Il primo Ungaretti: un maestro per la poesia successiva
Ungaretti de L’allegria: sperimentalismo, che apre all’innovazione formale.
Il particolare rinnovamento delle Avanguardie
Il Futurismo
Atteggiamenti contro: il Crepuscolarismo
Concetto di Ermetismo e antiErmetismo (U5, pp.144-149)
Superamento della fase ermetica: le motivazioni
Il trionfo del verso libero
Il particolare caso di Saba
La poetica degli oggetti: Montale e il correlativo oggettivo
Ungaretti, con la sua prima raccolta, Allegria di naufragi, da cui abbiamo letto essenzialmente le liriche scritte al fronte, apre la strada ad un profondo rinnovamento formale.
Ungaretti è Ermetico?
Alcune edizioni lo annoverano tra gli Ermetici: è certo comunque che egli è l’iniziatore di una serie di procedimenti stilistici che segneranno il ‘900 poetico:
Verso breve, a volte costituito da una sola parola
Funzione evocativa della parola
No punteggiatura
Spazi iconici
Verticalizzazione del testo
Uso dell’analogia
Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Esempio celeberrimo di testo in cui, con asciuttezza e brevità, si pongono in analogia i soldati al fronte con le foglie d’autunno: la precarietà è il tema dominante.
https://www.youtube.com/watch?v=wh0AJewU11c
Guarda questo breve video sul Futurismo, ricordando quanto abbiamo già letto dal manifesto di Marinetti e quanto detto a proposito dell’aspetto iconico del poemetto Zang tumb tumb (sperimentalismo linguistico, parole in libertà, figure fonetiche, spazi bianchi)
https://www.youtube.com/watch?v=MPSeC9p14sI
La poesia di Aldo Palazzeschi, Chi sono?
recitata da Vittorio Gassman
La lirica, facendo sèguito ad atteggiamenti analoghi (ricorda L’albatro di Baudelaire) ha come tema la perdita del ruolo del poeta, che diventa “saltimbanco”, in un’epoca sempre più volta allo sviluppo tecnologico, che chiede sempre meno ai poeti, che si sentono emarginati, non compresi, a causa del progressivo prevalere di valori consumistici.
Di Aldo Palazzeschi ricorda anche il testo E lasciatemi divertire, dove il poeta è un “fesso”, un “poveretto”, e la poesia diventa un gioco dissacrante: ciò è testimoniato dalle onomatopee che attraversano tutta la lirica.
E dunque?
Il ‘900 è animato da atteggiamenti opposti:
da una parte aggressivi, attivisti, volti al mito del progresso e della macchina (Futurismo)
dall’altra malinconici, ripiegati su se stessi, pessimisti, rinunciatari.
Ma……
Sono due facce diverse di un’età di crisi, di passaggio…
L’Ermetismo: nel video una sintesi
https://www.youtube.com/watch?v=wH_Mw4Y-_7Q
Ma, come sappiamo molto bene, i poeti ermetici, dopo la seconda guerra mondiale, si aprirono all’impegno (ricordi l’espressione “dall’individuo alla storia”?)
La brutalità della dittatura e gli orrori della guerra fecero sentire la necessità di un rinnovato impegno: la poesia deve denunciare il male, il poeta non può restare lontano dalla realtà stessa, chiuso nel suo io interiore.
Ricorda le liriche di Quasimodo: Uomo del mio tempo e Alle fronde dei salici.
Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese:
oscillavano lievi al triste vento.
Nella prima lirica, l’uomo contemporaneo è visto dal poeta come uomo ancora allo stato primitivo: la pietra e la fionda sono accostate alle ali maligne , ai carri di fuoco, agli strumenti di tortura. La scienza posseduta dall’uomo è diventata strumento di morte, l’uomo, al pari di Caino, si comporta come se Cristo non fosse mai entrato nella storia. Nell’ultima parte, l’autore invita i figli a dimenticare i padri, a perseguìre altre vie. Solo neri e lugubri uccelli copriranno le tombe di chi ha ucciso.
Come non ricordare la poesia che apre il “Se questo è un uomo” di Primo Levi che, di fatto, possiamo suddividere in quattro parti?
1 La sicurezza
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
2 Il lager
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
3 Necessità di riflettere e trasmettere
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
4 Sia maledetto chi non lo fa
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Ma torniamo a Quasimodo:
nel secondo testo l’autore si chiede come si possa cantare di fronte alle atrocità dell’uomo. La lirica prende spunto dal salmo 136, il lamento degli ebrei in esilio a Babilonia. Le cetre sono appese ai salici, e le immagini parlano da sole: il piede straniero ricorda l’occupazione nazista dopo l’8 settembre; l’accostamento dei fanciulli agli agnelli ne sottolinea la debolezza, ricordando l’agnello sacrificale; l’urlo nero è una celeberrima sinestesia, che concentra in modo forte il dolore più grande, quello di una madre che sopravvive al figlio, brutalmente ucciso.
Il ‘900 vede la definitiva vittoria del verso libero, che dà la possibilità al poeta di esprimere liberamente il suo sentire. Un componimento in versi liberi è formato da versi di diversa lunghezza sciolti dall’obbligo delle rime.
Quando i versi sono brevi, l’andamento è martellante (vedi testi del primo Ungaretti, scritti al fronte);
quando i versi sono lunghi, l’andamento è colloquiale, prosastico (vedi testi dei Crepuscolari. Es. Moretti, A Cesena; Corazzini, Desolazione del povero poeta sentimentale)
Esamina adesso questo celeberrimo testo di Montale: Spesso il male di vivere ho incontrato
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza;
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola e il falco alto levato.
Il correlativo oggettivo è una tecnica che Montale mutua dal poeta inglese Thomas Eliot, e consiste nello spiegare un concetto astratto correlandolo ad un oggetto concreto. Nella poesia ci sono due concetti astratti e sei correlativi oggettivi: con una struttura simmetrica, il male di vivere viene identificato nel fiume che non può scorrere, nella foglia sofferente sotto un sole che brucia, nel cavallo stramazzato a terra per la fatica.
Di contro, l’indifferenza, divinizzata, unica possibile risposta, sebbene amara, al male di vivere, viene identificata nella statua in un momento della giornata che sembra indurre al sonno, nella nuvola e nel falco sollevato in volo in alto, che fa da contrasto al cavallo giacente a terra della prima strofa.
Il correlativo oggettivo o “poetica degli oggetti” tende a creare rapporti tra astratto e concreto che siano più facilmente comprensibili al lettore, e quindi è una tecnica meno ambigua rispetto all’analogia.
E concludiamo questo nostro percorso con un accenno a Umberto Saba che, in un’epoca di imperante Ermetismo, rappresenta invece una voce in linea con la tradizione. Il suo Canzoniere, a cui lavorò per circa quarant’anni, costituisce una sorta di autobiografia, in cui egli ricorda gli affetti più profondi, l’infanzia, la moglie, la figlia, la sua città, Trieste, e tanto altro.
Egli oscilla tra recupero della tradizione e tendenza verso la modernità: usa molto il classico sonetto, ma usa anche strofe libere quasi sempre legate da rime, evitando quindi il verso libero e disgregato di stampo ungarettiano.
Egli rivendica con orgoglio questa scelta di poetica, quando dice:
Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Published: Apr 14, 2020
Latest Revision: Apr 14, 2020
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Molto bello!