“Un freddo giorno d’inverno, nel nevoso villaggio di Montetabà, nacque una bambina di carta. […] “Ma tu sei normale!” cercò di convincerla la madre, asciugandosi gli occhi colmi di lacrime. “No, mamma” rispose Olga. “Io sono diversa, diversa da tutti! E non voglio esserlo più!”
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“Tu che dote hai, cara?” […] esclamò il tasso. “Devi pur avere una dote, tutti ne hanno una, qualcuno perfino due o tre”.
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Le tracce segnate sulla mappa si fermavano proprio lì, dove era lei, davanti a un gigantesco groviglio di more e di rose selvatiche perfettamente disegnato. E tornavano indietro. Olga era senza parole. E senza idee.
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“Il mondo è pieno di ostacoli” bofonchiò Melo, “per questo io sto in aria”. […] “Siamo tutti diversi in questo mondo” disse Melo. Poi precisò: “Da vicino, perché da lontano, invece, siamo tutti uguali. Per questo io sto in aria”.
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Olga non aveva mai visto una mongolfiera e in quell’istante decise che non poteva esserci cosa più bella al mondo.
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“O sei tutta matta, Olga Dicarta, o sei la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto” disse Melo ad Olga.
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Forse perché era bianca, come tutto il resto, forse perché Olga era convinta di essere l’unica anima viva in quell’angolo di mondo, fatto sta che la casa non l’aveva proprio vista. Eppure era lì, vicino a lei, con i muri bianchi, il tetto bianco, la porta bianca e i vetri appannati. Non l’avrebbe mai notata se un filo di fumo grigio non fosse improvvisamente uscito dal comignolo.
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Sul piccolo guscio, esposto alle intemperie, era impossibile non bagnarsi. […] su, in cima all’abete, a tre metri d’altezza, gli spruzzi arrivavano diradati e scarichi. Inoltre, le fronde l’avrebbero protetta dalle gocce.
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Olga si voltò e strabuzzò gli occhi. Davanti a lei c’era una bambina in groppa a un bellissimo fenicottero rosa. “Stupida ilusa, stupida ilusa, tu c’hai creduto e adesso morisci!”.
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Sarebbero stati amici o feroci nemici? L’avrebbero aiutata o fatta a striscioline? […] Finalmente la sagoma cominciò a essere riconoscibile: era un carro… no, una carrozza… un carrozzone!
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“Avevi ragione tu, Omino a molla, è una bambina!” disse fermando il carrozzone davanti a Olga e rivolgendosi al comignolo sul tetto. Che però non era un comignolo, ma un omino con un buffo cappello, che sbucava da una scatola colorata. “Noi troviamo chi si è perduto. Tutti siamo stati trovati, anch’io. Come te”.
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“Lei è Iuva, cuoca incerta e infallibile tiratrice di coltelli” Iuva alzò gli occhi e solo in quel momento Olga si accorse che erano velati.
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“Lei è Imhe! Significa ‘sogno’.” Imhe camminava sul filo dell’orizzonte. Una sottile linea d’oro univa i due speroni della baia, dividendo in due il sipario grigio sullo sfondo: il cielo dal mare. Su quella linea, sotto l’immensa volta plumbea, la bella Imhe avanzava muovendo l’ombrellino. […] Avanzava danzando sulle note di una musica silenziosa; eppure Olga era sicura di udirla: era una melodia densa e appassionata, trascinante, come le onde del mare.
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Gli orecchi piccoli e rotondi, il testone bruno reclinato da un lato, le spalle basse di chi si sente un po’ giù… A Olga ricordò un peluche che stava sul suo letto quando lei era piccola. Smise d’averne paura e fu assalita da una gran voglia di abbracciarlo.
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vide un coniglio. O meglio, pensò, un signor coniglio: il tizio vestiva una camicia di lino azzurra e sul capo, fra le lunghe orecchie, portava un cappello con visiera. Era piuttosto alto, per un coniglio, e fumava il sigaro. Non staccava mai gli occhi dal giornale che stava leggendo.
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“La mia cassetta delle lettere è sempre piena” la maga indicò la pila di buste sul tavolo. Scrivono per avere una magia. Chiedono di non essere più derisi per ciò in cui credono, di non essere più soli, di diventare più intelligenti e colti, o ricchi; domandano d’essere più snelli, o di essere più belli, più alti, più mori, più biondi, o almeno non immondi […]
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“Bene allora, vediamo: tu che dote hai? Rispondi a questa domanda e avrai superato la prima prova. Hai un mese di tempo per scoprirlo. Inoltre, poiché una bambina di carta smetterà di esistere, vorrei essere sicura che un’altra ce ne sia a questo mondo, per non rimanere senza. Perciò dovrai portarmi un’altra come te. Questa sarà la tua seconda prova”.
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No, non sono una bambina normale… e poi, diciamocelo, normale come?
“E così hai scoperto di essere unica al modo”. Olga trasalì. Come suonava diverso detto in quel modo. Unica al mondo. Lei si era sempre sentita diversa, strana, sbagliata, inadatta, brutta. Mai unica al mondo! Unica al mondo le piaceva”
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Published: Nov 9, 2016
Latest Revision: Nov 25, 2016
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bellissimo !!!!!!
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Grazie!