Leonardo, Michelangelo e Raffaello by Maria Celardo - Ourboox.com
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Leonardo, Michelangelo e Raffaello

  • Joined May 2020
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Leonardo da Vinci

Nato a Vinci, Firenze, nel 1452 fu uno degli artisti più famosi del suo tempo, oltre ad essere conosciuto per la sua arte i suoi studi e le sue invenzioni,venendo incluso a soli trent’anni nel “Le vite” di Giorgio Vasari secondo il quale:

 

«volle la natura tanto favorirlo, che dovunque è rivolse il pensiero, il cervello e l’animo, mostrò tanta divinità nelle cose sue che nel dare la perfezione di prontezza, divinità, bontade, vaghezza e grazia nessun altro mai gli fu pari».

 

Si interessò particolarmente allo studio della natura: fu il primo infatti a studiare l’anatomia del corpo umano e il suo funzionamento attraverso l’osservazione dei cadaveri, oltre a studiare in modi simili la botanica, la zoologia e la meccanica. L’interesse di Leonardo in particolare per l’uomo e le sue emozione è chiaro in un famoso passo del suo “Libro di pittura”

 

«il bono pittore ha a dipingere due cose principali, cioè l’omo e lʼ concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo difficile, perché s’ha a figurare con gesti e movimenti delle membra; e questo è da essere imparato dalli muti, che meglio li fanno che alcun’altra sorte de omini»

(cosa che dimostrerà ad esempio nel Cenacolo)

 

A lui inoltre si deve l’invenzione della prospettiva aerea: Leonardo infatti riprendendo la prospettiva lineare di Brunelleschi si rende conto che, avendo anche l’aria una sua densità, questa influisce su come vediamo gli oggetti lontani. Essi infatti oltre a sembrare più piccoli, sono anche meno nitide e variano di colore, tendendo sempre più verso l’azzurro.

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L’uomo vitruviano

Lo studio dell’anatomia umana e delle proporzioni portò Leonardo a disegnare uno dei capolavori più significativi per la cultura italiana, l’uomo vitruviano.

Datata nel giugno del 1490 è una rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano, cerca di dimostrare come esso possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure “perfette” del cerchio, che rappresenta il Cielo, la perfezione divina, e del quadrato, che simboleggia la Terra.

Leonardo non è stato il primo a raffigurare l’uomo vitruviano, che era già stato rappresentato in precedenza da diversi artisti. L’ispirazione arriva dal “De Architettura” di Vitruvio il quale, cercando di rispondere a quale fossero le proporzioni migliori da usare per un edificio sacro, definisce quelle perfette del corpo umano:

 

«Il centro del corpo umano è naturalmente l’ombelico. Se infatti un uomo si disponesse supino con mani e piedi distesi, puntando il compasso sull’ombelico, si potrebbe descrivere una circonferenza che toccherebbe esattamente le punte delle dita di entrambe le mani e dei piedi. Inoltre, misurando la distanza dall’estremo dei piedi al sommo della testa e confrontandola con quella fra l’una e l’altra mano aperta, si troverebbe che altezza e larghezza coincidono, come in un’area quadrata. Se dunque la natura ha creato il corpo umano in modo che le singole membra rispondano proporzionalmente all’insieme della figura, sembra che giustamente gli antichi abbiano stabilito che anche le loro opere dovessero avere una esatta corrispondenza fra le misure delle parti e quelle dell’insieme»

 

Nonostante quindi Leonardo non fosse stato il primo a rappresentare l’uomo vitruviano, egli è stato senza dubbio il migliore a rappresentare l’idea scritta secoli prima da Vitruvio.

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Il Cenacolo

Altra opera iconica di Leonardo, venne dipinto fra il 1495 e il 1497 sotto commissione di Ludovico Sforza sulla parete del refettorio del convento milanese di Santa Maria delle Grazie. Sfortunatamente, nel tempo quest’opera si è rovinata molto e ha necessitato diversi Leonardo. Questo decadimento è dovuto principalmente dai materiali usati da Leonardo (Tempera ed olio su intonaco a base di gesso). Leonardo aveva infatti la tendenza a sperimentare diversi materiali.

 

Anche in questo caso, il tema dell’ultima cena era già stato rappresentato in precedenza, ma Leonardo lo reinterpreta cambiando alcune caratteristiche che accumunavano le opere precedenti. Prima fra tutti, la posizione di Giuda: era consuetudine infatti che il traditore fosse posto dall’altro lato del tavolo, per sottolineare il suo tradimento e la sua separazione da Gesù. Leonardo invece decide di porlo dietro al tavolo insieme a tutti gli altri, spostando il soggetto della rappresentazione da un tema di fede a un tema umano: il tradimento da parte di una persona vicina. Leonardo vuole quindi rappresentare le emozioni umane.

 

Questo è reso chiaro anche dalle grandi gestualità e dettagliate espressioni dei discepoli. Alle parole di Gesù che uno di loro lo tradirà si scatena tra i discepoli un moto ombroso. Alcuni discutono tra loro, altri si voltano e si rivolgono interrogativi verso Gesù; Pietro, proprio come fa nei vangeli, si avvicina a Giovanni domandandogli di chiedere a Gesù chi sia il traditore.

 

La luce, come si denota dalle pareti, proviene da sinistra e illumina solo un lato della stanza. Vi è infine una particolare attenzione ai dettagli sullla tavola, che denotano un’influenza fiamminga.

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La Gioconda

Senza alcun dubbio è l’opera più famosa di Leonardo, oltre ad essere una delle opere d’arte più conosciute al mondo. Per innumerevoli volte anche nell’epoca contemporanea il dipinto è stato citato, preso come ispirazione o come oggetto di parodie.

 

Dipinto a olio su tavola, venne realizzato tra il 1503 e il 1504 ed è oggi conservato al Museo del Louvre.

Il soggetto del dipinto è Lisa Gherardini (da qui il nome Monna Lisa), moglie di Francesco del Giocondo.

 

La donna è raffigurata di tre quarti, con le braccia appoggiate su un parapetto. Sul suo viso appare un lieve sorriso detto enigmatico. Indossa una pesante veste scollata, secondo la moda dell’epoca, con un ricamo lungo il petto e maniche in tessuto diverso; in testa indossa un velo trasparente che tiene fermi i lunghi capelli sciolti.

Dietro di lei si staglia un paesaggio fluviale, che ci permette di notare un’altra delle tecniche di Leonardo: lo sfumato. La Gioconda infatti è perfettamente fusa con il paesaggio dietro di lei. Leonardo infatti (a differenza di Michelangelo) non utilizza la linea di contorno, lasciando che i suoi personaggi siano un tutt’uno con l’ambiente circostante.

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Leonardo attraverso i secoli: Duchamp

 

Tra le diverse opere che la Gioconda ha ispirato il più famoso è L.H.O.O.Q., meglio nota come la “Gioconda con i baffi”. Duchamp infatti utilizzando la tecnica del ready-made, aggiunge all’iconica opera dei baffetti, aumentando la provocazione dando un nome poco dignitoso al lavoro.

 

Ma questo gesto non vuole essere solo una parodia, l’artista vuole mettere in discussione il valore estetico dell’opera d’arte, che non risiede più nella bellezza del soggetto o nella capacità tecnica dell’artista (in tal senso, Duchamp è contrario a un’arte il cui fine sia solo quello dell’estasi contemplativa), bensì nell’atto creativo dell’artista: Duchamp stava quindi rendendo omaggio a Leonardo.

 

“siccome tutti dicono che la Gioconda è bella lo dico anche io senza conoscere veramente l’artista e il suo percorso solo perché mi adeguo al gusto degli altri”

 

Non bisogna poi dimenticare il clima in cui l’opera fu realizzata: siamo nel 1919, la prima guerra mondiale è appena finita, e l’opera di Duchamp si può configurare anche come una critica all’ipocrisia della società, pronta a scandalizzarsi perché un artista ha dissacrato uno dei capolavori della storia dell’arte, ma poco attiva nell’evitare i conflitti.

 

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Michelangelo Buonarroti 

Nato a Caprese nel 1475 è, insieme a Leonardo e Raffaello uno degli artisti più iconici del Rinascimento. Cominciò i suoi studi nella bottega di Domenico Ghirlandaio, ma nella sua formazione influirono anche le opere di Giotto e Masaccio, dei quali aveva copiato negli anni a Firenze. Non si può inoltre non considerare il tempo passato nel “Giardino” dei Medici (entrando in contatto anche con Lorenzo il Magnifico) dove aveva potuto studiare la statuaria antica: è infatti con questo periodo che comincia il suo interesse per l’antico e assume un’influenza neoplatonica (aveva studiato infatti proprio con il fondatore della scuola Neoplatonica, Marsilio Ficino) che avrebbe caratterizzato tutto il suo lavoro negli anni a seguire.

 

Se infatti Leonardo andava alla ricerca del reale, studiando la natura, Michelangelo preferisce concentrarsi sul mondo spirituale e ideale.

L’influenza Neoplatonica porta inoltre Michelangelo a concentrarsi sull’uomo e in particolare dell’uomo come essere eroico, come essere più vicino a Dio.

 

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La scultura e la poetica del non finito

Michelangelo prediligeva come materiale il marmo. Era convinto che all’interno del blocco di marmo vi si trovasse già la forma (o concetto) della scultura, e stava all’artista tirarla fuori rimuovendo gli eccessi.

 

“Non ha l’ottimo artista alcun concetto

C’un marmo solo in sé non circoscriva

Col suo superchio, e solo a quello arriva

La man che ubbidisce all’intelletto”

 

Michelangelo utilizzerà moltissimo la tecnica del non finito, collegata ad un forte tormento interiore dell’artista, unito a una costante insoddisfazione. Mentre l’immagine all’interno della scultura è di origine divina, il non finito permette quindi di esprimere la visione drammatica dell’uomo impegnato nel raggiungere il mondo spirituale durante la sua esistenza terrena.

 

Michelangelo fu il primo scultore che, nella pietra, non tentò mai di colorire né di dorare alcune parti delle statue; al colore preferiva infatti l’esaltazione del “morbido fulgore” della pietra, spesso con effetti di chiaroscuro evidenti nelle statue rimaste prive dell’ultima finitura, con i colpi di scalpello che esaltano la peculiarità della materia marmorea.

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David

 

Realizzato tra il 1501 e il 1504 e commissionato dai consoli dell’Arte della Lana e l’Opera del Duomo di Firenze.

Michelangelo dovette utilizzare per la scultura un blocco di marmo già abbozzato da Agostino di Duccio ma Michelangelo riuscì comunque a creare un’opera di enorme successo.

L’eroe biblico è rappresentato nell’azione che precede l’uccisione del gigante Golia (il che è una novità, dato che fino quel momento si tendeva a rappresentare il momento della vittoria): la sua fronte è aggrottata, facendoci capire che sta valutando le sue azioni successive e il suo corpo è teso, con alcune vene visibili ad esempio sulle braccia. Questo stato di tensione riprende quello del San Giorgio di Donatello.

 

Sul corpo è visibile un chiasmo, che rimanda ai suoi studi della scultorea antica e quindi di influenza classica, rappresentata anche dalla completa nudità dell’uomo. È il primo nudo pensato per essere posto in un luogo pubblico

 

Le grandi dimensioni delle mani non solo dovute dal punto di vista dell’opera (pensata per essere vista dal basso verso l’alto) ma hanno anche un significato allegorico, le mani infatti simboleggiano la ragione dell’uomo.

 

Questa opera ha inoltre corso diversi rischi: Nel 1512 una saetta colpì il basamento ma non ci furono danni seri.

Nel 1527, durante la terza cacciata dei Medici da Firenze, ci furono tumulti in città e durante un combattimento in Palazzo Vecchio il David venne danneggiato, causando gravi danni, quali la frantumazione del braccio sinistro e la scheggiatura della fionda all’altezza della spalla.

Giorgio Vasari e Francesco Salviati, devoti estimatori di Michelangelo, raccolsero i frammenti della statua e li nascosero in casa del Salviati. Con il ritorno del Granduca Cosimo I si provvide al restauro. I segni dell’episodio sono ancora visibili.

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La pietà di San Pietro

Iniziata nel 1498 sotto commissione del cardinale Jean Bilhères, venne conclusa appena un anno dopo.

 

Michelangelo riprende un tema che era prettamente comune nell’Europa centro-settentrionale, ossia la rappresentazione della Vergine che tiene tra le sue braccia il figlio morto.

La prima cosa che si nota in questa opera è quanto il marmo sia liscio, talmente lavorato da essere traslucido (tecnica del troppo finito), Michelangelo mirava a portare la scultura oltre una realtà naturale.

 

Un’altra caratteristica che cattura l’attenzione è il viso perfette ovale e con fattezze da fanciulla della Vergine. Questo fa in modo che i due personaggi sembrino avere la stessa età, cosa che ha generato diverse interpretazioni dell’opera. Secondo Carlo Argan, i due sembrano avere la stessa età poiché Gesù in realtà è il bambino addormentato, ma si mostra come adulto in una sorta di previsione che sembra confermare con la mano.

 

Nonostante le interpretazioni quest’opera è ricca di dettagli: il corpo di Cristo che è curvato al centro dove si apre uno spazio tra le ginocchia della Vergine, le pieghe della veste della Vergine che si interrompono nella fascia che ha sul busto (sulla quale si leggono la firma in latino di Michelangelo), la mano sinistra che si alza in segno di dolore e infine la struttura piramidale.

 

 

 

 

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La pietà Rondanini 

 

Esempio perfetto dell’uso del “non finito” venne scolpita durante gli ultimi anni della vita di Michelangelo. L’aspetto del marmo è quindi completamente diverso dalla Pietà di San Pietro, in particolare la scultura non cerca più di dare l’idea di un mondo ultraterreno, il marmo sembra avere in se la sofferenza fisica dei personaggi (che sono sempre Cristo e la Vergine) i quali sembrano fondersi insieme in un unico corpo uniti dalle loro emozioni negative.

 

Michelangelo non solo lasciò l’opera incompiuta, ma la ruppe in alcune parti che vennero restaurate in seguito.

Accanto ai due protagonisti inoltre c’è un braccio che non si collega a nulla e che doveva essere in origine il braccio di Gesù, ma probabilmente Michelangelo non era soddisfatto del lavoro e aveva deciso di ricominciare.

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La volta della Cappella Sistina

Nonostante Michelangelo sia particolarmente conosciuto per la sua scultura, anche la sua produzione pittorica è famosissima nel mondo dell’arte e non solo: è impossibile tenere conto (come già si è visto con la Gioconda) quante volte la Creazione di Adamo sia stata di ispirazione di spot pubblicitari, parodie o simili.

 

In questa opera è possibile notare una delle tante differenze tra Leonardo e Michelangelo, la linea di contorno, che Leonardo aveva abbandonato per lasciare spazio allo sfumato.

 

Nel 1508 Papa Giulio II offrì a Michelangelo di dipingere la cappella, ma lui accettò solo nel 1512 cominciando tuttavia lavorando da solo, accettando di essere aiutato solo successivamente.

 

La volta comprende nei suoi 100 metri quadrati 300 figure, ognuna delle quali occupa un proprio spazio oltre a diverse finte membrature architettoniche incredibilmente realistiche. Su queste vi sono gli “ignudi” i quali danno le spalle al cielo rappresentano il mondo pagano, e per questo si trovano all’esterno delle storie (che sono dell’antico testamento).

All’interno delle vele, lunette e i pennacchi è rappresentato il mondo prima di Cristo, nelle prime due sono rappresentate le 40 generazioni d’Israele mentre nei 4 pennacchi ci sono le storie della salvezza d’Israele.

Sulla cornice e gli arconi sono rappresentati nove episodi della Genesi, cinque dei quali sono più piccoli per via della presenza degli ignudi.

 

Tra questi episodi c’è la famosa Creazione di Adamo: a destra Dio è sorretto da degli angeli apteri mentre tende una mano verso Adamo, il quale tende vero Dio attratto dalla sua potenza mantenendo tuttavia una certa leggerezza. Il suo corpo sembra quasi mostrare un chiasmo e il suo corpo mostra proporzioni atletiche, perfette.

 

Altri personaggi degni di nota sono le Sibille, le quali pur facendo parte del mondo pagano non sono posizionate con gli ignudi, poiché esse avevano predetto la venuta di Cristo. I colori di questi personaggi sono sgargianti e variati, i quali non si fondono tra loro e sono posti in abbinamenti particolari.

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Giudizio Universale

Commissionato da papa Clemente VII De’Medici, venne iniziato nel 1536 e finito nel 1541, permette di vedere come nel corso degli anni si sia generato in Michelangelo un sentimento di inquietudine, poiché non era sicuro di essere salvato dopo la morte.

 

Lo si denota innanzitutto dai corpi tozzi e pesanti, ben diversi da quelli ben scolpiti e atletici della Cappella Sistina e dalle figure, poco più di quattrocento, che sono ammassate tra loro.

 

Neanche le espressioni dei salvati che circondano Cristo sono serene, ma si dimostrano attoniti e disorientati mentre alcuni di loro si arrampicano con fatica sulle nuvole. Dalla sinistra in basso si denota il movimento verso il cielo permesso dagli angeli che fanno ascendere le anime salvate.

I dannati invece sono trascinati in basso da creature diaboliche, e sul fondo a destra si denota un movimento opposto a quello diretto verso il cielo, che porta le anime dannate all’inferno, una delle quali ha il viso del cerimoniere del papa, il quale aveva criticato l’opera. Poco più accanto di vede Caronte con la sua barca che spinge altre anime verso l’inferno, cosa che fa credere che Michelangelo si sia ispirato alla Commedia di Dante.

 

Cristo, posto nella parte alta e centrale dell’affresco che con il gesto imperioso della mano e l’espressione dura non si mostra come il Cristo misericordioso, ma come il Cristo-Giudice, il quale è affiancato dalla madre, rivolta con sguardo di misericordia verso le anime e assume la forma della “Vergine accovacciata”.

 

Le due lunette superiori sono occupate da degli angeli (nuovamente apteri) i quali sorreggono i simboli della Passione di Cristo, nella lunetta di sinistra la croce e la corona di spine, e a destra la colonna della flagellazione.

Nella composizione Michelangelo include diversi santi riconoscibili da oggetti legati al loro martirio: San Sebastiano (con in mano le frecce), San Pietro (con in mano le chiavi) Santa Caterina (con la ruota del martirio), etc.

Tuttavia, tra questi santi, quello di San Bartolomeo è uno dei più degni di nota, dato che sul suo simbolo del martirio (la pelle scuoiata) il viso ritratto è quello di Michelangelo, scelta dovuta al fatto che Michelangelo si riconosce come peccatore e non è certo della sua salvezza.

 

Quest’opera come il David ha rischiato di essere distrutta, poiché originalmente le figure nude erano molte di più, cosa che aveva generato un certo scandalo. Fortunatamente durante il Concilio di Trento venne deciso di coprire i nudi piuttosto che rimuovere l’affresco. Il lavoro fu affidato a Daniele De Volterra, che per questo motivo è passato alla storia come il braghettone.

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Raffaello Sanzio

Nato ad Urbino nel 1483, cominciò a formarsi studiando le opere di Piero della Francesca, per poi lavorare nella bottega di Pietro Perugino.

 

Successivamente si diresse a Firenze dove subirà l’influenza di Leonardo e Michelangelo. Nel 1508 venne invitato da papa Giulio II a Roma, dove rimase fino alla sua morte nel 1520.

Il suo lavoro colpisce particolarmente per la sua capacità di unire il classicismo di Michelangelo al naturalismo di Leonardo. Diventerà per molti artisti un punto di riferimento diventando il pittore più influente della storia dell’arte occidentale.

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Pala Baglioni

 

Prende il nome dalla sua (probabile) committente Atalanta Baglioni venne realizzata nel 1507.

 

Nasce inizialmente come Compianto sul Cristo morto, si trasforma nella scena della deposizione dalla croce.

Nello sfondo a destra si staglia il Golgota, sul quale si trovano le tre croci. In primo piano, Giuseppe d’Arimatea sostiene il busto del corpo di Gesù mentre Nicodemo gli sostiene le gambe. Questi due personaggi, come gli altri della composizione sono vestiti con colori sgargianti e distinti.

Maria Maddalena tiene la mano di Gesù affiancata da Pietro e Giovanni. Alla loro destra, la Vergine è svenuta dal dolore e sorretta da due donne.

 

Di quest’opera, come avverrà in altre opere di Raffaello, i personaggi esprimono con gestualità e addolorate espressioni facciali le loro emozioni.

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Le Stanze Vaticane

Nel periodo passato a Roma, Raffaello è incaricato da papa Giulio II (dopo aver visto la sua bravura) di dipingere gli interni delle stanze papali. Iniziò a lavorare nel 1508 e finì nel 1520, nel periodo di governo di Leone X.

 

Le stanze sono: la stanza della Segnatura, di Eliodoro, dell’incendio di Borgo e la stanza di Costantino.

Nella prima, sono trattati i concetti del Vero, del Bene e del Bello. Nella stanza di Eliodoro, sono rappresentati episodi storici dove Dio stesso era intervenuto grazie alla chiesa.

Nella stanza dell’Incendio di Borgo sono invece raggruppati episodi che hanno a che fare con i papi di nome “Leone”.

Nella stanza di Costantino infine sono rappresentati degli episodi riguardanti la vita dell’imperatore.

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La Scuola d’Atene

In questo affresco (situato nella Stanza della Segnatura) Raffaello decide di rappresentare la filosofia, uno dei modi di conoscere Dio.

 

La scena è situata in un edificio classico, simile a quelli romani e quelli bramanteschi, all’interno del quale si trovano diversi filosofi dell’antichità. Al centro della composizione Platone e Aristotele, nell’atto di discutere.

Platone indica una mano verso il cielo, come ad indicare il mondo perfetto delle idee, Aristotele invece, che favorisce l’esperienza, tende una mano davanti a sé per indicare il mondo sensibile. Tra i due filosofi è posto il punto di fuga.

 

Intorno a loro gli altri filosofi hanno le fattezze di artisti contemporanei di Raffaello, lo stesso Platone secondo alcuni ha il viso di Leonardo, oltre ad Euclide con il volto di Bramante, ed Eraclito con il viso di Michelangelo seduto riflessivo sulla scalinata. Quest’ultimo non è presente nei cartoni preparatori, ma è stato aggiunto direttamente sull’affresco, omaggio voluto forse dallo stesso Giulio II.

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Liberazione di San Pietro dal carcere

 

Secondo notturno italiano dopo il Sogno di Costantino di Piero della Francesca, è situato nella stanza di Eliodoro.

 

La scena è divisa in tre episodi separati tra loro dalle mura della prigione. Nel primo episodio, quello centrale, l’angelo desta San Pietro dal suo sonno; nella seconda, a sinistra  i due si accingono a uscire mentre delle guardie sono addormentate sulla scalinata, nella terza parte a sinistra una guardia sveglia i suoi commilitoni istigandoli a inseguire il santo.

 

L’oscurità del notturno permette di poter visualizzare le diverse fonti di luce: quella flebile dell’appena sorgente alba, quella della torcia della guardia e quella intensa e innaturale emanata dall’angelo, che come illumina le scale e le armature delle guardie.

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Incendio di Borgo

L’episodio raffigurato in questo affresco è dell’incendio avvenuto nell’ 847, che secondo una leggenda si sia estinto dopo un segno della croce di papa Leone IV, il quale è raffigurato sul fondo del dipinto mentre fa un cenno della mano (presumibilmente quello che portò alla fine dell’incendio).

 

Gli abitanti  prendono dell’acqua per spegnere l’incendio o fuggono. Al centro della composizione delle donne mettono in salvo i figli; a sinistra delle persone fuggono da un palazzo in fiamme, tra cui una donna che tenta di mettere in salvo il figlioletto e un uomo con un uomo anziano (forse il padre) sulle spalle accompagnato dal figlio. Questi ultimi sono stati identificati come un’allegoria di Enea che fugge da Troia con il padre Anchise e il figlio Ascanio.

 

Nell’affresco si vedono chiaramente le conoscenze sull’anatomia di Raffaello, come si nota dall’uomo nudo che si arrampica fuori dall’edificio in fiamme. Tuttavia si vede anche una certa influenza di Michelangelo, dalle braccia muscolose delle donne.

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La Trasfigurazione

Tavola rimasta incompiuta, iniziata nel 1516 forse sotto commissione del Cardinale Giulio de’ Medici.

L’episodio raffigurato è quello in cui Gesù si mostra nella sua forma divina ai discepoli mentre ai suoi fianchi appaiono Mosè ed Elia.

 

La tavola è divisa in due parti, Raffaello utilizza una geometria rigorosa.

 

La parte superiore, dove si trovano Gesù e i due profeti, è la fonte di luce del resto della tavola. Questi personaggi sono immuni alla gravità e si contrappongono con la loro serenità al caos presente nella parte bassa del dipinto, dove sono posti gli apostoli insieme ad altri personaggi tra cui un giovane indemoniato, protagonista di un’altra storia dei vangeli. La parte bassa del dipinto invece è avvolta parzialmente dall’oscurità, contrastata dall’abbagliante luminosità di Cristo.

 

Il personaggi, lasciano trasparire le loro emozioni, con forti gestualità e con le espressioni facciali.

 

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La lettera a Leone X

 

Ricevuto l’incarico da parte di Leone X di disegnare una mappa della Roma imperiale. Nel farlo tuttavia osserva le condizioni degradanti dei monumenti della città.

 

Per questo decide, insieme al caro amico Baldassar Castiglione, di scrivere una lettera al pontefice dove descrive l’importanza di prendersi cura di questi monumenti. È il primo esempio di ricerca della tutela dei beni culturali.

Raffaello considera vitale conservare queste opere della Roma imperiale, così da poterle consegnare alle generazioni future,
arrivando addirittura ad accusare i papi precedenti:

 

“Quanti pontifici, Padre Santissimo, quali havea no el medèmo officio che ha Vostra Santità , ma non già el medemo saper né il medemo vallóre e grandezza de animo , non quella clementia che vi fa simile a Dio: quanti, dico, pontifici hanno atteso a ruinare templi antiqui, statue, archi et altri aedificii gloriosi ! [. . .] Quanta calce si è fatta di statue et altri ornamenti antiqui, che ardirei di re che tutta questa Roma nova che hor si vede, quanto grande ch ‘ ella si sia , quanto bella , quanto ornata di pallàggi  , chiese et altri aedificii, tutta è fabricata di calce di marmi antichi”

 

 

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L’arte del rinascimento oggi

 

Quest’opera di Leonardo iniziata nel 1483 raffigura la Vergine e il Bambino insieme a San Giovannino e Sant’Anna. Quello che colpisce particolarmente di quest’opera è il luogo in cui è ambientata. I personaggi infatti si trovano in una sorta di grotta, un luogo particolarmente ombroso.

 

Ho scelto quest’opera per rappresentare la situazione attuale proprio per la sua ambientazione, poiché anche in condizioni che possono sembrare scomode o avverse, c’è ancora spazio per l’amore e la bellezza.

 

 

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