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Secondo il provvedimento legislativo del 2003, i comuni italiani sono stati classificati in 4 categorie principali, in base al loro rischio sismico, calcolato in base al PGA (Peak Ground Acceleration, ovvero picco di accelerazione al suolo) e per frequenza ed intensità degli eventi. La classificazione dei comuni è in continuo aggiornamento man mano che vengono effettuati nuovi studi in un determinato territorio, venendo aggiornata per ogni comune dalla regione di appartenenza.
- Zona 1: sismicità alta, PGA oltre 0,25 g. Comprende 708 comuni.
- Zona 2: sismicità media, PGA fra 0,15 e 0,25 g. Comprende 2.345 comuni (in Toscana alcuni comuni ricadono nella zona 3S che ha lo stesso obbligo di azione sismica della zona 2).
- Zona 3: sismicità bassa, PGA fra 0,05 e 0,15 g. Comprende 1.560 comuni.
- Zona 4: sismicità molto bassa, PGA inferiore a 0,05 g. Comprende 3.488 comuni.
Tra esse la zona 1 è quella di pericolosità più elevata, potendosi verificare eventi molto forti, anche di tipo catastrofico. A rischio risulta anche la zona 2 (e zona 3S della Toscana), dove gli eventi sismici, seppur di intensità minore, possono creare gravissimi danni. La zona 3 è caratterizzata da una bassa sismicità, che però in particolari contesti geologici può vedere amplificati i propri effetti, come nel caso del terremoto di Tuscania del 1971 (il comune è classificato in tale zona). Infine, la zona 4 è quella che nell’intero territorio nazionale presenta il minor rischio sismico, essendo possibili sporadiche scosse che possono creare danni con bassissima probabilità.
La normativa precedente sulle costruzioni in zona sismica (D.M. LL.PP. 16 gennaio 1996) suddivideva il territorio nazionale nelle seguenti zone sismiche:
- zona di I categoria (S=12)
- zona di II categoria (S=9)
- zona di III categoria (S=6)
- zona non classificata.
Il D.M. 14 gennaio 2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni) ha introdotto una nuova metodologia per definire la pericolosità sismica di un sito e, conseguentemente, le azioni sismiche di progetto per le nuove costruzioni e per gli interventi sulle costruzioni esistenti. Il territorio nazionale è stato suddiviso mediante una maglia di punti notevoli, al passo di 10 km, per ognuno dei quali sono noti i parametri necessari alla costruzione degli spettri di risposta per i diversi stati limite di riferimento (tra i quali, la già citata PGA). Mediante un procedimento di interpolazione tra i dati relativi ai quattro punti del reticolo più vicini al sito in esame, è possibile risalire alle caratteristiche spettrali specifici del sito stesso, necessari come dati di input per la progettazione strutturale. Tra le critiche avanzate rispetto alla metodologia descritta, si evidenziano le seguenti:
- eccessiva complessità del metodo, rispetto alla modellazione di un fenomeno che, ad oggi, è caratterizzata da un elevato grado di aleatorietà e convenzionalità;
- possibili incongruenze tra la “vecchia” classificazione (O.P.C.M. 3274), tuttora vigente ai fini amministrativi, e la nuova metodologia di calcolo dell’azione sismica. Ad esempio, in alcuni comuni precedentemente classificati in zona 4, la PGA calcolata secondo il D.M. 14 gennaio 2008 supera 0,05 g.
In seguito alla nuova classificazione, tutte le regioni italiane (compresa la Sardegna) risultano a rischio sismico. In tutto il territorio nazionale vige quindi l’obbligo di progettare le nuove costruzioni e intervenire sulle esistenti con il metodo di calcolo semiprobabilistico agli stati limite e tenendo conto dell’azione sismica. Limitatamente alle costruzioni ordinarie presenti nei siti ricadenti in zona 4, per le costruzioni di tipo 1 e 2 e di classe d’uso I e II, la norma consente l’utilizzo della “vecchia” metodologia di calcolo alle tensioni ammissibili di cui al D.M. 16 gennaio 1996, ma obbliga comunque a tenere conto dell’azione sismica con l’assunzione di un grado di sismicità convenzionale S=5.