Raffaele Rivani.
Alcune notizie sono tratte da “Una vita per il teatro”; in ordine di tempo.
Raffaele Rivani. Vorrei ricordare un aneddoto che la mamma mi disse e cioè che nel “casotto” dei burattini comandava, diciamo così, il “capocomico” e tutti dovevano stare alle sue direttive; in questo caso era mio nonno Gualtiero, ma con il suo carattere gentile si comportava ben diversamente da altri burattinai. Per esempio, essendo di bassa statura, non pretendeva certo che Rivani recitasse stando ingobbito: il nonno camminava su alcune assi per essere lui allo stesso livello di Rivani, col rischio a volte di scivolare (alcune volte capitava, e il burattino scompariva dal boccascena!) Marisa scrive: Rivani era timido, non ha mai voluto recitare in palcoscenico; come secondo lavoro strappava i biglietti del loggione al “Teatro del Corso”. Le domeniche pomeriggio mio padre andava a chiacchierare con lui nella saletta di ingresso, perché appena iniziava lo spettacolo Raffaele aveva finito e si annoiava, doveva aspettare la fine per chiudere. Aveva il suo posto a sedere, ma dopo aver visto lo spettacolo una volta bastava: quel posto divenne mio. Ricordo solo “La morte civile” come commedie, Fedora e Otello. Più che altro vidi delle opere e finalmente potevo conoscere appieno le eroine di cui mi cantava la zia Enrica: Mimì, Musetta, Tosca, Violetta… tutte passarono sotto ai miei occhi estasiati. Indimenticabile l’Otello di Ramon Vinay: faceva l’ultimo acuto prima della morte e un rantolo ruzzolando giù dai quattro gradini che sostenevano il letto! Passai due inverni da sogno grazie a Rivani. Il Rigoletto era il favorito di mio padre che con la sua bella voce da baritono cantava molti pezzi d’opera e io gli facevo sempre la parte di Gilda. Ma la guerra interruppe tutto questo dal 1941 al 1944.
La famiglia Mandrioli sfollata a Civitella di Romagna. Durante l’inverno eravamo ospiti di un cugino in montagna e Gualtiero portava sempre con sé i copioni per leggere qualcosa alla famiglia, che era composta da otto persone. Poco distante c’era un’altra casa con un’altra famiglia di amici, altre sette persone e quindi alla fine un piccolo pubblico ascoltava, gente umile, contadini, poveri, analfabeti sì ma i visi erano emozionati, attenti, davano più soddisfazione di qualche pubblico di città. In casa Cangini (Ca’ Nova) si leggeva, si recitava e si spiegava. Una sera una voce chiamò dall’altra cima della montagna “C’è Gualcero?” “Sì” “Veniamo a vaggia (a veglia)” cioè “Passiamo la serata con voi”. Si radunarono trenta persone davanti al camino; dopo il duro lavoro era una festa. Una volta addirittura arrivarono a cinquanta e lo Zio Nanni temeva che il pavimento non reggesse e che saremmo precipitati di sotto uccidendo le mucche. Era suggestivo nella notte buia e fredda vedere la fila dei lumini o delle candele arrivare e ripartire dalla casa di Zio Nanni.
Le trasmissioni alla radio (1947-48). Una chicca per i giornali fu ciò che accadde in un vicolo di fronte alla Chiesa di San Francesco. Una signora, passando, sentì urla di donna e una voce maschile che inveiva, rumori di lotta e percosse. La donna urlava “No padre mio, perdono! Basta, mi volete uccidere?!”. La buona signora, spaventata, corse in via del Pratello a chiamare la polizia e arrivò un brigadiere con due poliziotti, bussarono alla porta, le urla continuavano e nessuno apriva… Fecero irruzione forzando la porta e… trovarono due vecchietti, un po’ sordi, che ascoltavano la radio! Io e mio padre stavamo recitando per “Il cantuccio dei bambini”. La notizia fu riportata dai giornali e questo portò una maggiore affluenza di pubblico ai nostro spettacoli serali.
1950. Marisa scrive: Eravamo ancora molto legati ai fatti accaduti durante la guerra e portavamo in giro una commedia drammatica che parlava dei partigiani. Sergio Giordani, (l’attor giovane della compagnia, grande amico di Marisa) mi chiese se potevo fare io una parte di donna che mancava, nessuna voleva recitarla perché era la parte della spia! Io avevo poche battute dovevo ascoltare, poi correre a chiamare le SS. È difficile restare in scena una ventina di minuti senza battute, solo con la mimica. Un aneddoto: nel finale il personaggio principale (recitato da Vincenzo Righetti) veniva fucilato… ultimi minuti, ultima sigaretta. Una cella con un tavolo, una branda sotto la finestra socchiusa, sullo sfondo una porta… Doveva buttare la sigaretta accesa contro l’ufficiale tedesco. Mi soffiò in quinta “Non ho i fiammiferi”… e io “Fai testamento” e lui andò a scrivere al tavolo… io intanto strisciai sul pavimento per non farmi vedere e buttare sulla branda i fiammiferi da quella finestrina in scena. Ritornai in quinta e gli soffiai “Sul letto”… e tutto andò a meraviglia.
Una volta che stavamo recitando “Il Fornaretto di Venezia” notai che in scena avevano messo una bella cassapanca coperta con damasco verde, pensai “dove l’hanno scovata? Bella, andrò a piangere là sopra”. Dalla quinta vidi mio padre disperato e Righetti che si mise le mani nei capelli ma ormai mi stavo sedendo… nel vuoto! La cassapanca erano due sedie sdraiate… Il pubblico non si accorse di nulla, ma che fatica resistere per tutta la scena!
La Lirica Paradiso. Alla “Accademia Lirica Paradiso” venne Mirella Freni accompagnata da Carlo Bergonzi e anche Luciano Pavarotti. Arrivò anche Gianni Raimondi insieme alla Freni che diceva “Quando c’è Mandrioli in quinta a suggerire io sono tranquilla” e dall’altra parte c’ero io… durante la “selezione dalle opere” per esempio il coro a bocca chiusa della Butterfly lo facevamo io e mio padre. Difficile ricordare tutti: il Maestro Vignudelli, Amelia Candini, poi Chiarini, Manelli, Bergonzoni… Fummo praticamente i fondatori dell’attuale circolo “Amici della Lirica” dell’Oratorio San Rocco.Foto 1: Raffaele Rivani. Foto 2: Civitella di Romagna. Foto 3: Sergio Giordani.
Il commosso e struggente elogio funebre di Vittorio Zanella in ricordo
di Marisa Mandrioli
3 aprile 2020
Grave lutto nel mondo dei Burattini e delle Persone Umane.
È scomparsa la burattinaia Marisa Mandrioli, figlia dell’immenso Gualtiero, il più grande interprete del ‘900 di Fagiolino & C… Marisa Mandrioli mi accolse nella sua dimora, che considerava una fortezza, molti anni fa. Era andata con sua figlia Roberta in visita al “Museo dei burattini – collezione Zanella/Pasqualini”, nella Casina del ‘400 a Budrio…
Da lì iniziò una lunga amicizia, basata sulla fiducia, sul rispetto, sullo studio… è stata decisamente la mia tutrice, nella conoscenza della tradizione del teatro dei burattini bolognesi, visto che sono figlio di un veneziano e una romagnola, poi sono nato a Milano. Quindi provò ad insegnarmi il Bolognese antico, coi suoi accenti impossibili, le sue vocali aperte e chiuse, le sue frasi fatte o quelle che con una sola parola si spiega una frase. Sostanzialmente il Bolognese parlato per le strade del centro storico, che oramai pochissimi utilizzano e comprendono. Era una donna minuta, ma energica, molto generosa, anzi eccessivamente generosa, ma solo con chi le si apriva con sincerità. Con Lei non si poteva scherzare su certi argomenti legati alla storia, alle Persone e ai personaggi della Commedia dell’Arte… Purtroppo, Marisa diceva di se stessa, era nata femmina, e un tempo non c’era la stessa possibilità di oggi di proseguire naturalmente le impronte del padre da donna, pur continuando a coltivare la sua formazione vitale, fatta di pane, caffellatte e burattini, trasmessa in modo esemplare anche alla figlia Roberta… Credo che per Marisa fossi diventato quasi come un figlio. Il fratello minore di Roberta, alla quale voglio un bene dell’anima. Ci si vedeva spesso in quella sua casa in leggero declivio, dove a volte mi girava la testa, perché si arrivava su fino all’apice in un’infinità di scalini, come i tornanti per andare in alta quota. Lei se li faceva di corsa e mi guardava arrancare con due occhi stupiti… Aveva una cultura sul Mondo dello Spettacolo ed Avanspettacolo che avrebbe potuto condurre programmi televisivi e radiofonici sulla comicità, sulle canzoni delle quali conosceva i testi a memoria, anche amica personale del “Quartetto Cetra”, e le bastava sentire una voce, per ricordarsi subito il nome del cantante, sì perché col tempo perse la vista, ma questa mancanza le aggiunse il terzo occhio nella sensibilità e tatto, e un udito assoluto, per tanto vedeva le cose e i fatti prima ancora che accadessero… Era impressionante la sua memoria fina e raffinata, si ricordava date, volti, aneddoti antichi un secolo, poiché suo padre, il più grande Fagiolino della storia (libro scritto e pubblicato da Marisa), dopo l’ideatore del personaggio: Cavallazzi ed Angelo Cuccoli, figlio di Filippo, le aveva inoculato, fin da piccola, ogni segreto, svelandole ogni arcano sui tempi del recitato ed animato, così che lei divenne la Prima Donna per anni nella baracca del padre, sostituendo anche la madre Apollonia Cangini… Aveva anche appreso la sartoria più raffinata dalla sorella Augusta, detta Gösta, del più grande intagliatore ebanista di teste e mani: Emilio Frabboni… Marisa era come un pezzo della torre degli Asinelli, come una pietra delle Sette Chiese di Piazza Santo Stefano, come una casella di un portico nella salita per andare a San Luca, come una pietra di Palazzo Re Enzo e del voltone del Podestà… Ora riposa dolcemente in pace, nei secoli dei secoli. (Vittorio Zanella).
Published: May 7, 2021
Latest Revision: May 7, 2021
Ourboox Unique Identifier: OB-1128786
Copyright © 2021