L’ innominato by karola - Illustrated by Cavallaro , Leonardi , Scuderi , Torrisi IIB  - Ourboox.com
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L’ innominato

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Artwork: Cavallaro , Leonardi , Scuderi , Torrisi IIB

  • Joined May 2021
  • Published Books 1

Il castello

La fortezza in cui vive l’innominato ,  chiamata da Manzoni ‘Castellaccio’, è situata in un punto imprecisato lungo il confine tra il Milanese e il Bergamasco e distante non più di sette miglia dal palazzotto di don Rodrigo. Sorge in cima a un’erta collina al centro di una valle, questo è  accessibile solo attraverso un sentiero tortuoso che si inerpica verso l’alto e che è dominato dagli occupanti del castello, che sono dunque al riparo dall’assalto di qualunque nemico; il castello è come un nido di aquile in cui l’innominato non ha nessuno al di sopra di se  e da dove può dominare e controllare  tutto il territorio circostante, di cui è considerato il  padrone. All’inizio del sentiero che conduce al Castellaccio si trova  un’osteria che funge da raduno per i bravi dell’ Innominato , la quale, a dispetto dell’insegna che mostra un sole splendente, è nota come la ‘Malanotte’.

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Don Rodrigo e l’ Innominato

 

L’osteria ci viene citata e descritta durante l’ episodio in cui  don Rodrigo  giunge insieme ai suoi bravi in questa e gli  viene precisato che nessuno può salire al castello armato, per cui deve consegnare ai bravi il suo schioppo. In seguito viene accompagnato all’interno della fortezza e percorre una serie di oscuri corridoi, con bravi di guardia ad ogni stanza e varie armi appese alle pareti. Giunge nella stanza in cui ha sede l’ incontro con l’Innominato , questo dopo un rapido sguardo rapido datogli a questo ascolta ciò che ha da dire. Questi non erano legati da alcun tipo di sentimento  , ciò che li univa era puramente professionale e il rispetto di Don Rodrigo nei confronti dell’ Innominato , un uomo assai più potente e esperto di lui. Ascolta il piano di Don Rodrigo e accetta abbastanza velocemente di volerlo aiutare nonostante qualche ripensamento.

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L’ Innominato

Fin da giovane l’innominato è sempre stato un ragazzo vivace e ribelle dal carattere molto forte , amava fare cose contro la legge e comandare gli altri, detestava chi non stava ai suoi ordini e finiva per avervi dei problemi ,  perciò in molti preferivano mantenere con lui dei buoni rapporti, diventando amici subordinati. Manzoni lo descrive come un uomo sulla sessantina , anche se sembra dimostrarne di più a causa dei molteplici scontri svolti durante il corso della sua vira ,grande, bruno , con pochi capelli bianchi e il viso rugoso ma che negli occhi presenta il vigore che solo un giovane possiede.  Durante il corso della sua storia  noteremo un continuo altalenare delle sensazioni e dei pensieri dell’ Innominato , il passaggio dal pensare unicamente al presente, non pentirsi delle azioni fatte, al , pensare a un domani,

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a un ‘dopo’ e provare risentimento e pentimento per le malefatte svolte durante il corso di quella che possiamo definire una ‘vita meschina’.

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Lucia

Per far si che il piano di don Rodrigo riuscisse era fondamentale l’ aiuto di Egidio , amante di Gertrude nonché amico dell’ Innominato , il ruolo di questo era convincere Gertrude a far lasciare con una scusa il monastero a Lucia così che i bravi la potessero rapire , questa , minacciata per paura che i suoi segreti venissero confessati accettò. Un giorno convocò Lucia nel confessorio e le chiese di andare a chiamare il Padre guardiano dei cappuccini per parlargli data l’urgenza. Lucia in un primo momento non era molto d’ accordo ,ma convinta dalle dolci parole di Gertrude accettò. Lucia lasciò il convento con gli occhi bassi, finché arrivò alla strada maestra e poi a quella che conduceva al convento dei cappuccini, la ragazza iniziò tranquillamente a camminare.

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Dopo pochi passi vide una carrozza da viaggio ferma, con due viaggiatori accanto ad essa che si guardavano intorno. La giovane si avvicinò,  uno dei due uomini, con un atteggiamento gentile  finse di chiederle un’indicazione sulla strada per Monza. Lucia iniziò a spiegare la strada ma mentre si voltava per indicare la giusta direzione l’altro uomo (il Nibbio) la afferrò per la vita e la sollevò da terra, cacciandola poi a forza nella carrozza mentre Lucia emetteva urla disperate. Una volta nella carrozza, un bravo che si sedette  davanti la costrinse  a sedere di fronte a lui e un altro le mise un fazzoletto alla bocca e la fece tacere, mentre anche il Nibbio montava sul veicolo. La carrozza ripartì e il quarto uomo rimasto sulla strada, accertatosi che nessuno sia accorso al grido della ragazza, sparì rapidamente.

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 Lucia era in preda al terrore e inorridita alla vista del volto minaccioso dei suoi rapitori: cercò di divincolarsi e di buttarsi verso lo sportello della carrozza, anche se le mani dei bravi la trattenevano  con forza  e le premevano  il fazzoletto sulla bocca. I tre uomini cercavano di calmarla dicendole di non volerle fare del male, ma dopo qualche istante  Lucia perse i sensi e uno dei bravi credette che sia morta, anche se il resto dei bravi era  certo che si trattasse di un semplice svenimento e che, per uccidere una donna, ci volesse ben altro. Il Nibbio li richiamò al loro dovere e ordinò di prendere i fucili, tenendoli però ben nascosti per non mostrarli alla giovane e non intimorirla inutilmente. La carrozza si inoltrò in un bosco e poco dopo Lucia rinvenne e dopo essersi resa conto della situazione, tentò nuovamente di gettarsi verso lo sportello e fuggire , ma inutilmente.

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Il Nibbio  tentò di placarla parlandole con voce calma, anche se la ragazza, terrorizzata, pregò i suoi rapitori di lasciarla andare e il Nibbio ribattè che non volevano ucciderla e che l’hanno rapita perché è stato loro ordinato, anche se ovviamente rifiutò di dire a Lucia chi è il loro mandante. La giovane, tra le lacrime, pregò ancora i bravi di lasciarla andare e li esortò a pensare a quanto patirebbero le loro figlie o le loro mogli in una simile situazione, ma gli uomini le dissero che non potevano liberarla, al che la ragazza si rivolse  in preghiera a Dio e iniziò a sgranare il suo rosario. Lucia alternò in seguito nuovi scongiuri ai suoi rapitori e altri svenimenti, durante il lungo viaggio che durò in tutto più di quattro ore.

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Intanto l’innominato attendeva con una certa inquietudine il ritorno della carrozza al castello, cosa insolita in lui  provare dentro di sé un ribrezzo e un terrore sconosciuti. Da una finestra del suo castello osservava uno sbocco della valle e qui vide a un tratto spuntare la carrozza, che avanza lentamente a causa della stanchezza dei cavalli: sentì aumentare la sua ansia e avrebbe voluto quasi ordinare al Nibbio, di voltare il passo e raggiungere subito il palazzo di don Rodrigo. Tuttavia un richiamo interiore lo distolse da quel proposito e, per non attendere senza far nulla, mandò a chiamare una vecchia donna che viveva nel castello da quando era  nata e che era cresciuta nella concezione del potere e della malvagità del suo padrone, quindi con la volontà assoluta di obbedire i suoi ordini. Appena la vecchia giunse dal padrone, questi le indicò la carrozza che si avvicinava al castello e le ordinò di allestire subito una portantina e di farsi portare alla Malanotte, 

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badando di arrivare prima della carrozza: in essa ci sarebbe dovuta essere Lucia. quindi la vecchia avrebbe dovuto ordinare al Nibbio di metterla sulla portantina e di venire subito dall’innominato, mentre la donna dovrebbe accompagnare la ragazza al castello e condurla nella sua camera. L’Innominato  raccomandò alla vecchia di non rivelare il suo nome alla giovane e, soprattutto, le ordinò di farle coraggio: la vecchia sembrò non capire cosa debba dire alla prigioniera, al che l’innominato si irritò  La vecchia corse ad eseguire gli ordini e l’innominato, rimasto solo, guarda per un po’ la carrozza dalla finestra e poi inizia a ingelosirsi delle così tante azioni riguardo che l ‘ innominato riguardava  verso un’ insulsa ragazzina.

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La notte 

Lucia era rinchiusa in una stanza del castello dell’innominato, in compagnia della vecchia serva, che aveva il compito di farle coraggio e rincuorarla; tuttavia Lucia rifiutò le attenzioni della serva, rifiutando persino il cibo che le venne portato e il letto che le era stato offerto per passare la notte.
Durante la notte Lucia riflettè sulla sua condizione drammatica, pensando al suo rapitore, se mai la libererà e pregò la Madonna decidendo di fare un voto rinunciando a Renzo se mai fosse stata liberata.

Una situazione opposta era quella dell’innominato, infatti egli non riusciva  a dormire, perché ripensava al torto fatto a Lucia, stretto dal rimorso non solo verso la giovane, ma anche nei confronti di tutte le persone che aveva straziato in ogni modo.

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Egli per la prima volta riflettè su Dio, verso la quale non aveva mai mostrato interesse, pensando anche alla vita dopo la morte, come sarebbe dovuta essere per un uomo come lui.
Così afferrò la pistola intento a suicidarsi, ma ripensando alla parole di Lucia sentite poche ore prima.
Decise che all’alba lui stesso l’avrebbe riportata dalla madre seppur sapendo che questo gli avrebbe causato conseguenze tragiche. Qualcosa in lui era cambiato.

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