UDA “Una nuova accoglienza”
Vedere Oltre
Racconti surreali
Istituto Comprensivo di Praia a Mare
Scuola Secondaria di Primo Grado di San Nicola Arcella
Classe IIIA
Dirigente Scolastico dott.ssa Patrizia Granato
Docente referente prof.ssa Pasqualina Gatto
in collaborazione con la prof.ssa Wanda Scrivano
“Vedere Oltre” è una raccolta di sei racconti fantastici scritti dagli alunni della classe IIIA della Scuola Secondaria di San Nicola Arcella, tutti ambientati nel suggestivo Comune calabrese, perla dell’incantevole Riviera dei Cedri e fonte di ispirazione creativa.
Le narrazioni seguono uno stesso filo conduttore che, spaziando tra personaggi inventati o realmente vissuti e ormai entrati nell’immaginario collettivo, in un susseguirsi di eventi verosimili e surreali porterà infine il lettore a chiedersi: “Sogno o realtà?”
Il libro stregato
Nel 1894 uno scrittore, di nome Francis Crawford, alloggiava nella sua torre situata sulla costa di San Nicola Arcella. Ogni giorno stava seduto davanti alla sua scrivania a scrivere libri, per poi venderli e racimolare qualche spicciolo che, comunque, sicuramente non bastava a fargli condurre una vita dignitosa.
Nella sua torre aveva ormai tante copie da vendere, ma nessun taccuino su cui comporre le sue storie, quindi una mattina andò dal suo edicolante di fiducia e, appena entrato, chiese: “Hai qualcosa su cui io possa scrivere?” Lui gli rispose: “Mi spiace, signore, ma il carico non è ancora arrivato. Se vuole, può trovare la nave da trasporto sulla costa.” Francis, deluso, decise ugualmente di dirigersi verso la costa. Durante il percorso lungo e frastagliato, si imbatté in una strana bancarella posizionata sotto due alberi spogli; ormai il sole era calato da tempo e questa bizzarra visione provocò molta inquietudine in Francis che, incuriosito, si diresse verso quel banchetto. Vi trovò uno strano signore, abbastanza anziano, coperto da una tunica nera e con una barba molto folta; egli stava maneggiando alcuni libri. Francis, a quel punto, incuriosito sempre di più, chiese: “Scusi, per caso ha qualche quaderno da vendermi?” Il vecchio rispose: “No, però ho un diario dove potresti scrivere sicuramente ciò che vuoi; ma mi raccomando: fanne buon uso!” Francis prese il libro e se ne andò, riflettendo sulle parole del vecchio; quando realizzò di non averlo pagato, si girò di scatto e notò che la bancarella dall’aspetto spettrale era sparita. “Che strano!” esclamò Francis, alquanto spaventato.
Arrivato a casa, decise di abbozzare qualche possibile storia, tra cui una che iniziava con la narrazione di una grande festa. Finito di scrivere l’incipit del racconto, si rese conto di che ora fosse e crollò in un sonno profondo.
La mattina seguente si svegliò bruscamente a causa di un frastuono, proveniente dall’esterno della sua torre; così, incuriosito, anche se stranamente con meno energie del solito, si apprestò a correre verso la porta e, quando l’ebbe aperta, vide l’intera costa in festa. Lui subito pensò: “Che strano!… Questo mi ricorda molto la mia storia. Bah! Si tratterà sicuramente di una coincidenza.”
Francis, sfruttando l’occasione, decise di festeggiare insieme ai suoi concittadini, per poi la sera recarsi di nuovo nella sua torre e continuare il suo racconto, stavolta parlando di un ragazzo povero e di come egli viveva. Il mattino seguente bussarono alla sua porta due uomini possenti, alti come armadi e dalle importanti vesti militari, che dovevano riscuotere tasse, stranamente molto più salate del solito, che lo portarono a finire tutti i suoi risparmi. Dopo l’allontanarsi dei due omaccioni, Francis pensò: “Perché oggi? Perché proprio a me? Ci sono molti delinquenti che vagano per le strade, quindi perché io, che sono un cittadino onesto e che contribuisce all’andamento dell’economia del paese?” “Ho capito!” esclamò Francis. “È colpa di questo libro: ogni cosa che scrivo al suo interno diventa realtà: la festa, la povertà, la strana frase del vecchio… Ora ho capito!” continuò. Per dimenticare l’accaduto, andò in giro per il paese a fare una passeggiata, che gli portò consiglio, facendolo riflettere su quali vantaggi potesse portare quel libro. Passò davanti al noto Castello dei Principi, la gigantesca reggia, sfarzosa ed elegante, insomma, la sua casa dei sogni. Subito pensò: “Mhmm… Potrei usare il libro per ottenerla e per non essere più il solito poveraccio.” Ritornato a casa, riportò sul libro i suoi desideri più avidi, inconsapevole delle conseguenze. Il mattino successivo, però, si ritrovò con i capelli brizzolati e la pelle più ruvida. Ormai non c’erano dubbi: stava invecchiando. In fondo, però, cos’erano pochi anni in cambio di grandi ricchezze? E, poi, un uomo adulto e maturo come lui non poteva farsi sopraffare dall’avidità e dal desiderio. Era questo quello che pensava e così, a furia di desiderare, arrivò da trent’anni all’età di cinquanta. Il mattino seguente si affacciò dal suo castello e vide una meravigliosa fanciulla, con gli occhi azzurri come il mare e i capelli biondi come il sole. Lui, meravigliato, esclamò: “Beh, potrei fare un’ultima richiesta al libro.” Pieno d’amore nei confronti della donna, iniziò a scrivere il suo desiderio. Il mattino seguente venne svegliato dal frastuono del campanello, aprì la porta e si trovò davanti la donna tanto sognata, che si dichiarò a lui.
Ormai Francis conduceva una vita felice tra il lusso e l’amore, esprimendo ogni tanto qualche desiderio, ad esempio la buona vendita degli ultimi suoi libri. Però un giorno, dopo avere indicato una cosa che avrebbe voluto, andò alla presentazione di un suo libro, lasciando il suo diario incustodito sulla sua scrivania; la moglie, incuriosita, iniziò a sfogliarlo e, vedendo tutte quelle richieste, capì il potenziale del diario, inconsapevole delle conseguenze, e iniziò a segnare tantissimi desideri: gioielli, borse, vestiti…. Ritornato a casa, Francis vide la moglie ancora alle prese con il libro; lui, innervosito, glielo strappò dalle mani, esclamando: “Cosa fai? Così morirò!” La moglie, impaurita, scoppiò a piangere, mentre Francis si sedeva sul divano a pensare a un modo per non morire entro la mezzanotte, quando tutti i desideri da lei espressi si sarebbero trasformati in anni di vita. All’improvviso gli venne una grandissima idea, quella di chiedere al libro di vivere tanti anni di vita quanti gliene erano stati tolti. A quel punto il libro si bruciò tra le sue mani e, dalle sue ceneri, uscì lo spirito del vecchio che glielo aveva regalato, il quale esclamò con voce poderosa: “Hai violato le regole del libro e ora sarai punito.” Fu così che tutto quello che aveva desiderato in un lampo sparì…
Lo squillo maledetto
Nel bel mezzo della notte, Alan venne svegliato dallo squillo del telefono. Ne fu molto turbato e molti pensieri gli passarono per la mente, tra cui “Chi sarà a quest’ora?”. Si alzò dal letto assopito e, con passo lento, iniziò a scendere le scale. Quel silenzio e lo scricchiolare del legno dei gradini gli crearono una certa tensione; nell’avvicinarsi alla cucina, il suono del telefono diventava sempre più ridondante. Quando oramai stava per sollevare la cornetta, pensò che fosse inutile rispondere.
“Forse è solo uno scherzo telefonico? O magari hanno chiamato per errore?” pensò. Rispose balbettando: “P-p-pronto? Chi è?”
Stranamente sembrava che ci fosse nessuno dietro il ricevitore. A un certo punto sentì vari cigolii dal piano superiore: “Sarà stato il vento?” pensò, ma in quel momento l’unica cosa che affollava la sua testa era quella chiamata anonima. Il ragazzo aspettò alcuni minuti temendo una seconda chiamata, ma la sua attesa fu vana, così decise di tornarsene a letto. Nel salire le scale, la pioggia che batteva contro le lamiere, i tuoni che importunavano i suoi pensieri, sembrava una perfetta scena horror. Preoccupato, si coricò nel letto nel tentativo di riaddormentarsi. Circa un’ora dopo, sentì il trillare del telefono, ma non rispose immediatamente; aspettò alcuni secondi, sperando nella risposta di un familiare, però così non fu. Alan, con molta pazienza, si diresse verso il telefono e decise di chiudere questa faccenda una volta per tutte rispondendo. Una seconda volta alzò la cornetta e con voce tonante chiese: “Chi c’è al di là della cornetta?! Sappiate che. se è uno scherzo, non è affatto divertente!” Ma dall’altra parte per la seconda volta nessuno rispose.
Sembrava che parlasse solo, nessuno rispondeva; il ragazzo, molto infuriato, sbatté con tanta forza la cornetta contro il suo supporto, per poi disgiungere la spina dal telefono. Poi, sempre più furibondo e snervato e con passo svelto, si diresse in camera sua. Il giovane non riusciva a prendere sonno, rimuginando sul motivo di quelle due chiamate: “Perché qualcuno dovrebbe chiamarmi a quest’ora? Saranno di sicuro delle chiamate per importunarmi!” pensò. Ma un’altra cosa disturbava la sua quiete: vari rumori provenienti dall’esterno. Così Alan, un po’ spaventato, si alzò con un brivido lungo la schiena e, con passo anfibio, si avvicinò lungo la finestra, per controllare il motivo di quegli strepiti molesti. Il ragazzo inizialmente non vide molto, solo un’ombra scattante, che girovagava intorno a casa sua; per un istante venne preso dal panico, ma si ricordò i soliti erranti che girovagavano lungo il belvedere o per le vie del centro di San Nicola Arcella, in cerca di svago, di soldi e di cordialità. Alan si coricò nel letto, nella vana speranza che quella notte si concludesse.
Erano le cinque di mattina, quando un suono svegliò Alan; inizialmente pensò che fosse la sveglia ma, guardando l’orario, capì che non lo era, allora si alzò per capire da dove provenisse il segnale. Scendendo le scale lo sentiva sempre di più e, girandosi, capì che il suono proveniva dalla cucina; in quel momento Alan fu molto sgomento, perché ricordò di avere staccato la presa. Si avvicinò al telefono sempre più perplesso e impaurito allo stesso tempo: la spina era staccata. Alan era molto curioso. Prese la cornetta del telefono. “Per l’ennesima volta! Chi è?” domandò con voce alta, molto adirato, ma questa volta udì una voce: “Buonasera!”
Alan fu sorpreso da quella risposta.
“Parlo con Barrie Jones?”
“Sono il figlio! Sa, io almeno a quest’ora starei dormendo!” disse Alan con tono ironico, ma chi lo aveva disturbato per tre volte non si scusò minimamente dell’orario inopportuno. “Posso sapere con chi sto parlando?” chiese Alan, spazientito.
“Sono un suo parente molto lontano. Mi farebbe piacere parlare con Barrie, se è in casa!”
“In questo momento mio padre sta dormendo.” rispose Alan.
“Ma è in casa?” insisté la voce. “Ovviamente. A quest’ora dove dovrebbe essere?” ribatté Alan.
Ad un tratto la chiamata si chiuse e un forte frastuono arrivò alle orecchie di Alan.
Con passo veloce si diresse nel piano superiore, aprì le tre porte più vicine, ma non trovò nulla di diverso. Schiudendo la camera dei genitori, notò la loro scomparsa, con la finestra demolita. Alan penso tra sé e sé “Sarà di sicuro un sogno, anzi, che dico? Un incubo! Tutte quelle chiamate mi avranno influenzato nel sonno.” Quindi, con la vaga idea che si fosse trattato di un sogno, se ne tornò a dormire.
Il mattino seguente, Alan venne svegliato pesantemente dalla sorella, che gli ribadiva: “Svegliati, altrimenti faremo tardi a scuola!” Alan si avvicinò con passo rapido alla camera dei genitori, ma non vide nessuno, solo il letto ben ordinato, con la finestra dal panorama mozzafiato sulla spiaggia più bella sempre là, al suo posto. La sorella andò da lui, ma non sembrava essere affatto spaventata, a differenza di Alan, come se per lei non fosse una circostanza nuova. “Dove sono i nostri genitori?” chiese Alan a sua sorella.
“Come? Non ti ricordi? Siamo orfani da ormai dodici anni.”
Alan non sapeva cosa risponderle: “Sono davvero orfano da tutti questi anni? Cosa significava tutto ciò?” Alan si diresse a scuola con la sorella, pensando e ripensando a tutto quello che era successo…
La maschera
Era sera e Pietro, appena tornato dal lavoro, si rilassava sul divano. Chiamò un locale per farsi portare una buonissima pizza con l’ananas. Era una sera particolare e aveva finito presto, cosa che non succedeva quasi mai, quando nel parco Palinuro notò uno strano e inquietante silenzio. A un tratto arrivò a casa sua l’amico Mario che, molto agitato, esclamò: “Dimmi! Cosa c’è di importante?” Pietro, stranito, domandò: “Ma… perché sei qui?” “Ma sei scemo? Mi hai chiamato dicendomi di venire immediatamente a casa tua e che ti serviva aiuto!” Subito dopo gli fece vedere il registro delle chiamate, su cui effettivamente appariva una telefonata da parte sua.
Mentre discutevano in cucina, sentirono voci provenire dalla tv, controllarono e la trovarono accesa, ma mandava in loop un messaggio registrato di una persona che indossava una maschera da teatro e che continuava a ripetere dei numeri con un distorsore vocale: “121, 6, 100, 121, 6, 100.”
“MA COS’È QUESTA COSA?!? PRIMA MI ARRIVA UNA TUA CHIAMATA DOVE MI CHIEDI AIUTO E ADESSO QUESTO?!?” Mario era davvero confuso. Segnarono i numeri 121, 6, 100, dopodiché la persona con la maschera disse: “Il gioco comincia.”
Pietro e Mario provavano a capire il significato di quei numeri, quando arrivò un messaggio da un numero sconosciuto: era la foto di Pietro e Mario che guardavano il videomessaggio. Mario esclamò bruscamente: “Basta! Mi sono stancato, adesso tu chiami la polizia!”
La telefonata partì: “Buonasera, ho un’emergenza. Credo ci sia qualcuno in casa mia. È arrivata una foto sul cellulare di me e di un mio amico ritratti mentre guardavamo la tv.” Il carabiniere replicò con la stessa voce distorta: “Non pensavo foste così ingenui, continuate il gioco!” Dopo vari minuti di riflessione, Mario capì che si trattava di coordinate, le inserirono nel navigatore e partirono; sembrava una strada in mezzo al nulla, fino a quando scorsero il Palazzo dei Principi, a San Nicola Arcella.
Quel punto sulla mappa indicava un palazzo diroccato, praticamente abbandonato. I due entrarono; appena varcata la porta, l’edificio sembrava più vecchio di prima: videro l’uomo mascherato col cellulare di Pietro e un accendino in mano. “COSA?! MA QUANDO HAI PRESO IL MIO TELEFONO?!” Pietro, però, si accorse anche che il telefono era ancora nella sua tasca.
L’uomo si tolse la maschera e Pietro si ritrovò faccia a faccia con il suo riflesso. Giunse vicino a lui un’altra figura, uguale a Mario. Con sgomento capirono di non avere a che fare con i loro alter ego: avevano davanti i loro cadaveri!
A quel punto Pietro urlò: “BASTA! NON VOGLIO PIU’ AVERE A CHE FARE CON TE!”
Pietro prese per il braccio Mario e tornarono a casa. Mario, spaventato per l’avvenimento inquietante, aveva deciso di dormire da Pietro.
La mattina seguente Pietro non trovò Mario; lo chiamò al cellulare, ma nulla. “Forse è andato via senza svegliarmi.” pensò, e andò al lavoro. Tornò presto e riprovò la stessa strana sensazione della sera prima. Mario bussò alla porta, molto agitato, dicendo: “Dimmi! Cosa c’è di importante?” Pietro a quel punto esclamò: “No, non è possibile! Vieni, andiamo in un posto.” Prese una pistola che teneva nascosta. “Ehi, cosa devi fare con quella?” “Ci servirà, fidati.”
Ritornarono al palazzo, entrarono e lo stesso uomo con la maschera era lì presente. A quel punto Pietro prese tutto il suo coraggio e iniziò a sparare. Quell’individuo misterioso sembrava non mostrare alcun cenno di debolezza. “Non capisci, io sono già morto.” disse l’uomo. Allora Mario corse verso di lui e, in un secondo, lo immobilizzò. Poi urlò: “Presto, prendi il telefono e brucialo!” Pietro eseguì gli ordini di Mario, ma, per errore con l’accendino si fece una bruciatura sulla mano. Dopo avere distrutto il telefono, la figura iniziò a dissolversi pian piano e si sentì una debole voce che sussurrava: “Ci rivedremo.” A quel punto Pietro si alzò dal letto tutto sudato. “Era solo un sogno.”
Mentre si preparava, però, sul dorso della sua mano notò la stessa scottatura del sogno.
La sirena
È il tramonto. Una donna cammina in riva al mare: è Marisol, una fantastica surfista dagli occhi azzurri e dai capelli biondi. Marisol si prepara a immergersi nelle acque dell’Arcomagno, una splendida scultura naturale in roccia che si apre maestosamente dal mare, di colore verde cristallino lì vicino e poi più azzurro verso l’orizzonte, sulla spiaggia di San Nicola Arcella, un piccolo paesino della Calabria. Marisol è pronta ad allenarsi in vista della gara e aspetta che il mare si agiti.
Quando le onde diventano perfette, la donna comincia a surfare; arriva al largo e, di colpo, il cielo si riempie di nuvoloni neri. “Una tempesta!” grida Marisol. Dall’acqua esce una donna dai capelli lunghi e unti; i suoi occhi sono neri come le ombre più scure, la pelle è violacea e le mani sono per metà umane e per metà ricoperte di squame. Quell’essere strano guarda la ragazza e poi comincia a nuotare come un pesce; al posto delle gambe ha una coda: è una sirena.
Così decide di seguirla con la sua tavola da surf; lei è più veloce, ma Marisol è una campionessa, cavalca le onde, fino a quando arriva dentro una grotta, la grotta di San Nicola Arcella, una magnifica caverna rocciosa nero scintillante. Quando vi si entra, sembra di essere in paradiso: l’acqua è di un colore azzurrino, sfumato con il blu, e piena di piccoli pesciolini . Di solito, d’estate, per i turisti un tour con la barca permette di esplorarla, ma nessuno sa che dentro quella grotta, nelle profondità, dimora una sirena. La donna scende giù in fondo e Marisol, incuriosita, si tuffa e la segue, inabissandosi. C’è una grande tana, dove giacciono scheletri. SCHELETRI! Marisol ne tocca uno: sono ossa di UOMO!
Proprio in quel momento si sentono dei rumori: BOOM, BOOM! La grotta sta cadendo! CADENDO!
Dalle acque spunta la sirena. Sta per afferrare Marisol. BOOM! Tutto si fa nero…
Si sveglia sulla spiaggia dell’Arcomagno, con la tavola da surf accanto, si alza e inizia a surfare.
L’uomo senza volto
Nel cuore della notte mi svegliai madido di sudore, con le gocce che mi scorrevano lungo tutto il viso: avevo avuto un brutto incubo. Cercai di riaddormentarmi, ma non ci riuscii subito. Il giorno dopo, andai a scuola e mi accorsi che, mentre le persone parlavano, io non sentivo altro che un fruscìo confuso; ad un certo punto iniziai a vedere tutto sfocato… continuò in questo modo per tutta la giornata di scuola; poi, all’uscita per tornare a casa, mi diressi verso un monumento, il luogo dedicato ai caduti in guerra del paese, presso cui tutti i ragazzi, o quasi, si incontrano per uscire e passare i pomeriggi. Proprio al parco intravidi un uomo: era vestito di nero e sembrava quasi mi stesse osservando da dietro un albero; era molto, molto inquietante… Ma non ci feci troppo caso, dato che andavo di fretta. Quando mi girai, non lo vedevo più, ma poi lo intravidi nascosto tra le fronde di un albero, proprio quello sotto cui stavo passando! Cominciai a correre quanto più potevo, ma mi fermai subito, perché soffro di asma da quand’ero piccolo. Riuscii ad arrivare solo al Comune ed entrai per denunciare il fatto: «Aiuto! Aiuto!»
Si girarono verso di me. «Mhhhhh! Mhhhh!». Le parole si trasformarono tutte in un odioso mugolio e iniziarono tutti a ridere di me, credendo che fossi pazzo, così uscii. Quando guardai verso uno sportello, uno di quelli dove si va per richiedere dei documenti, mi accorsi di una cosa agghiacciante: il misterioso uomo che pareva mi stesse seguendo era proprio lì, dietro il bancone, vestito con un completo nero. Mi presi qualche istante per osservarlo: il suo volto era… vuoto. In che senso vuoto? Sembrava impossibile, ma il suo viso era totalmente privo di lineamenti, non vi era la minima presenza di bocca, naso, occhi e orecchie, tantomeno capelli. Attorno a lui vi erano delle strane particelle che vibravano e persino la sua figura non era “stabile”: pareva che avesse delle interferenze, se così si possono chiamare. Sfarfallava e creava un fastidioso ronzio, come quello che producevano le vecchie tv quando mancava il segnale.
Dava la strana idea che potesse viaggiare tra lo spazio e il tempo: ecco la causa di quelle distorsioni. Sembrava assurdo, pensavo che queste cose esistessero solo nei film e, invece, era tutto vero.
Preso dallo spavento, cercai il telefono, che portavo sempre con me, per chiamare i miei migliori amici Giulia e Christian, ma era scomparso. Era un fatto molto insolito, perché appunto portavo il cellulare in qualsiasi momento.
Andai con molta calma a casa dei miei amici fidati. Giulia è una ragazza non molto alta, dai capelli lisci, lunghi e neri, e ha sempre l’abitudine di fare battute senza senso; ma, attenzione, perché se non ridi si arrabbia… Christian è un ragazzo estroverso, con i capelli rossi tendenti all’arancione, ricci, e la sua caratteristica principale è quella di avere molte lentiggini, sparse per tutto il volto. Partii di corsa dal Comune e, non so perché, ma dalle due circa del pomeriggio, che erano dieci minuti prima, vidi subito il sole tramontare nel meraviglioso mare sannicolese. Arrivai in cinque minuti a casa dei due fratelli e, subito, cercai di raccontare l’accaduto; strano ma vero, mi credettero e decisero di aiutarmi a creare delle trappole, perché avevamo il presentimento che l’uomo mi stesse perseguitando.
Era strano che nessuno dei nostri genitori fosse al corrente della situazione o che non fosse almeno presente. Iniziammo a prendere di tutto, barattoli, puntine, biglie, olio, padelle, scope…
Le posizionammo in modo da creare una decina, se non di più, di trappole. Restammo in guardia muti per poco più di dieci minuti; l’unico rumore che si poteva udire erano i nostri sospiri, pieni di angoscia e ansia. Finché suonò il campanello; con molta cautela andammo tutti e tre insieme ad aprire il portone, per non cadere nelle nostre stesse trappole, aprimmo il portone e… era il postino, che recapitò una lettera a me: strano, visto che quella non era casa mia.
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Decidemmo, dopo mille pensieri, di aprirla, e leggemmo: «Ah, poveri illusi! Quello che state facendo non servirà a nulla. Se volete fare qualcosa, seguite ciò che dico: Tira l’ancora, Ora senti il mare, Rilassati, Rimani ad ascoltare. Ecco, ora stai fermo… Cerca l’orizzonte, Rivela i tuoi segreti, Ascolta il silenzio. Wow, che serenità! Forti i tuoi pensieri voleranno. Oh, che bel paesaggio! Ricorda i bei momenti, Dedica a te tutto.» Poi sotto c’era scritto: «PS: leggi bene tra le righe.» «Ma cosa vuol dire tutto ciò?” chiese stranita Giulia. Pensammo per all’incirca trenta minuti, finché Christian esclamò: «Ho capito! Basta leggere le prime lettere di ogni frase, credo.» Provammo e ciò che Christian disse sembrava essere vero. Si formò la seguente parola: T O R R E C R A W F O R D. Era la Torre Crawford.
Il postino rimase davanti alla porta finché non trovammo la soluzione all’enigma; poi sparì. Solo quando non lo vedemmo più, realizzammo che il postino che ci aveva consegnato la lettera era l’oscura entità che mi dava la caccia.
Preparammo gli zaini in tutta fretta, con bastoni per difenderci. Uscimmo che era ancora giorno. Non si sa come, fino a due ore prima sembrava fossero le venti, e ora…
Arrivammo alla torre, entrammo, assicurandoci che nessuno fosse nei paraggi, e iniziammo a cercare in ogni angolo della meravigliosa torre, che fu abitata dal famoso scrittore Francis Marion Crawford. Finalmente lo trovammo! Che cosa? Beh, era un foglio, dove vi era scritto di andare all’Arco Magno, a piedi molto lontano dal punto in cui eravamo.
Ci avviammo con calma, dato che la camminata sarebbe stata moooolto lunga e correre sarebbe risultato inutile.
Quando ormai eravamo quasi arrivati, Giulia disse: «Aspettate, dovremmo dire ai nostri genitori dove siamo!» «Ma no, faremo subito!» rispondemmo. «Io li chiamo lo stesso,» ribatté ancora lei; mise la mano nella tasca e subito urlò: il suo telefono non c’era. Controllò anche Christian e anche il suo sembrava scomparso. Pensammo che li avessero lasciati a casa, quindi proseguimmo la nostra avventura. Eravamo finalmente giunti.
Scendemmo sulla spiaggia per il sentiero, e, come previsto, l’uomo era già là, probabilmente da molto. Era munito di una scatola, che venne bruscamente lanciata verso di noi. Dentro c’erano i nostri telefoni e, nelle gallerie, foto di noi, dalla nostra nascita fino a qual preciso momento. Per la troppa inquietudine svenni.
Mi ridestai su un lettino di un ospedale, credo. Appena aprii gli occhi, con la vista appannata vidi i contorni del volto di mia madre, che mi disse: «Finalmente ti sei svegliato!»
La misteriosa notte di San Lorenzo
Era la mezzanotte della sera di San Lorenzo. Tre ragazze, Anna, Emily e Giorgia, passeggiavano in riva al mare aspettando le famose stelle cadenti, quando ricevettero una chiamata dai loro amici Cristian e Alessandro. «Ehi, Giorgia. Siete a mare? Io e Cristian stiamo andando all’Arco magno. Voi dove siete?» Era il loro amico Alessandro. «Noi siamo su una spiaggetta libera.» rispose Giorgia con tanta calma e tranquillità; poi prese il telefono in mano Anna, che rispose contrariata: «Troppa gente nelle altre spiagge. Venite qui, è più tranquillo.» Si salutarono e si diedero appuntamento all’inizio della spiaggia di San Nicola Arcella. «Che notte meravigliosa, tranquilla e illuminata da stelle fantastiche.” disse sospirando Emily, mentre osservava il cielo e la luna che davano luce a tutto.
A un tratto da una grotta una voce ignota interruppe l’incanto. «Ragazze, ma cosa ci fate qui tutte da sole? E poi così tardi.» disse singhiozzando. Le tre amiche si guardarono l’un l’altra, preoccupate come non mai. Anna, tremando, chiese: «Avete sentito anche voi, giusto? Oppure sto sognando? Aiuto!» Le ragazze iniziarono a non capire bene quello che stava succedendo. Erano per lo più sgomente, tanto che, se qualcuno avesse chiesto loro qualcosa, non avrebbero saputo cosa rispondere. Erano proprio messe male. Anna avanzò e incitò le altre a entrare. Anche se erano un po’ impaurite, avevano deciso di scoprire cosa si celasse dentro la caverna e soprattutto se la voce provenisse da là.
Così Emily, la ragazza più coraggiosa, prese la torcia in mano. «Ok, allora basta. Io vado a controllare.» Le altre, subito dopo, aggiunsero: «Veniamo anche noi.» E così anche loro accesero le torce e partirono per una nuova scoperta, molto intrigante. Dopo più di dieci minuti a cercare qualcuno o qualcosa, Emily esclamò: «Riposiamoci un po’.», con voce molto affannata. Però accadde qualcosa. Emily, ormai la più amata di quel gruppo, scoprì un’entrata segreta della grotta. La ragazza fece segno alle altre di entrare; sebbene intimorite, dovevano assolutamente capire cosa stesse accadendo: a chi apparteneva quella voce?
Con passo incerto, entrarono nella caverna e si ritrovarono in un posto buio e umido. Le pareti erano fatte di roccia bagnata. Anna proseguì prima delle altre perché era molto curiosa e notò di non riuscire più a vedere perché non c’era nulla che illuminasse quel posto, quindi accese la torcia del telefonino. Notarono delle scalette che portavano in alto. Giorgia, allora, puntualizzò: «Se qualcuna di voi vuole tirarsi indietro, che lo dica ora. Io devo sapere assolutamente cosa si nasconde lassù.» Emily guardò Anna. «No, tranquilla. Noi veniamo con te.» Annuirono e salirono le scalette.
Al di sopra trovarono una grotta un po’ più piccola di quella precedente. Di punto in bianco sentirono di nuovo quella voce misteriosa che, con tono alterato e minaccioso, sbraitò: «Come osate voi, stupide ragazzine, entrare nella mia grotta?» Era un uomo molto anziano, dai capelli bianchi e di bassa statura. Schioccando le mani, in un baleno le fece sparire…
Così, disorientate, si ritrovarono fuori dalla grotta, davanti agli sguardi allibiti dei loro amici.
INDICE
Il libro stregato
Giandomenico Errigo, Dennis Salemme, Andrea D’Isa
Lo squillo maledetto
Aldo Bloise, Ruben Sangiacomo, Agostino Sandonato
La maschera
Lorenzo Bigarelli, Brian Simonetti, Gabriele De Stefano
La sirena
Asia Cosentino, Antonella Galiano, Vincenzo Petrone
L’uomo senza volto
Daniel D’Auria, Serena Oliva, Asia Simonetti, Matteo Mandato
La misteriosa notte di San Lorenzo
Ludovica Marino, Vivien Vacca, Alessandra Mandato
Impaginazione digitale a cura di: Daniel D’Auria
Published: Apr 29, 2021
Latest Revision: May 29, 2021
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