WOMAN IN WRITING
Gender equality is not only a fundamental human right, but a necessary foundation for a peaceful, prosperous and sustainable world.
There has been progress over the last decades: More girls are going to school, fewer girls are forced into early marriage, more women are serving in parliament and positions of leadership, and laws are being reformed to advance gender equality.
Despite these gains, many challenges remain: discriminatory laws and social norms remain pervasive, women continue to be underrepresented at all levels of political leadership, and 1 in 5 women and girls between the ages of 15 and 49 report experiencing physical or sexual violence by an intimate partner within a 12-month period.
Mary Wollstonecraft was a renowned women’s rights activist who authored A Vindication of the Rights of Woman, 1792, a classic of rationalist feminism that is considered the earliest and most important treatise advocating equality for women.
Frankenstein is Mary Shelley’s masterpiece and it is not only a novel but it also contains themes which continue to remain relevant today. They encourage readers to think about some of the big issues which all humans face.
Social prejudice in Frankenstein
Prejudice and its effects are traced by Shelley in the novel and are centred on the experiences of the Monster. Rejected by his creator and everyone else he encounters, the Monster soon finds itself despised and alone in the world. It withdraws into a state of isolation and utter misery but this in turn leads to the development of an intense hatred and a desire for revenge. The central wrongdoer in its eyes is its creator, Victor.
How is gender portrayed in Frankenstein?
Victor’s scientific and technological exploitation of female nature is only one way in which the novel consistently represents the female as passive and able to be possessed, the willing receptacle of male desire. Victor’s usurpation of the natural mode of human reproduction implies a kind of destruction of the female.
What role does gender play in Frankenstein?
The male characters are ambitious and self-centered while the female characters are self-sacrificing and docile. The main protagonist Victor Frankenstein represents patriarchal belief and is incapable of any feminine attributes which leads to the demise of everyone he cares for, and himself.
How does Frankenstein relate to feminism?
In the context of Mary Shelley’s biography and prose style, the theme and structure of Frankenstein indicate that, in addition to being an esteemed work of gothic horror, the novel is a feminist birth myth: a perverse story of maternity and a scathing critique of patriarchal dominance over the feminine.
HEDY LAMARR
Nata nel 1914 e morta nel 2000, oltre ad essere una diva del cinema e la prima attrice ad interpretare una scena nuda fu anche una grande inventrice. L’ex studentessa di ingegneria ha sviluppato un sistema di guida a distanza per siluri. Il brevetto consiste in un sistema di modulazione per la codifica di informazioni da trasmettere su frequenze radio, verso un’entità che li riceverà nello stesso ordine con il quale sono state trasmesse. La sua invenzione contribuì in modo decisivo alla sconfitta dei nazisti ed è alla base di tutte le tecnologie di comunicazione senza fili che usiamo oggi, dal wi-fi al Gps.
GRACE MURRAY HOPPER
Nata nel 1906 e morta nel 1992, questa donna esile e minuta fu una brillante matematica, informatica ed anche una militare statunitense. A Grace la storia dell’informatica deve molto, in quanto fra le tante cose, il suo ruolo fu essenziale nella programmazione del COBOL, linguaggio adoperato ancora oggi in software commerciali di tipo bancario. A Grace dobbiamo anche l’utilizzo del termine bug per definire un malfunzionamento di un computer, e le relative operazioni di debugging.
ADA BYRON LOVELACE
figlia del noto poeta inglese George Byron. La madre, terrorizzata dall’idea che potesse percorrere la carriera di poetessa come il padre, la fece studiare matematica. È considerata una delle prime menti dell’informatica moderna nonché “madre dei computer” e prima programmatrice della storia, poiché nel 1843 scrisse il primo programma per computer della storia: infatti studiando la macchina analitica di Babbage (un marchingegno meccanico in grado di fare calcoli), arrivò ad elaborare un algoritmo capace di generare i numeri di Bernoulli. Fu il primo algoritmo pensato espressamente per una macchina.
LA DONNA E LO SPORT
Carta dei principi dello sport per tutti
La “Carta dei principi dello sport per tutti”, redatta nel dicembre del 2002, recita nel suo primo articolo: “Praticare lo sport è un diritto dei cittadini di tutte le età e categorie sociali”.
Tuttavia Lo sport è da sempre un mondo maschile e maschilista e le donne hanno dovuto faticare per conquistarsi il proprio spazio anche in ambito sportivo.
La donna nello sport: evoluzione
La storia dello sport tuttavia è stata a lungo caratterizzata da una netta predominanza maschile e il campo delle attività sportive è, a tutt’oggi, segnato da profonde differenze di genere: gli uomini partecipano più delle donne alla pratica sportiva e, al contempo, gli sport maschili sono più rilevanti sia economicamente sia culturalmente.
Lo sport un tempo veniva collegato ai concetti di forza e fatica che male si abbinavano alle donne, da sempre legate all’idea di grazia e gentilezza. Per poter coniugare lo sport al femminile dobbiamo aspettare il 1800, quando nei palazzi inglesi e francesi le nobildonne iniziarono a cimentarsi in giochi di movimento.
Il concetto di sesso debole nello sport
Troppo deboli, troppo emotive e poco competitive: in tema di donne sportive e stereotipi sono queste le tre caratteristiche spesso attribuite al “gentil sesso”. Anche se da qualche decennio, precisamente tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, le donne hanno cominciato a ritagliarsi un ruolo importante in discipline sportive prima a loro “estranee”, praticate in esclusiva dagli uomini, proseguendo sul lungo percorso di emancipazione femminile nello sport.
Nonostante queste evidenti differenze, per molto tempo le scienze sociali non si sono interrogate sulle disuguaglianze di genere in relazione alla pratica sportiva. Le differenze tra il coinvolgimento maschile e quello femminile nello sport venivano riportate a differenze originarie e naturali fra maschi e femmine: forti, competitivi e attivi i primi; deboli, remissive e passive le seconde. In altri termini, sportivi i primi, sedentarie le seconde. L’argomentazione che gli sport sono un terreno naturale per i maschi, date le loro caratteristiche fisiche, è ancora ampiamente condivisa nelle nostre società.
L’epoca della svolta
Tra gli anni Settanta e Ottanta si sono diffuse in Occidente discipline come l’aerobica e il fitness grazie ai movimenti femministi che, tra le altre cose, determinarono una svolta nella considerazione del corpo femminile.
Questi sono gli anni in cui Sara Simeoni si distinse come altista, detenendo il primato, lungo ben 36 anni dal 1971 al 2007, di 2,01 metri nel salto in alto. Era il 1980 quando vinse le Olimpiadi di Mosca.
Martina Navratilova, tennista ceca naturalizzata statunitense, è ancora oggi considerata una delle migliori tenniste di tutti i tempi. Inserita nella International Tennis Hall of Fame nel 2000, detiene record assoluti, sia a livello femminile sia maschile. Ha vinto ben 59 prove nel Grande Slam ed è l’unica al mondo ad aver primeggiato in tutte le specialità del torneo: un talento da vera fuoriclasse.
Oggi, la donna può praticare tutti gli sport che vuole, ma in certi Stati, in Oriente per esempio, la donna non ha gli stessi diritti dell’uomo, essendo obbligata a portare ancora il velo, e gli si vieta anche di partecipare alle competizioni sportive. Per una donna lo sport è benefico, ha molte influenze positive per la sua salute, per il suo stato d’animo. Il ritratto di una donna che pratica lo sport è molto positivo: è allegra, forte, ottimista, decisa a vincere.
Il vero e proprio passo verso la parità
Solo con il calcio femminile, in Italia, stanno lanciando i primi segnali del processo si parità di sessi. La crescita c’è e non si fermerà, soprattutto dopo che diverse società professionistiche hanno deciso di investire in maniera consistente nelle proprie squadre femminili. Club come Juventus, Fiorentina, Milan e Inter non hanno esitato a concentrare i propri sforzi per sviluppare un settore femminile all’altezza. Il potenziale economico e tecnico del calcio femminile non è più un mistero e l’ingresso in club così importanti promette sviluppi e cambiamenti essenziali in modo celere. La strada verso il professionismo ora appare meno in salita.
L’APPARATO SESSUALE MASCHILE
L’apparato riproduttore dell’uomo ha la funzione di produrre gli spermatozoi che vengono prodotti in due organi, i testicoli, che sono racchiusi in una specie di sacca chiamata scroto. Due sottili canali portano gli spermatozoi fino al pene. Quest’organo consente ai gameti maschili di passare dal corpo dell’uomo a quello della donna durante il rapporto sessuale.
L’APPARATO SESSUALE FEMMINILE
L’apparato riproduttivo della donna produce le cellule uovo e quando avviene la fecondazione nutre il nuovo essere vivente. Le cellule uovo sono prodotte in due organi ,le ovaie, Ciascuna di queste è in contatto con la tuba di Falloppio, che termina in un organo muscoloso ed elastico di forma triangolare: l’utero. La parte bassa dell’utero è chiusa da un muscolo ad anello, la cervice, che lo separa da un canale chiamato vagina che termina con un’apertura, la vulva.
“DIFFERENZE FISICHE”
e
“DIFFERENZE DI GENERE”
Diversi scienziati ritengono che esistano evidenti disparità anatomiche tra il cervello femminile e quello maschile, nei lobi e in molte regioni cognitive come l’ippocampo, l’amigdala e la corteccia. C’è chi ritiene che queste teorie esaltino troppo le differenze dei cervelli maschile e femminile, al punto di creare quasi due specie distinte: lui e lei. Chi contrasta questa ipotesi ritiene invece che, da un punto di vista scientifico, questa differenza tra il cervello maschile e quello femminile non influisce sul modo di ragionare dell’individuo, dimostrando che non c’è alcuna differenza cognitiva tra i due sessi.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI
La Dichiarazione universale dei diritti umani che è stata approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, nel dicembre 1948 è il risultato del lungo cammino dell’uomo verso la libertà. Adesso la libertà ha innalzato la dignità umana ma nel corso degli anni la libertà fu intesa in vari modi poiché la natura ha subito un’evoluzione che trova nell’uomo il suo compimento, mediante il principio della propria razionalità e libertà. Ad esempio con l’Illuminismo la libertà è stata esaltata, diventando così la condizione universale di tutti gli uomini, in quanto cittadini del mondo, senza alcuna distinzione di razza, sesso, e classe sociale. La libertà che era invece intesa nella concezione cristiana del medioevo era una libertà concentrata sulla possibilità di scelta tra il bene e il male al contrario nella riforma protestante l’uomo sostanzialmente non era libero in quanto completamente suddito di Dio.
I diritti umani sono quindi il prodotto della civiltà umana in quanto sono diritti storici e quindi mutevoli. Nuove esigenze e la conquista di nuovi valori fanno sorgere nuovi diritti fondamentali. I diritti umani, seppur dall’essenza universalista, hanno un’evoluzione legata alle esigenze sociali. Il contributo marca il passaggio dall’indivisibilità all’interdipendenza dei diritti umani.
La prima traccia storica di affermazione scritta dei diritti umani, si trova nella Magna Charta Libertatum, comunemente chiamata Magna Carta (1761), accettata il 15 giugno 1215 dal re Giovanni d’Inghilterra a Runnymede, nei pressi di Windsor. Redatta dall’Arcivescovo di Canterbury per raggiungere la pace tra l’impopolare re e un gruppo di baroni ribelli. Essa prometteva la tutela dei diritti della chiesa, la protezione dalla detenzione illegale, la disponibilità di una rapida giustizia e, soprattutto, introduce delle limitazioni in materia di tassazione e altri pagamenti feudali alla corona, con alcune forme di tassazione feudale che richiesero il consenso baronale. La Carta vantava la promozione di diritti libertari per gli uomini, in particolare per i baroni. Tuttavia, anche i diritti dei servi vennero presi in considerazione negli articoli 16, 20 e 28. Successivamente, nell’epoca del Rinascimento e dell’Umanesimo, in tutta Europa si susseguirono rivolte e ribellioni contro l’autorità dei moderni Stati allora in formazione. Sono ravvisabili tre principali punti di rottura storici:
la Rivoluzione inglese;
la Rivoluzione americana;
la Rivoluzione francese.
⁃ Nella Rivoluzione inglese, sotto il profilo che a noi interessa, non fu una vera cesura col passato, anzi, i diritti proclamati dagli inglesi, nella Petition of Rights (1628) prima e nel Bill of Rights (1689) poi, prendevano le mosse dalla tradizione, vale a dire la Magna Charta del XIII secolo.
⁃ Anche la Rivoluzione americana, pur tenendo conto delle sue peculiarità, costituisce un momento di continuità rispetto al passato, perché gli americani fondarono i loro diritti sempre sulle libertà proclamate dalla Magna Charta.
⁃ La vera rottura col passato fu realizzata con la Rivoluzione francese. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 costituì una frantumazione totale dell’ordine sociale e politico precedente, il vero spartiacque sociale e giuridico tra l’età moderna e quella contemporanea
Il punto in comune di queste rivoluzioni fu appunto quello della positivizzazione dei diritti fondamentali, attuando così il passaggio dai diritti dell’uomo in quanto tale ai diritti del cittadino di uno Stato. Abbiamo poi avuto il processo di internazionalizzazione per poi arrivare alla Dichiarazione universale dei diritti umani nel 1948.
Tale dichiarazione rappresenta un importante passo in avanti: l’individuo non è più visto solo come un semplice suddito o cittadino, ma viene considerato un “uomo” nella sua essenza e, in quanto tale, a questo vengono attribuiti dei diritti inalienabili e uguali per tutti.
Art. 1 – Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Pur ammettendo una certa distinzione sociale, l’importanza del primo articolo della Dichiarazione è evidente, ed è un valido tentativo di abbattere le disuguaglianze.
Art. 9 – Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge.
Anche l’articolo 9 è da considerare come un passo in avanti nella lotta alle disparità sociali. Quel principio di presunta innocenza, fortemente proposto da Cesare Beccaria, qui viene sancito come uno dei principi cardine sulla quale si deve formare una società ideale.
dal punto di vista giuridico gli articoli:
Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.
Articolo 11
Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
Se da un lato la stipulazione della Dichiarazione del 1948 rappresenta sicuramente una vittoria, dall’altro fa riflettere sulla necessità, e quindi sul bisogno, di dover tornare a ribadire diritti che già da tempo dovevano essere stati applicati a pieno.
Da ciò si può facilmente dedurre che quanto espresso nella Dichiarazione non è sempre stato applicato con rigore e questo ha portato e porta ancora oggi, a disuguaglianze sotto molti aspetti pure della vita quotidiana.
Sicuramente la donna nel corso del tempo rispetto all’uomo ha dovuto combattere molte battaglie che tutt’oggi sono ancora in corso per raggiungere pari diritti dell’uomo.
La donna in passato era considerata inferiore rispetto all’uomo soprattutto dal punto di vista dell’istruzione: le donne infatti non avevano la possibilità di studiare, di imparare poiché il ruolo della donna era finalizzato esclusivamente nelle faccende domestiche e di accudimento della famiglia. Sicuramente però non dobbiamo dimenticare che durante questi anni noi donne siamo riuscite a conquistare numerosi diritti che ci permettono oggi di agire e di essere libere quasi quanto gli uomini.
Nel 1946 si aprì per le donne italiane il percorso di partecipazione attiva alla vita politica, ciò non fu uguale in tutto il mondo poiché Nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sancisca il suffragio universale fin dal 1948, in Arabia Saudita solo dal 2015 le donne partecipano al voto e solo nelle elezioni comunali: le resistenze culturali sono ancora molte.
Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi era nata infatti l’8 luglio 1593 a Roma. Figlia di Orazio Gentileschi, pittore pisano di stampo manierista che però si era trasferito a Roma assorbendo in pieno l’influenza di Caravaggio, la giovane Artemisia si avvicinò fin da piccolissima alla pittura, in particolare dopo la morte della madre nel 1605.Filtrata attraverso le opere del padre, la ragazza assorbì ben presto la lezione del realismo caravaggesco a cui secondo alcuni affiancò la conoscenza del linguaggio della scuola bolognese: Susanna e i vecchioni del 1610, realizzato a soli 17 anni (forse con qualche aiuto paterno) è considerata la sua prima opera compiuta, che già annuncia un talento ben definito, ma nel 1612 seguì già Giuditta che decapita Oloferne, ritenuto uno dei suoi capolavori. Nel pieno del suo apprendistato, quando Orazio la mise a bottega dal pittore Agostino Tassi, accadde un evento che segnò indelebilmente la sua vita personale e artistica: nel 1611 Tassi la violentò in modo brutale, come la stessa Gentileschi ricordò nei suoi diari (“Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto…”). Ne seguì un processo pubblico e molto chiacchierato, in cui paradossalmente la stessa vittima fu torturata per farle ribadire la verità della propria denuncia: Tassi fu poi condannato anche se la reputazione e soprattutto l’equilibrio psicofisico di Gentileschi furono minati per sempre.
Sposatasi in fretta con un pittore assai modesto, Pierantonio Stiattesi, la donna lasciò nel 1612 Roma per Firenze, dove approfittò di un clima culturale molto fertile, frequentando Michalangelo Buonarroti il giovane (scrittore, pronipote dell’artista Michelangelo) e Galileo Galilei. Nel 1616 fu addirittura ammessa, prima donna nella storia, alla prestigiosa Accademia del disegno fiorentina. Tornata a Napoli, morì nel 1653, dopo un ultimo periodo di grande attività.
Sophie Germain
Marie-Sophie Germain, nata a Parigi il 1 aprile 1776, è tutt’oggi considerata un’icona del movimento femminista in quanto si affermò nel campo della Matematica in un periodo in cui, nell’ambito scientifico, vigeva ancora una rigida discriminazione sessuale.
Sophie Germain crebbe così nel pieno della rivoluzione francese e gli ideali rivoluzionari la segnarono nelle scelte future. L’incontro con la Matematica avvenne all’età di 13 anni. Sophie Germain rimase talmente attratta dalla Matematica che studiò interamente le opere scientifiche di Eulero e Newton. I genitori, inizialmente contrari ad assecondare le volontà della figlia, le assegnarono un tutore privato che le permettesse di proseguire i suoi studi matematici. Malgrado ciò Sophie Germain non era soddisfatta degli studi che svolgeva e desiderava frequentare l’Università, che all’epoca era interdetta alle donne. Decise così di iscriversi all’École Polytechnique usando il nome maschile di Antoine-August Le Blanc. Potè studiare autonomamente sulle dispense dei corsi senza però frequentare, per non essere scoperta.
Lagrange, all’epoca docente all’École, rimase colpito dalla bravura di Le Blanc tanto da volerlo conoscere e fu così che Sophie Germain dovette rivelare la sua vera identità. Lagrange si complimentò e la spronò a continuare negli studi. Sotto la sua guida, Sophie Germain si dedicò allo studio della Matematica più avanzata, in particolare della Teoria dei numeri e dell’ultimo teorema di Fermat.
Sophie Germain si dedicò alle vibrazioni delle superfici elastiche e, con l’aiuto di Lagrange, ottenne la soluzione corretta del problema della piastra. Questa soluzione però, a causa del maschilismo imperante, passò alla storia come equazione differenziale di Lagrange e solo recentemente viene citata come equazione di Germain-Lagrange.
Sophie Germain morì a Parigi il 27 giugno 1831.
Mileva Marić
Nata a Titel, in Serbia da una famiglia benestante, fin da bambina dimostra una spiccata intelligenza, una grande curiosità e una passione per la matematica e le scienze naturali. Il padre Miloš è una figura determinante nella prima parte della sua vita, è lui che la incoraggia ad andare in Svizzera, dove le donne, potevano iscriversi all’università. A Zurigo si diploma e nell’estate del 1896, supera l’esame di ammissione al Politecnico, prima matricola donna del corso di matematica e fisica. La sua carriera universitaria è tuttavia complicata, in quanto Mileva è donna, è intelligente, indipendente e interessata a materie all’epoca riservate agli uomini. Nel 1898, a Zurigo e inizia il suo terzo anno al Politecnico e si innamora di Albert Einstein.
Albert e Mileva condividono due grandi passioni, la fisica e la musica. I due diventano inseparabili, sono una coppia nella vita e nello studio. Mileva e Albert si sposano solo nel 1903, dopo la morte del padre di Einstein, che ostacolava il loro matrimonio. In questo il periodo felice della loro vita, nascono le opere fondamentali dello scienziato sulla teoria della relatività, con le quali Einstein ha modificato la teoria della relatività galileiana e ha cambiato il nostro concetto di tempo e di spazio.
Nel 1921 Eistein riceve il premio Nobel per la fisica e Marić constata con amarezza di essere stata completamente esclusa dalla ricerca scientifica del marito, che lascia a lei il premio in denaro, ma non cita il suo nome nemmeno come riconoscimento per il lavoro e gli studi svolti insieme.
Sembra che Eistein dopo il Nobel avesse distrutto tutti i i documenti di lavoro a firma di entrambi.
Nel 1948, all’età di 73 anni, dopo un ictus, Marić muore e viene sepolta al cimitero di Zurigo, dove solo nel 2009 le è stata dedicata una tomba commemorativa.
JOHN LOCKE
John Locke è il fondatore del liberalismo, quella corrente secondo cui l’uomo cede allo Stato una parte della sua persona e della sua libertà e non tutto sé stesso, come vuole il totalitarismo, secondo cui lo Stato ha come compito primario quello di garantire i diritti fondamentali dell’ individuo i quali, secondo Locke, esistono già in natura.
Si definisce lo stato di natura come un contesto sociale regolato dal costume e da leggi divine, in cui sono riconosciuti i diritti naturali dell’uomo: il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà. L’ uomo si unisce ad altri suoi simili in società, per potenziare i diritti di cui gode già nello stato di natura, perché lo Stato ha la possibilità di tutelare meglio i suoi diritti attraverso le leggi. L’autorità nasce dal contratto sociale. E’ semplicemente una delega con la quale i cittadini affidano la loro difesa ad un’autorità. Di conseguenza, questa sarà legittimata quando farà uso dei propri poteri per il benessere dei cittadini. Spesso il liberalismo si associa all’individualismo e si fa garante della difesa dei diritti individuali contro l’oppressione della collettività, soprattutto quelli di libertà, proprietà, vita, parola, di associazione.
JEAN-JACQUES-ROUSSEAU
Il Contratto sociale, trattato filosofico-politico di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), risponde alle questioni sollevate nei due famosi Discorsi del filosofo ginevrino, quello Sulle scienze e sulle arti e quello Sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini: l’obiettivo di Rousseau è quello di definire un modello politico di società che garantisca la costituzione di uno Stato democratico e assicuri la tutela della libertà individuale di ciascuno.
Rousseau presuppone che l’individuo non abbia alcun diritto se non come cittadino di uno Stato e che tale appartenenza si deve e si può realizzare solo sul piano di un’associazione di persone, che sono poste su un piano d’uguaglianza piena e completa. L’individuo, nella teoria politica di Rousseau, non è quindi dipendente e sottomesso ad un altro individuo, cui ha ceduto tutti o parte dei suoi diritti, ma è un membro di un corpo politico – Rousseau lo definisce un “io comune” – che si fa garante dei diritti e delle libertà individuali.
Tale natura associativa del contratto mira a risolvere la condizione di ineguaglianza che si è instaurata tra gli uomini.
La dipendenza reciproca dei cittadini non deve essere una costrizione ma una condizione d’indipendenza di ciascuno rispetto agli altri, entro la quale avere la possibilità di realizzare i propri fini. Questo tipo di soluzione è resa possibile dalla clausola dell’alienazione: sottoscrivendo il patto sociale ciascun individuo acconsente alla propria alienazione totale, a “garanzia che alla condotta giusta di ciascuno non corrisponda l’ingiustizia degli altri, una garanzia di reciprocità del rispetto del contratto stesso” . In questo modo, eliminando alla radice le ineguaglianze di potere, l’alienazione attribuisce la totale unità politica alla società.
Published: May 11, 2022
Latest Revision: May 11, 2022
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