lei amava,
Di colui le cui lettere conservava con cura.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la canzone, che tratta di un sentimento universale che accomunava tanti soldati sotto bandiere diverse, si diffuse ovunque. La melodia si diffondeva, il testo veniva adattato nelle diverse lingue. Si contano almeno 41 versioni testuali differenti, tutte sulla musica originale composta da Blanter.  In italiano occorre ricordare Fischia il vento, composta nel 1943 dal partigiano Felice Cascione e Casatschok – Il ballo della steppa.

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                   GEORGE ORWELL E ANIMAL FARM

 

He was born in Bengal. After returning with his parents to England, he was sent in a school on the Sussex coast, where he was distinguished among the other boys by his poverty and his intellectual brilliance. In 1922, he went to Burma. He wanted to become a writer, and he realized how much the Burmese were ruled by the British. He spent a period in the slums of Paris and London. worked as a dishwasher in French hotels and restaurants. Those experiences gave Orwell the material for his books. His most important book is Animal Farm. This is George Orwell’s satire on equality, where all barnyard animals live free from their human masters’ tyranny. … A power-hungry pig, Napoleon, becomes a totalitarian dictator who leads the Animal Farm into “All Animals Are Equal / But Some Are More Equal Than Others” oppression. Animal Farm, known at the beginning and the end of the novel as the Manor Farm, symbolizes Russia and the Soviet Union under Communist Party rule. But more generally, Animal Farm stands for any human society, be it capitalist, socialist, fascist, or communist. Orwell’s message is this: Malicious groups of people, like the pigs, will continue to use propaganda to usurp power, to exploit the vulnerable, and to control the masses, unless courageous individuals spread the truth and stand up for those who cannot fight for themselves. This novel represents the rise of Communism in the Soviet Union. Published in 1945, Orwell’s novel tells the story of animals that rebel against their neglectful farmer. … The novel was also banned by the United Arab Emirates in 2002 because of imagery they felt was against Islamic values. One of the biggest morals within the story, and the best remembered one can be expressed through the phrase “Power Corrupts, Absolute Power Corrupts Absolutely.” Throughout the novel, the reader is able to see Napoleon the pig gradually becoming more and more corrupted as he gains more power. Animal Farm is most famous in the West as a stinging critique of the history and rhetoric of the Russian Revolution. Retelling the story of the emergence and development of Soviet communism in the form of an animal fable.

 

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               LA REVOLUTION FRANCAISE

 

La Révolution Française, est due à la crise economique et commence le quatorze juillet 1789 avec la prise de la Bastille à Paris.

Elle signe la fin de la monarchie avec l’execution du roi Luis XVI et la reine Marie Antoinette.

Ça donne le debut du pouvoir populaire avec des réformes trés importantes qui sont présents dans la dévice “Liberté, Egalité, Fraternité”.

On donne le debut aux droits des citoyens.

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ELABORATO

DA

 

ALEXANDER FRASCATORE

 CLASSE III

   SCUOLA SECONDARIA di I GRADO

GUARDIALFIERA

 a. s. 2020/2021

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