Scripta manent, verba volant.
Scrivere è uno dei “compiti” più difficili da affrontare per i giovani studenti.
Non so cosa scrivere è la frase che sento ripetere più spesso.
Rispondo che questa affermazione sottende un vuoto di pensiero, e in quanto tale è inaccettabile.
Non si può non pensare.
Concedo che mi venga detto Non so come scrivere.
A questo c’è rimedio: l’esercizio della scrittura.
Il laboratorio di scrittura creativa è il luogo dove si rimedia al non so come, il primo passo per eliminare la convinzione del non so cosa.
Scrivere è dare forma all’immaginazione, è creare ponti, è terapia per il dolore, è gioco, è impegno, è testimonianza, è libertà.
A rileggere alcuni dei testi scritti dai ragazzi, quelli che hanno trovato posto in questa piccola antologia, c’è da essere orgogliosi.
I primi racconti hanno tutti lo stesso titolo, Harry.
La proposta di scrittura, preparata da un diagramma di flusso che intreccia caratteristiche caratteriali e titoli di sequenze narrative, si è innestata dopo l’analisi di un racconto di mistero.
Ed è incredibile come da uno stesso schema siano nati tanti racconti diversi.
Il secondo gruppo di racconti nasce dall’analisi del testo espressivo come forma non solo autobiografica ma letteraria.
Mettersi nei panni di, essere altro da sé e provare a “sentire” a “pensare” come un altro non è solo un esercizio di scrittura, è anche sviluppare la com-passione e il senso di accettazione, di comprensione di ciò che non inferisce solo al nostro mondo, per capire dinamiche, per percepire ingiustizia e iniquità.
Per questo, i ragazzi hanno scritto delle pagine di diario calandosi nella realtà della Shoah o dei profughi che scappano dalla guerra e affrontano il mare per trovare salvezza, sentendosi perseguitati, braccati, offesi, umiliati, affinchè mai possano essere indifferenti.
Tutti potremmo essere gli “altri”.
Il terzo gruppo di racconti è più eterogeneo, e prende spunto dalla riflessione sul genere fantascientifico.
Provare a viaggiare nel tempo, oltre la realtà, in un domani che inquieta o che sorprende, non è mero esercizio di immaginazione: viene indotta contemporaneamente l’analisi del presente. Tendendo la corda si possono “prefigurare” i possibili esiti delle nostre azioni: viaggiare nel tempo è riflettere sulle conseguenze dell’oggi, esercizio quanto mai indispensabile ai ragazzi.
Prof. Liccardo.
2
HARRY.
Rose Hatman non parlava quasi mai, solo quando era strettamente necessario. Era l’8 Marzo 1977, in casa c’era un atmosfera strana, cupa, tetra… come sempre.
La signora Hatman, esitando per pochi secondi, si sedette.
Aveva un’aria pensierosa, quasi preoccupata.
Si sollevó dalla sedia, aprì il mobile che si trovava nel salotto, impolverato e trascurato… non lo toccava da moltissimo tempo.
Era stracolmo di foto, cassette e disegni che sembrava fossero stati fatti da un bimbo.
Prese l’album di famiglia, conservato in uno scatolo.
Lo sfoglió lentamente osservando con cura tutte le foto che le capitavano davanti, e si soffermó su una in particolare, che ritraeva un fanciullo dagli occhi di ghiaccio, capelli biondi e arruffati, magrolino e con un’espressione abbastanza severa.
Aveva tra le sue manine una rosa rosso intenso, e in alto a destra, la data 8 Marzo 1976, festa Della Donna.
L’anno scorso.
Rose si ricordó improvvisamente della promessa che le aveva fatto Harry, il suo angioletto dagli occhi blu, così lo chiamava. “Mamma, io te le porteró sempre le rose!” disse dandole un piccolo bacio sulla guancia.
La Signora Hatman si sfioró il viso sentendo ancora le labbra di suo figlio sulla pelle, ormai secca e screpolata.
Fu strappato alla vita mentre giocava nel fienile, saltando da un soppalco cadde sulla lama dell’aratro.
Era quasi mezzanotte. Rose stava per andare a letto, quando udì bussare alla porta, guardó dallo spioncino, ma non vide nessuno. Aprì per guardare meglio, ma il paesaggio era deserto, sentì solo un fruscio, pensò che fosse il vento.
Chiusa la porta, udì la risata contagiosa di un bimbo che giocava, subito dopo ancora un altro rumore, sembrava che la lama di un aratro stesse graffiando il pavimento di casa. Si diresse in cucina, innervosita per i rumori e per la risata che ormai non sentiva da tempo.
Osservó la stanza, non c’era nessuno. Guardó dalla finestra, pensando che ci fosse qualcuno nella sua fattoria. Sentì lo stesso e identico fruscio vicino la gonna, come una carezza. Si voltó.
Una rosa rossa spiccava sul colore bianco del tavolo. Si avvicinó, pensando ad Harry.
3
Pronunció il suo nome più volte, ma non ebbe risposta, c’era solo quella rosa a farle compagnia, era come se la stesse fissando.
Ad un tratto sentì il rumore che fanno i polpastrelli delle dita sul vetro umido. Spaventata si voltó, guardó la finestra e intravide un volto che scomparve immediatamente.
E sul vetro appannato della finestra una scritta: Te lo avevo promesso che te le avrei portate sempre le rose, mamma.
Marilisa Napolano
4
Published: Apr 7, 2019
Latest Revision: Apr 7, 2019
Ourboox Unique Identifier: OB-606175
Copyright © 2019