Francis Picabia
“Tra la mia testa e la mia mano, c’è sempre l’immagine della morte”, 1922
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Nasce a Parigi, il 22 gennaio 1879.
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È stato un pittore e uno scrittore francese.
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Infanzia agiata da un punto di vista materiale, disturbata affettivamente.
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Doppia personalità: “enfant terrible” e perfetto “rastaquouère”.
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Studia all’École nationale supérieure des beaux-arts.
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Influenze: Scuola di Barbizon, Alfred Sisley, Camille Pissarro, Impressionismo, Cubismo ed Astrattismo.
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Considerato, quindi, un autore eclettico.
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Nel 1911 entra a far parte del gruppo Puteaux (Marcel Duchamp).
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Dal 1913 l 1915 si trova a New York con l’intento di diffondere l’arte moderna negli Stati Uniti.
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Sviluppa un interessa per il surrealismo nel 1921.
Il periodo “proto-dada”
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Dal 1913 al 1915 introduce la sua arte negli Stati Uniti.
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Il “periodo proto-dada” si caratterizza per i cosidetti “portrait méchaniques“.
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Inventore del “macchinismo”
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Nel 1916 pubblica a Barcellona la prima copia del periodico “dadaista 391”.
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Dadaismo come strategia continua di vita, libertà reale per l’artista.
Portraits méchaniques
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Periodo proto-dada.
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Temi meccanicistici di casuali grovigli d parti metalliche, dipinti e disegni di macchine.
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Utilizzo dell’ironia.
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Culto della macchina.
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Allusione ai rapporti Sessuali.
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Non è non sense; esiste un simbolismo nella macchina.
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La macchina ha una funzione e un congegno esplicitato dall’artista con esattezza scientifica non meno di quanto potrebbe accadere per un omologo industriale.
“Voilà elle”, 1915, inchiostro su tela
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Macchina sessuale automatica.
Arte-poesia
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È un fatto visivo.
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Immaginazioni e tipografie.
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Lega disegni e testi.
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Scrive sui quadri (arte concettuale).
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Parallelismo tra costruzione dell’immagine e costruzione del senso poetico.
1912: il titolo entra nell’opera d’arte
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Il titolo è parte di un collage onnivoro.
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Scrive, segretamente, aforismi alla Nietzsche e poesie.
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Cerca un potenziale occulto nelle parole.
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L’incisione scritta caratterizza lo stile meccanico.
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Citazioni scelte a caso dal dizionario Larousse e poi parafrasate.
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Le pseudo-citazioni hanno una funzione plastica del tutto analoga a quella della pseudo-macchina.
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Perdita del significato originale.
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Il titolo-citazione rende al dipinto una dimensione letteraria.
“De Zayas! De Zayas!” (1915), inchiostro su carta, 79x50cm.
La procession, (1912)
Tristan Tzara
“Scrivo un manifesto e non voglio niente, eppure certe cose le dico, e sono per principio contro i manifesti, come del resto sono contro i principi. Scrivo questo manifesto per provare che si possono fare contemporaneamente azioni contraddittorie, in un unico refrigerante respiro; sono contro l’azione, per la contraddizione continua e anche per l’affermazione, non sono ne’ favorevole ne’ contrario e non do spiegazioni perché detesto il buon senso.”
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Nasce a Moinesti, il 16 aprile 1869.
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Tristan Tzara è pseudonimo di Samuel Rosenstock.
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È stato un poeta e saggista di lingua francese e romena.
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Ebreo.
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Visse per la maggior parte della sua vita in Francia.
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Segna una tappa unica nella storia del rinnovamento artistico e culturale.
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Conosciuto per essere uno dei fondatori del Dadaismo.
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“Dada non significa nulla”; infatti pare che abbia trovato questa parola aprendo a caso un dizionario insieme a degli amici.
“Dichiaro che Tristan Tzara trovò la parola (dada) l’8 febbraio 1916 alle sei di sera. Ero presente con i miei dodici figli quando Tzara pronunciò per la prima volta questa parola, che destò in noi un legittimo entusiasmo. Ciò accadeva al Café de la Terrasse di Zurigo, mentre portavo una brioche alla narice sinistra”, Hans Arp.
La letteratura dadaista
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Dissoluzione della sintassi.
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Assenza di discorso logico.
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Deformazione del lessico.
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Utilizzo di suoni e fonemi spesso al limite del paradosso e del non sense.
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Tristan Tzara apre una nuova fase alle arti.
La poesia dadaista
«la vita e la poesia non erano che un’unica e indivisibile espressione dell’uomo alla ricerca di un imperativo vitale. L’uomo d’azione e il poeta devono applicarsi al rispetto dei propri principi fino alla fine dell’esistenza stessa, senza compromesso alcuno, con totale abnegazione»
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Forma vivente di espressione.
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Bisogna declamare la poesia in pubblico.
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Tristan Tzara partecipa alle “serate Dada”.
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Linguaggio spogliato di ogni potere di significazione normativa.
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Serie di ripetizioni sillabiche, di fonemi e di suoni disparati.
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Appello alla gioia-distruzione.
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Sostituire la tradizione, ormai obsoleta.
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La poesia deve aprire alla via del sogno.
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Ironia.
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Linguaggio della quotidianità e del banale.
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Missione dell’artista: superare la contrapposizione tra “azione e sogno”.
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Rivoluzione e poesia hanno un solo scopo: la liberazione dell’uomo.
“Per fare una poesia dadaista”
Prendete un giornale.
Prendete un paio di forbici.
Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza
che voi contate di dare alla vostra poesia.
Ritagliate l’articolo.
Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che formano questo articolo
e mettetele in un sacco.
Agitate delicatamente.
Tirate fuori ogni ritaglio, uno dopo l’altro, disponendoli
nell’ordine in cui sono usciti dal sacco.
Copiate coscienziosamente.
La poesia vi assomiglierà.
Ed eccovi uno scrittore infinitamente originale e
d’una sensibilità affascinante,
benché incompresa dal volgo.
MANIFESTE DADA
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Pubblicato nel 1918.
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È il primo manifesto del Dadaismo.
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Obiettivo: distruggere il linguaggio cristallizzato e la parola mercificata, usata dagli uomini e dai loro intellettuali lacchè; ma soprattutto la libertà individuale.
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Gioca con il lessico tradizionale.
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Deforma la sintattica.
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Crea vocaboli senza senso.
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Inserisce suoni e parole in libertà.
“Per lanciare un manifesto bisogna volere: A, B, C, scagliare invettive contro 1, 2, 3, eccitarsi e aguzzare le ali per conquistare e diffonder grandi e piccole a, b, c, firmare, gridare, bestemmiare, imprimere alla propria prosa l’accento dell’ovvietà assoluta, irrifiutabile, dimostrare il proprio non-plus-ultra e sostenere che la novità somiglia alla vita tanto quanto l’ultima apparizione di una cocotte dimostri l’essenza di Dio.
Scrivo un manifesto e non voglio niente, eppure certe cose le dico, e sono per principio contro i manifesti, come del resto sono contro i principi (misurini per il valore morale di qualunque frase). Scrivo questo manifesto per provare che si possono fare contemporaneamente azioni contraddittorie, in un unico refrigerante respiro; sono contro l’azione, per la contraddizione continua e anche per l’affermazione, non sono ne’ favorevole ne’ contrario e non do spiegazioni perché detesto il buon senso.
DADA non significa nulla.
Se lo si giustifica futile e non si vuol perdere tempo per una parola che non significa nulla. Il primo pensiero che ronza in questi cervelli è di ordine batteriologico: trovare l’origine etimologica, storica, o per lo meno psicologica. Si viene a sapere dai giornali che i negri Kru chiamano la coda di una vacca sacra DADA. Il cubo e la madre di non so quale regione italiana: DADA. Il cavallo a dondolo, la balia, doppia conferma russa e romena: DADA . Alcuni giornalisti eruditi ci vedono un arte per i neonati, per latri santoni, versione attuale di Gesùcheparlaaifanciulli, è il ritorno ad un primitivismo arido e chiassoso, chiassoso e monotono. Non si può costruire tutta la sensibilità su una parola, ogni costruzione converge nella perfezione che annoia, idea stagnante di una palude dorata, prodotto umano relativo.
L’opera d’arte non deve rappresentare la bellezza che è morta. Un’opera d’arte non è mai bella per decreto legge, obiettivamente, all’unanimità. La critica è inutile, non può esistere che soggettivamente, ciascuno la sua, e senza alcun carattere di universalità. Si crede forse di aver trovato una base psichica comune a tutta l’umanità? Come si può far ordine nel caos di questa informa entità infinitamente variabile: l’uomo? Parlo sempre di me perchè non voglio convincere nessuno, non ho il diritto di trascinare gli altri nella mia corrente, non costringo nessuno a seguirmi e ciascuno si fa l’arte che gli pare.
Così nacque DADA da un bisogno d’indipendenza. Quelli che dipendono da noi restano liberi. Noi non ci basiamo su nessuna teoria. Ne abbiamo abbastanza delle accademie cubiste e futuriste: laboratori di idee formali: Forse che l’arte si fa per soldi e per lisciare il pelo dei nostri cari borghesi? Le rime hanno il suono delle monete. Il ritmo segue e il ritmo della pancia vista di profilo.
Tutti i gruppi di artisti sono finiti in banca, cavalcando differenti comete. Una porta aperta ha la possibilità di crogiolarsi nel caldo dei cuscini e nel cibo. Il pittore nuovo crea un mondo i cui elementi sono i suoi stessi mezzi, un’opera sobria e precisa, senza oggetto. L’artista nuovo si ribella: non dipinge più (riproduzione simbolica e illusionistica) ma crea direttamente con la pietra, il legno, il ferro, lo stagno, macigni, organismi, locomotive che si possono voltare da tutte le parti, secondo il vento limpido della sensazione del momento.
Qualunque opera pittorica o plastica è inutile; che almeno sia un mostro capace di spaventare gli spiriti servili, e non la decorazione sdolcinata dei refettori degli animali travestiti da uomini, illustrazioni della squallida favola dell’umanità .Un quadro è l’arte di fare incontrare due linee, parallele per constatazione geometrica, su una tela, davanti ai nostri occhi, secondo la realtà di un mondo basato su altre condizioni e possibilità. Questo mondo non è specificato, nè definito nell’opera, appartiene alle sue innumerevoli variazioni allo spettatore.
La spontaneità dadaista.
L’arte è una cosa privata. L’artista lo fa per se stesso. L’artista, il poeta, apprezza il veleno della massa che si condensa nel caporeparto di questa industria. E’ felice quando si sente ingiuriato: una prova della sua incoerenza. Abbiamo bisogno di opere forti, dirette e incomprese, una volta per tutte. La logica è una complicazione. La logica è sempre falsa. Tutti gli uomini gridano: c’è un gran lavoro distruttivo, negativo da compiere: spazzare, pulire. Senza scopo ne’ progetto alcuno, senza organizzazione: la follia indomabile, la decomposizione. Qualsiasi prodotto del disgusto suscettibile di trasformarsi in negazione della famiglia è DADA; protesta a suon di pugni di tutto il proprio essere teso nell’azione distruttiva: DADA; presa di coscienza di tutti i mezzi repressi fin’ora dal senso pudibondo del comodo compromesso e della buona educazione: DADA ; abolizione della logica; belletto degli impotenti della creazione: DADA ; di ogni gerarchia ed equazione sociale di valori stabiliti dai servi che bazzicano tra noi: DADA ; ogni oggetto, tutti gli oggetti, i sentimenti e il buoi, le apparizioni e lo scontro inequivocabile delle linee parallele sono armi per la lotta: DADA ; abolizione della memoria: DADA ; abolizione dell’archeologia: DADA ; abolizione dei profeti: DADA ; abolizione del futuro: DADA ; fede assoluta irrefutabile in ogni Dio che sia il prodotto immediato della spontaneità: DADA .”
Hugo Ball
“Il fatto che, col tempo, l’immagine dell’uomo scompaia progressivamente dalla pittura e che tutte le cose vi compaiano ormai soltanto in decomposizione, è una prova di più di quanto sia diventato brutto e logoro il sembiante umano e riprovevole ogni singolo oggetto del nostro ambiente. La decisione della poesia di lasciar morire, per analoghe ragioni, la lingua (come nella pittura l’oggetto) è imminente. Queste son cose che forse non sono mai esistite”.
(Registrazione nel suo diario in data 5 marzo 1917)
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Nasce a Pirmasens il 22 febbraio 1886.
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È stato uno scrittore, un poeta e un regista teatrale tedesco.
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Cresce in una famiglia cattolica.
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Studia filosofia e sociologia.
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Nel 1910 si trasferisce a Berlino per diventare attore.
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Come cofondatore del Cabaret Voltaire, diventa guida del movimento Dada di Zurigo.
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Critica la società del suo tempo e i filosofi del passato, convinti di possedere la Verità ultima.
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Il suo scritto più famoso è “Karawane”.
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Altre opere famose: “Sette sonetti schizofrenici”, “Il naso di Michelangelo”, “Volo fuori dal tempo: un diario Dada” e “Hermann Hesse”.
Karawane
“Con queste poesie onomatopeiche volevamo rinunciare a una nuova lingua inaridita e resa inservibile dal giornalismo. Dobbiamo isolarci nella più profonda alchimia della parola e abbandonare persino questa alchimia per conoscere in tal modo alla poesia i suoi domini più sacri”.
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Pubblicato nel 1918.
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Parole senza senso.
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Il significato di questa composizione risiede nell’assurdità che l’assenza di senso produce.
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Riflette i principi cardine del Dadaismo.
- https://www.youtube.com/watch?v=z_8Wg40F3yo
Hans Arp
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Hans o Jean Arp nasce a Strasburgo.
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Supera le forme tradizionali dell’arte figurativa: i collages, i papiers déchirés, o dei frammenti di materiali vari uniti insieme.
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Viaggia molto.
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Si forma in Germania e a Parigi, dove ha occasione di entrare in contatto con le avanguardie parigine e di conoscere artisti del calibro di Picasso e Apollinaire.
In Svizzera
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Per evitare il richiamo alle armi nella Prima guerra mondiale si rifugia in Svizzera.
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Nel 1916, è tra i fondatori, a Zurigo, del Dadaismo.
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A Zurigo incontra Sophie Taeuber, sua futura moglie con la quale collabora alla sperimentazione di collages.
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Il suo metodo di lavoro si rifà alle leggi del caso: lascia cadere, per esempio, pezzetti di carta per poi fissarli nella posizione che assumono a terra.
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Esegue anche rilievi in legno monocromo e xilografie, sempre con la sua particolare tecnica artistica, definita “poetica del caso”.
“La poetica del caso”
«La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria»
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Tutta l’arte di Arp è segnata dalla ricerca, attraverso la spontanea creatività dell’artista, determinata dal caso, di una essenza spirituale della realtà, quale essa è, al di là delle forme concrete in cui solitamente si manifesta.
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Questa essenza non si può cogliere, al di fuori della creazione artistica.
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Il Dadaismo rifiuta quindi ogni atteggiamento razionale basandosi solamente sulla casualità, meccanismo e inconscio umano.
Primo dopoguerra
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Torna in Germania dove forma il gruppo dadaista di Colonia.
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Nel 1925, partecipa alla prima esposizione dei surrealisti, a Parigi.
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Continua a perfezionare la ricerca di nuove forme espressive, mezzi e materiali innovativi.
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Negli anni trenta rompe i rapporti con il Surrealismo
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Nel 1932 partecipa alla fondazione di Abstraction-Création.
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Nel 1942 scappa dalla Francia occupata per rifugiarsi ancora una volta in Svizzera, a Zurigo.
Secondo dopoguerra
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Ottiene un successo mondiale.
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Riceve numerosi riconoscimenti: vince il Premio per la scultura alla Biennale di Venezia e nel 1958 il MOMA, Museum of Modern Art di New York, gli dedica un’importante esposizione.
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Nuovo tipo di scultura: la concrétion.
“Testa di Trista Tzara”, 1916
“Scarpa azzurra rovesciata con due tacchi sotto una volta nera”, 1925
Cloud sheperd, 1953
Papier déchiré, 1953
Collage, 1916
Man Ray
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Fu uno tra i massimi esponenti del Dadaismo.
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Nasce a Filadelfia, in Pennysilvania da una famiglia di immigrati russi.
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Cresce a New York, dove lavora come fotografo e grafico.
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Lo pseudonimo Man Ray significa “Uomo Raggio”.
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Rayografie, immagini nate in camera oscura senza l’ausilio di una macchina fotografica, grazie al processo chimico che la luce innesca sui materiali fotosensibili.
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Nel 1915 conosce Marcel Duchamp.
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A Parigi ha più fortuna, conosce i massimi esponenti delle avanguardie, come Breton, e inizia ad esporre le sue opere.
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Cadeau è la sua opera principale.
Cadeau
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Realizzato nel 1921.
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Primo oggetto dadaista francese.
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Cadeau è un ferro da stiro, al quale Man Ray applica una striscia di quattordici chiodi, modificandone la naturale funzione allisciante e costringendolo a trasformarsi in un nuovo oggetto, con un nuovo ruolo dallo strano fascino.
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Durante l’esposizione, il Dono venne persino rubato e, perciò, replicato più volte dall’artista.
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Umorismo, sadismo e aspetto erotico.
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Man Ray confessò di averlo usato per ridurre in brandelli l’abito di una bella ragazza per poi osservarla danzare.
Fotografia
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Man Ray divenne il primo fotografo ufficiale del Surrealismo.
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Realizza specialmente fotografie erotiche, dove il nudo è predominante.
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Pioniere della fotografia.
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È il primo a utilizzare la tecnica della solarizzazione; con questo procedimento si alternano le zone del negativo con quelle del positivo, ottenendo un ribaltamento dei colori in accordo con i principi surrealisti.
Cinema
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Regista cinematrografico d’avanguardia.
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Realizza dei brevi filmati dallo stampo dadaista e surrealista.
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I più celebri sono “Le retour à la raison” e “Anémic Cinema”, quest’ultimo realizzato in collaborazione con Duchamp.
- https://www.youtube.com/watch?v=dNYhgcV3o-E
Fotografia realizzata con tecnica di solarizzazione
“Le violon d’Ingres”, 1924
“Pistola con alfabeto”, Rayografia, 1924
Published: May 7, 2017
Latest Revision: May 7, 2017
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