Prefazione
Questo lavoro nasce dalle riflessioni emerse in classe a seguito del ripetersi dell’evento “Friday for future”.
Discutendo sulla partecipazione o meno all’evento è sorta un’altra domanda: a cosa pensiamo quando viene pronunciata la parola Inquinamento?
Al fioccare delle risposte da parte degli studenti, si è fatto sempre più evidente un denominatore comune: l’Uomo.
Il potere della specie umana di condizionare e modificare l’ambiente è apparso in tutta la sua pericolosa dimensione.
Altro elemento rilevante è la percezione di un inquinamento di grandi dimensioni che quindi, paradossalmente, viene percepito come lontano.
Ho così invitato gli alunni ad osservare con attenzione, approfittando della pausa natalizia, la propria città e l’ambiente che vivono ogni giorno.
E l’inquinamento, quello quotidiano, quello che ci siamo abituati a non vedere, è emerso insieme all’incuria, alla prepotenza, alla dimenticanza nello sfavillìo delle luci di Natale.
Il titolo di questo lavoro di gruppo richiama quello di una pellicola distopica statunitense di qualche anno fa.
Il prodotto finale è il frutto di una collaborazione impegnata, e condivisa attraverso le nuove tecnologie, durante un periodo di dura emergenza per il Paese.
La didattica a distanza ha permesso di continuare a lavorare, l’impegno degli studenti ha permesso che questo lavoro vedesse la luce.
Il mio ringraziamento quindi va a tutti i miei studenti della classe 2A AFM
Degrado e abuso edilizio
L’inquinamento è un’alterazione dell’ambiente che produce dei disagi momentanei o permanenti in un’area, può essere di vari tipi che variano in base alla causa del alteramento.
In questo lavoro si andrà a esporre in particolar modo l’inquinamento paesaggistico o architettonico.
L’inquinamento architettonico è riferito all’alterazione dell’estetica e della funzionalità degli ecosistemi naturali e urbani dei paesaggi.
Sono tipi di inquinamento architettonico: l’abusivismo edilizio (la realizzazione di opere prive di concessione o con variazioni rispetto ai progetti approvati), le costruzioni che non rispettano gli standard (coefficienti stabiliti per determinare l’abitabilità dell’ambiente) e i parametri stabiliti dai piani regolatori-paesaggistici.
Viene considerato un fattore di inquinamento architettonico, anche un intervento architettonico che modifica significativamente le caratteristiche storiche di un monumento.
Sono ritenuti inquinanti i grandi edifici come fabbriche e ipermercati che per le loro dimensioni modificano negativamente il paesaggio.
Un altro esempio molto frequente di inquinamento architettonico è la presenza di una casa cui non sia più possibile accedere. Spesso, la spesa per manutenere un’abitazione è troppo elevata e così la casa viene abbandonata.
Ad essere colpiti da questa situazione sono soprattutto le fasce più deboli della società: nel 2017 il 37,8% delle famiglie a rischio povertà ha speso il 40% del proprio stipendio per una casa, mentre solo il 10,2% dei nuclei familiari a medio reddito ha speso una fetta così ampia dei propri incassi.
I governi europei, tuttavia, non riescono a fornire risposte convincenti al problema.
Un forte strumento di controllo nei riguardi della tutela del paesaggio è il piano paesaggistico; disciplinato dagli artt. 135 e 143-145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” e successive modifiche e integrazioni.
Per ogni ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni indirizzate verso la conservazione e ripristino dei valori paesaggistici, la riqualificazione delle aree compromesse o degradate, la salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e la individuazione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, compatibilmente con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati.
Secondo l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) in Italia sono presenti oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700 mila capannoni dismessi, 500 mila negozi definitivamente chiusi, 55 mila immobili confiscati alle mafie.
Nelle foto seguenti: campagne di Fano, costruzioni rurali dismesse e cantieri non completati.
Su 31 milioni di abitazioni, oltre 7 milioni di case sono VUOTE. Stiamo parlando del 23%, quasi una casa su quattro, con picchi del 40% in Calabria e del 50% in Val d’Aosta. Stiamo parlando di oltre 4 milioni di italiani che non hanno cibo, acqua, vestiti e riparo sufficienti per garantire una qualità di vita degna di questo nome, o quantomeno paragonabile al resto della popolazione italiana.
Tutto ciò per un andamento demografico che è in una fase di debole crescita: nel triennio 2012-2015 le morti hanno superato le nascite e nel 2017 la popolazione italiana era composta da 60.579.000 persone, circa 86 mila in meno rispetto al 2016.
Per queste numerose case e edifici abbandonati il Forum dei Movimenti per la terra e il paesaggio, meglio conosciuto come Forum Salviamo il Paesaggio, una rete civica che riunisce le più grandi sigle ambientaliste (Legambiente, Slow Food, Wwf, Italia Nostra per citarne alcune) e oltre 1000 organizzazioni locali, ha presentato di recente una proposta di legge di iniziativa popolare, il quale obiettivo è di arrestare il consumo di suolo, e non semplicemente “limitarlo” o “contenerlo”. Tra i punti della proposta di legge uno è ampiamente dedicato proprio all’applicazione dell’articolo 42 della Costituzione che sottolinea il fatto che la proprietà è pubblica e privata e la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge allo scopo di assicurarne la funzione sociale».
Per risolvere il grande consumo di suolo da parte dell’uomo con le nuove edificazioni che hanno già divorato gran parte del nostro territorio del nostro territorio l’associazione Forum Salviamo il Paesaggio propose di impedire nuove costruzioni e nel riuso di quelle già costruite in precedenza e non più utilizzate quindi abbandonate, tramite ristrutturazioni.
Queste proposte di leggi e idee effettuate dall’associazione precedente furono già messe in uso nel 2016 a San Giorgio di Pesaro, uno dei quattro territori che oggi formano Terre Roveresche.
Antonio Sebastianelli allora sindaco del paese approvò una delibera per riqualificare gli edifici abbandonati del proprio paese, gli immobili che sono in grave stato di degrado urbano che presentano pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica.
Così nacque a San Giorgio un regolamento mirato all’acquisizione di beni di proprietà privata abbandonati da parte del comune per riqualificarli al riuso, anche attraverso la cessione a terzi.
Questo regolamento venne poi esercitato su tutto il Territorio di Terre Roveresche, e successivamente dopo due delibere datate 2014, nel maggio 2016 il comune di Napoli ha riconosciuto subito dei beni comuni tra cui alcuni edifici del proprio territorio.
Foto: Fano, cantiere.
Ecco allora, secondo Urban@it, la necessità di articolare una strategia decennale che sia in grado di coniugare coesione sociale, sicurezza urbana e politiche abitative, “in modo da combinare l’intervento sulla città di pietra con quello, più difficile e critico, sulla città di carne”, si legge nel Rapporto. Con un monito: è ora di abbandonare la logica della cantierizzazione a tutti i costi, o dei bandi una tantum per abbracciare questioni più attuali come il riutilizzo e l’efficientamento energetico.
Insomma, nella strategia per le periferie 2020-2030 lanciata dal gruppo di lavoro di Urban@it, coordinato da Giovanni Laino dell’Università Federico II di Napoli, viene declinato un orientamento con al centro i luoghi e le persone che li abitano (place-based e people-oriented) concepito entro un universalismo inclusivo e al contempo selettivo nella scelta dei beneficiari. “Rigenerare il tessuto sociale più che rammendare lo spazio” implica un approccio alla periferia come questione di sicurezza sociale, rispettoso delle persone e dei loro bisogni, a prescindere da dove esse si trovino: “contenuti prima dei contenitori, servizi alle popolazioni prima che trattamento dello spazio”, prosegue il Rapporto. In un contesto sociale che rischia di diventare sempre più frammentato, arriva la proposta di introdurre agenzie sociali di quartiere che funzionino come nodo di smistamento (hub) tra i servizi sociali dei comuni, i centri per l’impiego e il terzo settore. Riprendendo, invece, una proposta di Fabrizio Barca, Urban@it suggerisce di formare giovani agenti di sviluppo da impiegare in 200 quartieri delle città italiane dove è più grave il disagio. Il Rapporto propone una fiscalità ad per l’occasione per almeno 10 anni, un comitato di sorveglianza in cui coinvolgere le città metropolitane e una mappa delle aree di intervento.
“Le diseguaglianze si sommano nei luoghi più marginali. I divari territoriali, in Italia, non si riducono più alla frattura storica tra Nord e Sud, che rappresenta il primo vincolo da rimuovere per lo sviluppo.
Negli ultimi anni se ne sono consolidati altri: tra centri e periferie, tra città e campagne, tra aree urbane e aree interne.
Le aree interne rappresentano il 60% del territorio nazionale, sono abitate da oltre 10 milioni di persone, in Paesi in via di spopolamento, lontani dai centri di offerta di servizi e di lavoro.
Alla luce di tutto ciò è urgente e fondamentale effettuare una mappatura dei luoghi marginali sui quali concentrare le risorse.”
(F. Barca, Presidente del Comitato per le politiche territoriali dell’OCSE dal 1999 al 2006).
Al problema del degrado e dell’abuso paesaggistico ne conseguono i seguenti punti:
Occupazione da parte di estranei o tossicodipendenti che potrebbero comportare un pericolo per le persone attorno a loro.
Chi visita queste case è messo in pericolo dalle condizioni della casa (soffitto cedevole ,vetri rotti o anche oggetti contundenti lasciati per terra).
Gli edifici senza proprietario entrano in possesso del comune, in caso si entrasse si potrebbe incorrere in problemi legali.
A questo si aggiungono danneggiamento della proprietà oppure di ricchezze e patrimoni storici (vandalismo) e conseguente inquinamento ambientale.
Spreco di infrastrutture che sarebbero potute essere usate in modo funzionale.
Per concludere delle possibili soluzioni a questo problema sono:
Il riuso sociale di un patrimonio di case vuote che in Italia interessa un quarto circa delle abitazioni presenti, più di 8 milioni di unità, sarebbe davvero un’operazione utile di blocco di quello che altrimenti continua a costituire un enorme monumento allo spreco e allo sfascio; una grande opera di riuso e risanamento delle strutture abitative, nell’ambito della più generale esigenza di intervento sul territorio, specie urbanizzato, con abitazioni e infrastrutture datate di decenni e non più sicure, in degrado avanzato, di cui necessitano urgentemente, appunto, gli abitanti.
Avviare una strategia permanente di riuso, anche con forme diverse, che vanno dall’ausilio all’affitto, al comodato d’uso sociale, alla fruizione e destinazione da parte degli enti, alla rifinalizzazione di beni già disponibili, come gli appartamenti confiscati alle mafie.
Foto: Fano, distributore dismesso.
Pagina seguente: Fano, struttura in degrado
La cementificazione secondo Luca Mercalli
Inquinamento visivo…
e il graffitismo allora?
Con il termine “inquinamento visivo” si indica l’alterazione di qualsiasi ambiente che sia paesaggio naturale o urbano con l’inserimento di elementi che per la loro estraneità risultino sgradevoli alla vista e tali da generare malessere. La concezione di “inquinamento visivo” si verifica nelle località o nelle città dove c’è il traffico,o dove le zone periferiche sono squallide e disadorne, che oltre ad offendere la vista e il comune senso dell’estetica, incidono negativamente sul benessere delle persone. Soprattutto qui si sviluppano comportamenti antisociali come il vandalismo e il graffitismo inteso come forma di deturpazione e non quello di alto livello estetico ed artistico. Una forma di inquinamento visivo è determinata da qualsiasi elemento architettonico, sia esso un edificio, un ponte o una strada. L’inquinamento visivo architettonico è diviso in due aspetti: quello quantitativo (vengono realizzati oggetti architettonici in modo inutile solo per divorare lo spazio) e quello qualitativo (ricostruzione di oggetti architettonici per modificare lo spazio).
Foto: Fano, muro di abitazione privata con graffiti
Dove e quando nasce il graffitismo
Il graffitismo nasce a Filadelfia nei tardi anni Sessanta sui treni e si sviluppa in seguito a New York negli anni Settanta fino a raggiungere una prima maturità stilistica a metà degli anni ottanta. A diffonderlo a New-York è TAKI 183, un writer dei primi anni ’70 che, insieme al suo collega Rammellzee, apre la strada al graffitismo ed allo sviluppo della street art.
Un esempio italiano invece è Carlo Torrighelli,che operò a Milano negli anni ’70.
Nei primi anni Ottanta, anche grazie alla realizzazione di Style Wars (documentario sui graffiti della metropolitana newyorchese) e del film Wild Style, il fenomeno graffiti si diffuse su scala mondiale, trovando in Europa un fertile terreno.
Ecco il trailer del documentario Style Wars
La Street Art
Per street art si intende l’ Arte di strada o arte urbana e si riferisce a quelle forme di arte che si manifestano in luoghi pubblici, spesso illegalmente, nelle tecniche più disparate: bombolette spray, adesivi artistici, arte normografica, proiezioni video, sculture ecc.
La sostanziale differenza tra l’arte di strada e i graffiti si riscontra proprio nella tecnica non per forza vincolata all’uso di vernice spray. L’arte urbana non è da confondere con i graffiti perché questi ultimi sono da considerarsi una categoria a sé stante, o una sorta di sotto categoria visualmente e concettualmente differente.
Le motivazioni che spingono tantissimi giovani a intraprendere questa carriera e questo stile di arte sono varie. Per alcuni è una forma di critica verso la proprietà privata, rivendicando le strade e le piazze; spesso, nell’arte di strada, si fa una contestazione contro la società o contro la politica. Per altri è più semplicemente un modo per esporre liberamente, senza i vincoli di gallerie e musei; quindi una maniera per autopromuoversi e operare in piena autonomia.
Foto: Fano, intervento di Street Art sui pannelli di copertura dei contatori
Il fenomeno degli Shoefiti
Shoefiti, è un termine che si riferisce alla pratica di legare tra loro i lacci di due scarpe e di scagliare queste ultime in aria, in modo da farle restare appese ai cavi delle linee elettriche o telefoniche.
Il fenomeno prende il nome dall’unione delle parole “shoe” (scarpa) e “graffiti” e nasce nelle zone rurali e urbane degli Stati Uniti come manifestazione del folklore adolescenziale.
Questo fenomeno nasce negli Stati Uniti negli anni ‘80 per poi espandersi in tutta America e poi nel mondo attraverso internet.
I motivi di questi atti dei giovani sono molteplici, e vanno dalla segnalazione di luoghi di spaccio alla commemorazione di persone defunte.
Foto: Fano, shoefiti e graffiti
Street Art, graffiti o vandalismo?
Il divertimento paga?
Imbrattare muri costituisce reato; eseguire un “graffito” è punito dal codice penale (art. 639) il quale prevede che deturpare o imbrattare cose mobili altrui sia punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 103 euro. Eseguire un graffito su immobili o su mezzi di trasporto (pubblici o privati), rappresenta un reato ancor più grave, perseguibile d’ufficio (senza necessità, cioè, di una querela della parte offesa) e punito con la reclusione da uno a sei mesi o con la multa da 300 a 1.000 euro. Se il bene (mobile o immobile) viene danneggiato in modo permanente, sarà ravvisabile il reato di danneggiamento di cui all’art. 635 del codice penale che prevede, a querela della persona offesa, la reclusione fino a un anno o la multa fino a 309 euro.
Il graffito non è un’opera d’arte, ma rappresenta una lesione all’estetica delle nostre città ed obbliga l’incolpevole proprietario dei muri (l’amministratore se in condominio).
Bello non sempre è buono…
Inquinamento luminoso
Definizione e conseguenze
L’inquinamento luminoso rappresenta un fenomeno su cui tutti dovrebbero riflettere.
Fino a pochi anni fa veniva percepito come un problema soltanto dagli amanti del cielo o degli astronomi ma non è più così, infatti, questo non riguarda soltanto le grandi megalopoli,ma è un problema quotidiano che preoccupa tutti noi.
Ma cosa si intende realmente per inquinamento luminoso?
L’inquinamento luminoso è un’alterazione dei livelli di luce naturalmente presenti nell’ambiente notturno.
Questa alterazione provoca danni di diversa natura: ambientali, scientifici, culturali ed economici.
Foto: Mestre, addobbi luminosi Natale 2019
Tra i danni ambientali vi sono: difficoltà o perdita di orientamento in diverse specie animali, alterazione del fotoperiodo in alcune piante, alterazione dei ritmi circadiani nelle piante, negli animali e nell’uomo.
Quest’ultimo potrebbe subire possibili danni ai tessuti degli occhi,potenziali alterazioni di alcuni importanti ormoni e /o importanti fastidi quali insonnia ed irritabilità.
La sparizione del cielo stellato dai paesi più inquinati, da sempre fonte di ispirazione per la religione, la filosofia, la scienza e la cultura in genere, rappresenta il principale danno culturale.
Per quanto riguarda le scienze, l’astronomia è senza dubbio la più colpita: un cielo troppo luminoso, infatti, limita fortemente l’efficienza dei telescopi ottici.
Anche l’economia risente di questo tipo di inquinamento, in quanto l’energia elettrica viene impiegata per illuminare inutilmente zone che non andrebbero illuminate e ciò provoca, inoltre, una futile emissione di sostanze inquinanti e climalteranti dovute ai processi di combustione necessari alla produzione di energia.
Dati statistici
I dati raccolti fino ad oggi (sicuramente incompleti, ma approssimativi per difetto) confermano che, solo in Italia, ogni anno vengono spesi circa 200 milioni di Euro per difetti di progettazione, di realizzazione o di gestione degli impianti di illuminazione esterna, ovvero per l’uso di corpi illuminanti che risultano eccessivamente disperdenti (tipico esempio i lampioni a sfera).
La causa principale è data dalle emissioni di impianti di illuminazione esterna non a norma, ovvero quegli impianti che non emettono solamente la luce funzionale alla visione notturna, ma ne disperdono una buona parte in altre direzioni.
Tutto ciò viene confermato anche dagli studi effettuati in tutto il mondo da Astronomi e Astrofili, inizialmente in Italia da parte della Specola Vaticana e dall’apposita Commissione creata all’interno dell’Unione Astrofili Italiani, e poi negli Stati Uniti dall’International Dark Sky Association.
L’inquinamento luminoso è una forma di inquinamento a rapida crescita, con un incremento annuo del 7%.
Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente attenzione del mondo scientifico al problema dell’inquinamento luminoso.
Alcuni dei risultati rivelati dal Rapporto ISTIL ( Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso) del 2001 sullo stato del cielo notturno e inquinamento luminoso in Italia, hanno dimostrato che lo stato di degrado è più elevato di quanto si creda realmente.
Infatti più di metà della popolazione italiana ha perso la possibilità di vedere la Via Lattea, anche nelle notti più serene, a causa dell’inquinamento luminoso; più di 3/4 della popolazione italiana non ha nemmeno una vera e propria notte a causa dell’eccessiva quantità di luce artificiale che illumina l’atmosfera.
L’inquinamento luminoso prodotto dall’illuminazione delle città, causa, per 7 italiani su 10, un vero e proprio “plenilunio artificiale”.
Le principali sorgenti che causano inquinamento luminoso sono:
-impianti di illuminazione pubblici
-impianti di illuminazione stradali
-impianti di illuminazione privati
-impianti di illuminazione adibiti per monumenti ed opere storiche ed artistiche
-impianti di illuminazione adibiti per stadi e complessi commerciali
-impianti per insegne pubblicitarie e vetrine
Informazioni fornite dall’ARPA (Agenzia regionale per la protezione ambientale).
Nel giro di soli 4 anni, dal 2012 al 2016, la superficie terrestre illuminata continuativamente durante la notte è crescita del 2,2% all’anno, e la radianza, ossia il flusso di radiazione luminosa per unità di area, è aumentata dell’1,8% all’anno; a stabilirlo è uno studio di ricercatori del centro per la geofisica a Potsdam, in Germania, in collaborazione con altri centri internazionali.
Foto: Fano, addobbi luminosi Natale 2019
Comportamenti per la riduzione
L’aspetto positivo è che questo tipo di inquinamento è reversibile e ognuno di noi può fare la differenza.
Bisogna agire, iniziando, ad esempio, minimizzando la luce dalla propria casa durante la notte attraverso questi semplici passaggi:
– Usare l’illuminazione solo quando e dove è necessario;
– Installare luci e timer con rilevatori di movimento;
– Spegnere gli apparecchi in stand-by;
– Comprare apparecchi elettronici a bassa potenza;
– Staccare i vari caricabatterie quando non vengono utilizzati;
– Utilizzare lampadine a basso consumo;
– Spargere la voce, sensibilizzare a questo problema crescente e ispirare più persone a prendere le misure necessarie per proteggere il nostro cielo notturno naturale.
Si stanno ampiamente diffondendo le lampade a LED, in particolare nel settore dell’illuminazione pubblica, che possono dare un contributo per il risparmio e anche per l’ambiente.
Queste non si scaldano e hanno una tecnologia più efficiente, grazie alla quale il consumo risulta molto più basso rispetto alle lampade alogene e fluorescenti.
Le lampade LED,però, emettono nella banda del blu una percentuale di radiazione più elevata rispetto alle lampade a incandescenza, che hanno una luce tipicamente più calda.
La situazione quindi potrebbe essere più problematica di quanto sembri.
Foto: Rimini, addobbi luminosi Natale 2019
Misure promosse dalla nostra regione
Il 24 Luglio del 2002 la regione Marche ha preso delle misure urgenti in materia di risparmio energetico e contenimento dell’inquinamento luminoso.
La Regione promuove la riduzione sul territorio regionale dell’inquinamento luminoso e dei consumi energetici da esso derivanti, al fine di conservare e valorizzare l’ambiente e di promuovere e tutelare le attività di ricerca e divulgazione scientifica degli osservatori astronomici.
Ai fini della presente legge è considerato inquinamento luminoso dell’atmosfera ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperda al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, in particolar modo, se orientata al di sopra della linea dell’orizzonte.
Foto: Fano, addobbi luminosi Natale 2019
Risoluzioni adottate dal nostro Paese
Il 13 marzo 2003 è stata approvata dal Parlamento italiano la “Risoluzione Calzolaio sull’inquinamento luminoso”, che impegna il governo a proporre, in sede UNESCO, il cielo notturno come patrimonio dell’umanità, affinché il cielo notturno venga dichiarato e considerato un bene ambientale da tutelare, al fine di consentire alle generazioni presenti e future la possibilità di continuare a conoscere, studiare e ammirare il cielo stellato e i suoi fenomeni.
Inoltre, per contrastare questo tipo di inquinamento, nella legge di bilancio del 2018 sono stati inseriti alcuni emendamenti che porteranno almeno a dimezzare i consumi nell’illuminazione pubblica entro la fine del 2022.
Questi emendamenti prevedono la realizzazione, entro il 2022, di interventi di efficientamento energetico e di adeguamento alle normative vigenti sugli impianti di illuminazione pubblica ed, entro il 2023, una riduzione dei consumi elettrici per illuminazione pubblica .
Sarà fondamentale che, negli interventi che verranno concretamente presi per abbattere gli sprechi, si cerchi innanzitutto di eliminare le luci inutili e quelle troppo intense, abbaglianti e pericolose.
Sulle luci rimanenti bisognerà utilizzare solamente i livelli di illuminazione strettamente necessari.
Quanto esposto ci porta a concludere dicendo che questo fenomeno può essere, con le dovute precauzioni e il rispetto da parte di tutti i cittadini, contenuto o ridotto.
Foto: Fano, addobbi luminosi Natale 2020
L’inquinamento idrico
Il nostro ambiente è sempre più minacciato da molti fattori come l’inquinamento, causati dalla presenza dell’uomo e dalla sua mancanza di rispetto verso l’ambiente,
Uno dei fenomeni più preoccupanti è quello dei rifiuti in mare, già comparso molti anni fa con l’invenzione della plastica. Questa è molto pericolosa in quanto contiene sostanze chimiche nocive e ha una lunga vita, fino a 450 anni.
Secondo uno studio del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), al mondo si trovano circa 18.000 pezzi di plastica in ogni chilometro quadrato di oceano. Questo tipo di inquinamento provoca alcuni effetti e la maggior parte di questi sono negativi poiché le sostanze contaminate contenuto nell’acqua inquinata possono provocare innumerevoli danni alla salute dell’uomo e dell’equilibrio degli ecosistemi. Il problema dei nitrati deriva principalmente dall’applicazione di fertilizzanti organici e chimici sui terreni coltivati. L’elevata solubilità di questa forma dell’azoto fa si che si possa ritrovare facilmente sia nelle acque superficiali che in quelle di falda.
Tra gli inquinanti più nocivi per l’uomo vi sono alcuni metalli pesanti, come il mercurio, l’arsenico, il piombo e il cromo.
L’inquinamento delle nostre acque non è solo provocato dalla innumerevole quantità di plastica presente ma anche dalle emissioni inquinanti dei motori diesel navali che, potranno anche far male alla salute, ma fanno bene al clima.
A questa sorprendente conclusione è giunta un’indagine condotta dal Center for International Climate and Environmental Research (CICERO) di Oslo, che ha evidenziato come le particelle inquinanti immesse nell’atmosfera dai camini delle navi rallentino il riscaldamento globale del pianeta. Il biossido di zolfo emesso dai carburanti navali favorisce l’aggregazione e la formazione delle nubi, contribuendo a riflettere la luce del sole e, quindi, ad evitare il surriscaldamento del suolo.
Il riscaldamento del pianeta, dovuto alle emissioni di gas serra, individua come responsabile principale l’anidride carbonica (CO2) cui le navi già nel 2007 contribuivano per oltre “1 miliardo di tonnellate”, un valore che in assenza di politiche di mitigazione potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare entro il 2050. Inoltre, secondo l’Istituto per l’ambiente marino costiero del CNR, l’incremento negli oceani di anidride carbonica (CO2) è stato “del 40% negli ultimi duecento anni ed ha enormi conseguenze sul comportamento e la sopravvivenza di numerose specie marine”. Si sta modificando il normale livello di acidità che rappresenta una minaccia alla biodiversità.
Quando l’acqua piovana o quella d’irrigazione filtra nel terreno, tralascia lentamente un’altra parte di queste sostanze in profondità, sino alle falde acquifere dalle quali si prende l’acqua per bere, che potrebbe diventare non potabile a causa dei nitrati e dei fosfati rilasciati dai fertilizzanti chimici utilizzati sul terreno. I fertilizzanti in particolare provocano uno sviluppo eccessivo di alghe nei laghi e nei mari, attraverso un fenomeno che prende il nome di eutrofizzazione. Soprattutto verso la fine degli anni ottanta questo fenomeno colpì i mari adiacenti le coste dell’Adriatico, dove vaste zone vennero invase da alghe e fu in pericolo l’afflusso turistico estivo.
Qual è la causa di tutto ciò?
La causa è la crescita smisurata delle popolazioni di organismi viventi negli strati più superficiali dei mari o dei laghi per un apporto in forte eccesso di nutrienti organici ed inorganici. Questi possono essere immessi direttamente nel bacino a causa di scarichi civili o industriali di zone circostanti, o indirettamente per l’afflusso di corsi d’acqua che portano un inquinamento avvenuto anche molto lontano.
Una risposta della tecnologia a questo problema sono gli impianti di depurazione delle acque reflue, con nuove tecnologie tali da essere in grado di restituire l’acqua completamente depurata dal precedente inquinamento.
Foto: lungomare Fano-Marotta
Situazione della nostra regione
Nel territorio delle Marche negli ultimi anni, il 92% delle acque balneari marchigiane è di elevata qualità, l’82% è classificato eccellente, il massimo che si può avere in termini di conformità. La classe eccellente, che vale per l’82% delle nostre spiagge, corrisponde a tutta la fascia costiera utilizzata per scopi balneari. Il mare marchigiano guadagna la promozione a pieni voti in base ai dati dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale. Soddisfatto il presidente Ceriscioli che sottolinea, alla vigilia dell’apertura della stagione di balneazione che inizia il primo maggio, come questo sia il risultato migliore degli ultimi quattro anni. Secondo l’organizzazione no profit, nel mondo ci sono 850 milioni di persone che non hanno accesso ad acqua pulita. Conflitti, inquinamento idrico, cambiamenti climatici, uso poco efficiente della risorsa idrica sono i principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi fissati al 2030. Per quella data si stima che in 80 Paesi del mondo un numero significativo di persone non avrà acqua, mentre più di 100 Paesi verseranno in condizioni igienico sanitarie inadeguate.
Inquinamento ambientale (urbano)
Introduzione
Inquinamento urbano cos’é?
l’inquinamento urbano è tutto l’inquinamento all’interno delle città provocato da tre fattori: emissioni, reazioni chimiche e stato fisico della bassa atmosfera.In questi ultimi anni abbiamo a che fare con una situazione meteorologica molto particolare: alta pressione persistente con valori molto elevati. Questa situazione è dovuta prevalentemente all’attuale fase positiva dell’oscillazione nord-atlantica (NAO – North Atlantic Oscillation, un indice della variabilità naturale del clima europeo), che viene dopo un autunno molto caldo e secco
A parità di emissioni e reazioni chimiche, tutto questo determina una forte divisione tra gli strati più bassi dell’atmosfera e quelli superiori, impedendo agli inquinanti emessi al suolo di disperdersi efficacemente verso l’alto. La mancanza di vento significativo impedisce inoltre il trasporto degli inquinanti verso l’esterno delle città. Questi inquinanti restano quindi confinati nelle immediate vicinanze del suolo, creando quella “cappa” grigia che frequentemente si può vedere sopra le città italiane, formata essenzialmente da polveri sottili.La maggior parte delle nostre città è interessata dal problema dell’inquinamento dell’aria. Lo confermano le centraline che misurano le concentrazioni degli inquinanti ma, anche se le stazioni di monitoraggio non sono presenti, a volte qualche fastidio o difficoltà nel respirare ci fa pensare che la qualità dell’aria non sia buona.
Ciò che inquina e come inquina
Sono pochi gli studi sugli effetti della plastica sulla terra. Fino ad oggi la ricerca si è concentrata sui mari, ma la diffusione terrestre è molto più alta di quella acquatica, da 4 a 23 volte maggiore, a seconda delle zone. La ricerca dell’IGB stima che i soli terreni agricoli contengano più plastica dei bacini oceanici e che raggiunga fino al 60% del peso nei terreni più contaminati, dove può rimanere per più di un secolo. Ogni anno vengono prodotti 400 milioni di tonnellate di plastica nel mondo ed un terzo dei rifiuti finisce nel terreno e nelle acque dolci.
Di che cosa è fatta la plastica?
La plastica appartiene a un gruppo di materiali chiamati polimeri, composti da molecole molto lunghe che si agganciano l’una all’altra conferendo ai materiali le loro proprietà speciali. I polimeri possono essere fatti di molti materiali diversi. Alcuni di essi, come il lattice, sono naturali, mentre altri sono prodotti artificialmente.
Molte delle prime materie plastiche, prodotte industrialmente, erano fatte di petrolio. Ancora oggi molti tipi di plastica sono fatti in questo modo, ma negli ultimi anni abbiamo assistito a un grande sviluppo della produzione di materiali plastici con una minore impronta di carbonio e meno dannosi per la natura.
Oggi non è raro trovare plastiche completamente biodegradabili in prodotti che vanno dai sacchetti compostabili a forchette, coltelli e cannucce. Spesso sono ricavati dall’amido di piante come il mais e, in linea di principio, sono sicuri da usare con il cibo e si degradano rapidamente in natura. Essere biodegradabili non rende i rifiuti plastici innocui, anche se, alla fine, si decompongono in sostanze innocue.
I rifiuti plastici finiscono in natura a causa di un errato smaltimento dei rifiuti, ma anche per via degli agenti atmosferici e dell’usura di materiali plastici, come sacchetti, bottiglie d’acqua ed erba sintetica.
- Molti tipi di plastica non sono biodegradabili. I materiali possono degradarsi, nel tempo, con la luce UV, ma restano comunque dei residui.
Come eliminare la plastica
- Prestare attenzione e cura nel maneggiare la plastica e assicurarci che i rifiuti plastici siano smaltiti e riciclati correttamente.
- Utilizzare meno plastica. Quando gli articoli in plastica sono l’unica opzione ragionevole, scegliete articoli di alta qualità che durino più a lungo e non si rompano.
- Scegliere plastiche biodegradabili quando disponibili. Non saranno innocue se disperse nella natura, ma almeno si degradano e prima o poi scompaiono.
I principali produttori di rifiuti in plastica secondo i dati del 2018:
- Cina – 59 079 741 tonnellate
- Stati Uniti – 37 825 550 tonnellate
- Germania – 14 476 561 tonnellate
- Brasile – 11 852 055 tonnellate
- Giappone – 7 993 489 tonnellate
Conseguenze
L’inquinamento ambientale (urbano) tocca dei livelli altissimi in Italia, soprattutto nella parte settentrionale e provoca:
- 56 mila morti premature all’anno (4,5 milioni nel mondo);
- danni all’apparato respiratorio (per esempio l’asma bronchiale, la BPCO, l’enfisema e il carcinoma broncogeno;
- forti squilibri all’ecosistema e alla catena alimentare.
Diversi studi epidemiologici e sperimentali hanno confermato che all’inquinamento atmosferico delle città si possono attribuire quote significative di aumentato rischio di malattie e mortalità per neoplasie, malattie cardiovascolari.
Nelle foto seguenti: resti del comportamento quotidiano per le vie delle città.
SENSO CIVICO: ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI DEI CITTADINI NELLA VITA QUOTIDIANA
Per senso civico dei cittadini ci si riferisce a quell’insieme di comportamenti e atteggiamenti che attengono al rispetto degli altri e delle regole di vita in una comunità.
Per quanto riguarda i comportamenti negli spazi pubblici, l’84% delle persone di 18 anni e più nel 2018 riporta di non gettare carte per strada (in aumento rispetto al 2014), il 74,4% degli automobilisti di non parcheggiare in doppia fila e poco più della metà di questi dichiara di prestare abitualmente attenzione a non adottare comportamenti rumorosi alla guida.
Dal lato dei giudizi di ammissibilità dei comportamenti, rilevati nel 2016, il 23,4% degli intervistati ritiene, in determinate condizioni, accettabile parcheggiare in sosta vietata, il 18,5% concede deroghe all’uso del cellulare alla guida, il 28,3% ritiene tollerabile farsi raccomandare per avere un lavoro e il 29,3% non pagare le tasse.
Guidare dopo aver bevuto, passare con il rosso, non indossare il casco sono giudicati gravi rispettivamente dall’87,2%, dal 79,0% e dal 78,2% dei rispondenti. Una quota decisamente più bassa (52,6%) giudica grave usare il cellulare alla guida.
Il 76,1% e il 72,5% dei cittadini assegnano un giudizio di gravità massimo al voto di scambio e alla corruzione mentre solo il 53,5% valuta allo stesso modo l’infedeltà fiscale che, in ordine di gravità, precede solo l’affissione selvaggia di manifesti, avvisi e pubblicità su pali, cassonetti o muri (41,4%).
Un quarto delle persone di 14 anni e più giudica la corruzione un fatto naturale e inevitabile, sei persone su dieci considerano pericoloso denunciare fatti di corruzione mentre oltre un terzo (36,1%) lo ritiene inutile.
Quasi la metà dei cittadini asseconderebbe la eventuale richiesta di una prestazione professionale in nero o la mancata emissione dello scontrino non chiedendo la ricevuta.
Un terzo dei cittadini ritiene che il copiare a scuola non è un comportamento grave ma un danno per chi copia; solo il 29% lo valuta come un comportamento che danneggia tutti.
Come ridurre l’inquinamento?
Uno dei più grandi problemi che il mondo si trova ad affrontare oggi è quello dell’inquinamento ambientale, che sta causando gravi danni irreparabili al mondo naturale ed all’umanità. Ognuno di noi però può fare la sua parte e cercare di migliorare la situazione. Come ridurre l’ inquinamento:
1) Per prima cosa facciamo sempre la raccolta differenziata dei rifiuti, in questo modo oltre a ridurre il quantitativo di rifiuti, la maggior parte di questi saranno riciclati ed immessi quindi in un meccanismo virtuoso.
2) Cerchiamo anche di non sprecare l’ acqua e l’energia elettrica, pensando anche a chi non ne ha disponibilità a differenza nostra.
3) Cerchiamo di camminare a piedi il più possibile evitando l’auto o i ciclomotori.
4) Evitiamo di gettare cartacce a terra, sigarette e quanto altro.
5) Un altro accorgimento inerente alla spesa che può ridurre lo spreco, è portare una borsa da casa. Meglio se di stoffa, dato che i sacchetti di plastica (anche se biodegradabili) hanno bisogno di molti anni per decomporsi.
6) Le foreste costituiscono il polmone della Terra. Non sprecare carta è un dovere per tutti anche perché al giorno d’oggi, grazie alla tecnologia, è assolutamente possibile ridurre le stampe.
7) Diminuire di qualche grado il riscaldamento in casa permette di avere un significativo risparmio sia di denaro che di inquinamento.
Le cicche di sigarette
Le cicche, come tutti sanno, sono le porzioni residue delle sigarette e al loro interno sono state trovate oltre 4.000 sostanze chimiche, alcune delle quali hanno effetto mutageno e cancerogeno; sono realizzate in acetato di cellulosa, sostanza difficilmente biodegradabile e quindi causa e fonte di molti problemi ambientali. In Italia, vengono consumate 72 miliardi di sigarette all’anno, e molti mozziconi finiscono inevitabilmente a danneggiare l’ambiente . Il problema non è stato mai affrontato, offuscato da altre campagne preventive che poco hanno modificato le abitudini dei consumatori, che spesso, anche inconsapevolmente, gettano le cicche ovunque, in mare, in spiaggia, in strada.Si calcola che sette automobilisti su 10 gettino le cicche di sigaretta ancora accese fuori dai finestrini delle auto in corsa, causando spesso, durante il periodo estivo, incendi con danni notevoli a cose e persone.
INQUINAMENTO DA SIGARETTA
I produttori di sigarette utilizzano una quantità enorme di additivi (che debbono essere non tossici) per imprimere al loro prodotto delle caratteristiche di unicità. Nessuno però conosce, al di fuori dei produttori, l’additivo utilizzato, ma è noto che dalla loro combustione derivano poi centinaia e centinaia di composti chimici, anche pericolosi. All’interno dei mozziconi e dei filtri che vengono gettati ci sono molte sostanze che danneggiano l’ambiente e queste sono:
- la nicotina ⅔ passano dal fumo il restante nel filtro così che ogni anno viene riversato nel territorio italiano un valore pari a 324 tonnellate di nicotina l’anno
- Il polonio 210 è un elemento radioattivo che viene assorbito dalle radici della pianta del tabacco, e nel mozzicone rimane il 35 %
- L’acetato di cellulosa è il materiale con cui è realizzato il filtro ed é fotodegradabile. Circa 12.240 tonnellate di acetato di cellulosa vengono ogni anno emesse nell’ambiente.
- COV sono prodotti dalla combustione del tabacco e tra questi abbiamo benzene, formaldeide, acetone, toluene, creolina ecc..tutti composti cancerogeni e mutageni, nonché irritanti per le mucose e alcuni hanno anche un’azione neurotossica. Ogni anno vengono riversate con le cicche circa 1.800 tonnellate di COV nell’ambiente.
- Il particolato o condensato ammonta a circa 40 mg per sigaretta. metalli pesanti, catrame e benzopirene. Sono 1.440 le tonnellate annue di particolato emesso nell’ambiente.
Tuttavia una parte modesta delle oltre 4.000 sostanze tossiche rimangono nel filtro, l’indagine dimostrativa promossa da Focus sull’impatto ambientale delle cicche di sigarette. Ogni metro quadro di spiaggia contiene in media 2 mozziconi. In media quindi sulle nostre spiagge vi sono 12.4 milioni di nuovi mozziconi di sigarette all’anno. per diminuire il problema basterebbe aumentare di pochi centesimi il costo di un pacchetto di sigarette per mettere a punto dei piani efficaci di raccolta e smaltimento delle cicche.
Le polveri sottili
Le sostanze più diffuse nell’atmosfera italiana sono il biossido di azoto e l’ozono, ma le polveri sottili rappresentano il maggior problema. In molte città italiane, il particolato sospeso con diametro inferiore a 10 micron, detto PM10, supera molto spesso le soglie di concentrazione indicate dalla normativa. Fano ha superato il limite delle polveri sottili per 36 giornate su 35 consentite (superamenti consentiti per tutta la regione Marche) dalla legge mentre Pesaro per non poco non ha raggiunto il limite previsto dalla legge, registrando 33 sforamenti totali.
Inquinamento natalizio e gli alberi sintetici
L’idea che gli alberi di Natale di plastica possano essere più ‘ecologici’ di quelli veri è da prendere con le dovute cautele. Si consideri che “per produrre un albero finto vengono emessi 23 kg di CO2, mentre gli alberi coltivati assorbono CO2 nella misura di circa 47 grammi per pianta e un ettaro di vivaio produce ossigeno per 45 persone”. Complessivamente in Italia, considerando che verranno acquistati più o meno 6 milioni di alberi veri, l’effetto positivo per l`ambiente è la cattura di 282 tonnellate di CO2. L’acquisto stimato di circa mezzo milione di alberi finti di plastica all’anno provoca invece – secondo la Coldiretti – la liberazione di 115 mila tonnellate di CO2, pari all`inquinamento provocato da 6 milioni di chilometri percorsi in auto.
A ciò va aggiunto il problema dello smaltimento rifiuti nel caso dei materiali sintetici. Gli alberi di Natale di plastica sono ottenuti con materiali che comprendono anche varie leghe metalliche e plastiche. Oltre a un notevole consumo di energia nel processo di produzione, ciò comporta inquinamento durante la fabbricazione, il trasporto e lo smaltimento dell’albero. La plastica impiega oltre 200 anni prima di degradarsi nell’ambiente.
Raccolta differenziata
I problemi ecologici e di difesa ambientale rendono sempre più difficile reperire aree per le discariche di tipo tradizionale, nelle quali immettere materiali di tutti i generi, indifferenziati, talvolta inquinanti o più spesso utili come fonte di materie prime. Nella gestione dei rifiuti la raccolta differenziata indica un sistema di raccolta dei rifiuti che prevede una prima differenziazione in base al tipo di rifiuto da parte dei cittadini diversificandosi dalla raccolta totalmente indifferenziata.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata è propedeutica alla corretta e più avanzata gestione dei rifiuti costituendone di fatto la prima fase dell’intero processo, ma perde di senso in assenza di infrastrutture di recupero e riciclo post raccolta differenziata. Il corretto smaltimento della raccolta differenziata porta al riciclo dei rifiuti differenziabili col vantaggio di recupero di materie prime ed energia e minor prodotto finale destinato a inceneritori/termovalorizzatori e discariche.
Ricerca del benessere umano e le conseguenze “non valutate”
L’obiettivo fondamentale di ogni attività umana è la ricerca della felicità, della ricchezza e del benessere. La nostra vita è l’insieme delle scelte che facciamo. È una strada piena di incroci in cui noi orientiamo la direzione in base alla nostra indole. Ma siamo davvero sicuri di poter scegliere? Non si pensa a che può portare una determinata azione, ma solo al benessere personale. Un esempio grande sono le auto. Le auto non hanno proprio una data ben definita di lancio, già nel rinascimento sono stati ideati e disegnati modelli di carri in grado di spostarsi da soli. l’automobile ha fornito all’uomo uno strumento che accelera il ritmo della produzione ed evitando disperdimenti di tempo causati dalla lentezza dei trasporti. Ma questo ha anche delle conseguenze negative: inquinamento acustico, inquinamento atmosferico e traffico. La principale fonte di inquinamento acustico nelle città sono le automobili. Per questo in futuro le auto che circoleranno nelle strade europee dovranno essere più silenziose. Il limite stabilito in questi giorni dall’Unione Europea è di far scendere la media dei decibel prodotti dalle auto dagli attuali 74 a 68 entro il 2025. Una ricerca registrata tra 2008 e il 2016 rappresenta l’aumento del rapporto tra autovetture e abitanti sul territorio. Questo fenomeno sembra legato alle carenti infrastrutture del trasporto pubblico. Metro e autobus malfunzionanti incoraggiano gli italiani a ricorrere alla propria auto privata, creando problemi di spazio a causa di parcheggi selvaggi e a volte pericolosi. Per non parlare della vivibilità generale delle città, aggravata dal peggiorare della qualità dell’aria, inquinata dai gas di scarico prodotti dalle automobili.
Foto: Scuteri, Albania, traffico cittadino
L’uomo pensando di migliorare la sua vita inconsciamente la peggiora
L’essere umano definisce se stesso come capace di arrivare ai punti più alti, dove lui preferisce; con i suoi modi di fare è capace di catapultarsi da una realtà a un’ altra. Quando scrivo queste parole mi riferisco al fatto che noi esseri umani a volte cercando di migliorare la nostra vita non teniamo conto della natura che ci circonda, non pensiamo che oltre alla nostra vita ci circondano tantissime altre vite come ad esempio animali, uccelli e piante di tutti tipi. Un esempio molto pratico può essere anche il terremoto di Durazzo dello scorso 26 novembre. In questa città si può notare a primo impatto come l’uomo ha sovraccaricato il territorio con molte costruzioni di varie misure senza tenere conto delle regole della costruzione; pur di avere enormi guadagni persone irresponsabili hanno messo a rischio la vita di cittadini causando morti e feriti non per colpa dell terremoto ma per colpa delle costruzioni fatte senza rispettare le regole della costruzione. Prima del terremoto nella mia città c’era un grande dibattito delle istituzioni per quanto riguarda le nuove costruzioni che si facevano in città, a quel tempo si discuteva il fatto che si stava betonizzando dappertutto occupando così i spazi verdi della città. Le scuole della mia città avevano preso un’iniziativa nella quale gli alunni delle scuole cercavano di piantare degli alberi. Il terremoto del 26 novembre è servito alla natura per dare una grande lezione sul come gli esseri umani sbagliano a non occuparsi della natura, non seguendo così le regole, e, alla fine, facendo del male a se stessi.
Foto: Durazzo, Albania, palazzo lesionato dal terremoto nel novembre 2019
Degrado urbano di Francesco Affinito
INQUINAMENTO LUMINOSO de Elisa Racchini
Published: Mar 10, 2020
Latest Revision: Mar 10, 2020
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