JEAN PIAGET
Jean Piaget (Neuchâtel, 9 agosto 1896 – Ginevra, 16 settembre 1980) è stato uno psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero.
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È considerato il fondatore dell’epistemologia genetica, ovvero dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo, dedicandosi molto anche alla psicologia dello sviluppo.
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Jean Piaget all’età di 11 anni, mentre frequentava la scuola Latina, scrisse un breve trattato su un passero albino: questo scritto è considerato l’inizio di una brillante carriera scientifica che lo portò a pubblicare oltre sessanta libri e diverse centinaia di articoli.
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Nella tarda adolescenza sviluppò un forte interesse per i molluschi, tanto da collaborare part-time con il direttore del Museo di Scienze naturali di Neuchâtel dove continuò i suoi studi presso l’Università della città nella quale ottenne anche il Dottorato.
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Nel 1921 divenne direttore dell’Institut J. J. Rousseau di Ginevra, presso il quale iniziò le sue ricerche sugli schemi mentali dei bambini in età scolare.
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Nel 1923 sposò Valentine Châtenay; la coppia ebbe tre figli, il cui sviluppo intellettuale e linguistico furono oggetto di studio da parte di Piaget. Successivamente e spesso contemporaneamente fu titolare di diverse cattedre: psicologia, sociologia e storia delle scienze a Neuchâtel dal 1925 al 1929; storia del pensiero scientifico a Ginevra dal 1929 al 1939; psicologia e sociologia a Losanna dal 1938.
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Dopo la seconda guerra mondiale divenne presidente della Commissione Svizzera dell’UNESCO. Diresse l’Ufficio Internazionale dell’Educazione dal 1929 al 1967, e nel 1955 fondò e diresse fino alla sua morte il Centro internazionale di epistemologia genetica.
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Fondò la School of sciences presso l’Università di Ginevra.
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È sepolto a Ginevra nel cimitero di Plainpalais dal 1980.
TEORIA PIAGETTIANA
Piaget dimostrò innanzitutto l’esistenza di una differenza qualitativa tra le modalità di pensiero del bambino e quelle dell’adulto e, successivamente, che il concetto di capacità cognitiva, e quindi di intelligenza, è strettamente legato alla capacità di adattamento all’ambiente sociale e fisico. Ciò che spinge la persona a formare strutture mentali sempre più complesse e organizzate lungo lo sviluppo cognitivo è il fattore d’equilibrio, «una proprietà intrinseca e costitutiva della vita organica e mentale». Lo sviluppo ha quindi un’origine individuale che dipende da fattori esterni come l’ambiente e le interazioni sociali che possono favorire il suo sviluppo senza esserne la causa.
ASSIMILAZIONE E ACCOMODAMENTO
Secondo Piaget, i due processi che caratterizzano l’adattamento sono l’assimilazione e l’accomodamento, che si avvicendano durante l’intero sviluppo. L’assimilazione e l’accomodamento accompagnano tutto il percorso cognitivo della persona, flessibile e plastico in gioventù, più rigido con l’avanzare dell’età.
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L’assimilazione consiste nell’incorporazione di un evento o di un oggetto in uno schema comportamentale o cognitivo già acquisito. In pratica il bambino utilizza un oggetto per effettuare un’attività che fa già parte del suo repertorio motorio o decodifica un evento in base a elementi che gli sono già noti.
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L’accomodamento consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello schema comportamentale per accogliere nuovi oggetti o eventi che fino a quel momento erano ignoti (nel caso del bambino precedente, se l’oggetto è difficile da afferrare dovrà per esempio modificare la modalità di presa). I due processi si alternano alla costante ricerca di un equilibrio fluttuante (omeostasi) ovvero di una forma di controllo del mondo esterno. Quando una nuova informazione non risulta immediatamente interpretabile in base agli schemi esistenti il soggetto entra in uno stato di disequilibrio e cerca di trovare un nuovo equilibrio modificando i suoi schemi cognitivi incorporandovi le nuove conoscenze acquisite. La forma più evoluta di equilibrio cognitivo è quella che usa i sistemi logico-matematici.
LA TEORIA DEI QUATTRO STADI
Nei suoi studi sull’età evolutiva Piaget notò che vi erano momenti dello sviluppo nei quali prevaleva l’assimilazione, momenti nei quali prevaleva l’accomodamento e momenti di relativo equilibrio. Ancor più, individuò delle differenze sostanziali nel modo con il quale, nelle sue diverse età, l’individuo si accosta alla realtà esterna e ai problemi di adattamento che essa pone. Sviluppò così una distinzione degli stadi dello sviluppo cognitivo individuando 4 periodi fondamentali comuni a tutti gli individui e che si susseguono sempre nello stesso ordine:
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STADIO SENSO – MOTORIO
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STADIO PRE – OPERATORIO
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STADIO DELLE OPERAZIONI CONCRETE
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STADIO DELLE OPERAZIONE ASTRATTE O DEL RAGIONAMENTO IPOTETICO – DEDUTTIVO
STADIO SENSO – MOTORIO
Dalla nascita ai 2 anni circa. Come suggerisce il nome, il bambino utilizza i sensi e le abilità motorie per esplorare e relazionarsi con ciò che lo circonda passando attraverso periodi intermedi di utilizzazione di schemi di azione via via più complessi. Esso è basato sull’intenzionalità.
Per Piaget si ha intenzionalità quando il lattante comincia a differenziare il proprio corpo dagli oggetti esterni e agisce sulla realtà esterna in vista di uno scopo. Dagli 0 ai 2 anni il bambino acquisisce il senso della permanenza dell’oggetto.
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Reazioni riflesse (primo mese): il bambino agisce attraverso schemi senso-motori rigidi innati.
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Reazioni circolari primarie (o stadio dei primi adattamenti acquisiti): tra il secondo e il quarto mese di vita il bambino sviluppa le reazioni circolari primarie ovvero la ripetizione di un’azione casuale per ritrovarne gli effetti gradevoli. Il centro d’interesse per le azioni è il proprio corpo. L’esempio è la suzione del dito, trovandola piacevole il bambino la ripete per lunghi periodi.
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Reazioni circolari secondarie (o stadio del comportamento intenzionale): tra il quarto mese e l’ottavo mese il bambino orienta i suoi comportamenti verso l’ambiente esterno cercando di afferrare e muovere gli oggetti e osserva i risultati delle sue azioni. Agitando un sonaglio provoca dei rumori piacevoli e cerca di ripetere l’azione per riprodurre il suono, prolungando il piacere ricevutone. Anche in questo caso le azioni vengono scoperte casualmente.
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Reazioni circolari differite (o stadio dell’attiva ricerca dell’oggetto): tra gli 8 e i 12 mesi si forma nella memoria l’esperienza senso-motoria, il bambino impara dalle sue azioni e quindi è in grado di anticiparne il risultato. In questo stadio il bambino inizia a comprendere la permanenza degli oggetti: negli stadi precedenti, se l’oggetto scompare dalla vista questo “non esiste”, mentre adesso il bambino ricerca l’oggetto, sebbene non riesca ancora a ricostruire uno spostamento reso invisibile. In questo stadio compare l’intelligenza sensomotoria, con la differenziazione tra mezzi e fini: uno schema motorio già acquisito può essere usato come mezzo per raggiungere un fine.
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Reazioni circolari terziarie (o stadio del procedimento per prove ed errori): dai 12 ai 18 mesi. In esso nasce l’interesse per la novità. È lo stadio della sperimentazione continua.
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Dai 18 ai 24 mesi (stadio della rappresentazione cognitiva): il bambino sviluppa la capacità di immaginare gli effetti delle azioni che sta eseguendo, non agisce più per osservare l’effetto, ma combina mentalmente schemi senso-motori per poi agire ed ottenere l’effetto voluto, esegue e descrive azioni differite o oggetti non presenti nel suo campo percettivo ed esegue sequenze di azioni come per esempio appoggiare un oggetto per aprire la porta; si manifesta una prima forma di imitazione differita, cioè il bambino imita comportamenti visti in precedenza, cominciano inoltre i primi giochi simbolici.
STADIO PRE – OPERATORIO
Dai 2 ai 6-7 anni. In questo stadio il bambino è in grado di usare i simboli. Un simbolo è un’entità che ne rappresenta un’altra. Un esempio è il gioco creativo nel quale il bimbo usa, per esempio, una scatola per rappresentare un tavolo, dei pezzetti di carta per rappresentare i piatti ecc.
In questo stadio permane un egocentrismo intellettuale, ovvero il punto di vista delle altre persone non è differenziato dal proprio, il bambino cioè si rappresenta le cose solo dal proprio punto di vista. Crede che tutti la pensino come lui e che capiscano i suoi pensieri; tipicamente se racconta una storia lo farà in modo che un ascoltatore che non conosce la storia non capirà nulla.
Il ragionamento in questo stadio non è né deduttivo né induttivo, ma trasduttivo o precausale, dal particolare al particolare, cioè due eventi sono considerati legati da un rapporto di causa-effetto se avvengono nello stesso tempo.
STADIO DELLE OPERAZIONI FORMALI E DEL RAGIONAMENTO IPOTETICO – DEDUTTIVO
Il bambino che si trova nello stadio delle operazioni concrete ha delle difficoltà ad applicare le sue competenze a situazioni astratte, cioè non presenti nella sua esperienza.
A partire dai 12 anni il bambino riesce a formulare pensieri astratti: si tratta del cosiddetto pensiero ‘ipotetico-deduttivo’, grazie al quale il bambino può riferirsi mentalmente ad oggetti non presenti nella sua esperienza, ma soltanto ipotetici, e ricavare da essi tutte le possibili conseguenze logiche. Il soggetto è ora in possesso degli stessi schemi di pensiero dell’adulto ed in particolare dello scienziato, che per Piaget rappresenta il punto terminale dello sviluppo cognitivo umano.
Le idee dei bambini
Piaget ha tratto delle conclusioni a proposito di ciò che pensano i bambini. A 4 anni essi cominciano a porsi domande sull’origine delle cose. A 5/6 anni vi è una tendenza all’animismo, a 8 pensano che siano stati degli esseri antropomorfici a creare il mondo (artificialismo). A 11-12 anni i bambini definiscono esseri viventi solo piante ed animali. Il bambino è un costruttore di teorie, fa delle generalizzazioni ed applica dei copioni e ama fare narrazioni.
Appena nati i bambini riescono a riconoscere i propri simili. A 2 anni compare il desiderio, a 4 la credenza, la capacità di elaborare spiegazioni complesse dei comportamenti degli altri. A 4 anni i bambini non sono in grado di dire bugie complesse ed intenzionali, a 5 sì. Una delle grandi critiche volte a Piaget è stata quella di pensare che ci fosse una correlazione tra ciò che raccontavano i bambini e le loro strutture cognitive.
Published: Nov 28, 2017
Latest Revision: Dec 1, 2017
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