“Buongiorno, madre” disse Federico, mentre scendeva freneticamente le scale per raggiungere la madre e la sorella minore, che stavano facendo colazione con del burro e della marmellata spalmati sopra delle belle fette di pane tostato.
“Ah Federico, siediti, siediti pure” disse la signora De Ferrari, lasciando il posto al figlio.
“Simone dov’è?” chiese il ragazzo, mentre stava mangiando un pezzo di pane che aveva appena preso in mano. “Tuo fratello è andato a lavorare, come dovresti fare anche tu in questo momento, invece di perdere tempo con la politica” rispose la madre con un leggero tono di rimprovero nei confronti del figlio.
Democrazia, unità d’Italia, repubblica, suffragio universale, queste erano le idee che balenavano nella testa di Federico, che stava sempre più seguendo le orme di suo padre, uno dei primi ad aderire alla Giovine Italia! Quanto al fratello, Federico, in realtà, lo sapeva che l’ufficio dove lavorava era l’ultimo luogo, di domenica mattina, in cui avrebbe potuto trovare Simone, che probabilmente si trovava in piazza con i suoi amici a parlare del più e del meno.
Federico era, infatti, il secondogenito dei tre figli di Teresa; come avrete già probabilmente intuito Simone era il fratello maggiore, Federico quello di mezzo, mentre Margherita la minore. Simone aveva compiuto da poco ventuno anni, mentre Federico ne stava per compiere diciannove. Margherita, invece, era più piccola rispetto ai due fratelli: ella aveva, infatti, solo tredici anni. Erano una famiglia più che benestante e vivevano tutti e tre insieme con la madre a Chiavari, una piccola città del Tigullio, in Liguria, mentre il padre, il signor De Ferrari, abitava, per questioni di lavoro, a Torino, ma appena aveva un giorno libero andava subito a trovare la sua famiglia. La signora De Ferrari, infatti, aveva deciso di rimanere a Chiavari, perché non si sentiva di abbandonare tutti i suoi parenti e la sua adorata casa per andare a vivere in una grande città piena di confusione.
“Ma madre….” disse Federico. La signora, interrompendo il figlio, cambiò argomento “Allora. Cosa hai deciso?”
“Andrò a Genova, partirò domani” Era, infatti, uno dei più grandi sogni del ragazzo andare a Genova per studiare, e finalmente avrebbe potuto frequentare la facoltà che gli piaceva, ingegneria civile.
“Oggi ,allora, Margherita ti darà una mano a fare i bagagli. Domattina dovrai alzarti presto per prendere il battello per Genova” disse la madre. “ Già! Quando avranno ultimato la linea ferroviaria Genova- Massa, si potrà prendere il treno per andare a Genova e si arriverà in un baleno. Ora ,invece, dipende dai venti, dal mare. Comunque, i lavori sono iniziati. Certo dicono che ci vorrà una decina d’anni o anche di più. Bisognerà costruire gallerie e ci vuole tempo. Magari se mi sbrigo con gli studi, posso dare una mano!” La signora Teresa sorrise , lanciando uno sguardo dolce al suo secondogenito, sognatore ed ottimista, sempre intento a fare progetti!
Federico l’abbracciò, ringraziandola, era così felice!. Margherita sbuffò; ella sembrava, invece, meno entusiasta del fratello, visto che al posto di uscire insieme alle amiche a giocare o a farsi le solite trecce, doveva stare ad aiutarlo.
In quell’ esatto momento la porta si apri ed entrò un bel ragazzo alto con i capelli ricci color castano chiaro. Aveva dei begli occhi marroni con qualche riflesso dorato, mentre le guance erano ricoperte da alcune lentiggini. “Simone, sei tornato finalmente! Com’è andata al lavoro?” chiese gentilmente la madre. “Alla fine ho incontrato Leonardo : quindi, non ci sono andato.” La signora De Ferrari stava per rimproverare il ragazzo ma conoscendo il figlio lasciò perdere.
Federico, invece, era l’esatto contrario del fratello: era anche lui un bel ragazzo alto ma diversamente da Simone aveva una testata di folti capelli color marrone scuro, quasi nero, ed dei begli occhi azzurri tendenti al grigio. Aveva preso il colore dei capelli della madre mentre gli incantevoli occhi del padre.
“Quindi non ti vedremo più a gironzolare per casa da quello che ho sentito” disse Simone divertito mentre saliva le scale per andarsene in camera sua.
Il pomeriggio Federico fece le valigie con l’aiuto della sorella: era una bella ragazzina dai lunghi capelli castani e dagli occhi azzurri, proprio come il fratello. “Ci verrai a trovare, vero?” chiese Margherita. “Certo che verrò. Tornerò sicuramente per passare le vacanze estive, ma ti prometto che ti scriverò almeno due volte alla settimana.” la rassicurò Federico. La ragazza si sentì molto più rasserenata dalla risposta del fratello, con il quale aveva stretto un bel legame.
“Signora, il biglietto!” le chiese un marinaio.
“Ci vedremo presto”
“Madre ho perso i miei guanti di seta”
Questo era quello che si poteva sentire nel porticciolo di Chiavari; egli, infatti ,avrebbe raggiunto Genova con i battello che partiva due volte alla settimana diretto verso la grande città. Federico era eccitatissimo per la partenza; ad accompagnarlo c’erano solo la madre e la sorella: figurarsi se Simone rinunciava a prendersi una bella birra nella frequentata locanda della piazza principale per andare al porto col fratello!
“Federico, mi raccomando stai attento. Non finire nei casini come fai di solito” – “No, madre, stai tranquilla ormai sono cresciuto, sono più responsabile.” disse Federico cercando di rasserenare la madre.
La barca era ormeggiata sulla banchina, proprio davanti alla famiglia. “Questo è il mio” disse Federico, e, dopo aver abbracciato la madre e la sorella, il ragazzo salì sul battello. Dopo aver trovato un posto a sedere si sporse dal finestrino per salutare ancora una volta la madre e la sorella.
La barca si allontanò lentamente : Federico riusciva ancora a sentire da lontano le voci della madre e della sorella che lo salutavano “Mi raccomando scrivici” oppure “Vieni a trovarci presto” finché, appena usciti dal porticciolo, calò il silenzio e le uniche voci che si potevano udire erano quelle del capitano o di alcune bambine che giocavano con le loro bambole.
Dopo circa sei ore di navigazione, finalmente arrivò a Genova; era stupefatto, una città così bella non l’aveva mai vista. Una volta sceso dalla barca si iniziò a incamminare verso l’appartamento in cui avrebbe alloggiato tutto l’anno. Mentre camminava, Federico non poté fare a meno di guardarsi intorno: il mercato rionale, i bambini che giocavano con il pallone mentre le bambine giocavano alla corda e alcuni artisti dipingevano al centro della piazza. Insomma, era tutto così bello e incantevole per Federico.
Dopo circa una ventina di minuti di cammino, egli giunse all’appartamento, che aveva affittato nel centro storico. Lo condivideva con un altro ragazzo, che avrebbe frequentato la sua stessa facoltà, e che come lui era appena arrivato. L’appartamento era un po’ polveroso ma non era un problema. Facendo un giro di perlustrazione, vide che la casa era abbastanza spaziosa: c’erano due bagni, una cucina, un salottino, e due camere da letto. Stava per entrare in una di queste quando, all’improvviso, qualcuno gli mise una mano sulla spalla “ Ah, quindi, sei arrivato anche tu! Pensavo ti fossi perso. Comunque quella è la mia di camera, la tua è quella là.” Federico si girò e di fronte a lui vide un ragazzo alto e mingherlino, con dei capelli castano chiaro e degli occhi marrone scuro, dall’aria simpatica. “A sì, scusami” rispose Federico
“Nessun problema. Piacere. Io sono Lorenzo e vengo da Salemi.”
“Salemi?” Federico si stava scervellando per capire dove si trovasse quel luogo. “Dov’è?”
“In Sicilia. Dovresti andare a visitarla un giorno, è molto bella come cittadina: però, i Borboni non fanno nulla per valorizzarla e trascurano tutta la Sicilia” disse Lorenzo un po’ cupo.
“Non sono mai stato in Sicilia ma immagino che sia molto bella” disse Federico
“Lo è, ma cambiando argomento, non mi hai ancora detto come ti chiami?”
“Ah si scusa” il ragazzo si era totalmente dimenticato di presentarsi al suo nuovo amico “Federico, vengo da Chiavari, è qua vicino.”
I due continuarono un po’ a parlare, e dopo aver appoggiato le valigie, decisero di andare a fare un giro a Genova. “Vedo che conosci bene Genova.” Disse Federico vedendo che l’amico sapeva orientarsi molto bene nel dedalo di strade del centro città.
“Oh sì. Ci vengo con la mia famiglia quasi ogni anno: è anche per questo che sono venuto a studiare qua, io la adoro come città” disse Lorenzo “Avevo chiesto alla mamma di venire ad abitare qua insieme ai miei fratelli ma lei ha preferito rimanere giù con i suoi genitori.”
“Hai dei fratelli?” “Sì e ho anche una sorella, più piccola di noi di un anno. Siamo in cinque in totale, quattro maschi e una femmina: è quasi come una seconda madre per noi” disse ridendo Lorenzo “Te invece, figlio unico? Ti riterrei fortunato.”
“Oh no magari” disse Federico “ Io ho un fratello e una sorella” “Allora mi puoi capire” disse Lorenzo.
Dopo dieci minuti i due decisero di entrare in una piccola locanda in vicoletto nei pressi del porto. Una volta entrati Lorenzo salutò il barista con un cenno della mano “Due birre per favore” disse il ragazzo. Federico non poté fare a meno di notare come fosse arredata la locanda.
Davanti al balcone, troneggiava una testa di cinghiale e su un lato del locale vi era un bel camino che illuminava tutta la stanza. Si potevano vedere dei signori sulla sessantina che giocavano a carte: uno aveva dei baffetti sul grigio, con la testa pelata, mentre i suoi due amici, erano due gemelli con delle lunghe barbe biancastre. Vicino al bancone invece c’erano dei signori sulla cinquantina con due nasi enormi, che parlano animatamente con il barista. Ma ad attirare l’attenzione di Federico erano un piccolo gruppetto di signori che facevano strani discorsi.
“No, devono prima ribellarsi loro” disse il primo uomo; aveva una folta barba marrone e dei baffi che si univano a quest’ultima. Aveva un’aria molto educata ed orgogliosa ma c’era un che di ribelle nel suo sguardo che attirava Federico.
“Ma lo stanno già facendo, e da un po’ di tempo ora mai “gli rispose un uomo con dei baffoni enormi candidi come la neve
“Servono uomini e barche”
“Quello non è problema, ma ci devi assicurare che partirai” rispose un terzo uomo: quest’ultimo aveva una fronte altissima con dei folti baffi neri che, in confronto, quelli dell’altro uomo sembravano minuscoli.
“Eccole le nostre birre!” disse Lorenzo distraendo il ragazzo
“Certo che sono enormi” disse Federico ridendo
“Te lo avevo detto; ma sta tranquillo che la berrai tutta, lo rassicurò il suo nuovo amico “Vieni, avviciniamoci a loro!” Federico non ci poteva credere: Lorenzo voleva avvicinarsi ancora ai tre uomini, non capiva il perché, cosa avrebbe mai potuto avere da spartire con loro, lui, uno studente sui diciannove anni, con tre uomini come quei tre.
“Ah, Lorenzo, vieni pure” gli disse l’uomo con i baffoni bianchi.
“Hai portato qualcuno con te” disse il primo uomo vedendo Lorenzo.
“Sì, è il mio nuovo compagno di stanza, l’ho conosciuto oggi. E’ sveglio potrebbe andare più che bene.” Più che bene per che cosa?” Pensò Federico; non era nemmeno passato un giorno e già aveva il presentimento che si stesse per mettere nei casini. Stava pensando a tutte le cose possibili che gli potessero accadere finché l’uomo con i baffi neri non gli disse: “Avvicinati ragazzo. Come ti chiami?”
“Federico, Federico De Ferrari, provengo da Chiavari” disse
“Piacere Federico, tu hai idea di chi siamo noi” Domandò il signore con la barba. A Federico sembrava di averli già visti quegli uomini, ma ora aveva la testa piene di troppi pensieri per aver potuto pensare chi fossero. Rimase un minuto in silenzio, e poi rispose “No, signore. Mi sembra di averla già vista ma non so chi lei sia.”
“Tranquillo ragazzo” rispose l’uomo con la barba per poi continuare “L’uomo con i baffoni bianchi è Francesco Crispi mentre quello con i baffi neri è Nino Bixio.
Io invece sono Giuseppe Garibaldi”
Federico non poté credere alle sue orecchie. Fissò l’uomo intensamente: certo che era Garibaldi, come poteva essere stato cosi sbadato da non riconoscerlo.
“Siediti Federico” disse Garibaldi interrompendo tutti i suoi pensieri “Lorenzo, spiega al tuo amico perché lo hai portato qui.”
Lorenzo iniziò a parlare “Si certamente. Federico ascolta, hai presente quello che ti avevo detto prima, che la Sicilia fa parte del Regno delle due Sicilie ed è di conseguenza governata dai Borboni?” Federico scosse la testa e Lorenzo continuò “Bene, il nostro scopo è quello di liberarla e di consegnala al re Vittorio Emanuele II”
Crispi, interrompendo Lorenzo, continuò “E’ esattamente così, è un’iniziativa mia e di Bixio; ma non preoccuparti se non vuoi partecipare capiamo benissimo”
“No!” disse Federico “Certo che voglio partecipare. Ma non mancano le armi? E l’equipaggio? E le barche?”
Bixio lo interruppe “Calma ragazzo è da tempo che organizziamo questa spedizione: abbiamo già quasi tutto pronto. Garibaldi ha fatto una sottoscrizione nazionale per avere i soldi per comprare i fucili, mentre tutte le persone che hanno già combattuto in precedenza con lui sono gli hanno già detto che parteciperanno. Per le barche, invece ,abbiamo rubato due piroscafi, il Piemonte e il Lombardo alla Compagnia Rubattino. Ragazzo, non guardarmi così: rubare è sbagliato ma era l’unico modo”
“A Palermo si stanno già ribellando da qualche settimana oramai” disse Lorenzo “Noi li aiuteremo”
“D’accordo.” Disse Federico. “Quando si parte?”
Garibaldi rispose: “Settimana prossima”
Era passata una settimana esatta dall’incontro con Garibaldi, Bixio e Crispi, e quello sarebbe stato il giorno della partenza.
“Federico alzati dobbiamo partire! E’ il cinque maggio oggi!” gridò Lorenzo. I due, anche se si conoscevano soltanto da una settimana erano diventati molto amici, come se si conoscessero da anni.
“Sì, arrivo!” Gridò Federico “Finisco di scrivere la lettera a mia madre!”
Nella lettera recava un breve messaggio: “Ciao Madre, vado a liberare la Sicilia. Ci vediamo presto. Un bacio, Federico P.S: Salutami Margherita e di’ a Simone che non mi manca.
“Ci hai messo dieci minuti a scrivere questa robaccia!” Lo rimproverò Lorenzo “Dai andiamo” Federico rise e andò a spedire la lettera
Dopo nemmeno un quarto d’ora i due amici, mentre stavano mangiando un pezzo di pane, si stavano già incamminando per prendere una carrozza per Quarto, un paesino in riva al mare vicino a Genova. Una volta arrivati a Quarto, Federico rimase stupefatto alla vista del paesino.
Tutte le case dalle facciate decorate in qualche modo gli ricordavano Chiavari, che non sapeva se l’avrebbe più rivista, certamente non a breve. Si avvicinarono al porto e per un attimo il cuore gli si bloccò per l’emozione: non poteva credere ai suoi occhi, all’incirca un migliaio di persone stavano salendo sui due piroscafi: il Lombardo ed il Piemonte
“Quanti saremo?” chiese Lorenzo altrettanto stupefatto
“Un po’ più di mille” rispose una voce dietro di loro. Era Garibaldi. “Bene ragazzi siete pronti. Fra un’ora partiamo. Ci vediamo a bordo”
I due ragazzi salirono sul Piemonte e dopo nemmeno mezz’ora, la loro avventura iniziò.
Era finalmente partiti: il vento che scompigliava i capelli a Federico, gli dava stranamente una sensazione di libertà.
Federico passò tutto il giorno a parlare con Lorenzo ed altri ragazzi più o meno della loro età,
e scoprì che ragazzi da tutto il nord Italia si erano offerti volontari per partecipare alla spedizione.
Stava discutendo allegramente con Lorenzo un ragazzo piemontese dai capelli rossicci e dalle guance piene di lentiggini, di nome Antonio, quando la barca rallentò la sua navigazione.
Intravedendo Garibaldi nella folla Federico gli chiese perché si fossero fermati, e quest’ultimo gli rispose che si trovavano a Talamone, in Toscana. “Ci dovremo fermare qua un giorno: dobbiamo rifornirci di altre armi, e non abbiamo cibo: dovrete aiutare a caricare tutto”.
Federico, Lorenzo e Antonio, con il quale avevano fatto amicizia, scesero dalla barca per aiutare a caricare la roba. Era magnifico, si poteva vedere la fortezza sopra la collina e tutte le bellissime case colorate tutto intorno. A Federico vennero in mente le estati passate con la sua famiglia in Toscana quando era piccolino con i suoi cuginetti.
L’acqua era di un azzurrino trasparente che quasi i ragazzi avrebbero voluto tuffarcisi per rinfrescarsi durante quella calda giornata di maggio. Mangiarono in fretta un panino ed aiutarono a caricare le armi e i viveri. Era ormai il tramonto quando erano pronti per ripartire; i colori caldi del cielo erano riflessi sull’acqua cristallina e più la barca si allontanava più Federico sentiva che per lui sarebbe cambiata tutta la sua vita con questa spedizione! Il suo bisogno d’avventura sarebbe stato soddisfatto!
Published: Sep 15, 2021
Latest Revision: Sep 15, 2021
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