I bambini greci, più di duemila anni fa, avevano un libro di scuola pieno di favole: erano storie di animali, lupi e agnelli, gatti e topi, volpi e leoni, cavalli e serpenti. Avevano avventure molto brevi: i lupi mangiavano gli agnelli, ma i topi non si lasciavano ingannare dai gatti, i leoni facevano i re e le volpi erano furbe ma non troppo, e alla fine di ogni storia c’era una morale, perché gli scolari potessero imparare come andava il mondo.
E come va, ancora adesso: quelle favole si trovano ancora in libreria e l’autore è Esopo, uno schiavo zoppo, balbuziente e dalla pelle scura: “esopo” significava “negro”, in segno di disprezzo eppure, nonostante la poca considerazione dei suoi contemporanei, il suo libro è ancora oggi ricordato in tutto il mondo, quasi quanto i poemi di Omero, che cantano le gesta degli dei e degli eroi.
Esopo non aveva voluto scrivere un libro per bambini, ma qualcosa di diretto ai suoi compagni di schiavitù, perché imparassero a destreggiarsi in una civiltà diversa da quella del loro paese di origine: racconti in cui la giustizia aveva la meglio sul capriccio e la prepotenza e dove ogni animale incarnava una qualità, positiva o negativa. Per questo i Greci hanno collocato Esopo tra i sette sapienti più famosi dell’umanità.
Il poeta Fedro, schiavo anche lui, poi affrancato, morto cinquant’anni dopo la nascita di Cristo, ha tradotto Esopo il latino, ai tempi dell’antica Roma. Il francese Jean de La Fontaine lo ha messo in rima per il figlio del Re Sole, il Delfino di Francia, nel Seicento. Trilussa lo ha girato in romanesco nel Novecento. Le sue favole non sono fiabe, perché non vi è traccia né di magia né leggende, perché i protagonisti non sono eroi ma gente comune, comuni animali senza gloria. E per questo sopravvivono nel tempo, perché mettono in scena una commedia umana che è sempre la stessa nei secoli.
Published: Mar 7, 2021
Latest Revision: Mar 7, 2021
Ourboox Unique Identifier: OB-1068034
Copyright © 2021