UN RACCONTO INEDITO DI UN’AUTRICE DI FAMA INTERNAZIONALE, LIA LEVI, SUI VISSUTI DI BAMBINI EBREI IN TEMPO DI GUERRA, SU COSA VUOL DIRE “ESSERE DIVERSO, EMARGINATO, PERSEGUITATO”, MA ANCHE SULLA CAPACITA’ DI RESISTERE E SUL VALORE DELLA VITA.
CHI E’ LIA LEVI
Lia Levi, nata a Pisa nel 1931 da una famiglia piemontese di origine ebraica, ha vissuto da bambina le persecuzioni razziali e la deportazione nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Ha voluto testimoniare la sua esperienza nel suo primo romanzo, Una bambina e basta, pubblicato nel 1994 e vincitore del Premio Elsa Morante opera prima; da allora ha continuato a scrivere romanzi sia per adulti che per ragazzi, più volte premiati e apprezzati da pubblico e critica. È un’importante testimonianza dell’ebraismo italiano.
Con Questa sera è già domani ha vinto il Premio Strega Giovani del 2018.
Ora vive e lavora a Roma, dove ha anche fondato e diretto per trent’anni il mensile della comunità ebraica Shalom.
Lo so, quella notte non ho fatto altro che strillare. Sempre. L’intera notte. Io ero lì davanti a voi in affannosa altalena tra una culla e le vostre braccia esauste.
Eravate commoventi a vedervi nella vostra sfinitezza. Ma io urlavo lo stesso. Non era colpa mia se voi eravate tanto giovani e incapaci. Diciassette anni non va bene per diventare genitori.
Di me non sapevate proprio cosa fare, e non vi do torto.
Mia nonna Costanza, anche se era ancora arrabbiata con te, Colomba, e con te, Angelo, per quel pasticcio che avevate combinato, ci avrebbe preso in casa, e per me forse sarebbe stato meglio. Ma voi no. Siete stati orgogliosi e vi siete trovati una specie di stanza dove ci siamo sistemati un po’ allo stretto. I vostri gesti, ve lo devo dire, erano goffi e sempre impacciati. Tanto diversi da quelli di nonna Costanza che, appena poteva veniva a darvi una mano.
Quando siete andati a sposarvi eravate così belli nel groviglio della vostra giovinezza! Era un giorno difficile, ma quasi per brindare al vostro matrimonio, là fuori era successa una cosa buona. Il Regime fascista era stato rovesciato. E così, insieme al vostro matrimonio, tutti festeggiavano allegri il ritorno a una vita libera. Certo, la guerra restava, ma chissà che presto finisse anche lei, dicevano, magari per festeggiare anche il giorno in cui fosse stato il mio turno di venire alla luce.
Ma nel “dopo” le cose non sono andate bene come tanti speravano. Il regime fascista era caduto, però la guerra, incertamente finita, era tornata più crudele di prima. Nelle città comandavano le truppe tedesche, anche quelle che avevano come vessillo “morte a tutti gli ebrei.” Così la mia giovane futura mamma ogni tanto tremava e ogni tanto sperava. E per il mio giovane padre suppergiù era la medesima cosa. Intanto io avevo visto il vostro volto. Quando noi neonati apriamo gli occhi sul mondo nelle prime settimane, ancora siamo un pò di qua e un pò di là. E io alzavo il mio grido verso la luna nera. Mio padre e mia madre quella notte si muovevano sempre più stanchi, incapaci di trovare qualcosa che riuscisse a calmarmi.
Avete passato con me tutta la notte senza poter trovare uno spiraglio per abbandonarsi a una briciola di sonno . Eravate così stanchi e sconfitti!
Mamma, papà, io vi chiedo scusa. Non è vero che urlavo per punirvi perché con la vostra impacciata giovinezza non eravate capaci di occuparvi di me. Non è stato questo il motivo.
Ho urlato perché sapevo. Sapevo dei soldati della mattina dopo e sapevo del treno. Sapevo dei soldati della mattina dopo e sapevo che su quel treno IO avrei trovato il termine dei miei cinque giorni di vita nel vostro mondo. Ormai non percepivo più nulla. Pensavo a voi così giovani e forti! Pensavo che ce l’avreste fatta e forse, chissà, forse sarà andata davvero così.
Avete passato con me tutta la notte senza poter trovare uno spiraglio per abbandonarsi a una briciola di sonno . Eravate così stanchi e sconfitti!
Mamma, papà, io vi chiedo scusa. Non è vero che urlavo per punirvi perché con la vostra impacciata giovinezza non eravate capaci di occuparvi di me. Non è stato questo il motivo.
Ho urlato perché sapevo. Sapevo dei soldati della mattina dopo e sapevo del treno. Sapevo dei soldati della mattina dopo e sapevo che su quel treno IO avrei trovato il termine dei miei cinque giorni di vita nel vostro mondo. Ormai non percepivo più nulla. Pensavo a voi così giovani e forti! Pensavo che ce l’avreste fatta e forse, chissà, forse sarà andata davvero così.
LE NOSTRE RIFLESSIONI
Il pianto del bambino di Angelo e di Colomba è molto significativo, perché lui sapeva che la mattina seguente sarebbe salito insieme ai suoi genitori su quel treno che li avrebbe portati nel Campo di Concentramento. Il bambino sapeva che lui, così piccolo e indifeso, non ce l’ avrebbe fatta e per questo, attraverso il suo pianto continuo, desiderava che nessuno si dimenticasse di lui.
D’altra parte non aveva altro modo per farsi sentire. Lui ha urlato perché sapeva dei soldati della mattina dopo e sapeva del treno. Sapeva che su quel treno avrebbe trovato il termine dei suoi cinque giorni di vita nel
mondo di mamma Colomba e di papà Angelo.
Questo racconto ci porta a pensare quanto sia stato difficile nel periodo del fascismo vivere la vita. Penso a tutti quei bambini che non hanno avuto la possibilità di crescere e di trascorrere momenti felici
con i propri cari.
Penso a quanto sia stato difficile per Colomba ed Angelo assumersi la responsabilità di un figlio vista la loro tenera età, penso a quanti sacrifici abbiano fatto in quel triste periodo, ma soprattutto la grande tristezza di non poter vedere crescere la loro ragione di vita.
Storia emozionante che ci ha fatto riflettere sul significato della vita. Noi troviamo ingiusto categorizzare la gente in base a scelte religiose o altro perché ognuno deve essere se stesso. Grandi o piccoli che siamo dobbiamo dare il nostro contributo e rendere questo mondo un posto migliore
Da questo racconto, abbiamo capito che l’amore non ha limiti, supera ogni ostacolo se è vero.
I problemi che si incontrano, nel tempo, si riescono a superare se si vuole. Questa coppia di ragazzi giovanissimi, in attesa di un bimbo insieme sono riusciti a creare una famiglia ,sposandosi sono andati a vivere insieme nonostante le incertezze del momento.
Quindi non ci resta che dire di non arrendersi mai ai problemi.
“ Io ho urlato per voi. Volevo solo dirvi che non vi dimenticaste di me. Tutto qui. Scusatemi se vi ho così tanto disturbato. Non mi era venuto in mente null’altro. Da regalarvi avevo solo il mio grido”
Classi QUINTE Plesso Vittorio Squillaci 1° C.D.Castrovillari
Ins.Macrini Maria
Published: Dec 10, 2020
Latest Revision: Dec 10, 2020
Ourboox Unique Identifier: OB-960584
Copyright © 2020