A Silvia, Giacomo Leopardi by Marina De Luca - Illustrated by Bacchi Lisa, De Luca Marina, Lombardi Manila, Toni Giada - Ourboox.com
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A Silvia, Giacomo Leopardi

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Artwork: Bacchi Lisa, De Luca Marina, Lombardi Manila, Toni Giada

  • Joined Dec 2020
  • Published Books 3

TESTO.

 

Silvia, rimembri ancora

quel tempo della tua vita mortale,

quando beltá splendea

negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,                

e tu, lieta e pensosa, il limitare                          5

di gioventú salivi?

 

Sonavan le quiete

stanze, e le vie dintorno,

al tuo perpetuo canto,                                  

allor che all’opre femminili intenta                10

sedevi, assai contenta

di quel vago avvenir che in mente avevi.

Era il maggio odoroso: e tu solevi

cosí menare il giorno.      

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Io, gli studi leggiadri                                          15

talor lasciando e le sudate carte,

ove il tempo mio primo

e di me si spendea la miglior parte,

d’in su i veroni del paterno ostello             

porgea gli orecchi al suon della tua voce,      20

ed alla man veloce

che percorrea la faticosa tela.

Mirava il ciel sereno,

le vie dorate e gli orti,                                    

e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.   25

Lingua mortal non dice

quel ch’io sentiva in seno.

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 Che pensieri soavi,

che speranze, che cori, o Silvia mia!          

Quale allor ci apparia                                        30

la vita umana e il fato!

Quando sovviemmi di cotanta speme,

un affetto mi preme

acerbo e sconsolato,                                       

e tornami a doler di mia sventura.                  35

O natura, o natura,

perché non rendi poi

quel che prometti allor? perché di tanto

inganni i figli tuoi?                                        

 

Tu, pria che l’erbe inaridisse il verno,           40

da chiuso morbo combattuta e vinta,

perivi, o tenerella. E non vedevi

il fior degli anni tuoi;

non ti molceva il core                                    

la dolce lode or delle negre chiome,               45

or degli sguardi innamorati e schivi;

né teco le compagne ai dí festivi

ragionavan d’amore.

6
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Anche pería fra poco                                     

la speranza mia dolce: agli anni miei             50

anche negâro i fati

la giovanezza. Ahi, come,

come passata sei,

cara compagna dell’etá mia nova,               

mia lacrimata speme!                                        55

  Questo è quel mondo? questi

i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,

onde cotanto ragionammo insieme?

Questa la sorte dell’umane genti?             

All’apparir del vero                                            60

tu, misera, cadesti: e con la mano

la fredda morte ed una tomba ignuda

mostravi di lontano.

8
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PARAFRASI.

 

Silvia, ti ricordi ancora di quando eri giovane,  quando splendeva la bellezza 

nei tuoi occhi Ridenti e schivi, e tu, serena e pensosa, superavi la soglia della gioventù?

 

Risuonavano al tuo continuo canto le stanze silenziose e le vie intorno, mentre sedevi occupata in attività femminili, molto contenta di quel vago futuro che avevi in mente.

Era il maggio profumato: e tu solitamente trascorrevi così la giornata.

 

Io, da sopra i balconi della casa paterna, dove passai la mia infanzia e impiegai la parte migliore di me, lasciando momentaneamente gli studi piacevoli e i libri faticosi, porgevo ascolto al suono della tua voce e alla mano che veloce percorreva la dura tela .

Osservavo il cielo limpido, i campi dorati e gli orti, da una parte il mare lontano e dall’altra le montagne. Le parole degli uomini  non sono in grado di esprimere quello che io sentivo nel cuore.

10

Oh Silvia mia, che dolci pensieri, che speranze, che sentimenti! Che in quel momento mi apparivano così la vita umana e il fato. 

Quando mi ricordo della tua tanta speranza, provo un sentimento immaturo e sconfortato, e torno a offrire per la mia fortuna. 

Oh natura, oh natura, perché non mantieni poi quello che hai promesso un tempo? Perché a volte inganni i tuoi figli? 

 

Tu prima che l’inverno inaridisse l’erba, morivi combattuta e vinta a causa di una malattia occulta, oh giovincella. E non vedevi il fiorire dei tuoi anni migliori: non ti addolciva il cuore la lusinga dei capelli scuri oppure degli sguardi innamorati e schivi, né le compagne parlavano d’amore con te nei giorni festivi. 

 

Anche la mia dolce speranza moriva dopo poco: anche ai miei anni il fato ha tolto la giovinezza. 

Ahi come, come sei passata mia dolce compagna della mia giovane età, mia rimpianta speranza! 

Forse è questo quel mondo ? Sono queste le passioni, gli amori, le attività gli eventi che abbiamo tanto immaginato insieme? 

Questa è la sorte degli uomini ? Quando la realtà si mostrò, tu, sfortunata, moristi: e con la mano mostravi da lontano la fredda morte e una tomba spoglia.

11

PARAFRASI INTERPRETATIVA.

Silvia ti ricordi ancora di quando eri in vita ed eri giovane, quando splendeva la bellezza nei tuoi occhi ridenti e schivi, e tu, serena e pensosa superavi l’età adolescenziale e crescevi? Risuonavano al tuo continuo canto le stanze silenziose e le vie intorno, mentre sedevi occupata in attività femminili, molto contenta di quel incerto futuro al quale stavi pensando. Era il maggio profumato: e tu solitamente trascorrevi così la giornata. Io, da sopra i balconi della casa paterna, dove passai la mia infanzia e impiegai la parte migliore di me, interrompendo momentaneamente gli studi piacevoli e i libri faticosi, porgevo ascolto al suono della tua voce e alla mano che velocemente percorreva la dura tela. Osservavo il cielo limpido, i campi dorati e gli orti, da una parte il mare lontano e dall’altra le montagne. Nessuna parola degli uomini può dire quello che io provavo nel cuore. Oh Silvia mia, che dolci pensieri, che speranze, che sentimenti! Che in quel momento ci apparivano così la vita umana e il fato. Quando mi ricordo della tua tanta speranza, provo un sentimento immaturo e sconfortato, e torno a soffrire per la mia sfortuna. Oh natura, oh natura, perché non mantieni poi quello che hai promesso un tempo? Perché a volte inganni i tuoi figli? Tu prima che l’inverno inaridisse l’erba, morivi combattuta e vinta, a causa di una malattia occulta, oh giovincella. E non vedevi il fiorire dei tuoi anni migliori: non ti lusingava la dolce lode dei capelli scuri, o degli sguardi innamorati e schivi, né le compagne che parlavano d’amore con te nei giorni festivi. Anche la mia dolce speranza moriva dopo poco: anche ai miei anni il fato ha tolto la giovinezza. Ahi come, come sei passata mia dolce compagna dell’adolescenza, mia rimpianta speranza! Forse è questo  quel mondo? Sono queste le passioni, gli amori, le attività, gli eventi che abbiamo tanto immaginato insieme? Questa è la sorte degli uomini? Quando la realtà si mostrò, tu, sfortunata, moristi: e con la mano mostravi da lontano la fredda morte e una tomba spoglia.

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COMMENTO.

 

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