Albio Tibullo Elegie
accattivante (Proposto da Sara A.)
Rumor ait crebro nostram peccare puellam:
nun ego me surdis auribus esse velim.
Crimina non haec sunt nostro sine facta dolore:
quid miserum torques, rumor acerbe? Tace.
Gira voce che la mia fanciulla spesso mi tradisca:
allora vorrei che le mie orecchie fossero sorde.
Queste accuse si diramano non senza mio strazio:
perchè tormenti un infelice, o voce severa? Taci.
Gaio Valerio Catullo, Odi et amo (Carme 85): accattivante (Proposto da Francesca A.)
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato
Catullo, Carme
coinvolgente (Proposto da Giorgia A.)
Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum seueriorum
omnes unius aestimemus assis!
soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit breuis lux,
nox est perpetua una dormienda.
da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus inuidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo(ci),
e le chiacchiere dei vecchi troppo severi
consideriamole tutte un soldo.
I giorni [i soli] possono tramontare e ritornare;
noi, una volta (semel) che la breve luce è tramontata,
dobbiamo dormire una sola eterna notte.
Dammi mille baci, (e) poi cento,
poi mille altri, poi ancora cento,
poi di seguito/ininterrottamente altri mille, (e) poi cento.
Poi, quando ne avremo totalizzate [lett: avremo fatto] molte migliaia,
rimescoleremo quelli, per non conoscere (il totale),
o perché nessun maligno possa gettar(ci) il malocchio (invidere),
quando sappia quanto è grande (il numero) dei baci.
Orazio Flacco Ode I 9
fantastica (Proposto da Lorenzo B)
Vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus
silvae laborantes geluque
flumina constiterint acuto.
Dissolve frigus ligna super foco
large reponens atque benignius
deprome quadrimum Sabina
o Thaliarche, merum diota.
Permitte divis cetera, qui simul
stravere ventos aequore fervido
deproeliantes, nec cupressi
nec veteres agitantur orni.
Quid sit futurum cras, fuge quaerere et,
quem Fors dierum cumque dabit, lucro
adpone nec dulces amores
sperne, puer, neque tu choreas,
donec virenti canities abest
morosa. Nunc et campus et areae
lenesque sub noctem susurri
composita repetantur hora,
nunc et latentis proditor intimo
gratus puellae risus ab angulo
pignusque dereptum lacertis
aut digito male pertinaci.
Vedi come s’innalza candido per la spessa neve
il Soratte né più sostengono il peso
i boschi affaticati e per il gelo
pungente i corsi d’acqua si sono fermati.
Sciogli il freddo legna sul focolare
mettendo con abbondanza e piuttosto generosamente
attingi vino di quattro anni,
o Taliarco, dall’anfora Sabina.
Lascia agli dei il resto; non appena quelli
hanno placato i venti che sul mare burrascoso
combattevano, né i cipressi
né i vecchi ontani si agitano.
Che cosa accadrà domani, evita di chiedertelo e
qualsiasi giorno la Sorte concederà, a guadagno
ascrivilo e non disprezzare
i dolci amori, ragazzo, né tu le danze,
finché da te ancora giovane è lontana la canizie
fastidiosa. Ora e il campo Marzio e le piazze
e i lievi sussurri sul far della notte
si cerchino all’ora concordata,
ora e il riso traditore della ragazza nascosta
(che) gradito (giunge) dall’angolo appartato
e il pegno strappato dal braccio
o dal dito che debolmente si oppone.
Catullo 39
allettante (Proposto da Valentina Brindisi)
Egnatius, quod candidos habet dentes,
renidet usque quaque. si ad rei ventum est
subsellium, cum orator excitat fletum,
renidet ille; si ad pii rogum fili
lugetur, orba cum flet unicum mater,
renidet ille. quidquid est, ubicumque est,
quodcumque agit, renidet: hunc habet morbum,
neque elegantem, ut arbitror, neque urbanum.
Per mostrare il candore dei suoi denti,
Egnazio ride, ride d’ogni cosa.
Ride mentre l’avvocato strappa le lacrime
davanti alla sbarra degli imputati;
ride quando fra un coro di lamenti
disperatamente una madre piange
di fronte al rogo del suo unico figliolo.
In ogni circostanza, in ogni luogo,
qualsiasi cosa faccia, ride, ride.
Ha questa malattia, che certo non è,
io ritengo, civile o di buon gusto.
Catullo, Carme V
interminabile (Proposto da Francesba B.)
Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci,
e le dicerie dei vecchi severi
consideriamole tutte di valore pari a un soldo.
I soli possono tramontare e risorgere;
noi, quando una buona volta finirà questa breve luce,
dobbiamo dormire un’unica notte eterna.
Dammi mille baci, poi cento,
poi ancora mille, poi di nuovo cento,
poi senza smettere altri mille, poi cento;
poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia,
li confonderemo anzi no, per non sapere (il loro numero)
e perché nessun malvagio ci possa guardare male,
sapendo che ci siamo dati tanti baci.
Carme Di Catullo 101: Multas per gentes
sofferente (Proposto da Monica B.)
Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,
ut te postremo donarem munere mortis
et mutam nequiquam alloquerer cinerem,
quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum,
heu miser indigne frater adempte mihi.
Nunc tamen interea haec prisco quae more parentum
tradita sunt tristi munere ad inferias,
accipe fraterno multum manantia fletu,
atque in perpetuum, frate, ave atque vale
Dopo aver viaggiato attraverso molti popoli e
attraverso molti mari, o fratello, giungo
per queste dolorose offerte funebri, per offrirti l’ultimo dono che si dà ai morti
e parlare vanamente a una muta cenere
, giacché la sorte mi ha strappato
proprio te , oh infelice fratello
immeritatamente sottratto a me.
Ora tuttavia ricevi questi doni che
secondo l’antico uso dei nostri avi sono stati
consegnati come dolorosa offerta per il rito funebre
, [ricevili] bagnati di molto pianto fraterno, ed in eterno, fratello mio, addio e
ancora addio.
Gaio Valerio Catullo, Odi et amo (Carme 85): veritiera (Proposto da Rosita B.)
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato
Gaio Valerio Catullo
avvincente (Proposto da Maria Carla C.)
Quare iam te cur amplius excrucies?
quin tu animo offirmas atque istinc teque reducis,
et dis invitis desinis esse miser?
difficile est longum subito deponere amorem,
difficile est, verum hoc qua lubet efficias:
una salus haec est. hoc est tibi pervincendum.
Perché, allora, continui a tormentarti?
Perché, con coraggio, non ti stacchi da lei?
Perché contro il volere divino vuoi ancora soffrire?
Difficile troncare un lungo amore: difficile,
è vero, ma a qualunque costo devi farlo.
Devi per forza vincerti, è l’unica salvezza!
Catullo, povero Catullo
contegno (Proposto da Francesca D.)
Miser Catulle, desinas ineptire,
et quod vides perisse perditum ducas.
Fulsere quondam candidi tibi soles,
cum ventitabas quo puella ducebat
amata nobis quantum amabitur nulla.
Ibi illa multa tum iocosa fiebant,
quae tu volebas nec puella nolebat.
Fulsere vere candidi tibi soles.
Nunc iam illa non volt: tu quoque inpote‹ns noli›,
nec quae fugit sectare, nec miser vive,
sed obstinata mente perfer, obdura.
Vale, puella. Iam Catullus obdurat,
nec te requiret nec rogabit invitam.
At tu dolebis, cum rogaberis nulla.
Scelesta, vae te, quae tibi manet vita?
Quis nunc te adibit? Cui videberis bella?
Quem nunc amabis? Cuius esse diceris?
Quem basiabis? Cui labella mordebis?
At tu, Catulle, destinatus obdura.
PoveroCatullo, smettiladi essere sciocco,
e ciò che vedi che è finito consideralo finito.
Splendettero un tempo per te giornate serene,
quando andavi spesso dove ti portava la ragazza
amata da me quanto nessuna sarà amata.
Lì allora si facevano quelle molte cose divertenti
che tu volevi e la ragazza non (è che) non le volesse.
Splendettero veramente per te giornate serene.
Adesso lei non vuole più: anche tu, da forte, non volere,
e non inseguire lei che fugge, e non vivere da infelice,
ma con animo ostinato sopporta, resisti.
Addio ragazza. Ormai Catullo resiste,
e non ti cercherà e non te lo chiederà, visto che non vuoi.
Ma tu soffrirai, quando non ti si chiederà affatto.
Sciagurata, maledizione a te, che vita ti resta?
Chi ora ti accosterà? A chi sembrerai bella?
Chi ora amerai? Di chi si dirà che tu sia?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, resisti deciso.
Gaio Valerio Catullo, Odi et amo (Carme 85): profonda (Proposto da Giuseppe D.)
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato
Floro, poesia 87
delicata (Proposto da Rebecca D.)
Venerunt aliquando rosae. Per veris amoeni
ingenium una dies ostendit spicula florum,
altera pyramidas nodo maiore tumentes,
tertia iam calathos, totum lux quarta peregit
flors opus. Pereunt hodie nisi mane leguntur.
Orazio Satire
realistica (Proposto da Giuseppe G.)
Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam divi sortem sei ratio dederit seu ford obiecerit, illa contenutus vivat, laudet diversa sequentes?
O Mecenate, com’è che nessuno sa viver contento del proprio stato, o l’abbia prescelto egli stesso, o glie l’abbia proposto il caso, e loda chi batte una strada diversa?
Tibullo Elegie
accattivante (Proposto da Francesco L.)
Rumor ait crebro nostram peccare puellam:
nun ego me surdis auribus esse velim.
Crimina non haec sunt nostro sine facta dolore:
quid miserum torques, rumor acerbe? Tace.
Gira voce che la mia fanciulla spesso mi tradisca:
allora vorrei che le mie orecchie fossero sorde.
Queste accuse si diramano non senza mio strazio:
perchè tormenti un infelice, o voce severa? Taci.
Scherzi di cattivo gusto (CARME XII) Catullo
Poesia che fa riflettere (Proposto da Anna L.)
Marrucine Asini, manu sinistra
non belle uteris: in ioco atque vino
tollis lintea neglegentiorum.
Hoc salsum esse putas? Fugit te, inepte:
5 quamvis sordida res et invenusta est.
Non credis mihi? Crede Pollioni
fratri, qui tua furta vel talento
mutari velit: est enim leporum
differtus puer ac facetiarum.
10 Quare aut hendecasyllabos trecentos
exspecta, aut mihi linteum remitte,
quod me non movet aestimatione,
verum est mnemosynum mei sodalis.
Nam sudaria Saetaba ex Hiberis
15 miserunt mihi muneri Fabullus
et Veranius: haec amem necesse est
ut Veraniolum meum et Fabullum.
Asinio Marrucino, della mano sinistra
non fai un bell’uso: tra gli scherzi e il vino
rubi i tovaglioli di chi non sta attento.
Questo credi che sia spiritoso? Ti sbagli, stupido:
è una cosa quanto mai volgare e inelegante.
Non credi a me? Credi a (tuo) fratello
Pollione, che i tuoi furti addirittura al costo di un talento
vorrebbe fossero messi a tacere: infatti è un ragazzo
ricco di piacevolezze e di spirito.
Perciò o aspettati trecento endecasillabi
oppure rimandami il tovagliolo,
che non mi interessa per il (suo) valore,
ma è un ricordo di un mio amico.
Infatti dalla Spagna mi hanno mandato in regalo
dei fazzoletti di Setabi Fabullo
e Veranio: è inevitabile che io li ami
come il mio caro Veranio e Fabullo.
Carme 40 di Catullo
famosa (Proposto da Ludovica L.)
Quaenam te mala mens, miselle Ravide,
agit praecipitem in meos iambos?
Quis deus tibi non bene
advocatus vecordem parat excitare rixam?
An ut pervenias in ora vulgi?
Quid vis? Qualubet esse notus optas?
Eris, quandoquidem meos amores
cum longa voluisti amare poena.
Quale pazzia, povero Ràvido,
ti getta in mezzo ai miei versi?
Quale dio invocato malamente
ti incita a questo inutile scontro?
Per galoppare sui discorsi di tutti?
Cosa vuoi? A ogni costo scegli di essere famoso?
Lo sarai, poiché che hai voluto amare
chi amo, rischiando l’eterna pena.
Orazio Carme 1, 11
ispirante (Proposto da Marco M.)
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. ut melius, quidquid erit, pati.
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem quam minimum credula postero.
Tu non domandare – è un male saperlo –
quale sia l’ultimo giorno che gli dei, Leuconoe, hanno dato a te ed a me,
e non tentare gli oroscopi di Babilonia.
Quanto è meglio accettare qualunque cosa verrà!
Sia che sia questo inverno – che ora stanca il mare Tirreno sulle opposte scogliere –
l’ultimo che Giove ti ha concesso,
sia che te ne abbia concessi ancora parecchi, sii saggia,
filtra il vino e taglia speranze eccessive,
perché breve è il cammino che ci viene concesso.
Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso:
cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani.
Albio Tibullo Elegie
veritiera (Proposto da Gabriele M.)
Rumor ait crebro nostram peccare puellam:
nun ego me surdis auribus esse velim.
Crimina non haec sunt nostro sine facta dolore:
quid miserum torques, rumor acerbe? Tace.
Gira voce che la mia fanciulla spesso mi tradisca:
allora vorrei che le mie orecchie fossero sorde.
Queste accuse si diramano non senza mio strazio:
perchè tormenti un infelice, o voce severa? Taci.
coinvolgente (Proposto da Martina M.)
Omnia vincit amor et nos cedamus amori.
L’amore vince su tutto e noi cediamo all’amore.
Carme 85 Catullo
significativa (Proposto da Antonisia N.)
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
“Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. / Non so, ma sento che questo mi accade: qui è la mia croce”
LA FONTE BANDUSIA
Orazio
affascinante (Proposto da Orsola O.)
O fons Bandusiae splendidior vitro
dulci digne mero non sine floribus,
cras donaberis haedo,
cui frons turgida cornibus
primis et venerem et proelia destinat;
Frustra: nam gelidos inficiet tibi
rubro sanguine rivos
lascivi suboles gregis.
Te flagrantis atrox hora Caniculae
nescit tangere, tu frigus amabile
fessis vomere tauris
praebes et pecori vago.
Fies nobilium tu quoque fontium,
me dicente cavis impositam ilicem
saxis, unde loquaces
lymphae desiliunt tuae.
Oh fonte di Bandusia più splendente del cristallo degna del dolce vino non senza fiori, domani ti donerò un capretto, a cui la fronte gonfia le prime corna destina all’amore e alle lotte;
Invano: infatti il figlio del gregge lascivo macchierà con il rosso sangue le tue gelide acque. L’ora spietata della bruciante canicola non riesce a toccare te, tu offri ai tori stanchi del vomere, e al gregge errante un’amabile frescura. Diventerai anche tu una delle fonti famose, mentre io canto il leccio posto sopra le grotte rocciose, da dove loquaci escono le tue limpide acque.
Marco Tullio Cicerone
significativa (Proposto da Florita P.)
Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio.
Amicitia est maximum vinculum quod hominem homini coniungit.
Praestat habere acerbos inimicos, quam meos amicos, qui dulces videantur: illos verum saepe dicere, hos numquam.
Facile ex amico inimicum facies cui promissa non reddas.
Haec igitur prima lex amicitiae sanciatur, ut ab amicis honesta petamus, amicorum causa honesta faciamus.
Verae amicitiae sempiternae sunt;amicorum esse communia omnia.
Ab amico reconciliato cave,amicus est tamquam alter idem.
L’amicizia non è altro che l’accordo di tutte le cose divine ed umane per mezzo dell’affetto e dell’amore.
L’amicizia è il vincolo più grande che unisce un uomo ad un altro;
E’ meglio avere nemici duri anziché amici che sembrano affettuosi: quelli dicono spesso la verità, questi mai.
È facile trasformare un amico in nemico se non si mantengono.
Questa sia la prima legge dell’amicizia: domandare agli amici solo cose oneste, ed in lor favore non fare che cose oneste.
Le vere amicizie sono eterne;tra gli amici tutte le cose devono essere in comune.
Guardati da chi ti è amico dopo una riconciliazione,il vero amico è come un altro te stesso.
festosa (Proposto da Francesca R.)
Beneficium accipere liberatem vendere est
Accettare un favore è vendere la propria libertà
Carme 101 Catullo
convincente e toccante (Proposto da Morena S.)
Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,
ut te postremo donarem munere mortis
et mutam nequiquam alloquerer cinerem.
Quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum.
Heu miser indigne frater adempte mihi,
nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum
tradita sunt tristi munere ad inferias,
accipe fraterno multum manantia fletu,
atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
Di gente in gente,
di mare in mare ho navigato,
oh fratello, e giungo presso questa tua triste salma,
per portarti il luttuoso assoluto omaggio,
e per parlare inutilmente con le tue ceneri silenziose,
perché il destino ti ha rapito da me, proprio tu,
o abbacchiato fratello, troppo presto da me portato via.
Ora queste offerte, che io ti porgo, come prescrive l’antico
rito degli antenati, dono afflitto per il rito,
accettale con piacere, sono bagnate dal tanto piangere fraterno;
ti congedo per sempre, oh fratello, addio.
sorprendente (Proposto da Antonella S.)
Oculi occulte amorem incipiunt, consuetudo perficit
Gli occhi cominciano l’opera dell’amore, e la continua vicinanza la completa
Seneca
profonda (Proposto da Angela S.)
Vīta
In tria tempora vita dividitur: quod fuit, quod est, quod futurum est. Ex his quod agimus breve est, quod acturi sumus dubium, quod egimus certum. Hoc est unum, cur de vita non possimus queri: neminem tenet.
Tota vita nihil aliud quam ad mortem iter est. Vivere tota vita discendum est et, quod magis fortasse miraberis, tota vita discendum est mori.
Quidam ante vivere desierunt quam inciperent.
Dum differtur vita transcurrit.
Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus.
Idem est ergo beate vivere et secundum naturam.
Male vivet quisquis nesciet bene mori.
Protinus vive.
La vita La vita si divide in tre tempi: passato, presente, futuro. Di essi il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro. Questo è l’unico motivo per cui non possiamo lagnarci della vita: essa non trattiene nessuno.
La vita non è altro che un viaggio verso la morte. Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che forse sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire. Alcuni cessano di vivere prima ancora di cominciare.
Mentre rimandiamo le cose la vita fugge Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto. Vivere seconda natura è vivere bene. Male ha vissuto chi non sa morire bene Vivi adesso.
Seneca
significativa (Proposto da Carlo S.)
Non quia difficilia sunt non audemus, sed quia non audemus difficilia sunt.
Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle; è perché non osiamo farle che le cose sono difficili.
Carme 85 Catullo
interessante (Proposto da Eleonora T.)
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse ti chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che accade e mi tormento.
Carme 109 Catullo
eterna (Proposto da Elena T.)
Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem
hunc nostrum inter nos perpetuumque fore.
di magni, facite ut vere promittere possit,
atque id sincere dicat et ex animo,
ut liceat nobis tota perducere vita
aeternum hoc sanctae foedus amicitiae.
Mi prometti, vita mia, che questo nostro amore
sarà eterno e felice. O grandi dei,
fate che sia vero ciò che promette
e che lo dica dal profondo del cuore;
potremo così mantenere per tutta la vita
questo sacro giuramento d’amore senza fine.
Published: Nov 20, 2020
Latest Revision: Nov 20, 2020
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