La musica by Christian & Raffaele - Illustrated by Christian Frontuto e Raffaele Esposito 1E. - Ourboox.com
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La musica

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Artwork: Christian Frontuto e Raffaele Esposito 1E.

  • Joined May 2020
  • Published Books 3

INDICE

-Le origini della musica

Il ritmo

-La melodia

gli eventi sonori

le caratteristiche del suono

-il metronomo

l’accento e il metro

-la battuta

l’indicazione metrica

il pentagramma e le figure musicali

le distanze musicali

le alterazioni

la musica e la danza

la musica e il cinema

la musica e il fumetto

la musica e la pubblicità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le origini della musica

La parola musica deriva dal latino musica e questo a sua volta dal termine greco mousiké tèchne, ovvero “arte o tecnica delle Muse”. Le Muse erano, nell’antica Grecia, le divinità protettrici del canto, della musica e della danza. Ma già molto tempo prima l’uomo della preistoria aveva scoperto e utilizzato l’arte di combinare i suoni della voce in un canto e quelli di diversi strumenti in una musica.

Esistono strumenti databili fra 15.000 e 12.000 anni fa: un flauto ricavato da un osso di renna e una siringa, ovvero un insieme di canne di varia lunghezza (soffiando sulle diverse canne si producono suoni diversi); ancora oggi la siringa è utilizzata presso alcune popolazioni africane. In alcune tombe preistoriche inoltre sono stati ritrovati quasi intatti alcuni lurer, cioè dei corni usati nell’Europa del Nord nell’età del bronzo; è stato possibile suonarli e ricostruire così alcuni dei suoni più antichi del mondo! Il loro suono è simile a quello dei corni attuali, nel registro più basso.
Intorno al III millennio a.C. sono ormai numerosi i graffiti, gli affreschi, le incisioni che testimoniano la presenza di numerosi strumenti musicali in Egitto, Mesopotamia, Israele, Creta: tamburi, trombe, arpe, lire,flauti, ovvero strumenti a percussione, a fiato, a corda, a dimostrazione della sempre più diffusa abitudine alla musica, al canto e alla danza.
E tuttavia di tutta la musica antica noi non conosciamo altro. Possiamo anche ricostruire certi strumenti, sulla base dei disegni e delle descrizioni, e anche certi suoni, ma non le musiche di quei tempi così lontani. E, pur sapendo che in Egitto si usavano scale di 5 e 7 note o che Grecia si applicavano divisioni di quattro note, non siamo in grado di ricostruire la musica corrispondente a quelle note. Certo anche allora, come riportano tanti brani di antichi autori, esisteva un forte legame fra in musica, emozioni e sentimenti. E molti antichi autori ricordano l’importanza della musica, usata a- volte anche per curare e guarire il cattivo umore, o la malinconia, mentre altri parlano del rapporto fra musica, suoni e memoria.

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IL RITMO

Il ritmo è una successione regolare con cui un fenomeno si ripete nel tempo. Esistono ritmi naturali e ritmi artificiali. I ritmi naturali sono quelli che la natura ci offre senza intervento umano; quelli artificiali sono quelli prodotti dall’uomo volontariamente o involontariamente. In musica tutti gli strumenti possono produrre ritmi, ma i più specializzati sono gli strumenti a percussione, i primi costruiti dall’uomo . Nei tempi più antichi essi erano ricavati dai tronchi degli alberi, gusci di animali o impiegando qualsiasi altro oggetto che la natura potesse offrire. Nella musica leggera il ritmo di un brano è scandito dalla batteria, un insieme di tamburi e piatti che il batterista suona usando bacchette di legno con le mani e battenti azionati da pedali con i piedi. Nella musica classica è il percussionista che si occupa di suonare tamburi, piatti , ma al ritmo partecipano anche tutti gli altri strumenti dell’orchestra.

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LA MELODIA

La melodia è una successione di suoni con altezze e durate varie, che esprime un senso musicale compiuto.

Esistono melodie vocali, cioè quelle cantate e melodie strumentali, dove sono gli strumenti musicali a cantare.

Quando due melodie suonate o cantate contemporaneamente ci danno una sensazione gradevole, si parla di consonanza; se invece ci danno una sensazione sgradevole si parla di dissonanza.

In musica, un accordo è un insieme di suoni emessi simultaneamente e l’armonia è la scienza musicale che insegna come governare le consonanze e le dissonanze tra i suoni.

Nella musica leggera l’armonia è affidata a strumenti come: il pianoforte e la chitarra; nella musica classica, la melodia è affidata molto spesso ai violini, che rendono il suono dolce e melodioso per chi lo ascolta.

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GLI EVENTI SONORI

L’ambiente è pieno di eventi sonori: sono i suoni e i rumori che ci accompagnano in ogni momento della giornata.

La scienza che studia gli ambienti sonori è l’acustica.

In acustica un evento sonoro è definito suono se nasce da vibrazioni regolari, che produco un effetto piacevole all’ascolto; i rumori invece sono dovuti a vibrazioni irregolari e generalmente possono essere sgradevoli.

LE CARATTERISTICHE DEL SUONO

Le caratteristiche del suono sono:

Altezza: la caratteristica che ci fa percepire la differenza tra suoni acuti e suoni gravi e viene misurata in hertz.

Intensità: la caratteristica che distingue i suoni forti dai suoni deboli e si misura in decibel

Timbro: il colore del suono, la caratteristica che ci fa distinguere tra loro gli strumenti musicali e le voci.

Durata: la lunghezza del suoni nel tempo.

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IL METRONOMO

L’apparecchio usato dai musicisti, per stabilire l’andamento di un brano si chiama metronomo.

Fu inventato nel’800 da Maelzel, è a forma piramidale e possiede un meccanismo a molla, una volta caricata, fa oscillare lateralmente un’asticella, emettendo un tac ad ogni oscillazione.

Ogni tac corrisponde a una pulsazione che in musica è detta movimento.

 

                   L’ACCENTO E IL METRO

L’accento forte è una pulsazione più marcata rispetto alle altre.

Il metro è l’elemento che scaturisce dal regolare succedersi degli accenti forti e deboli .

Il metro può essere: metro binario, con un’alternanza di accenti forte, debole; metro ternario con un’alternanza di accenti forte, debole, debole; metro quaternario è un’alternanza di accento forte, debole, mezzo-forte, debole.

LA BATTUTA O MISURA

Lo spazio compreso tra due stanghette è chiamato battuta.

Il numero posto all’inizio del rigo indica il metro.

La doppia stanghetta alla fine del rigo indica la fine della sequenza.

Se la doppia stanghette presenta due punti, va eseguita due volte.

L’INDICAZIONE METRICA

Il metro musicale si indica con una frazione speciale all’inizio del brano: Il numeratore, indica il numero di movimenti contenuti in ogni battuta; il denominatore indica la durata di ogni movimento.

La somma delle durate di suoni e pause di ogni battuta deve corrispondere all’indicazione metrica.

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PENTAGRAMMA E FIGURE MUSICALI

Esistono varie chiavi ma, per le esigenze di trattazione, ci limiteremo alle due principali: la chiave di SOL o chiave di violino, e la chiave di FA o chiave di basso.

La chiave di SOL prende il nome dal fatto che si comincia a disegnarla dalla riga del SOL, mentre la chiave di FA per analogo motivo dalla riga del FA.
Solitamente le parti per basso sono scritte appunto con la chiave di Fa (o di basso), ma i recenti bassi a sei corde hanno ampliato di molto la scala armonica, rendendo più opportuno scrivere le partiture in chiave di DO, che è l’abbinamento dei due pentagrammi in FA e SOL contemporaneamente.

Spesso però il pentagramma non è sufficiente a rappresentare tutte le note suonate dal pentagramma, quindi si ricorre a righe e spazi immaginari, sopra o sotto il pentagramma, indicati appunto da “tagli” applicati alla nota.
Per poter scrivere la musica però, oltre a codificare il nome della nota, è fondamentale sapere la durata della nota, cioè per quanto tempo deve durare il suono prodotto. Relativamente a questi aspetti introduciamo il concetto di “figure” musicali e di “tempo”. Tutte le note possono essere rappresentate attraverso una serie di figure musicali, ciascuna delle quali ha un suo specifico valore, convenzionalmente indicato in “quarti” o frazioni di esso. Il tempo invece non deve essere inteso come “velocità di esecuzione”, ma bensì come valore massimo di “quarti” contenuti in una porzione musicale minima, denominata “battuta”. Possiamo quindi dire che un brano musicale è composto da un insieme di battute; ogni battuta è formata da un certo numero di note per raggiungere in valore il numero massimo specificato dal tempo. L’indicazione del tempo viene posta sempre all’inizio del primo rigo del brano musicale. Il tempo più “classico” è il 4/4, indicato spesso anche con la lettera C; comuni anche i tempi 3/4 (ad esempio il valzer).
Ecco un esempio di rigo musicale con le corrette informazioni:

Come le figure indicano la durata del suono così le pause servono ad indicare la durata del silenzio. Le pause, al pari delle figure, sono sette e ciascuna di esse conserva il nome ed il valore della figura alla quale corrisponde. Ecco lo schema di figure e relative pause:

Si può aumentare la durata del valore di ciascuna figura per mezzo del punto o della legatura. Il punto può essere semplice, doppio o triplo.

Il punto semplice aumenta di metà il valore della figura o della pausa che lo precede; se una figura o una pausa vale 4 movimenti, con l’aggiunta del punto semplice varrà 6 movimenti. Il punto doppio aumenta di metà il valore aumentato dal primo punto; se una figura o una pausa vale 4 movimenti, con l’aggiunta del punto doppio varrà 7 movimenti. Il punto triplo aumenta di metà il valore aumentato dal secondo punto; se una figura o una pausa vale 4 movimenti, con l’aggiunta del punto triplo varrà 7,5 movimenti. Il punto coronato, fa prolungare il suono o la pausa a piacere dell’esecutore.

La legatura è una linea curva che serve, come il punto, ad aumentare il valore delle note. Messa fra due note unisone (che hanno quindi lo stesso suono) fa come se fossero una sola nota, cioè si suona la prima e al suo valore si aggiunge quello della seconda senza ripetere il suono. Questa legatura si chiama legatura di valore.

Esiste anche la legatura di portamento, che consiste nel suonare la prima nota facendo prolungare il suono sulla nota successiva alla quale è legata (vedremo più avanti nella trattazione con quale tecnica eseguire queste legature sul basso). La rappresentazione grafica è analoga ma vengono legate note di nome diverso.

 

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LE DISTANZE MUSICALI

La distanza tra due note è detta intervallo.

Un intervallo si misura contando le note da cui è composto, comprese la prima e l’ultima.

L’intervallo fra due note della stessa altezza è detto unisono.

Quello tra due note dello stesso nome ma con la seconda nota all’ottava superiore è detta ottava.

Gli intervalli possono essere ascendenti, se la seconda nota è più acuta; discendenti, se la seconda nota è più grave.

Gli intervalli di seconda, possono avere una distanza di un tono o di semitono .

L’intervallo di tono è detta di seconda maggiore, l’intervallo di semitono di seconda minore.

LE ALTERAZIONI

Le alterazioni sono dei segni che modificano l’altezza di un suono.

Esse sono: il diesis, il bemolle e il bequadro.

Il diesis innalza la nota di un semitono

Il bemolle abbassa la nota di un semitono.

Il bequadro annulla l’effetto delle alterazioni.

Le alterazioni si scrivono prima della nota a cui si riferiscono.

Possono essere transitorie, se valgono solo per le note di stesso nome e stessa altezza all’interno della battuta; possono essere costanti se scritte all’inizio del brano, subito dopo la chiave e valgono per tutto il brano.

Due suoni aventi uguali altezza ma numi diversi, si dicono suoni omofoni.

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MUSICA E DANZA DUE ARTI UNIVERSALI

La musica facilita a seconda e guida i gesti del corpo.

Muoversi a ritmo della musica è una manifestazione spontanea, un piacere istintivo che ha accompagnato la storia dell’uomo fin dalle culture primitive, evolvendosi in forme di danza che si sono diversificate a seconda delle epoche e dei luoghi.

La danza è un’arte universale che si presenta sotto molteplici forme: danza moderna, danza classica, danza jazz, danza contemporanea, teatro- danza, breakdance, hip hop, balli da sala.

FUNZIONI DELLA DANZA

La danza è presente nelle culture di tutti i popoli con diversi scopi: celebrazioni rituali, momenti importanti della vita, corteggiamento, lavoro, fruizione artistica o svago.

La danza nel mondo occidentale è utilizzata come forma di divertimento ad esempio: danze popolari, balli da sala e discoteca, oppure come forma d’arte eseguita in ambienti come teatri, teatri-tenda e arene.

IL BALLETTO

Quando il linguaggio della musica si unisce al linguaggio dei gesti nasce il balletto, basato su un soggetto letterario tratto dalla storia, dalla mitologia, dalle fiabe.

Il balletto ha una trama, fatta di personaggi, situazioni, ambienti .

Il balletto è la sintesi di molte arti: musica, danza, pittura, scultura, letteratura, teatro.

Le origini del balletto risalgono al XVI.

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IL VALZER

Nell’800 si afferma il valzer, una danza in cui la coppia volteggia abbracciata e in perfetta sintonia.

Porta una vera e propria rivoluzione nelle abitudini, nei costumi, nella cultura: attraversa tutti gli strati sociali e tutte le nazioni conquistando sia i ceti più umili che quelli aristocratici.

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MUSICA E CINEMA

La nascita ufficiale del cinema risale esattamente al giorno 28 dicembre 1895, quando in un locale parigino furono proiettati alcuni cortometraggi dei fratelli Lumière, senza dialoghi, rumori né accompagnamento musicale. Di lì a pochissimo tempo, però, anche la musica sarebbe divenuta parte di questa straordinaria nuova forma di spettacolo. Quindi, la definizione “era del cinema muto” è dovuta soprattutto alla mancanza di voci e rumori. A colmare questa mancanza erano le didascalie in sovrimpressione, che servivano a fornire sintetiche informazioni sullo svolgimento della vicenda o a riprodurre battute degli attori. Più tardi si cominciò a mettere un semplice accompagnamento musicale alle immagini, fornito da musicisti presenti in sala, quasi sempre pianisti, che eseguivano brani presi da un repertorio già esistente. Dato che abbinare musiche e immagini in modo casuale poteva rovinare l’efficacia dello spettacolo, si cominciò a pensare a un repertorio adatto a ogni situazione indicando elenchi di brani da usare nei film. Questo genere di spettacolo ebbe un successo travolgente e le sale cinematografi-che diventarono più confortevoli e dotate di vere orchestre che accompagnavano la proiezione del film. Un salto di qualità venne compiuto nel 1914 quando fu proiettato per la prima volta il film “Cabiria”, scritto da Giovanni Pastore con la collaborazione di Gabriele D’Annunzio e del musicista Ildebrando Pizzetti che compose una musica originale per questa pellicola. La colonna sonora Alla fine degli anni Venti, si arrivò a dotare la pellicola della cosiddetta “colonna sonora”. Con il termine colonna sonora si intende l’insieme di tutti gli elementi sonori del film: parole, rumori, musiche. Dal punto di vista tecnico è quella parte della pellicola cinematografica che reca incise delle vibrazioni luminose, le quali, grazie a un apposito apparato del proiettore, si trasformano in vibrazioni elettriche e poi sonore. Il primo film dotato di una colonna sonora a tutti gli effetti fu Il cantante jazz, di A. Cro-sland (1927), interpretato dall’attore e cantante Al Jolson, dove alla musica si aggiungevano i dialoghi dei protagonisti. Ma senza dubbio uno dei risultati più celebri e più importanti nacque dalla collaborazione fra il compositore Sergej Prokofiev ed il regista Sergej M. Eisenstein con il film “Alexander Nevskij” (1938). I rumori I rumori e le musiche che ascoltiamo al cinema non sono esattamente gli stessi della vita reale: magari ci fosse sempre una musica scura e inquietante ad avvertirci che qualcosa di spiacevo-le sta per accadere! In realtà il cinema è una costruzione artificiale: ciò che vediamo e sentiamo è stato appositamente predisposto dal regista per raggiungere precisi risultati espressivi. I rumori che accompagnano il film hanno la funzione di evocare l’ambiente e la situazione nella quale si sta svolgendo l’azione: tintinnio di bicchieri e posate se la scena si svolge in cucina, fruscio di foglie in un bosco, il frastuono caotico del traffico in una strada metropolitana. I rumori che lo spettatore sente sono quasi sempre prodotti artificialmente da un tecnico, il rumorista, il cui compito è quello di ricreare in studio, con oggetti di vario tipo, suoni e rumori del-l’ambiente. Il regista poi aumenta o diminuisce l’intensità dei rumori a seconda dei risultati espressi-vi che vuole raggiungere. Vi sarete accorti ad esempio che pugni, schiaffi e cadute sono nel film molto più rumorosi che nella realtà: infatti quanto più forte è il rumore che accompagna un pugno sulla scena tanto più intenso, nella mente dello spettatore, è il dolore che esso provoca. Dunque tutto ciò che sentiamo nel film non è mai casuale, ma è sempre il frutto di precise decisioni del regista

Musica in e musica off La musica del film può nascere dentro la scena o essere del tutto estranea a essa. Se l’immagine mostra una banda che sfila per la città e con-temporaneamente ne sentiamo anche il suono, la musica è “in” in quanto fa parte della scena, non ne rappresenta cioè un commento. Si dice invece che la musica è “off” quando è fuori della scena che vediamo, non ha cioè alcun riferimento realistico con essa. Una musica “in” rende più veritiera la scena, una musica “off” ne accentua gli aspetti emotivi. Ma non sempre tutto è così semplice e a volte i registi si divertono a mescolare i due livelli: la scena comincia ad esempio con una musica “in” e continua come musica “off”, utilizzando cioè la stessa musica come commento esterno alla scena. E viceversa. Gli effetti espressivi che si producono possono essere molto interessanti. Musica convergente e divergente Nel film la musica ha uno stretto rapporto con l’immagine, così stretto che immagini e sonoro vengono generalmente percepiti come un unico messaggio. La musica ha il compito di commentare quello che le immagini mostrano: il protagonista che cammina sul prato è felice o teme l’arrivo di un killer? Gli uomini armati che stanno arrivando sono i buoni o i cattivi? Una musica appropriata non lascia allo spettatore alcun dubbio, chiarendo quello che sta succedendo. A volte la musica rinforza le emozioni suscitate dalle immagini: una musica calma e serena commenta la passeggiata tranquilla del protagonista, mentre una musica concitata e minacciosa accompagna il tentativo di allontanarsi da un pericolo imminente. In questo caso, quando cioè la musica accentua le impressioni suggerite dallo schermo, siamo di fronte a un uso convergente della musica (sincronismo). A volte invece la musica è chiaramente in contrasto con ciò che la scena mo-stra. Si dice allora che il regista fa un uso divergente della musica (asincronismo). L’uso convergente della musica è sicuramente più frequente: il commento sonoro in genere sottolinea elementi presenti sulla scena e amplifica le emozioni suggerite dalle immagini. Meno frequente e più complesso, l’uso divergente della musica può invece dar luogo a risultati espressivi più interessanti proprio perché meno prevedibili. Infatti il conflitto fra musica e immagine sollecita lo spettatore a un’interpretazione meno scontata e più problematica, portandolo a riflettere su aspetti meno evidenti della storia raccontata. Le funzioni della musica nel film Sottolineare con discrezione ciò che le immagini dicono, esprimendo musicalmente il ritmo e i movimenti delle scene; Esprimere i sentimenti dei personaggi per far vivere allo spettatore le stesse emozioni del protagonista; Contestualizzare l’immagine fornendo ulteriori indizi sul luogo e sul tempo in cui si svolge la scena; Definire il carattere di un personaggio; Anticipare gli avvenimenti successivi facendo prevedere allo spettatore quello che succederà di lì a poco; Prolungare l’azione precedente, in modo da consentire allo spettatore di continuare ad assaporare gioie e malinconie; Rievocare qualcosa che appartiene al passato o a un luogo lontano; Contrastare le immagini evocando situazioni o sentimenti in contrasto con le immagini; Collegare diverse scene, apparentemente separate l’una dall’altra

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MUSICA E FUMETTO

Il fumetto è una forma espressiva che si serve di immagini e parole per narrare una storia disegnata e stampata su carta. Le caratteristiche principali sono: disegni in sequenza, con o senza parole, pubblicati su carta in formato maneggevole o all’interno di riviste; linguaggio semplice chiaro e colorito; i personaggi rappresentano dei modelli che incarnano determinati valori: l’eroe che combatte per la giustizia, il cattivo che cerca un profitto personale. Il termine fumetto si riferisce alle nuvolette utilizzate per i dialoghi. Le immagini sono contenute in vignette disposte in strisce orizzontali che si leggono da sinistra a destra, tranne nei manga giapponesi dove la lettura avviene da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso. Fumetto e cinema hanno molte cose in comune come le inquadrature, il montaggio e il ritmo narrativo che può essere lento oppure incalzante. Entrambi si riferiscono al mondo dell’immaginazione, fanno riflettere e lasciano spazio alla creatività e all’interpretazione personale. La differenza principale tra fumetto e cinema è che nel fumetto non può esserci la musica, mentre nel cinema è fondamentale. Musica e fumetto hanno cercato di avvicinarsi; il fumetto usa le onomatopee, cioè parole che imitano suoni, rumori, versi di animali, per esempio bang, driin , boing, smack. Il linguaggio dei fumetti proprio per la sua capacità di comunicazione arriva immediatamente al lettore . Spesso il fumetto adopera il disegno delle note musicali , per far capire che qualcuno fischia, canta oppure suona uno strumento.

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MUSICA E PUBBLICITA’

La pubblicità è una forma di comunicazione che ha lo scopo di farci ricordare il prodotto reclamizzato e di indirizzare su di esso la nostra scelta al momento dell’acquisto. La pubblicità può anche avere uno scopo sociale per campagne di persuasione organizzate dallo Stato, da Enti Locali o da Associazioni su temi di significato civile o sanitario (per donare il sangue, per la sicurezza stradale, per la difesa del verde, per la lotta contro il fumo, per tenere le città pulite, ecc.). La pubblicità non lascia nulla al caso e ogni suo elemento è attentamente studiato, previsto e programmato da un’agenzia pubblicitaria che predispone una campagna pubblicitaria per un determinato prodotto. Per raggiungere questo obiettivo la pubblicità utilizza un particolare linguaggio basato su collaudati meccanismi di persuasione che fanno leva sui nostri desideri, sulle nostre aspirazioni e convinzioni. Leggere la pubblicità Saper leggere la pubblicità significa essere liberi di scegliere, saper scoprire ciò che oggettivamente è vero e ciò che invece è soltanto finalizzato ad influenzare l’ascoltatore. Il linguaggio della pubblicità utilizza la collaborazione tra codici diversi(verbale, visivo, sonoro, gestuale) tipica del linguaggio cinematografico e anche la musica svolge un’importante funzione che va analizzata e compresa. La pubblicità presente nella stampa e nei manifesti utilizza il codice verbale e il codice grafico-visuale; quella trasmessa alla radio utilizza il codice verbale e quello sonoro, al cinema e alla televisione si arricchisce anche del codice gestuale. C’è anche da sottolineare che il linguaggio verbale, utilizzato nella pubblicità, fa spesso ricorso a figure retoriche di suono quali l’allitterazione, l’onomatopea, l’assonanza e la rima, che facilitano la memorizzazione e aumentano, di conseguenza, il potere di persuasione dei messaggi. Anche la musica, che è naturalmente presente solo negli spot radiofonici e televisivi, è impiegata con grande attenzione e intelligenza, dovendo concorrere, alla pari dell’immagine e del parlato, al convincente risultato finale. La pubblicità su periodici Le immagini pubblicitarie che sono inframmezzate agli articoli dei periodici e dei quotidiani sono caratterizzate dai seguenti elementi: Visual: l’immagine, unica o principale, costituita da una fotografia o, più raramente, da un disegno, che comuni-ca il messaggio della pubblicità. Headline: titolo cioè riga di testo in carattere più grande che rafforza e sottolinea l’immagine del visual (è detta anche slogan). Bodycopy: è formato da alcune righe di testo in carattere minore, che illustrano più in dettaglio le caratteristiche e l’impiego del prodotto pubblicizzato. Marchio: è un

contrassegno distintivo di un prodotto o di un’azienda, costituito da quattro elementi fondamentali: il nome, il logotipo, i colori e il simbolo (la mela di Apple o il coccodrillo di Lacoste). Logotipo o logo: è il modo particolare con cui sono tracciati i segni grafici (in genere le iniziali) del nome di un’azienda o di un prodotto, di cui, di solito, costituisce anche il marchio. Molto spesso, marchio e logotipo coincidono. Gli spot televisivi Gli spot sono brevi filmati che in pochi secondi (da 10 a 30 circa) con immagini in movimento, parole e musica illustrano le caratteristiche e le qualità del prodotto. Spesso nello spot c’è una storiella o scenetta con una semplice trama, chiamata story-board (piano della storia). Ogni spot, in base alle indagini di mercato, che stabiliscono chi siano i consumatori preferenziali di un dato prodotto, si rivolge ad un pubblico determinato, che è il target (la parola significherebbe “bersaglio”). Di norma il target di una pubblicità viene stabilito in base al sesso, all’età, all’area geografica e alla classe sociale. Uno spot che reclamizzi un’auto di grossa cilindrata dovrà colpire l’attenzione e soddisfare le aspettative di un pubblico adulto, prevalentemente maschile, appartenente alla classe sociale alta o me-dio-alta; il target degli spot sui detersivi sono, normalmente, le donne, ecc. Ci sono però prodotti, come la pasta, che hanno il target indifferenziato, perché si suppone che tutti ne mangino. Una volta stabilito il target tutte le altre componenti del messaggio pubblicitario devono adeguarsi ad esso. Vi sarete già accorti anche voi, inoltre, che ogni spot si riassume, generalmente alla fine del filmato, in una frase che concentra il nucleo del messaggio che si vuole trasmettere, cioè le qualità del prodotto sulle quali si intende attirare l’attenzione dei consumatori: questa frase è detta head-line o slogan. Spesso, per la head-line, oppure semplicemente per il nome del prodotto, viene ideata una piccola melodia – detta jingle – che deve servire a “stamparla” nella memoria dello spettatore. Il jingle è costruito in modo tale da entrare prepotentemente nella mente del video ascoltatore, in modo da determinare una stabile associazione tra una breve melodia e un certo prodotto.

In particolare il jingle deve avere come caratteristiche: • una melodia breve e accattivante, facile da ricordare, ma allo stesso tempo avvincente e non banale; • una sonorità complessiva vicina ai gusti musicali del pubblico che si intende raggiungere con la campagna pubblicitaria; • un andamento musicale adeguato all’immagine che si vuole dare del prodotto. Nella composizione di un jingle si deve dunque tener conto anche dei gusti musicali di chi viene individuato come potenziale consumatore del prodotto pubblicizzato (target). Se, ad esempio, il prodotto è destinato ai bambini, il motivetto orecchiabile dovrà essere allegro e un po’ infantile. Il jingle deve anche rispecchiare, nel suo andamento, l’immagine che del prodotto si vuole dare: i prodotti della serie “Mulino Bianco” vengono da tempo presentati ponendo l’accento sull’aspetto della naturalità e genuinità degli ingredienti (“come si faceva una volta”); questo aspetto viene sottolineato anche dal motivo musicale che ha un carattere un po’ antico e campagnolo, carattere suggerito dall’immagine del mulino, bianco di farina. In molti spot pubblicitari la presenza della musica non si limita al jingle, ma accompagna tutte le immagini. Spesso si tratta di brani musicali composti per tutt’altro scopo. In questo caso la musica non è costruita e pensata per un uso pubblicitario, com’era nel jingle, ma viene utilizzata per suggerire una certa immagine del prodotto, rimandan-do il consumatore a modelli di vita e a valori da abbinare al prodotto stesso. Questi concetti chiave, chiamati “items”, rappresentano l’essenza più intima di una pubblicità, cioè il suo vero significato nascosto. Se ci pensate bene, vi accorgerete che tante pubblicità vogliono comunicarci l’idea, ad esempio, di “Prestigio/Successo ” o di “Giovinezza / Dinamismo”, o, ancora, di “Genuinità/Tradizione”. Si tratta di concetti che le pubblicità cercano di legare indissolubilmente al prodotto reclamizzato. Naturalmente non è detto che un tipo di prodotto sia sempre associato agli stessi items: l’auto di grossa cilindrata potrà essere legata all’idea di “Prestigio/Successo”, ma anche a quella di “Tecnologia/Affidabilità” o ad altro ancora. Ciò che conta è che in uno spot televisivo l’immagine, il testo parlato, la musica e persino i rumori contribuiscano tutti insieme a comunicare in forma più o meno nascosta gli items stabiliti. Spesso nei messaggi pubblicitari appaiono anche personaggi famosi che vengono utilizzati come “Testimonial” del prodotto; la loro immagine rappresenta la garanzia della bontà e affidabilità del prodotto stesso.

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Libro elaborato dagli alunni

Frontuto Christian ed Esposito Raffaele della classe IE con notizie tratte da libri di testo e siti web

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