DECADENTISMO – G.PASCOLI

Il Decadentismo è un movimento artistico letterario nato a Parigi e diffuso in Europa nel periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e lo scoppio della Prima guerra mondiale.

Nasce poco dopo al Realismo, andando poi quasi parallelamente contro il positivismo.

Il decadentismo è il movimento che meglio incarna le contraddizioni della società capitalistica, dove il cuore e gli affetti non saranno più il primato ma bensì gli istinti, le pulsioni individuali, l’inconscio e la perdita di ogni speranza.

Il termine “decadente” fu inizialmente usato sulla rivista “Le chat noir” con significato dispregiativo da parte della critica certo senso “maledetti”.

Il termine fu accettato dagli stessi poeti come il loro segno distintivo, usato per dare un titolo alla loro rivista ufficiale, “Le Décadent”, che fù pubblicata per la prima volta nel 1886.

Una delle frasi simbolo del movimento letterario del decadentismo è la seguente “Je suis l’empire at the fin de la décadence” (“Io sono l’impero alla fine della decadenza”).

La poesia  divenne per i decadenti un rifugio, secondo via di evasione da una realtà superficiale, banale e ripugnante e il mezzo di una penetrazione della realtà più vera e profonda, nella sfera dell’inconscio e del mistero.

Fù di estrema importanza, quindi, l’uso del simbolo, infatti, per un decadente un oggetto comune non ha unicamente un significato oggettivo, ma, se osservato con attenzione, racchiude in sé un qualcosa di molto più profondo che può concepire solo la scelta di chi lo, osserva.

GIOVANNI PASCOLI

il Decadentismo pascoliano, affondano saldamente nel Classicismo è percorso da una costante vena di inquietudine e pessimismo, soprattutto soprattutto dalle sofferte vicende esistenziali del poeta, come la morte del padre (ricordato in X agosto o La cavalla storna).

Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855.
Nel 1867, il 10 agosto, l’assassinio del padre, di cui non è mai saputo, nonostante le ripetute indagini, se per ragioni di natura politica o per legato al lavoro, interruppe bruscamente un’infanzia nel complesso serena.
La madre morirà però dopo pochi mesi nel 1868, poco dopo la scomparsa della figlia maggiore (in precedenza erano già morte altre due figlie).
Nel 1871 morirà anche il fratello Luigi, per meningite.
Nel 1873 ottenne una borsa di studio di 600 lire, che gli permise d’istruzione alla facoltà di lettere dell’Università di Bologna, dove divenne allievo di Carducci.
Nel 1882 laureò con una tesi sul poeta greco Alceo.
Nel 1891 pubblicò la sua prima raccolta poetica Myricae.
Nel novembre 1911, durante la campagna di Libia, pronunciò il teatro Barga un appassionato discorso, d’impronta nazionalistica, imperialista e populista.
Il 6 aprile 1912 morì a Bologna, dove era stato trasferito sull’indicazione dei medici per l’aggravarsi della malattia che l’aveva colpito.
Viene sepolto a Castelvecchio.

Molte delle sue poesie riguardano le “piccole cose” della vita umile e comune, una vita avvolta nel mistero e nella sofferenza. Per il Pascoli comunque la vita non è un dramma, ma piuttosto una ricerca del doppio significato delle piccole cose, un significato che il possibile scoprire solo una poeta, che, con la sensibilità e lo stupore di un fanciullino che scopre per la prima volta nel mondo.
Le tematiche assunte dal Pascoli sono quelle della natura e delle piccole cose (la natura, la campagna, la poetica del fanciullino, cantati in opere come “Canti di Castelvecchio”, in “Myricae”, “Primi poemetti” o in “Poemetti nuovi” ), la morte e il mistero (la morte, la poeta, il ricongiungimento con i propri cari morti.

Pascoli nelle poesie descrive l’umanità come un’ombra che vaga smarrita sulla Terra avvolta dal mistero, come nella poesia “Nella nebbia”), il ricordo e il dolore (il dolore nel ricordo del padre assassinato, il Male che vince nel mondo, atomo opaco del male, per colpa degli uomini, che è più buono, e non per colpa della Natura, madre buona), il cosmo (in quanto è un mare di mistero), impressioni (“Il tuono”, “Il lampo”, “Il temporale”).