CHIMICA by annalaura - Illustrated by ANNALAURA COLAPIETRO - Ourboox.com
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CHIMICA

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Artwork: ANNALAURA COLAPIETRO

  • Joined Jan 2021
  • Published Books 5

INDICE

-Gli idrocarburi: cosa sono e la loro classificazione

-L’origine degli idrocarburi

-Il metano: cos’è e il suo impatto negativo sull’ambiente

-Il metano: i processi da cui si origina e l’effetto serra

-La benzina: cos’è, l’origine e i suoi danni alla salute

-Il cherosene: cos’è, l’origine, i suoi effetti negativi sull’uomo

-Il gasolio: cos’è e il suo impatto ambientale

-Il butandiene: cos’è e il suo effetto sulla salute

-Il toluene: cos’è, l’origine e i suoi effetti negativi sull’uomo

-Il benzene: cos’è, l’origine e i suoi effetti negativi sull’uomo

-Lo xilene: cos’è, l’origine e i suoi effetti negativi sull’uomo

-Gli IPA: cosa sono, l’origine e i loro effetti negativi sull’uomo

-Gli alogenuri alchilici: cosa sono, origine ed effetti negativi

-Il tetracloruro di carbonio: cos’è, origine ed effetti negativi

-Il cloroformio: cos’è, origine ed effetti negativi

-Il diclorometano: cos’è, origine ed effetti negativi

-sitografia

-I CFC: cosa sono, origine ed effetti negativi

-L’etere dietilico: cos’è, origine ed effetti negativi

-La formaldeide: cos’è, origine ed effetti negativi

-La formammide: cos’è, origine ed effetti negativi

 

 

 

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GLI IDROCARBURI

Gli idrocarburi sono molecole organiche binarie, ovvero composte da due tipi di atomi: carbonio (C) ed idrogeno (H).

Essi possono presentare catene corte o lunghe e trovarsi allo stato solido (asfalti e bitumi), liquido (petrolio) o gassoso (metano).

Dal punto di vista chimico si distinguono in alifatici e aromatici o areni. Gli alifatici, costituiti da catene lineari chiuse o aperte o ramificate di atomi di carbonio, si dividono in saturi insaturi a seconda che presentino solo legami sigma o semplici (alcani e cicloalcani) o abbiano almeno un doppio o triplo legame (alcheni e alchini). Gli aromatici hanno struttura ciclica e si dividono in monociclici ovvero con solo un anello benzenico (benzene) e policiclici contenenti due o più anelli aromatici di benzene (naftalene e fluorene).

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L’ORIGINE DEGLI IDROCARBURI

L’origine degli idrocarburi è legata a una serie di lunghissimi processi geochimici che terminano con la formazione di un giacimento.

Precisamente, essi nascono e maturano in una roccia, detta roccia madre, diversa da quella in cui trovano collocazione definitiva, la cosiddetta roccia serbatoio.

La roccia madre è costituita da sedimenti marini di ambiente poco profondo, come fondali oceanici, che hanno subito i processi di formazione delle rocce sedimentarie che derivano dall’accumulo di sedimenti di varia natura, di solito dalla degradazione ed erosione di rocce già esistenti che si sono depositate sulla superficie terrestre.

La peculiarità della roccia madre è quella di presentare all’origine anche sedimenti di materia organica, soprattutto resti di microrganismi, che rappresentano i precursori degli idrocarburi.

Questa materia organica è stata preservata dalla totale distruzione (ossidazione) grazie al rapido seppellimento e poi ha subito aumenti di pressione e temperatura nel corso della storia geologica della roccia madre.

Successivamente, diverse trasformazioni chimiche hanno portato alla formazione di petrolio e gas; le cui quantità dipendono dal tipo di materiale organico originario e dai valori raggiunti dai parametri fisici del processo (pressione, temperatura, tempo).

Una volta formatisi, gli idrocarburi liquidi e gassosi vengono espulsi dalla roccia madre e migrano attraverso rocce porose e permeabili (rocce serbatoio) verso l’alto a causa della loro minore densità rispetto all’acqua, presente nei pori di queste rocce. La migrazione si arresta quando i fluidi incontrano una barriera, spesso un livello di rocce impermeabili a forma di cupola, che costituisce una trappola per gli idrocarburi, i quali così formano un giacimento.

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IL METANO E L’IMPATTO SULL’AMBIENTE 

Il metano, la cui formula molecolare è CH4, è l’alcano più semplice.  Si tratta di un gas incolore, inodore, paraffine ovvero poco reattivo, inerte perché da solo non tende mai a reagire.

Invece, se lo si fa reagire con l’ossigeno, O2, si innesca una scintilla che abbassa l’energia di attivazione e fa avvenire la cosiddetta reazione di combustione:

 

CH4+2O2  –>  CO2+ 2H2O

 

I legami esistenti tra il carbonio e l’idrogeno nella molecola del metano e quelli tra gli atomi di ossigeno in O2 si rompono e si legano diversamente per formare H2O, acqua e CO2, anidride carbonica che ha un impatto negativo sull’ambiente.

Tra i gas responsabili dell’effetto serra, detti per tale ragione gas serra, l’alcano che risulta essere uno dei gas serra più nocivi e potenti é il metano. Esso appartiene ai cosiddetti combustibili fossili ossia combustibili che derivano dalla decomposizione di organismi viventi, in assenza di ossigeno, di milioni di anni fa.

Sebbene il metano sia presente nell’atmosfera in concentrazioni molto inferiori (1,80 parti per milione o ppm) rispetto all’anidride carbonica (390 ppm), esso è responsabile del 18% dell’effetto serra provocato dalle attività umane e di ben il 37% di tutte le emissioni di metano del pianeta.

In particolare, il metano produce riscaldamento globale e aumento delle temperature e, specie alle latitudini artiche, fa sciogliere il permafrost (il terreno perennemente gelato) che rilascia metano nell’atmosfera.

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L’ORIGINE DEL METANO

Il metano si origina dai seguenti processi:

-processi di degradazione anaerobica (in assenza di ossigeno) della materia organica che ha luogo in ambienti naturali umidi come stagni, paludi, risaie, infatti, è conosciuto come gas delle paludi;

-perdite dai giacimenti di gas e di carbone

-decomposizione anaerobia dei rifiuti urbani.

-combustione di biomasse (foreste, savane delle zone tropicali)

-allevamenti di animali ruminanti (animali erbivori che digeriscono sostanze complesse come la cellulosa, attraverso la ruminazione ovvero la ripetuta masticazione del materiale vegetale) e, in particolare, di bovini.

I milioni di bovini presenti sulla terra attraverso le deiezioni (defecazione) emettono nell’aria quantità di metano che alterano le concentrazioni di questo gas nell’atmosfera e che, a loro volta, fanno salire le temperature che favoriscono infatti l’estensione delle zone palustri, le quali, a loro volta, emettono più metano, accrescendo l’effetto serra.

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LA BENZINA E I DANNI ALLA SALUTE UMANA

La benzina, la cui formula molecolare è C5-C12, è un prodotto chimico costituito da idrocarburi alifatici come alcani con 5-12 atomi di carbonio (C5-C12) e cicloalcani (C6-C8) e idrocarburi aromatici (benzene, toluene), tutte sostanze tossiche per il corpo umano.

Inalare i suoi vapori può causare irritazione delle vie respiratorie portando tosse, respiro affannoso e difficoltà respiratorie. Inoltre, può portare all’irritazione degli occhi, del naso e della gola, mal di testa, nausea, vertigini e persino perdita di coscienza.

Inoltre, l’esposizione prolungata o ripetuta alla benzina può avere effetti ancora più gravi sulla salute: i suoi vapori possono essere assorbiti dai polmoni e entrare nel flusso sanguigno, raggiungendo altri organi come il fegato, i reni e il sistema nervoso centrale.Ciò può causare danni anche permanenti agli organi interni e problemi neurologici come tremori, confusione e problemi di coordinazione.

La sua ingestione può causare gravi danni alla salute e persino la morte. Secondo le linee guida mediche, la dose letale di benzina è di circa 5 grammi per chilogrammo di peso del soggetto, quindi bere anche un bicchiere di benzina, che corrisponde a circa 250 grammi, può portare la morte ad una persona.

La benzina deriva dal petrolio dal quale, attraverso una colonna di distillazione, si estraggono prima i prodotti più leggeri come i GPL (gas di petrolio liquefatti), poi le benzine, quindi il kerosene, il gasolio, le nafte pesanti, gli oli combustibili ed infine i bitumi, in ordine crescente di densità e di peso molecolare.

 

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IL CHEROSENE 

Il cherosene, noto anche con il nome di olio di paraffine, è una miscela di idrocarburi ottenuta dalla distillazione frazionata (processo che permette di ottenere diverse miscele combustibili a patire dal petrolio greggio) del petrolio greggio (quello appena estratto dai pozzi e non ancora lavorato). Quest’ultimo viene inserito in una colonnina di frazionamento, riscaldato e vaporizzato. Lungo la colonna, che presenta temperature decrescenti dall’alto verso il basso, salgono i vapori mentre le miscele combustibili si condensano nei diversi livelli della colonna, in base alla loro temperatura di ebollizione.

La combustione del cherosene rilascia alte concentrazioni di particolato, l’insieme di minuscole particelle solide e liquide che rimangono a lungo sospese nell’aria, e può causare gravi malattie respiratorie se inalato dagli esseri umani o animali.

L’esposizione limitata può causare irritazione agli occhi, pelle e mucose, quella a lungo termine porta con sé vomito, nausea e mal di testa, anche la morte in caso di esposizione prolungata ad alte concentrazioni o ingestione. Addirittura, secondo alcune prove di laboratorio, il cherosene può anche essere leggermente cancerogeno in situazioni di esposizione prolungata.

Comunemente utilizzato per il riscaldamento e l’illuminazione o come propellente per motori a reazione, combustibile di trasporto (in particolare negli aerei) e per cucinare, il cherosene, durante la combustione, rilascia anidride carbonica, gas che contribuisce all’effetto serra.

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IL GASOLIO E IL SUO IMPATTO AMBIENTALE

Il gasolio o diesel, la cui formula chimica è C14-C18 , è una miscela di idrocarburi liquidi ottenuta mediante distillazione frazionata del petrolio greggio e usato come combustibile per motori Diesel, per riscaldamento o per la produzione di energia elettrica.

Il gasolio, così come il cherosene, rilascia il particolato ma in quantità maggiori, risultando dunque dannoso per ambiente.

Una fuoriuscita del gasolio stesso è potenzialmente dannosa per l’ambiente, con il rischio di contaminare suolo e acque sotterranee. In casi estremi, una perdita di gasolio può addirittura aumentare il rischio di incendi o esplosioni diventando anche pericoloso per la salute umana.

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IL BUTANDIENE E IL SUO EFFETTO SULLA SALUTE 

L’1,3-butadiene la cui formula chimica è CH2=CH-CH=CH2, è gas incolore ottenuto dalla combustione incompleta di combustibili fossili.

Studi sugli animali hanno rilevato che il butadiene, se inalato da ratti o topi, è cancerogeno. Nei ratti esposti a 1,000 o 8,000 ppm di butadiene per 2 anni, si è riscontrato un incremento di tumori e delle tendenze dose-risposta (relazione che intercorre tra il livello di esposizione a una sostanza e la reazione ad essa) nel pancreas esocrino, nei testicoli e nel cervello dei maschi e nella ghiandola mammaria, tiroidea, utero.

Invece, gli studi di inalazione del butadiene nei topi, condotti a esposizioni comprese tra 6,25 e 1,250 ppm, mostrano un aumento dei linfomi maligni precoci e emangiosarcomi (tumori che hanno un alto tasso di metastasi, cioè si diffondono rapidamente in altre parti del corpo.) cardiaci non comuni, tumori polmonari maligni, al fegato, alle ovaie, alle ghiandola mammaria. Si è visto anche che l’esposizione a questo gas nei topi portasse tossicità del midollo osseo, atrofia testicolare, atrofia ovarica e tossicità dello sviluppo dell’animale stesso.

Inoltre, studi epidemiologici hanno costantemente riscontrato un eccesso di mortalità per tumori linfatici ed ematopoietici associati all’esposizione professionale al butadiene e una forte associazione tra mortalità per leucemia ed esposizione al butadiene emesso anche dal fumo di sigaretta.

 

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IL TOLUENE E IL SUO IMPATTO NEGATIVO SULL’UOMO

Il toluene, noto anche come toluolo, metilbenzene, fenilmetano e metilbenzolo, è una sostanza chimica con un profumo forte e caratteristico che deriva dal benzene per sostituzione di un atomo di carbonio con il gruppo metilico

CH3. Esso si trova in natura in un tipo di albero di balsamo chiamato balsamo del tolu ed è anche presente nell’ambiente poiché è usato come additivo in prodotti come smalti per unghie, sigarette, benzina, coloranti, profumi, esplosivi, vernici, adesivi e altri manufatti.

La sostanza chimica può influire sulla salute di una persona quando viene respirata, quando viene ingerita acqua contaminata con essa o quando si fuma perché essa è contenuta nel fumo di tabacco.

Più nello specifico, l’esposizione limitata può influenzare il sistema nervoso, può influenzare la coordinazione e causare mal di testa, confusione e vertigini. Una esposizione prolungata può portare alla perdita dell’udito, tremori, perdita di memoria e addirittura anche la morte.

L’esposizione a questa sostanza è un serio pericolo sia i bambini che gli adulti soprattutto se viene inalata dalle donne incinte può portare difetti fisici o alterazioni delle capacità mentali del bambino fin dalla nascita.

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IL BENZENE 

Il benzene è un liquido incolore, infiammabile, volatile (a temperatura ambiente evapora facilmente) con un caratteristico odore dolciastro ed aromatico: da questa caratteristica deriva il nome della classe dei composti chimici “aromatici” di cui è il capostipite.

È il più semplice idrocarburo aromatico che dal punto di vista della struttura chimica, è costituito da un anello esagonale a 6 atomi di carbonio legati a 6 atomi di idrogeno (la sua formula chimica è infatti C6H6) e contenente tre doppi legami carbonio carbonio.

Componente dei derivati del petrolio greggio, è presente nell’aria ovunque a causa di:

-eventi naturali (incendi nei boschi o fuoriuscita di gas dai vulcani)

-attività umane ed industriali che utilizzano petrolio greggio e suoi derivati come combustibili o per la produzione di lubrificanti, solventi e collanti

-gas di scarico di veicoli a motore, alimentati a benzina.

Il benzene, infatti, insieme ad altre sostanze come toluene e xilene, viene aggiunto alla benzina verde come antidetonante (evita la detonazione ovvero l’esplosione molto rapida delle miscele nell’interno del motore) in sostituzione del piombo tetraetile usato in precedenza ed eliminato per i suoi effetti tossici.

Esso costituisce circa l’80% delle emissioni totali nell’aria dove, in pochi giorni, si degrada reagendo con altri composti. Il vento e la pioggia, a loro volta, aiutano a diluire e ridurre i livelli di benzene nell’aria facendolo ricadere e deporre al suolo ma contaminandolo.

Negli ambienti interni questa sostanza può essere emessa da:

-fumo di sigaretta

-combustioni domestiche dovute all’uso di camini, stufe, deodoranti, diffusori per ambiente

-prodotti adoperati per la costruzione di palazzi o per le rifiniture degli stessi edifici (vernici, colle, adesivi, solventi)

-vicinanza ad aree ad alto traffico che può favorire la penetrazione negli ambienti interni del benzene presente all’esterno

-parcheggi, autofficine e box auto sotterranei che, soprattutto se non areati, possono avere nell’aria alte concentrazioni di benzene

Noto per la sua tossicità, il benzene è stato classificato dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (International Agency for Research on Cancer detta anche IARC) nel gruppo 1, (sostanze cancerogene per l’uomo) che può causare leucemia e linfoma.

Le vie di esposizione per il benzene includono: inalazione, ingestione e contatto con la pelle e gli occhi.

A seguito di una sola esposizione l’inalazione di esso può causare tosse, sonnolenza, respiro affannoso, soffocamento, bruciore alla bocca, difficoltà respiratorie e pelle di colore bluastro, vertigini, visione offuscata, delirio, paralisi, accelerazione del battito cardiaco o tachicardia confusione, nausea, vomito, debolezza, mal di testa o cefalea, anoressia, narcosi, ridotta vigilanza, perdita di riflessi, mancanza di coordinazione e vertigini che possono provocare danni irreversibili molto gravi.

Dunque, i “bersagli” della intossicazione acuta del benzene nel corpo umano sono, quindi, il sistema nervoso ed il cuore.

Si è notato che bere alcol aumenta gli effetti tossici del benzene sull’organismo umano.

Inoltre, piccole quantità assorbite attraverso i polmoni possono risultare fatali, mentre l’esposizione a livelli tossici può causare danni cromosomici.

Periodi di esposizione di maggiore durata e a basse dosi di benzene hanno effetti sul sangue (sistema emopoietico); esso,infatti, provoca tossicità al midollo osseo (produttore delle cellule del sangue), causando una riduzione dei globuli rossi e bianchi con conseguente anemia (riduzione patologica dei livelli di emoglobina al di sotto dei livelli di normalità).

Può anche determinare sanguinamenti ed effetti sul sistema immunitario aumentando, di conseguenza, il rischio di contrarre un’infezione.

Esposizioni a lungo termine ovvero croniche al benzene possono, inoltre, provocare varie forme di leucemia: leucemia mieloide acuta, linfoma non-Hodgkin, leucemia linfatica cronica e mieloma multiplo.

Gli effetti sulla salute nei bambini, fino ad oggi, sono ritenuti simili a quelli riscontrati negli adulti.

È importante sapere che chi ha avuto un avvelenamento acuto da benzene ha un rischio maggiore di ammalarsi di leucemia; si consiglia pertanto di effettuare con frequenza e regolarità, e sempre sotto consiglio e controllo medico, gli esami del sangue necessari.

Ancora l’ingestione può causare danni irreversibili molto gravi a seguito di una singola esposizione, tra cui emorragie, eccesso di liquidi nei polmoni e rischio che la condizione progredisca in polmonite chimica. L’ingestione di meno di 150 grammi dovrebbe essere la dose letale di benzene nell’uomo.

Se esposto alla pelle, il benzene porta irritazione cutanea, infiammazione, arrossamento, gonfiore, vesciche e desquamazione.

L’esposizione degli occhi può causare gravi irritazioni, infiammazioni, arrossamenti e lesioni oculari sulla base di esperimenti su animali. Se non viene applicato tempestivamente un trattamento adeguato, possono verificarsi compromissioni permanenti della vista.

Infine, degli studi hanno mostrato che il benzene una volta entrato nell’organismo di una donna incinta può attraversare la placenta e recare danni.

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LO XILENE 

Lo xilene chiamato anche xilolo, dimetil benzene, Violet 3 e metil toluene, è un derivato del benzene. Si tratta di un liquido altamente infiammabile e incolore e ha un odore dolce, con un profumo simile al balsamo.

Lo si può trovare naturalmente nel petrolio, ma può anche essere affinato attraverso un processo di alchilazione (il processo atto ad aumentare il numero di ottani di un idrocarburo tramite la reazione dell’ isobutano con idrocarburi non saturi) dal petrolio greggio, ma può anche essere ottenuto come sottoprodotto dalla carbonizzazione (processo chimico di combustione incompleta di alcuni solidi sottoposti a calore elevato in assenza di ossigeno) del carbone, estratto dal benzolo o attraverso la metilazione (trasferimento di un gruppo metile) del toluene.

Una quantità ridotta di xilene si forma durante gli incendi boschivi. L’esposizione acuta xilene ha alcuni importanti effetti sulla salute. Si può ritardare la crescita e lo sviluppo, e anche causare la morte.

L’esposizione immediata e cronica allo xilene può causare la mancanza di coordinazione muscolare, confusione, vertigini, mal di testa e cambiamenti nel vostro senso di equilibrio.

Può anche irritare e infiammare i vostri occhi e la pelle.

Le persone esposte ad alti livelli di xilene hanno riscontrato difficoltà respiratorie, malattie polmonari, problemi di digestione, al fegato e reni malattie, difficoltà di memoria e ritardato il tempo di reazione.

L’esposizione xilene cronica ha effetti negativi sul sistema nervoso centrale. Questa condizione è talvolta chiamata “sindrome solvente organico.” Porta anche ad alcune malattie del sangue come la leucemia

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GLI IDROCARBURI POLICLITICI AROMATICI

Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA o PAH dall’inglese) sono composti naturalmente presenti nel petrolio o nel carbone tossici sia per l’uomo che per ambiente: alcuni di essi sono sempre stati ubiquitari (naftalene e fluorene) mentre altri, purtroppo, lo stanno diventando come (benzoEpirene e benzoApirene presenti nell’asfalto, nel bitume e nel catrame).

L’organismo umano viene in contatto con gli idrocarburi aromatici policiclici mediante diverse fonti:

1) combustione incompleta (in assenza di ossigeno) di combustibili fossili di materiale organico come legna, foglie, incenso, rifiuti, tabacco, carbonella e grassi. Durante tali processi le molecole si frammentano (cracking) e si riarrangiano in strutture con basso peso molecolare e si formano radicali liberi a due atomi di carbonio.

La velocità di formazione degli IPA aumenta con la temperatura (700-900 °C) e al diminuire del rapporto ossigeno/combustibile. In atmosfera, quelli di maggiore interesse sanitario per la loro attività cancerogena si trovano maggiormente adsorbiti su particolato. Essendo composti non volatili, le sorgenti principali in un ambiente chiuso (indoor) sono le fonti di combustione (es. caldaie a cherosene) e il fumo di sigaretta. La temperatura che si raggiunge nella sigaretta è compresa tra 700-950 °C producendo, inoltre, CO,

CO2, H2 e H2O. Nella parte più fredda (al di sotto di 600

°C) si ha la formazione degli idrocarburi e dei composti ossigenati.

2) urbanizzazione, lo smaltimento dei rifiuti,

3) tabagismo (abitudine di bruciare foglie di tabacco e inalare fumi derivanti da esso per piacere e per una forma di dipendenza)

4) attraverso l’alimentazione con materie prime contaminate cibi carbonizzati, cibi cotti alla brace, cibi cotti in maniera violenta e cibi affumicati.

 

La tossicità degli idrocarburi policiclici aromatici deriva sia da un contatto diretto che dai suoi metaboliti epatici, meglio detti epossidi. Questi composti, caratterizzati dal potenziale mutageno verso il dna, sono in grado di danneggiare il messaggio di replicazione genetica-cellulare; in definitiva, la continua esposizione agli idrocarburi aromatici policiclici può determinare mutagenesi, quindi cancerogenesi, un processo altamente correlato alla morte.

 

In tutte le cotture violente, evitare che il grasso frigga oltre il punto di fumo in quanto rappresenterebbe un’ulteriore fonte di idrocarburi aromatici policiclici.

La cottura alla brace, la frittura eccessiva, l’affumicatura e l’utilizzo di prodotti sporchi o inquinati favoriscono inesorabilmente l’esposizione dell’organismo agli idrocarburi aromatici policiclici

Studi statistici hanno dimostrato la correlazione tra idrocarburi aromatici policiclici, alimentari e mutazione cancerosa legata all’aumento del rischio di morte per tumore dell’esofago, dello stomaco, dell’intestino (tenue ma soprattutto crasso) ed anche del fegato.

La IARC (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha classificato alcuni IPA, tra cui il benzo[a]pirene o BaP, come “probabilmente” cancerogeni per l’uomo (categoria 2A) e altri come “possibili” cancerogeni (2B). Il principale organo bersaglio è il polmone, ma sono stati registrati tumori della pelle (a seguito di elevata esposizione cutanea) e della vescica.

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GLI ALOGENURI ALCHILICI

Gli alogenuri alchilici, alifatici indicati con R o aromatici con Ar, sono dei composti organici che derivano dalla reazione di alcani con alogeni (elementi del settimo gruppo della tavola periodica ovvero cloro, bromo, iodio).

La reazione detta alogenazione è la seguente:

RH+X2 –> RX+ HX

dove al posto di RX può trovarsi Ar e X indica alogeno utilizzato, infatti, in base ad esso si parla di clorurazione, bromurazione o iodurazione.

Gli alogenuri alchilici trovano impiego come solventi industriali e anestetici.

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IL TETRACLORURO DI CARBONIO

Il tetracloruro di carbonio o tetraclorometano (CCl4) è un alogenuro alchilico pericoloso responsabile di decessi per avvelenamento di lavoratori costantemente esposti ad essa.

È classificato, dalla IARC, come possibile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B)

La maggior parte delle intossicazioni da questa sostanza, che derivano dall’esposizione ad alte concentrazioni di vapore, possono portare alla rapida perdita di coscienza, aritmie cardiache (alterazioni della frequenza e del ritmo del cuore dovute ad uno scompenso del suo sistema elettrico) e fibrillazione ventricolare (sequenza scoordinata e potenzialmente letale di contrazioni molto rapide e inefficaci dei ventricoli (causata da molti impulsi elettrici caotici).

A concentrazioni di vapore molto basse, alcuni individui manifestano disturbi gastrointestinali come nausea, vomito, dolori addominali e diarrea.

Poiché è un buon solvente per i grassi, il tetracloruro di carbonio rimuove il grasso dalla pelle al contatto e questo può portare ad una dermatite (condizione caratterizzata da pelle arrossata, irritazione, gonfiore e prurito) settica (infetta da germi patogeni) secondaria (aumento del rossore, gonfiore, calore e dolore nel sito dell’eruzione primaria; secrezione simile a pus; febbre con brividi e protuberanze eritematose).

La sostanza a contatto con gli occhi può causare un’irritazione transitoria, ma non provoca lesioni gravi.

Le persone che lavorano con questo composto possono presentare problemi a livello del fegato e dei reni.

Va notato che il consumo di alcol aumenta gli effetti dannosi di questa sostanza.

Il primo segno è diuresi (un’emissione di urina in quantità anomala ossia differente da quella che si ha in condizioni fisiologiche che nell’adulto oscilla tra i 1000 e i 1800 millilitri giornalieri) ma si può arrivare all’oliguria (esagerata riduzione dell’escrezione urinaria) o addirittura all’anuria (sospesa emissione di urina).

L’urina ottenuta durante il periodo di diuresi ha un basso peso specifico, e solitamente contiene proteine, albumina (proteina che normalmente si trova nel sangue), cilindri pigmentati (coagulazione di alcune proteine che vengono prodotte dalle cellule renali ovvero i liquidi vengono trasformati in solidi in questo caso proteine) e globuli rossi (cellule del sangue che trasportano ossigeno). Gradualmente la funzione del rene ritorna alla normalità e, entro 100-200 giorni dall’esposizione, la funzione renale rientra nell’intervallo basso-normale. Procedendo con l’esame istopatologico (studio del tessuto malato) dei reni rivela vari gradi di danno all’epitelio tubulare.

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IL CLOROFORMIO

Cloroformio o triclorometano CHCl3 fa parte degli alogenuri alchilici più precisamente si tratta di liquido incolore, volatile e dal caratteristico odore piuttosto dolciastro che nei tempi passati veniva utilizzato come anestetico per via inalatoria.

Oggi, questo impiego è stato dimesso per la sua tossicità.

Allo stato puro, per azione dell’aria e della luce, si decompone dando origina alla formazione di altri elementi quali cloro, acido cloridrico, inquinante atmosferico considerato dannoso per la salute umana). Per impedire la decomposizione del cloroformio, viene aggiunto dell’alcool, in percentuale 0,5-1%.

Può essere dannoso per inalazione, ingestione e contatto con la pelle e può causare narcosi (stato di torpore, di incoscienza, di insensibilità al dolore, di immobilità), paralisi respiratoria, arresto cardiaco o morte per danni al fegato e ai reni.

Il cloroformio liquido può causare sgrassamento della pelle e ustioni chimiche. È teratogeno (produce anomalie o malformazioni nell’embrione) e cancerogeno per topi e ratti.

A causa dell’azione di forti ossidanti sul cloroformio si forma il fosgene detto anche cloruro di carbonile o ossicloruro di carbonio, un gas tossico e soffocante.

Il cloroformio si forma spontaneamente attraverso la clorazione di composti organici, come nell’acqua potabile clorata.

Il cloroformio presente nell’aria può derivare in parte dalla degradazione fotochimica (processo a cui vengono sottoposte le molecole cambiamenti chimici dopo l’esposizione alla luce) del tricloroetilene. Alla luce del sole si decompone lentamente in fosgene, cloro e acido cloridrico.

Somministrato in piccole quantità, riduce di molto la percezione del dolore.

Il cloroformio è classificato dalla IARC come possibile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B).

Cambiamenti istopatologici nel fegato e nei reni sono stati osservati in ratti, cavie e cani che hanno presentato infiltrazione grassa (malattia accompagnata da una cosiddetta degenerazione adiposa ovvero i grassi semplici iniziano ad accumularsi nelle cellule funzionali, gli epatociti), degenerazione centro lobulare granulare con aree necrotiche nel fegato e cambiamenti nelle attività degli enzimi sierici (del siero del sangue), nonché gonfiore dell’epitelio tubulare, proteinuria (presenza di quantità superiori a 150 mg/die di proteine nelle urine), glicosuria (presenza di glucosio nelle urine) e diminuzione dell’escrezione di fenolsulfoneftaleina (composto chimico, C19H14O5S, è una polvere rossastra, poco solubile in acqua).

Tramite esperimenti si è notato che il cloroformio provoca anche varie anomalie fetali negli animali.

Le persone esposte in modo acuto ai vapori di cloroformio nell’aria possono sviluppare sintomi diversi a seconda della concentrazione e della durata dell’esposizione: mal di testa, sonnolenza, sensazione di ubriachezza, stanchezza, vertigini, nausea, eccitazione, perdita di coscienza, depressione respiratoria, coma e morte per narcosi. La morte può verificarsi a causa di paralisi respiratoria o in seguito ad arresto cardiaco.

Una concentrazione da 10,000 a 15,000 ppm di cloroformio nell’aria inalata provoca anestesia (assenza della sensibilità dovuta a lesioni delle vie e dei centri relativi ai vari tipi di sensibilità) e da 15,000 a 18,000 ppm può essere letale.

Dopo un recupero transitorio da una forte esposizione, l’insufficienza delle funzioni epatiche e il danno renale possono causare la morte. Sono stati descritti effetti sul muscolo cardiaco. L’inalazione di concentrazioni molto elevate può causare un arresto improvviso dell’azione del cuore (morte da shock).

Attualmente, il cloroformio viene utilizzato come solvente nei laboratori di ricerca. Essendo una sostanza classificata come tossica e irritante, viene maneggiato solamente da personale specializzato, munito di adeguati mezzi di protezione (camice, mascherina, guanti…).

Inoltre, nelle industrie è utilizzato per la produzione di clorodifluorometano, uno dei precursori del teflon, utile per realizzare i rivestimenti antiaderenti di pentole, padelle e tegami. Svolge un effetto deprimente sul sistema nervoso centrale.

Inteso come anestetico, il cloroformio agisce nel giro di pochi minuti. Si ritiene che in 5 minuti circa, inspirando da un panno imbevuto di questa sostanza, una persona adulta perda coscienza.

Il cloroformio non è infiammabile, ma temperature elevate possono dar origine a vapori tossici e acidi.

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IL DICLOROMETANO

Il diclorometano o cloruro di metilene è altamente volatile con odore dolciastro. Si possono sviluppare alte concentrazioni nell’area in zone scarsamente ventilate, provocando intossicazione a chi vi si espone ma anche ed effetti sul sistema nervoso centrale come stordimento, sonnolenza e persino perdita di coscienza.

È stato classificato dalla IARC come possibile cancerogeno per l’uomo anche se i dati sugli esseri umani sono insufficienti, ma i dati disponibili sugli animali sono considerati sufficienti.

Questa sostanza provoca anche effetti narcotici causando perdita di appetito, mal di testa, vertigini, irritabilità, stupore, intorpidimento (diminuzione di sensibilità e agilità) e formicolio degli arti. L’esposizione prolungata a poche concentrazioni inferiori di essa può produrre, dopo diverse ore, mancanza di respiro, tosse secca con forte dolore ed addirittura edema polmonare (fuoriuscita di liquidi dai vasi sanguigni dei polmoni con accumulo di acqua e altre sostanze nello spazio extravascolare). Alcune ricerche hanno anche segnalato disturbi ematologici e, in particolare, riduzione dei livelli di eritrociti ed emoglobina, ingorgo dei vasi sanguigni cerebrali e dilatazione del cuore.

Tuttavia, è stato evidenziato che il diclorometano è raramente utilizzato allo stato puro, ma solitamente miscelato con altri composti che esercitano un effetto tossico sul fegato. Dal 1972 è stato dimostrato che le persone esposte al diclorometano hanno livelli elevati di carbossiemoglobina (come il 10% un’ora dopo due ore di esposizione a 1,000 ppm di diclorometano e il 3.9% 17 ore dopo) a causa della conversione del diclorometano in carbonio monossido.

Inoltre, l’irritazione della pelle e degli occhi può essere causata dal contatto diretto; tuttavia, i principali problemi di salute sul lavoro derivanti da un’esposizione eccessiva sono i sintomi di ubriachezza e incoordinazione.

Il diclorometano viene assorbito attraverso la placenta e può essere ritrovato nei tessuti embrionali in seguito all’esposizione della madre e poi secreto attraverso il latte.

 

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I CLOROFLUOROCARBURI

I clorofluorocarburi sono sostanze chimiche gassose anche conosciute con l’acronimo CFC, che appartengono alla classe degli alogenuri alchilici e sono stati a lungo utilizzati, fin dal 1928, come propellenti nelle bombolette spray, in insetticidi, vernici, balsami per capelli e altri prodotti per la cura della salute e come fluidi refrigeranti. Inoltre, tra gli anni ’50 e ’60, sono stati utilizzati nei condizionatori per abitazioni, automobili e uffici.

I CFC raggiunsero una tale estensione che furono anche utilizzato come aerosol, refrigerante, agente espandente per schiume, materiale da imballaggio e solventi.

Queste sostanze chimiche non hanno una fonte naturale da cui provengono ma furono create dall’uomo per adoperarle nei diversi campi cosa citati.

Adoperati fino agli anni ’80, furono poi messe al bando perché considerati tossici per l’ambiente in quanto questi gas giungono nell’atmosfera dove le radiazioni ultraviolette fanno avvenire diverse reazioni, una volta raggiunti gli strati più alti dell’atmosfera (stratosfera) rilasciano il cloro che si lega all’ossigeno e contribuiscono a creare il buco nell’ozono (non si tratta di un vero e proprio buco ma di un assottigliamento dello strato dell’ozono).

L’inalazione di CFC può avere effetti dannosi sulla salute umana e, in particolare, si gli studi hanno dimostrato che l’esposizione ad alti livelli di CFC può causare irritazione del tratto respiratorio, portando a sintomi come tosse, respiro sibilante, mancanza di respiro, bronchite cronica e riduzione della funzione polmonare.

Studi sugli animali hanno dimostrato che alcuni CFC possono attraversare la barriera emato-encefalica e accumularsi nei tessuti cerebrali, avendo forte impatto sulla funzione cognitiva umana e portando alla perdita di memoria, alterazioni delle capacità di apprendimento e persino disturbi dello sviluppo nei bambini.

Infine, si è visto che essi sono responsabili dell’interruzione degli ecosistemi.

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L’ETERE DIETILICO

L’etere dietilico (C2H5OC2H5), noto anche come etere, etossietano, etere dietilico o semplicemente etere, è un liquido limpido e incolore altamente infiammabile.

Fino al 1960, l’etere etilico è stato utilizzato come anestetico ma poi sostituito da farmaci più efficaci. Attualmente viene utilizzato come solvente nei laboratori e anche nella produzione di materie plastiche, oli, resine, cere e coloranti.

L’esposizione a questa sostanza avviene per inalazione e reca danni più o meno gravi ai sistemi nervoso e respiratorio, in base alle concentrazioni dell’etere e dal tipo di esposizione.

L’inalazione può causare vertigini o sonnolenza, compromettendo la coordinazione e le capacità riflesse.

Se il liquido venisse ingerito e aspirato nei polmoni, potrebbe portare a polmonite chimica (infiammazione dei polmoni), visione offuscata, mal di testa, vertigini e perdita di coscienza.

Mentre, il contatto degli occhi con l’etere etilico può provocare arrossamento, irritazione e lacrimare gli occhi e l’esposizione della pelle screpolature, secchezza e desquamazione della pelle. Se la pelle presenta tagli aperti, la sostanza può entrare nel flusso sanguigno e causare malattie più gravi.

Inoltre, è stato dimostrato che l’esposizione ripetuta può portare a un’”abitudine all’etere”, in cui la persona diventa dipendente dalla sostanza chimica come se si trattasse di una “droga”.

Infine, l’esposizione cronica può anche portare a sonnolenza, vertigini, perdita di peso e appetito.

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LA FORMALDEIDE

La formaldeide o metanale (H-CHO), è la più semplice e la più dannosa molecola della famiglia delle aldeidi. Si tratta di un gas dall’odore pungente e irritante commercializzato sotto forma di soluzione acquosa con il nome di formalina.

Il suo impiego principale è nella produzione di resine, ma sono numerosi settori che utilizzano la formaldeide, ad esempio, per la produzione di oggetti in plastica.

 

Diverse sono le sorgenti di formaldeide che inquinano l’aria:

1)i prodotti rilasciati dalle colle utilizzate nella fabbricazione dei pannelli truciolari e compensato di legno dei mobili delle case, tappezzerie, moquette e dai prodotti antipiega utilizzati per tendaggi

2)il fumo da tabacco;

3)il fumo di caminetti e stufe, se non installati correttamente;

4)i fumi delle stufe

Ottimo battericida ed antimuffa, è un conservante alimentare (sigla E240), è utilizzato anche in un famoso formaggio italiano e viene tutt’ora utilizzate come conservante di campioni istologici nei reparti di anatomia patologica degli ospedali.

 

I settori produttivi a maggior rischio possono essere:

1)produzione di mobili: i pannelli adoperati nell’industria del mobile sono una miscela di trucioli, fibre di legno e colla e anche formaldeide: si è riscontrato che le maggiori emissioni di quest’ultima si hanno durante le operazioni di lavorazione dei pannelli (taglio, foratura, levigatura) e quelle di incollaggio perché l’utensile scalda il pannello e la formaldeide presente nella colla si libera nell’ambiente;

2)stampaggio di resine termoplastiche: la formaldeide anche se non è contenuta nella materia prima si forma durante il riscaldamento come prodotto di termolisi (reazione chimica di scissione di legami chimici per necessita di calore) o di combustione;

3)fonderie: durante le operazioni di formatura si aggiungono alla

Recentemente, molti centri di studio internazionali hanno evidenziato che fra le sostanze emesse dal processo di stampa, vi è la presenza di formaldeide, oltre a benzene, stirene ed ossido di titanio.

L’inalazione della formaldeide causa irritazione oculare, nasale e problemi a carico della gola come starnuti, tosse; affaticamento e eritema cutaneo. Nel 2004 essa è stata indicata dallo IARC tra i composti del gruppo I (cancerogeni certi).

 

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LA FORMAMMIDE

La formammide è una sostanza chimica appartenente alla famiglia delle ammidi che viene adoperata nei prodotti farmaceutici, durante la produzione di sulfamidici o sulfonamidici (una classe di farmaci di tipo sintetico con azione batteriostatica) e alcune vitamine. La formammide viene anche utilizzata nella fabbricazione della carta, come ammorbidente per abbattere le fibre e ammorbidire diversi tipi di carta. Inoltre, è in grado di dissolvere i composti formati da ioni, quindi è spesso usato come solvente.

In genetica e biologia molecolare, questa sostanza chimica viene spesso utilizzata per scomporre gli acidi nucleici, le unità che compongono il DNA e l’RNA. Viene anche usato per formare complessi di DNA e DNA, DNA e RNA e RNA e RNA, chiamati ibridazioni.

Ci sono problemi di sicurezza che dovrebbero essere affrontati da chiunque usi la formammide. Altamente corrosiva, può causare un eccessivo bruciore della pelle e degli occhi e può causare la morte se ingerita. Questa sostanza chimica è nota per causare difetti alla nascita; quindi, dovrebbe essere evitata dalle donne che si trovano nelle prime fasi della gravidanza.

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SITOGRAFIA

https://online.scuola.zanichelli.it/chimicafacile/files/2012/10/D-Idrocarburi-aromatici.pdf
https://www.liceocuneo.it/oreggia/wp-content/uploads/sites/14/IDROCARBURI.pdf
https://www.tuttogreen.it/acetone/
https://www.tuttogreen.it/alcol-etilico-proprieta-usi-alimentari-domestici-delletanolo/
https://www.tuttogreen.it/etanolo/
https://www.my-personaltrainer.it/tossicologia/idrocarburi-policiclici-aromatici-6.html
https://chimicamo.org/chimica-organica/etilbenzene/
https://www.itsanitas.com/quali-sono-gli-impatti-ambientali-dell-utilizzo-di-cherosene/
https://iloencyclopaedia.org/it/part-xviii-10978/guide-to-chemicals/item/1033-amides
https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2021/11/formaldeide-ecco-perche-e-uno-degli-inquinanti-indoor-a-cui-prestare-piu-attenzione
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