Shoah: io non voglio dimenticare by Classe V C - Illustrated by Classe V C  - Ourboox.com
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Shoah: io non voglio dimenticare

by

Artwork: Classe V C

C. D. "Devitofrancesco" Grumo Appula Bari
  • Joined Mar 2017
  • Published Books 2
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Dal racconto

“In punta di stella”

alla filastrocca illustrata

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Fioca la luce nella stanza

Alice di lavoro ne ha abbastanza,

Stelle di stoffa sta cucendo

Mentre le foglie stan cadendo.

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Nel cielo più di una nuvola scura

Che ad Edna fan molto paura.

Nel cielo ,ancora una nuvola grigia

Che rende l’ aria più triste e bigia.

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Mentre soffia il vento autunnale

Accade qualcosa difficile da raccontare:

Da settembre una regola infame

Rende gli ebrei come bestiame .

Le nuove leggi a  pochi  piacciono

Ma per paura tutti tacciono.

Sul loro petto una stella come avviso

Perché quel popolo deve essere inviso.

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La piccola Edna al tavolino seduta

Resta ferma e un poco muta .

Quand’ ecco tutto ad un tratto

Nervosamente s’ alza di scatto .

“Quella stella sul mio petto non deve stare

Le mie amiche non lo devono fare!

Perché da tutti devo essere additata?

Dimmi nonna, come  faccio a non essere adirata ?”

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Edna improvvisamente si ribella

E con rabbia getta a terra la stella

La nonna allora inventa una storiella

Perché quella costrizione le sembri più bella.

“Anche gli angeli portano una stella luminosa ,

Per illuminare nella notte ogni cosa”.

“Gli angeli sono ebrei come noi?

Dice  all’improvviso Daniel, poi.

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Una lacrima allora ad Alice riga il viso

Mentre cerca di ritrovare un sorriso

Cerca poi qualcosa da mangiare

Patate, cipolle, per la zuppa da mescolare

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Edna allora  si pente di quello che ha fatto

Chiede scusa alla nonna, la cena è nel piatto.

Infine   la bimba la nonna abbraccia

E nel suo petto affonda la faccia.

Poi rasserenata , sussurra dolcemente

Perché della rabbia non è rimasto niente

“Nonna , dimmi, per le stelle tu pensi come me

Che il cielo è il posto più bello che c’ è ?”

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Grumo Appula  15/02/2017

 

Cara  Edna,

Lo so che non vuoi portare la stella  sul petto ,e non è giusto, ma fingi di essere un angelo e che la stella è un dono di dio.

Consolati, cara amica Edna, pensa alle stelle lassù che sono sempre ferme a guardarti e a proteggerti.

Con affetto

Francesco F.  e  Vito

Ciao  Edna,

So  che  per  te   è  stato   ingiusto  portare   la  stella  sul  tuo  cappotto  ,rispettare  tante  leggi  strane   e  assurde   per   dei   bambini   come   te   ;hai  ragione che  questa   è  un  ingiustizia ,ma   ora  è   tutto  finito,  per   fortuna   ora  non  si  porta  più  la  stella  e   quelle  leggi  orribili  sono   scomparse  .

Stai   tranquilla  ,edna  ,ora  è   tutto   finito!

Giovanni

 

 

Ciao edna, mi chiamo samir  mi dispiace  per  l’ingiustizia che hai subito di portare la stella , ma tutti gli ebri dovevano portarla    a  quell’  epoca.

Se non  sapevo cosa succedeva   dopo  l’ avrei  portata  anch’  io  , ma tu perché   non  la  vuoi  portare?   Perche’  pensi che le stelle    stanno  nel cielo anziche’ nel petto?

Samir

 

 

Cara edna, la tua protesta è giusta perché gli ebrei non sono diversi dagli altri . Ci distingue solo il posto dove nasciamo , la religione , la pelle ,ma siamo tutti esseri  umani e purtroppo  possiamo sbagliare.

Vorrei lasciarti con un interrogativo secondo te perché i nazifascisti vogliono farvi questo? Io non riesco a comprenderlo.

Antonio

 

 

Cara edna,

Come te penso che sia ingiusto che quelli della tua religione debbano portare la stella sul petto.

Non devi essere invidiosa delle tue compagne,devi essere orgogliosa della tua razza.

Nei momenti di tenebre,paura,terrore  chiudi gli occhi e pensa al sorriso dei tuoi cari.

Non scoraggiarti mai, sii  sempre felice per quella che sei!

Noemi
edna,

Io non posso capire la tua rabbia e la tua paura, ma so che ce la puoi fare.

Il ghetto, i forni, la paura di fare qualsiasi cosa, anche se giusta , sono cose che farebbero paura a chiunque.

Le fatiche da accettare sono tante e l’ imbarazzo di portare la stella è insopportabile, ma sei forte e ce la puoi fare .

La tua “amica” di penna,

Sofia

 

 

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Cara edna al tuo posto mi sentirei anche io imbarazzata ad essere l’ unica che deve portare la stella al petto, ma se ci pensi un po’, con uno sforzo di immaginazione indossandola ti sentirai speciale come una stella.

Anche se devi subire l’ ingiustizia di stare nel ghetto con gli ebrei sii forte, ce la puoi fare perché tu sei nei nostri cuori.

Sta’  serena, coraggio, buona fortuna.

Con affetto

Dalla tua “amica di penna” paola
cara edna ,

Hai fatto bene a  protestare ,le stelle sono fatte per stare in cielo , non per essere ricamate e poi messe sul petto degli ebrei .i nazisti hanno torto,per me non hanno un cuore, hanno avuto la presunzione di ritenersi esseri superiori e hanno ucciso tante persone. Voi ebrei meritate, per il vostro coraggio grande rispetto, ma tu edna,non ti devi spaventare, affronta con coraggio quello che è  ingiusto ,ma che è necessario a preservarti  la vita

Il tuo amico francesco c.
Cara edna,

Anche io ritengo ingiusto e discriminante il fatto di portare questa stella ricamata sul cappotto . Il fatto di essere di razze diverse e di essere il colore della pelle diverso non significa essere diversi  da tutti gli altri . Ti dico un’ altra volta però, questa volta ,non fare di testa tua  e non prendertela con tua nonna  che cerca di darti dei buoni consigli;pensa che non lo fa per farti dispiacere e per non farti correre dei pericoli.scusati  con tua nonna regalandole un sorriso da stella !

un caro saluto

Christian     v c
cara edna,

Capisco perché sei arrabbiata, anche io certe volte lo sono quando mi fanno arrabbiare , quando mi fanno fare le cose non voglio.

Anch’ io penso che non sia giusto portare la stella sul petto  e che il posto delle stelle sia in cielo.

Con affetto sonia

 

 

Cara edna,

Tu trovi ingiusto portare la stella sul cappottino  mentre i tuoi compagni non lo devono fare.

Tu dici che le stelle solo in cielo e non sul petto deglieebrei , e questo è vero.

Con questa lettera ti voglio dire che hai  ragione perché gli ebrei sono esseri uguali  agli altri .

Le differenze di razza , di religione servono solo ad arricchirci e a rendere il mondo un posto migliore.

Manuela

 

Lettera per edna

Cara edna, sono felice di scriverti.

Volevo dirti che mi emoziona tanto parlare con te e ti voglio dire che purtroppo la vita e piena di sacrifici e anche di problemi … purtroppo tu ne hai avuti troppi.

Baci,baci. Camilla classe

P.s. non ti dimenticare  di me.

 

Cara edna,

Mi dispiace molto per quello che hai provato quando hai dovuto portare la stella sul cappotto.

E tu  volevi anche un perché. Un perché non c’era,o meglio, era la cattiveria degli uomini che credevano di essere superiori …

Intanto la nonna ti ha raccontato una storia perché lo accettassi.

Non ti ha raccontato la cosa giusta, l’ ha inventata per renderti meno dura l’imposizione. Perché eri troppo piccola per capire la crudeltà umana. Mi dispiace molto

Con affetto

Aurora

 

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Cara edna ,

Perché non accetti questo fatto di portare la stella ? Edna, la devi portare per forza è  un obbligo e non farlo potrebbe essere pericoloso. Capisco la tua rabbia perché non la vuoi portare. Mi metto nei tuoi panni ,anch’io mi arrabbio quando mia  madre mi vuole comprare qualcosa che non voglio però edna , la devi portare. Pensa di essere un angelo come ti ha raccontato la tua dolce nonnina .però anch’io ,come te, penso che le stelle devono stare in cielo.                                con affetto

Angela
ciao edna,

È tutto finito, non porterai mai  più la stella gialla sul tuo  cappotto e non rispetterai più leggi insopportabili fatte degli uomini cattivi, i nazisti ,stai  tranquilla è tutto finito.

Non devi essere invidiosa delle tue compagne , ma fiera di quello che sei  e della tua bella famiglia.

Il tuo amico luca
ciao edna,

Mi chiamo rosa e ti vorrei chiedere se tu ti trovi auschwitz  e se stai  bene con  gli altri bambini.

Anche secondo me ,non si devono  mettere le stelle sulle divise delle persone  per discriminarle.

Sicuramente  avete molta paura a stare lì , ma fatevi coraggio perché vi sono vicina con il cuore.

La tua amica rosa
cara  edna,

Mi  dispiace  per  quello  che  hai  dovuto  provare  , secondo  me  era  ingiusto   mettere una stella sugli abiti, per farsi riconoscere come ebrei dai tedeschi .

Tutti  gli  esseri  umani  sono  uguali !  Mi  dispiace perche’ hai  passato momenti terribili  , credo  che  tu  come  gli  altri  bambini  ebrei  .  Sei stata  molto coraggiosa  .

Con  affetto  chiara

 

 

Ciao edna.

Io sono gennaro e trovo ingiusto il fatto che i nazisti abbiano fatto portare a voi ebrei una stella come  segno di riconoscimento per potervi discriminare.perché secondo me le persone sono tutte uguali e non bisogna giudicare nessuno per la religione, per il colore della pelle e la nazionalità.

Con affetto

Gennaro
cara edna,

Anche io condivido la tua protesta. Era un ‘ ingiustizia di portar una stella sul petto perché questo indicava  chiaramente che chi la portava era un ebreo, cioè un individuo di razza inferiore per i nazisti .ho capito , inoltre, che avete dovuto sopportare ciò che oggi per noi non è facile capire, ma edna, io ti volevo consolare e anche ringraziare,perché ci hai fatto comprendere che non bisogna odiare nessuno, e che nessun uomo è superiore all’ altro.

alfredo vasco

 

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Dopo aver trasformato il testo in filastrocca,

abbiamo continuato a giocare con le parole,

in attività di scrittura creativa e riscrittura

che ci hanno portato a tracciare

nuovi alfabeti e nuove poesie.

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Yad Vashem  è l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele, istituito per «documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime», nonché per ricordare e celebrare i non ebrei di diverse nazioni «che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah» e certificati fino al 1º gennaio 2016 in circa 26.120 persone.

A poca distanza dal monumento dedicato al martire ebreo Janusz Korczak che lo raffigura in un abbraccio protettivo con i “suoi” bambini sorge, in tema con l’eliminazione di innocenti bambini ebrei nel periodo della Shoah, oltre che un monumento, il toccante memoriale a loro dedicato: Il “Memoriale dei Bambini”.

Il Memoriale è dedicato a tutti i bambini ebrei di ogni età, neonati inclusi, uccisi durante la Shoah. Il sentimento che sollecita questo memoriale è profonda commozione, commozione che viene recepita dal visitatore dall’impatto con una serie di “foto campione” dei più del 1.500.000 di bambini uccisi dai nazisti. Mentre il visitatore si aggira nel Memoriale soffermandosi sulle immagini, gli altoparlanti diffondono di continuo e chiaramente: nome e cognome di quei bambini, la loro età e il loro Paese d’origine.

Un aspetto molto suggestivo di questo memoriale è dato da piccole “luci” in uno spazio sprofondato nel buio assoluto. Le luci sono candele che si riflettono in una serie di specchi in un gioco di luci che danno al visitatore l’impressione di migliaia di stelle che luccicano nel firmamento.

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Gentile professoressa,

vogliamo ringraziarla per essere venuta nella nostra scuola a parlare di un argomento molto importante come quello della Shoah.

Durante questo  mese dedicato alla Memoria  abbiamo letto con molto piacere il suo libro “  In punta di stella” che ci ha fatto rivivere il passato e immergere in quel periodo oscuro della Seconda Guerra mondiale.

Abbiamo  capito  che molti  bambini  come  noi  hanno subito ogni  genere  di  maltrattamenti  , fisici  e psicologici.  I  due racconti  ci  hanno  fatto  riflettere su questo grande tema e  sull’ importanza che ha assunto l’amore della  famiglia e la forza della  speranza  per le due protagoniste.

Le filastrocche poi , in un modo così dolce e chiaro, ci hanno raccontato cosa è accaduto nei campi di concentramento e nei ghetti  senza che il racconto fosse  troppo crudo o che ci turbasse a lungo.

Noi crediamo che se tutti i bambini potessero accostarsi a questo argomento con dei libri come il suo sarebbe molto utile perché anche noi bambini dobbiamo conoscere  quello che è stato perché non accada mai più.

Gli alunni della 5^C

 

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Partendo dall’analisi delle leggi razziali

e di altri fonti storiche

abbiamo  scritto dei testi storico

che raccontano vicende verosimili

accadute in quegli anni.

 

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STORIA DI UNA AMICIZIA

La famiglia Rossi e la famiglia Muller erano molto amiche e i loro figli, Carlo e Franz, frequentavano la stessa classe. Ogni giorno i ragazzi si incontravano e giocavano ore e ore a dama senza mai stancarsi. A sera non si volevano mai lasciare e le famiglie quindi molte volte cenavano insieme. Tutto era fantastico fino  a  quando vennero fuori le terribili  leggi razziali.

Da quel giorno non pottetero piu’ frequentarsi perche` la famiglia Muller era  tedesca, mentre i Rossi erano ebrei . Nessuno di loro aveva mai pensato a quella parola “razza” che ora era divenuta così crudele.

Man mano che passavano gli anni  dalle restrizioni cui furono sottoposti gli ebrei si passo’ alla vera e propria persecuzione. Quando scoprirono che anche nella loro citta’ sarebbero iniziati i rastrellamenti, la famiglia Muller nascose la famiglia Rossi in una casa abbandonata  provvedendo di nascosto, a notte fonda, ai loro bisogni, rischiando molto, tutto, per quella loro sincera amicizia.  Come potevano dimenticare i giorni felici trascorsi insieme? Quei pochi  giorni trascorsero lenti e pieni di paura per tutti i componenti delle due famiglie per la paura di essere scoperti .

I due bambini non giocarono più insieme e non sorrisero più. L’odio razziale aveva spento la loro gioia.

Un giorno terribile, forse a causa di una denuncia – a quell’epoca c’era anche chi guadagnava sul dolore degli altri- i nazisti scoprirono che in quella casolare c’ erano ebrei. Una mattina, all’alba, quando la mite luce del sole preannuncia il nuovo giorno, i Rossi furono brutalmente catturati e portati  sul treno che li avrebbe portati nel campo di concentramento di Fossoli, in Emilia Romagna. Grande fu il dolore dei vecchi amici quando si accorsero di quella tragedia. Il signor Muller allora, affrontando mille pericoli  spacciandosi per una guardia liberò la famiglia Rossi facendoli scappare e scendere dal convoglio che li avrebbe portati dritti alla morte.   I rossi così riuscirono a fuggire  dal loro triste destino, grazie al coraggio e alla forza dell’amicizia .

Dopo mille peripezie arrivarono in Svizzera e furono finalmente salvi. Così i Rossi ricominciarono una nuova vita lontani però da quegli amici che gli avevano salvato la vita che sperarono sempre di poter rincontrare un giorno.

 

ANGELA, CHRISTIAN,  GENNARO, GIOVANNI, LUCA

 

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IL RAGAZZO SOPRAVISSUTO

Mi chiamo Joe ,vi racconto la mia storia da sopravvissuto .

Sono nato nel 1922 , all’ età di sedici anni sono stato cacciato da scuola .Dopo qualche anno deportano i miei genitori nei campi di concentramento. Sono solo e l’ unica cosa che posso fare  è scappare da questo paese perché mi stanno cercando.

Sono fuggito dall’Italia e con documenti falsi sono andato in Germania.Lì incontro una ragazza fantastica. Layla ha occhi grandi e generosi e lunghi capelli biondi che le incorniciano il volto pallido e scendono sulle sue forti ed esili spalle.

Mi promette di nascondermi ,ma la metto in pericolo;  rischia molto perché i suoi genitori per paura dei nazisti odiano gli Ebrei.

Pieni di  ansia entriamo furtivi in casa , Laila mi conduce  attraverso una porticina al piano interrato. Dopo la porta, una scalinata sgangherata  che mi conduce  in una cantina  molto fredda ed umida . Lì mi nascondo rannicchiato in un grande armadio a muro tutto il giorno. Ho sempre le gambe doloranti e le ossa mi fanno male , ma sono vivo.

I  giorni  sono pieni di angoscia soprattutto pensando a Laila, ma ho paura , non posso rischiare .Credo di essere vigliacco perché metto a rischio la sua vita, poi penso che sono solo un ragazzo e che ho diritto ad aver paura di morire. Ho tutta la vita davanti, forse insieme a Layla. La luce dei suoi occhi brilla ed illumina la mia angusta prigione

Una sera , quasi a notte fonda , esco per sgranchirmi le gambe , quand’ecco il padre di Laila scende in cantina per prendere del vino.

Mi scopre mi chiede  chi sono, farfuglio parole per scusarmi. Gli dico di me , di Layla. Lei sentendo delle voci scende con la madre.  Layla parla loro a lungo con fermezza e dolcezza  . Dopo il suo discorso i suoi  capiscono la difficile situazione , mi dicono di restare ed io capisco che vogliono scusarsi con me, con il mio popolo. Ma hanno paura, ed è umano averne , ma è ancora più eroico superarla e fare qualcosa per gli altri, per se stessi.

Trascorro i miei giorni in quello angusta prigione, ma ora so che appena la guerra orribile finirà per me comincerà una nuova vita, una nuova vita  insieme a Layla.

Alfredo.V, Francesco.F, Antonio, Samir, Vito

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I DUE FRATELLI

Casa Nowak era ormai priva di armonia da quando erano state emesse le leggi razziali . Tutto era diverso , le stanze non risuonavano più della  dolce voce dei padroni di casa.  Quando l’esercito andò a casa di Josef ,fratello maggiore di  Alice ,la sorellina tutta impaurita dal volto inviso dai suoi vecchi compagni di classe  si nascose in cantina . Ad un  tratto la casa cadde  in un silenzio profondo. Josef  era stato catturato . Fu deportato  ad Auschwitz dove gli  fu tatuato un numero di riconoscimento sul braccio  . Fu buttato  nel fango a lavorare ,come uno schiavo, senza guadagnare niente , neanche un sorriso .

Alice, rimasta sola camminando tra le fredde strade del suo quartiere nascondendosi dai  nazisti che ormai avevano invaso  tutta la città  con i loro enormi carri armati .

“DEGLI EBREI NON RIMANE PIÙ NULLA!”Alice pensò, mentre girovagava sola e affamata per la strada.

Ma quella sera fu fortunata trovò un pezzo di pane, caduto a chissà chi in mezzo alla strada, spinta dalla fame si lanciò su esso, incurante del fatto che poteva essere scoperta. Un tedesco la vide e la prese con rabbia e la porta  convoglio che l’indomani mattina sarebbe partito per Auschwitz .

Il viaggio fu lungo, e Alice si sentì umiliata in quella carrozza , ammucchiata come bestiame.  Ma  nel campo di concentramento accadde l’incredibile Alice incontrò suo fratello mentre era  maltrattato dalle guardie naziste. “Non fa nulla”pensò facendosi coraggio” È vivo”. Anche Joseph fu contento di vederla. Erano in un posto orribile, ma vivi.

Ogni giorno che nasceva portava loro terrore per tutto quello che poteva succedere, ma anche la speranza di potersi incontrare. E fu quel dolce pensiero che li tenne in vita in quell’orrore e tanta bruttura.

Quando Il 27 gennaio del 1945 i soldati sovietici dell’Armata Rossa superarono il cancello del campo di sterminio nazista di Auschwitz – quello con la assurda scritta “Arbeit macht frei”, i due fratelli si incontrarono perché il filo della speranza li aveva tenuti stretti. Si abbracciarono a lungo, sicuri che da quel giorno non si sarebbero lasciati mai più.

Sonia,Camilla,Noemi,Paola,Chiara.

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IL NEGOZIO DI CARAMELLE
Elia andava tutti i giorni nel negozio del signor Gioele, un signore di mezz’età molto gentile ,anche se a lui sembrava molto buffo con quell’ abito nero e quel cappello nero calzato sopra la kippah, anch’essa nera. Aveva la barba lunga e i capelli corti sulla nuca, con dei lunghi boccoli al lato del viso
Ma era davvero generoso ed ogni giorno gli regalava un lecca-lecca alla fragola. Il negozio di caramelle era sulla strada Elia dove passava ogni giorno , tornando da scuola
Ogni giorno, percorrendo quella strada,ad Elia veniva l’acquolina , nella mente pregustava già il gusto zuccherino del lecca-lecca al sapore fragola . Man mano che passava il tempo in quel negozio le caramelle diminuivano, ed il signor Gioele era sempre più triste.
Un giorno , incuriosito ed un po’ insoddisfatto Elia chiese al generoso negoziante:- Come mai da un po’ di tempo,ci sono poche caramelle, signor Gioele ?-
Ma quel buffo omino gentile non voleva rispondere perché era dispiaciuto e di nascosto fece scendere una lacrima sul suo viso .
Dopo qualche tempo, Elia scoprì amaramente che il suo amato negozio era sbarrato con la vetrina a pezzi e sul selciato vide impolverato quello strano copricapo nero.
Elia non capì a fondo la situazione ,ma intese che da quel giorno non avrebbe potuto comprare più caramelle dal caro signor Gioele, e che, forse, non lo avrebbe rivisto mai più.
Con il volto triste, annunciò alla mamma : – Mamma da oggi io non voglio più mangiare lecca-lecca alla fragola -.
Abbassò il capo e pianse tantissimo.

AURORA, FRANCESCO, EMANUELA, ROSA, SOFIA

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