L’Abruzzo regala TANTISSIMI paesaggi tra cui la PIANA DEL FUCINO, una conca appenninica tagliata da strade disposte come il cardo e il decumano delle città Romane.
Un tempo era tutto sommerso da un lago, il LAGO DEL FUCINO, il terzo lago più grande d’Italia e il parco naturale regionale Sirente-Velino.
A 800 metri di altitudine, si erge CELANO uno dei centri più popolosi dell’intera Marsica da dove i pastori si conducevano con i loro greggi verso la Puglia.
Il regio tratturo Celano-Foggia divenne una delle vie di transumanza più trafficate, lunga 200 km e attraverso Abruzzo, Molise e Puglia.
La TRANSUMANZA è un lungo cammino che i pastori abruzzesi facevano a partire a fine settembre e si rientrava l’8 di maggio che coincide con l’apparizione sul Monte Gargano di San Michele Arcangelo.
La nostalgia per la propria terra d’origine è il motivo ispiratore di questa famosa lirica in cui il poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio rievoca la sua terra ritraendola in uno dei momenti più suggestivi: la transumanza, cioè la migrazione dei pastori che in autunno lasciano i pascoli montani della loro regione e si spostano più a sud, verso le pianure pugliesi, per passare l’inverno.
I PASTORI
“Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti...”
Tratturelli, bracci e riposi
Da millenni gli spostamenti dei pastori e degli animali sono avvenuti attraverso le lunghe vie ERBOSE chiamate prima tractoria poi tratturi.
Alle vie erbose principali erano collegati una serie di tratturelli e di bracci, essi erano finalizzati ai brevi spostamenti interni. Notevole importanza avevano le vaste aree denominate riposi.
I maggiori riposi erano dislocati lungo i tratturi e situati in aree dove le greggi potevano trovare pascoli.
Al vertice della società armentaria era posto il massaro, i cui poteri quasi limitati, lo ponevano al pari del padrone. Buttero e Buttacchieri provvedevano alla custodia ed alla manutenzione generale dei locali di ricovero per i pastori veri e propri o pecorari, ai quali spettava il compito di condurre le greggi al pascolo. Infine nella gerarchia dell’azienda venivano i quatrani, addetti ai lavori più umili della masseria ed alla cura dei cani.
Scopriamo un po’ di storia
Le origini di Celano risalgono all’età del Paleolitico, come testimoniano ritrovamenti storici avvenuti in località antiche.
Il nome “Celano” probabilmente deriva dal latino “vicus Caelanus” (il villaggio di Celanus). I primi insediamenti si collocano circa 150.000 anni fa nella vasta piana del Fucino con uomini nomadi. Subito dopo, con le invasioni barbariche e gli straripamenti del lago, il paese si arroccò sul Monte Tino.
Nel 1223 Federico II assedia la città di Celano e nel 1224, Enrico di Morra, sotto ordinazione dell’imperatore, raccoglie più della metà della popolazione che viene deportata nell’isola di Malta da cui si libererà poi nel 1227.
Celano verrà poi ricostruita nel posto dove adesso si trova il Castello Piccolomini, Colle di San Flaviano.
Circa un secolo dopo inizia la costruzione del Castello di Celano e il conte, Pietro Berardi, fa costruire la Chiesa di Sant’Angelo.
Le dinastie regnanti
Ai Berardi si attribuisce la costruzione di vari monumenti celebri.
Con gli Acclozamora riprese la costruzionedel castello completando vari piani.
A sconvolgere la situazione, arrivarono i Piccolomini con un grande contributo architettonico, e in loro onore il castello fu nominato “Castello Piccolomini”.
Successivamente la contea passò ai Savelli.
Infine, prima dell’abolizione murattiana dei feudi nel 1806, la contea fu guidata dagli Sforza-Cesarini e poi Sforza-Cabrera-Bovadilla…
Il prosciugamento del Lago del Fucino
Lago del Fucino, terzo lago più esteso d’Italia, siamo nella seconda metà del 1800.
Il prosciugamento fu tentato più volte, il primo a provarci fu Gaio Giulio Cesare intorno al 40 d.C., ma morì, fu quindi Tiberio Claudio Durso a continuare l’impresa per ben 11 anni, completando una galleria che poteva prosciugare parzialmente le acque.
Finita questa costruzione si organizzò la naumachia (combattimento navale), e si aprì una diga ma l’acqua non scolò a causa di una frana; cade l’impero Romano.
Negli anni saranno molti i tentativi per restaurare le opere claudiane, ricordiamone alcuni: Federico II di Svevia, Alfonso I d’Aragona, Filippo I Colonna, che abbandonò l’idea per mancanza di denaro, Carlo III di Spagna e Ferdinando IV re di Napoli.
Nel 1852 capitalisti stranieri, guidati da Augusto d’Ajour, Enrico Degas e Rodolfo Tortora, conclusero un contratto che gli permetteva il prosciugamento e la proprietà delle terre che saranno poi scoperte. Il Regno delle Due Sicilie, non poteva permettersi queste spese, quindi decisero che l’azione poteva essere compiuta solo da un’impresa privata. Questa società fu instaurata il 2 Giugno 1853, con l’intervento della Banca Degas di Napoli e l’interessa di Alessandro Torlonia che diventò poi proprietario. Ricordiamo una sua frase molto celebre:” O io asciugo il Fucino o il Fucino asciuga me.” Torlonia fa costruire l’Emissario Torlonia e il 9 Agosto 1862 l’acqua inizia a scorrere fino al 30 Settembre 1863, abbassando il lago di 4,25 metri.
28 Agosto 1865-30 Aprile 1868: secondo scolo, altri 7,72 metri; 21 Gennaio 1870-21 Gennaio 1873: terzo scolo; 1° ottobre 1878: dichiarazione del prosciugamento del lago del Fucino da Alessandro Torlonia.
Il Brigantaggio
Il generale spagnolo José Borges fu inviato da re Francesco II di Borbone per riconquistare il Regno delle Due Sicilie dopo l’Unità d’Italia.
Il piccolo contingente fedele a Borges inizia la ritirata verso il confine pontificio attraverso il Regio Tratturo Celano-Foggia. Egli da Roccaraso attraversa l’altopiano delle Cinquemiglia e scende a Roccavalleoscura (Rocca Pia), Pettorano sul Gizio, lambisce Sulmona e salito la costa Raiano attraversa Goriano Sicoli per arrivare da lì a Forca Caruso.
A Forca si dirige sempre camminando lungo il tratturo verso Collarmele, passa sotto Cerchio ed Aielli, e nel territorio di Celano si ferma a mangiare nella taverna di Quatranelle.
La Taverna Anticamente
La taverna anticamente, era di proprietà del cardinal Montalto, all’epoca dei fatti era del duca Francesco Sforza Bovadilla ed era gestita da Pasquale Ranalletta di Celano.
Rifocillato il contingente borbonico, acconsentì che il figlio Luigi facesse da guida per raggiungere il prima possibile il confine dello Stato Pontificio. Borges, giunto quasi al confine tra l’Abruzzo e il Lazio, ordinò ai suoi uomini di fare una sosta durante la fredda e nevosa notte tra il 7 e l’8 dicembre 1860 a Sante Marie, presso la cascina Mastroddi, in località La Luppa. Questa decisione si rivelò fatale:il generale e il suo drappello vennero braccati dai bersaglieri sabaudi comandati dal maggiore Enrico Franchini, informati del loro arrivo da alcune persone del posto.
Leonardo Da Vinci e Celano
Sono passati 500 anni dalla morte di da Vinci. Anche se in molti lo ignorano è bene ricordare che Leonardo da Vinci, ancor prima che essere un artista, era un ingegnere. Era il maggio del 1499 e Leonardo aveva da poco terminato la sua permanenza a Milano, dove si era congedato da Ludovico il Moro. Paolo Trivulzio, un suo amico milanese che faceva il mercante di stoffe, gli propose di accompagnarlo in uno dei suoi viaggi in Abruzzo, dove l’uomo si recava spesso per acquistare la lana dell’Aquila, all’epoca considerata la più
pregiata sul mercato, tessuta sugli altipiani abruzzesi. Durante quel viaggio Leonardo visitò anche Sulmona, che qualcuno ha riconosciuto in uno dei bozzetti conservati nella “Royal Collection” di proprietà di sua maestà la regina Elisabetta II, insieme a dei disegni di montagne in cui si vedono i rilievi montuosi del Morrone e della Majella, ma anche quelli del Gran Sasso. Tutto ciò si ricollega con Celano dal Codice Lauri, uno dei tre manoscritti apografi del “Trattato della Pittura” di Leonardo da Vinci, sembra che sia redatto
proprio su carta della cartiera di Celano.
Uno studio recente ha identificato nel disegno conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze un paesaggio con il borgo di Celano affacciato sul lago del Fucino.
Il bozzetto, datato 5 agosto 1473, è conosciuto come il “primo disegno” di Leonardo ritoccato dal maestro con inchiostro differente e realizzato su carta non filigranata di buona qualità. Il bozzetto leonardiano assume un valore particolare di testimonianza del precedente soggiorno di Leonardo in Abruzzo, a Celano e nel Fucino, intrapreso tra luglio e agosto del 1473.
Secondo la ricostruzione, il luogo da cui Leonardo osservò Celano e il lago del Fucino avrebbe dovuto trovarsi lungo l’itinerario di Ovindoli, direttrice che l’artista dovette percorrere nel suo avvicinamento al bacino lacustre.
Celano e i culti scomparsi
Nella nostra Celano antica, all’interno della città fortificata sul Monte Tino vivevano circa 2000 persone. Nella metà del 1100 era stata edificata la torre sul Telle che si specchiava sulle acque del Fucino.
Da questa, partivano due muraglioni che scendevano in modo piramidale verso il piano con torrette rompitratta a spuntone, fino alla sorgente dei SS. Martiri, presso la quale esisteva la chiesa di San Giovanni caput aquae (ora Madonna delle Grazie). A quel tempo all’interno del centro fortificato esistevano altre due chiese: una dedicata a San Bartolomeo e l’altra a Sant’Agata.
Agata è stata una delle martiri più venerate dell’antichità cristiana, fu messa a morte durante la persecuzione di Decio a Catania, per non avere mai tradito la professione della sua fede cristiana.
La cattedrale di Catania è Consacrata a Sant’Agata che è anche la santa protettrice della città siciliana.
La sua biografia scritta menziona interrogatori, torture, una resistenza perseverante e la vittoria di una fede incrollabile.
A Celano, l’antico culto di Sant’Agata è confermato oltre dai registri storici esistenti, anche dall’esistenza della grotta di Sant’Agata, un’insenatura a mo’ di grotta posta appena sopra lo sperone roccioso dove esisteva l’antica torre, il cui nome è stato tramandato per tradizione orale per quasi 800 anni, fino ai nostri giorni.
Eppure l’amata santa sembra essere stata dimenticata dopo la distruzione dell’antica Celano, infatti non esistono chiese o opere dedicate a lei nella Celano riedificata dopo il ritorno dei deportati celanesi, né tantomeno ci sono culti a lei dedicati nelle chiese odierne. I celanesi non l’hanno affatto dimenticata, ma semplicemente non potettero tornare per continuare quel culto qui a Celano.
Giotto e Celano
La morte del cavaliere di Celano racconta la improvvisa e drammatica morte del nobile che ospitò San Francesco.
Il dipinto è fondamentalmente suddiviso su due zone cromatiche. Quella a sinistra è occupata della struttura architettonica di colore ocra acceso. In quella a destra invece è preponderante il colore blu dello sfondo e il grigio-bruno delle vesti dei personaggi.
La stanza nella quale è stato apprestato il banchetto è suggerita dalla sovrapposizione delle figure che accorrono per soccorrere il cavaliere.
Le edicole votive
Le “edicole votive” sono costruzioni incastonate nelle facciate delle case e nelle mura di cinta, sono decorate da immagini sacre, statue, e in alcuni casi anche da affreschi di pregevole fattura. Il termine edicola deriva da un piccolo tempietto che ospitava la statua della divinità.
Il ruolo principale di questi “piccoli templi” era di proteggere il luogo su cui erano edificati come le porte di accesso di una città, una casa oppure un terreno. Le edicole votive disseminate nel centro storico di Celano sono iniziate ad esistere dal XVI secolo.
Sotto la Palmaretta, su un edificio posto in largo Filippone a contatto con le mura ovest del primo recinto medioevale, si trova un’edicola votiva con un affresco databile fra la fine del ’500 ed inizi del ‘600, rappresentante la Madonna delle Grazie fra S. Antonio Abate con bastone e campanello e San Leonardo con le catene e ceppi.
In piazza Aia, in una piccola abitazione nei pressi dell’ex Ospedaletto di San Rocco, (oggi sede dell’Associazione Anziani di Celano) esisteva una piccola cappella denominata Cona dei SS. Martiri Attualmente in una parete del vecchio edificio è posta un’edicola votiva di fine ottocento che ritrae l’iconografia dei SS. martiri Simplicio, Costanzo.
Oltre il primo recinto duecentesco della “Cittadella”, tra il secondo ordine di mura trecentesche delle Mura nuove e il terzo recinto cinquecentesco di San Ferrante si trova uno dei più suggestivi scorci della Celano rinascimentale.
Questi manufatti, da molto tempo esposti agli agenti atmosferici, sono in uno stato di conservazione precario, molti di loro necessitano di interventi di manutenzione e di restauro conservativo.
Published: Nov 27, 2021
Latest Revision: Nov 27, 2021
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